TAR Venezia, sez. II, sentenza 2015-10-26, n. 201501081
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N. 01081/2015 REG.PROV.COLL.
N. 02368/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2368 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Zanco Federica, rappresentata e difesa dall'avv. P V G, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, S. Croce, 466/G;
contro
Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti G G, M M e M B, domiciliata in Venezia, S. Marco, 4091;
Regione Veneto, non costituitasi in giudizio;
per l'annullamento
A) quanto al ricorso introduttivo :
- del provvedimento prot. n. 2006/337541 del 25/8/2006, con il quale il Dirigente della Direzione Sviluppo del Territorio dell'Edilizia - Servizio Sanzioni Amministrative e Contenzioso - Ufficio Atti Repressivi del Comune di Venezia ha ordinato di rimuovere una veranda in vetro demolita e ricostruita difformemente rispetto a quella preesistente, ivi compreso il parere della Commissione per la Salvaguardia di Venezia espresso con voto n. 73/906 nella seduta n. 14/06 del 3/8/2006;
B) quanto ai primi motivi aggiunti:
- del provvedimento prot. n. 2007/84477 del 20/2/2007, con il quale il Direttore della Direzione Sviluppo del Territorio ed Edilizia - Servizio Sanzioni Amministrative e Contenzioso - Ufficio Atti Repressivi del Comune di Venezia ha dato mandato alla Direzione Progettazione ed Esecuzione Lavori di provvedere d'ufficio alla demolizione di alcune opere asseritamente abusive realizzate in un immobile in Venezia Giudecca 67;
C) quanto ai secondi motivi aggiunti:
- del provvedimento prot. 443912 del 24/10/2014 dello Sportello Unico Edilizia del Comune di Venezia di respingimento della domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica per la sostituzione di un serramento in un immobile in Venezia Giudecca 67;
D) quanto ai terzi motivi aggiunti:
- del provvedimento prot. 2015/11097 del 12/1/2015 con il quale lo Sportello Unico Edilizia del Comune di Venezia ha respinto la domanda di permesso di costruire in sanatoria per la sostituzione di un serramento in un immobile in Venezia Giudecca 67.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Venezia - (Ve);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2015 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente è proprietaria di un immobile sito all’ultimo piano di un edificio nel centro storico di Venezia, nell’Isola della Giudecca, che si affaccia direttamente sul Canale della Giudecca, soggetto a vincolo paesaggistico.
Sull’immobile è stata realizzata una nuova volumetria derivante dalla chiusura di una terrazza con la sua trasformazione in una veranda delle dimensioni di cm 220 di altezza e cm 354 di larghezza, chiusa su tre lati da serramenti e vetri suddivisi in riquadri apribili.
Tale volumetria ha beneficiato del condono edilizio rilasciato con concessione in sanatoria prot. n. 30523 del/50369/00 (cfr. la relazione redatta dal professionista incaricato dalla ricorrente di cui al doc. 2 del terzo elenco di documenti depositato in giudizio dal Comune).
Successivamente sono stati realizzati dei lavori di modifica degli interni con i quali sono stati anche sostituiti gli infissi della veranda.
In quell’occasione la Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici con nota del prot. n. 03002 18 febbraio 1997 (cfr. doc. 7 del primo elenco di documenti depositato in giudizio dal Comune) ha espresso parere favorevole, prescrivendo che i nuovi infissi dovevano però essere uguali a quelli esistenti e che dovevano essere rimosse le controfinestre in alluminio anodizzato presenti su tutta la facciata.
La Polizia municipale in data 20 settembre 2001, ha accertato che era stato modificato l’aspetto esteriore della veranda posta sulla sommità dell’immobile, in assenza di autorizzazione paesaggistica, eliminando alcuni montanti e cambiando i vetri, prima suddivisi in riquadri apribili, con un’unica ampia vetrata.
Il Comune con provvedimento prot. n. 2006/337541 del 25 agosto 2006, dopo aver acquisito il parere della Commissione per la salvaguardia di Venezia secondo il quale doveva essere disposta la rimessione in pristino trattandosi di un intervento incompatibile con le caratteristiche tipiche del contesto tutelato, ha ordinato di rimuovere le opere eseguite.
Tale provvedimento è impugnato con il ricorso introduttivo per le seguenti censure:
I) violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per la mancata acquisizione dell’apporto procedimentale dell’interessata;
II) violazione dell’art. 167 del Dlgs. 22 aprile 2004, n. 42, e dell’art. 7 della legge regionale 31 ottobre 1994, n. 63, travisamento, carenza di presupposti, illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione perché il provvedimento del Comune si limita a richiamare il parere della Commissione di salvaguardia e della Soprintendenza del 18 febbraio 1997, senza rendere comprensibili le ragioni dell’ordine demolitorio.
