TAR Lecce, sez. II, sentenza 2022-01-19, n. 202200094

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. II, sentenza 2022-01-19, n. 202200094
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 202200094
Data del deposito : 19 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/01/2022

N. 00094/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00943/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 943 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A M D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Lecce, domiciliataria ope legis ;

per l'annullamento

del decreto n.-OMISSIS-, notificato il 23/03/2021, con il quale il Ministero della Giustizia-Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha irrogato la più grave sanzione disciplinare della destituzione del servizio;

nonché di ogni atto presupposto e connesso, ivi incluso il verbale del Consiglio Centrale di Disciplina del 15/02-11/03/2021 di contenuto ignoti ma richiamati come parte integrante del provvedimento impugnato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2022 il dott. Roberto Michele Palmieri e udito per la parte ricorrente il difensore avv. A. M. Durante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente – Assistente Capo di Polizia Penitenziaria, in servizio presso la -OMISSIS- – ha impugnato il decreto n.-OMISSIS-, notificato il 23/03/2021, con il quale il Ministero della Giustizia-Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria gli ha irrogato la sanzione disciplinare della destituzione del servizio.

A sostegno del ricorso, egli ha articolato i seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: violazione degli artt. 3 l. n. 241/90, 6 d. lgs. n. 449/92 e 10 d.P.R. n. 82/99;
eccesso di potere sotto vari profili.

Ha chiesto l’annullamento dell’atto impugnato, con vittoria delle spese di lite.

Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione resistente ha chiesto il rigetto del ricorso, con vittoria delle spese di lite.

Con ordinanza di questo TAR n.-OMISSIS-è stata accolta la domanda di tutela cautelare.

Il Consiglio di Stato, con ord. n.-OMISSIS-, ha riformato la predetta ordinanza.

All’udienza pubblica del 13.1.2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Con il primo motivo di gravame, il ricorrente deduce la violazione del proprio diritto di difesa, a motivo del rinvio operato dall’atto impugnato alle motivazioni depositate dal Consiglio Centrale di Disciplina depositate in data 11/03/2021, non allegate né notificate.

Il motivo è infondato.

2.1. Premette anzitutto il Collegio che, per pacifica giurisprudenza amministrativa, “ L' art. 3, l. n. 241 del 1990 consente l'uso della motivazione per relationem con riferimento ad altri atti dell'Amministrazione, i quali devono essere indicati e comunque resi disponibili, nel senso di consentire all'interessato di prendere visione, di reclamare ed ottenerne copia, in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi, e di chiederne la produzione in giudizio. Ne consegue che non sussiste l'obbligo dell'Amministrazione di notificare all'interessato tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta ” (TAR, Napoli , III , 04/03/2019 , n. 1186. In termini confermativi, cfr. altresì, ex multis, TAR Aosta, I, 1.12.2020, n. 64;
TAR Catania, IV, 17.7.2018, n. 1508;
TAR Lazio, III, 23.2.2015, n. 2984;TAR Parma, I, 8.4.2016, n. 123).

2.2. Orbene, nel caso in esame, l’Amministrazione ha provato l’avvenuta notifica al ricorrente dell’atto di contestazione degli addebiti (cfr. all. n. 6 alla produzione documentale del 6.7.2021).

Pertanto, il ricorrente è stato reso pienamente edotto del contenuto degli addebiti mossi dall’Amministrazione nei suoi riguardi.

Inoltre, nel verbale del Consiglio di Disciplina dell’11.3.2021 si legge che il ricorrente è stato presente (in modalità da remoto) all’udienza di trattazione del 15.2.2021, assistito dal proprio difensore.

Pertanto, è evidente che egli ha avuto piena cognizione degli addebiti mossi nei suoi riguardi, potendo dunque esercitare compiuta difesa di merito, sicché il suo diritto di difesa non può in alcun modo dirsi vulnerato.