Successivamente il Comune con provvedimento prot. n. 2007/84477 del 20 febbraio 2007, accertata l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione, ha disposto di provvedere d’ufficio alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato di fatto preesistente a spese dei responsabili dell’abuso.
Tale provvedimento è impugnato con motivi aggiunti per le censure di illegittimità derivata e di violazione dell’art. 167 del Dlgs.22 gennaio 2004, n. 42, perché, contrariamente a quanto prevede la norma citata, il dirigente comunale non si è avvalso del Prefetto.
La ricorrente ha presentato istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica.
Il Comune ha respinto l’istanza con provvedimento prot. n. 443912 del 24 ottobre 2014, sulla base dei pareri negativi della Soprintendenza e della Commissione per la salvaguardia di Venezia nei quali si afferma l’incompatibilità dell’intervento con gli obiettivi di tutela paesaggistica in considerazione della notevole visibilità della veranda posta alla sommità dell’edificio con affaccio sul canale della Giudecca, e si richiede il ripristino dello stato precedente del serramento mediante la riproposizione della serie di partiture ed evitando l’impiego di superfici vetrate estese incompatibili con le caratteristiche tipiche del contesto tutelato.
Tale provvedimento è impugnato con i secondi motivi aggiunti per le seguenti censure:
I) violazione degli artt. 146 e 167 del Dlgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e dell’art. 6 della legge 17 aprile 1973, n. 171, perché non doveva essere acquisito il parere della Commissione per la salvaguardia di Venezia ma quello della commissione edilizia integrata, in quanto la Commissione per la salvaguardia ha cessato le proprie funzioni non con decorrenza dalla data di adozione della nota di indirizzo della Giunta comunale prot. n. 2011/81639 del 24 febbraio 2011, ma dal momento in cui vi è stato l’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al PALAV;
II) violazione degli artt. 146 e 167 del Dlgs. 22 gennaio 2004, n. 42, travisamento, carenza di presupposti e difetto di motivazione e di istruttoria, per la mancata considerazione della circostanza che oggetto di intervento è la sostituzione di un serramento esistente e non un nuovo serramento, e che la sostituzione di un’unica vetrata in luogo di quella con partiture, è stata prevista per ragioni tecniche e per la maggiore idoneità a far fronte alle intemperie.
Successivamente il Comune con provvedimento prot. n. 2015/11097 del 12 gennaio 2015, ha respinto la domanda di permesso di costruire in sanatoria.
Anche tale provvedimento è impugnato con un terzo atto di motivi aggiunti per le seguenti censure:
I) violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, perché la comunicazione dei motivi ostativi è stata inviata non alla ricorrente, ma al tecnico che l’ha assistita;
II) violazione dell’art. 70 della legge regionale 27 giungo 1985, n. 61, e dell’art. 6 della legge 17 aprile 1973, n. 171, perché non doveva essere acquisito il parere della Commissione per la salvaguardia di Venezia ma quello della commissione edilizia integrata, in quanto la Commissione per la salvaguardia ha cessato le proprie funzioni non dalla data di adozione della nota di indirizzo della Giunta comunale prot. n. 2011/81639 del 24 febbraio 2011, ma dal momento in cui vi è stato l’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al PALAV;
III) violazione dell’art. 12 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, travisamento e difetto di motivazione perché il diniego del permesso di costruire è motivato esclusivamente con riferimento al diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica, senza alcuna considerazione degli aspetti urbanistici ed edilizi;
IV) illegittimità derivata dall’illegittimità del provvedimento di diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica impugnato con i secondi motivi aggiunti..
Si è costituito in giudizio il Comune di Venezia eccependo l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti (con i quali sono stati impugnati rispettivamente l’ordinanza di rimessione in pristino dei serramenti della veranda e l’atto con il quale è stata disposta l’esecuzione d’ufficio della demolizione non ottemperata), perché è stata presentata un’istanza di sanatoria, concludendo per la reiezione nel merito delle censure proposte.
L’eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti, è fondata.
Infatti la presentazione dell'istanza di sanatoria dell'abuso edilizio successivamente all'impugnazione dell'ordinanza di demolizione produce l'effetto di rendere inefficace tale ultimo provvedimento, in quanto il riesame dell'abusività dell'opera, sia pure al fine di verificare l'eventuale sanabilità di quanto realizzato, comporta la necessità di formare un nuovo provvedimento che supera il provvedimento sanzionatorio, in quanto in caso di diniego l'Amministrazione comunale deve emettere una nuova ordinanza di demolizione (cfr. l’orientamento giurisprudenziale, al quale aderisce il Collegio, formatosi – pur con talune oscillazioni – successivamente all’approvazione della legge n. 47 del 1985: ex pluribus cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 novembre 2013, n. 570;Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 ottobre 2013, n. 5090;Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 agosto 2013, n. 4241;Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2185;Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 maggio 2010, n. 2844;Consiglio di Stato, Sez. V, 28 luglio 2014, n. 3990, Consiglio di Stato, Sez. V, 23 giugno 2014, n. 3143).
Nel merito le censure di cui ai secondi e terzi motivi aggiunti sono infondate e devono essere respinte.
Infatti le censure di cui al primo dei secondi motivi aggiunti, e al secondo dei terzi motivi aggiunti, con le quali la ricorrente lamenta l’erronea acquisizione del parere della Commissione per la salvaguardia di Venezia sono ininfluenti ai fini dello scrutinio della legittimità del diniego della domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica dell’abuso, in quanto nel caso di specie ha espresso il proprio parere negativo la Soprintendenza, e la valenza vincolante e di per sé ostativa di tale parere è sufficiente a sorreggere la legittimità del diniego.
Parimenti infondato è anche il secondo motivo dei secondi motivi aggiunti, con il quale la ricorrente lamenta la mancata considerazione delle circostanze tecniche che l’hanno indotta a sostituire i serramenti della veranda prima costituiti da vetri a riquadri apribili con un’unica vetrata.
Infatti nel caso all’esame il diniego è fondato sulle valutazioni vincolanti della Soprintendenza che ha ritenuto l’impiego superfici vetrate estese incompatibili con le caratteristiche tipiche del contesto tutelato anche in considerazione della notevole visibilità della veranda posta alla sommità dell’edificio con affaccio sul canale della Giudecca.
E’ evidente che si tratta dell’esercizio di valutazioni che riguardano il merito amministrativo, espressione dei poteri di cogestione del vincolo paesaggistico di cui è titolare la Soprintendenza, rispetto alle quali deve ritenersi estranea ogni forma di attenuazione della tutela paesaggistica determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi che di volta in volta possono venire in considerazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652).
Pertanto il diniego è sufficientemente motivato con riferimento ai profili di incompatibilità rispetto agli obiettivi di tutela perseguiti dal vincolo.
Anche le censure proposte con i terzi motivi aggiunti sono infondate.
Con il primo motivo la ricorrente lamenta che la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza sia stata effettuata al suo tecnico incaricato anziché a lei stessa personalmente.
La doglianza non può essere accolta perché, come emerge dalla lettura della pag. 4 del modulo con il quale è stata presentata l’istanza di permesso di costruire in sanatoria (cfr. doc. 9 del terzo elenco documenti depositato in giudizio dal Comune), la ricorrente ha espressamente autorizzato il Comune ad utilizzare i recapiti e gli indirizzi e-mail del progettista per le comunicazioni riguardanti l’istanza presentata.
Parimenti infondato è il terzo motivo dei terzi motivi aggiunti, con il quale la ricorrente lamenta l’illegittimità del diniego di permesso di costruire in sanatoria perché motivato con esclusivo riferimento alla reiezione della domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento.
In primo luogo va infatti osservato che non è vero che il provvedimento sia motivato esclusivamente con riferimento alla reiezione della domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica, dato che rinvia al preavviso di diniego formulato con nota prot. n. 97330 del 7 marzo 2011, la quale contiene un espresso riferimento al contrasto con l’art. 13.1.b delle norme tecniche di attuazione allegate allo strumento urbanistico il quale, con riferimento agli infissi, dispone che “interventi con tecnologie e materiali diversi possono essere eccezionalmente consentiti previo parere obbligatorio della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici”, che nel caso all’esame è stato espresso negativamente.
In secondo luogo va anche sottolineato che è vero che l'autorizzazione paesaggistica costituisce un atto autonomo dagli altri titoli legittimanti l'intervento edilizio, ma è pur sempre il necessario presupposto di questi, come chiarito dall’art. 146, comma 4, del Dlgs. 22 aprile 2004, n. 42, e la sua mancanza ne impedisce pertanto il rilascio.
In definitiva deve essere dichiarata l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti, mentre devono essere respinti i secondi e terzi motivi aggiunti.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.