2.3. Per quel che attiene poi all’ulteriore rilievo di parte ricorrente, secondo cui non emergerebbe in che misura l’Amministrazione abbia tenuto conto delle proprie deduzioni difensive, è sufficiente leggere il verbale del Consiglio di Disciplina dell’11.3.2021 per avvedersi del fatto che l’Amministrazione ha valutato l’ipotesi di una misura afflittiva meno grave della destituzione, escludendola in ragione del fatto che il ricorrente “ … ha posto in essere una condotta che rivela mancanza di senso dell’onore e del senso morale in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento, arrecando grave pregiudizio all’Amministrazione penitenziaria ” (cfr. p. 4 verbale cit.).

2.4. Alla luce di tali considerazioni, il primo motivo di gravame è infondato, e va dunque rigettato.

3. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto impugnato, per violazione dell’art. 6 d. lgs. n. 449/92, nonché per difetto di motivazione, atteso che: “ la condotta oggetto di destituzione è stata da lui tenuta non in costanza di servizio presso la casa circondariale di assegnazione, ma al di fuori dalla stessa e nella sua sfera di rapporti privati. Trattasi, difatti, di condotta non tenuta in servizio anche se connotata da particolare gravità, ma certamente non inconciliabile con lo stato di agente di polizia penitenziaria, e neppure lesiva, anche di fronte a persone detenute, dell’immagine e del prestigio di cui devono indubbiamente godere gli addetti allo svolgimento di una delicata funzione pubblica, quale la custodia di soggetti destinatari di provvedimenti restrittivi della libertà personale ” (cfr. ricorso, pp. 5-6).

Il motivo è infondato.

3.1. Ai sensi dell’art. 6 co. 2 d. lgs. n. 446/92 la sanzione disciplinare della destituzione, nei confronti degli appartenenti del Corpo di Polizia Penitenziaria è disposta, quale conseguenza automatica:

a) per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale;

b) per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento;

(…)

d) per dolosa violazione dei doveri, che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato,

all'Amministrazione penitenziaria, ad enti pubblici o a privati;

(…) ”.

Dispone poi il successivo 3° comma lett. a) che: “ Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, come modificato dall'articolo 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16, l'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria può altresì essere destituito all'esito del procedimento disciplinare di cui al comma 4, nei seguenti casi: […] per qualsiasi altro delitto non colposo per il quale sia stata irrogata una pena non inferiore ad un anno di reclusione ”.

3.2. Pertanto, la normativa richiamata dall’Amministrazione prevede dunque ipotesi (art. 6 co. 2) di destituzione automatica dal servizio (espressione, dunque, di un potere vincolato), e ipotesi (art. 6 co. 3) di destituzione dal contenuto discrezionale (“ … può essere destituito ”).

3.3. Così definita la cornice normativa di riferimento, e venendo ora alla fattispecie in esame, l’Amministrazione ha motivato l’impugnato provvedimento in base al contenuto del capo di imputazione del ricorrente, per il reato di atti persecutori, per il quale egli è stato condannato in via definitiva dal GUP presso il Tribunale di Lecce, con sentenza n. -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 444 c.p.p, alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione.

3.4. Orbene, il capo di imputazione, riportato dall’Amministrazione nell’atto impugnato, è il seguente:

<< aver compiuto atti persecutori, con reiterate condotte moleste e minacciose nei confronti dell’ex moglie OMISSIS, dalla quale era separato da -OMISSIS-, minacciandola anche di morte in molteplici occasioni, sia di persona che nel corso di conversazioni telefoniche, effettuando frequenti passaggi sia di giorno che di notte con la sua autovettura sotto l’abitazione della OMISSIS, al fine di controllarne i movimenti, telefonandole ogni volta che constatava l’assenza della sua autovettura sotto la sua abitazione per sapere dove si trovasse e minacciandola che gliel’avrebbe fatta pagare se l’avesse vista insieme ad un uomo, affermando che in tal caso avrebbe ammazzato sia lei che l’ipotetico lui, ribadendo di non aver paura di andare in galera, assillando le figlie con richieste relative alla vita privata della ex moglie, finalizzate a sapere se avesse un nuovo compagno, offendendola e minacciandola ripetutamente nel corso degli incontri presso il -OMISSIS-, ove esercitava il diritto di visita delle figlie, alla presenza di queste ultime e di terzi, urlando nei suoi confronti insulti e minacce del seguente tenore: “se ti vedo con qualcun altro ti faccio fuori, sei una persona senza dignità, qualche volta ti tiro un pugno in bocca e ti faccio cadere tutti i denti, prima o poi te le faccio pagare tutte (te le scantu tutte quante), hai l’amante ecc. “ sei una vipera, sei una mantenuta, sei una sfascia famiglie, se ti vedo insieme a qualcun altro ti faccio fuori, ti faccio piangere in cinese”, asserendo che lei aveva rapporti sessuali con un altro uomo e che perciò se l’avesse vista in sua compagnia l’avrebbe ammazzata e non perdendo occasione di chiamarla “mantenuta” e “morta di fame” anche in pubblico, ed ancora effettuando continui passaggi a bordo della sua auto nei pressi del parco frequentato dalla OMISSIS insieme alle figlie anche in giorni diversi da quelli stabiliti per l’esercizio del diritto di visita, avvicinandosi alle bambine e trovando in tal modo il pretesto per offendere e minacciare la OMISSIS nei medesimi termini anzidetti, cagionando in tal modo un perdurante e grave stato d’ansia e di paura nella persona offesa, nonché ingenerando nella medesima un fondato timore per la propria incolumità, anche in considerazione della disponibilità del -OMISSIS- di una pistola detenuta per ragioni di servizio (essendo egli agente della Polizia Penitenziaria presso la -OMISSIS-), che egli costantemente portava con se, ed infine costringendola ad alterare le proprie abitudini di vita, ed in particolare ad attivare una nuova utenza telefonica e ad acquistare una nuova auto, che essa era costretta a tenere nascosta per potersi muovere evitando di essere controllata e seguita dall’ex marito >>.

3.5. Sulla base di tali presupposti, l’Amministrazione, richiamate le previsioni di cui all’art. 6 co. 2 e co. 3 d. lgs. n. 446/92, ha ritenuto che: “ … appare palese la violazione dei doveri sanciti per il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria … nonché quelli generali di fedeltà e rettitudine, riconducibili all’art. 54 Cost, secondo comma, che impongono ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche, non solo nell’ambito dell’ufficio, ma anche all’esterno, un comportamento rispettoso delle leggi e conforme alla morale;
… la condotta posta in essere dal -OMISSIS- appare contrastare con il senso dell’onore e della morale contravvenendo ai doveri assunti con il giuramento;
… alla luce di tale impegno morale la condotta del -OMISSIS- acquista una valenza ancora più grave
”.

3.6. All’evidenza, l’Amministrazione ha compiutamente motivato le ragioni della destituzione, riassumibili nella gravità degli atti persecutori posti in essere – anche in pubblico, e alla presenza di terze persone – dal ricorrente nei confronti della propria ex moglie.

Trattasi, all’evidenza, di condotte che denotano “ mancanza del senso dell'onore o del senso morale ” (art. 6 co. 2 lett. a) d. lgs. n. 446/92), e che si pongono, nel contempo, “ in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento ” (art. 6 co. 2 lett. b) d. lgs. n. 446/92), le quali impongono la sanzione della destituzione.

Allo stesso tempo, ricorre l’ulteriore ipotesi di destituzione (questa volta espressione di potere discrezionale) di cui all’art. 6 co. 3 lett. a) d. lgs. n. 446/92 (“ … qualsiasi altro delitto non colposo per il quale sia stata irrogata una pena non inferiore ad un anno di reclusione ”), essendo il ricorrente stato condannato in via definitiva, per il reato di atti persecutori aggravato, alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione.

3.7. Alla luce di tali emergenze documentali, il provvedimento impugnato è da considerare legittimamente adottato, avendo l’Amministrazione correttamente valutato tutte le circostanze del caso e avendo emesso l’impugnato provvedimento di destituzione alla luce di una compiuta istruttoria e di un logico e coerente percorso motivazionale.

4. Per tali considerazioni, il ricorso è infondato.

Ne consegue il suo rigetto.

5. Sussistono giusti motivi, rappresentati dalla natura delle questioni esaminate, per la compensazione delle spese di lite.

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