TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-07-24, n. 202312382

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-07-24, n. 202312382
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202312382
Data del deposito : 24 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/07/2023

N. 12382/2023 REG.PROV.COLL.

N. 11221/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11221 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Boccea, 262 Int 8;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto n. -OMISSIS- con cui il Ministero dell'Interno ha respinto l'istanza prodotta dal ricorrente e diretta ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 5 della legge 5 febbraio 1992 n. 91;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2023 il dott. Gianluca Verico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe il ricorrente impugna il decreto n. -OMISSIS- del 25.07.2017 con il quale è stata respinta la sua istanza di concessione della cittadinanza italiana per matrimonio presentata in data 4.9.2015 ai sensi dell'art. 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91.

A fondamento del diniego, il Ministero intimato ha rappresentato che, dall’attività informativa esperita, “ è emersa la contiguità del richiedente a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica e che tale motivo risulta ostativo alla concessione della cittadinanza ”.

Avverso l’anzidetto decreto di rigetto ha quindi proposto ricorso l’interessato, deducendo l’illegittimità del diniego per violazione di legge ed eccesso di potere per carenza d’istruttoria e vizio di motivazione. Espone, in particolare, che dalla certificazione depositata emerge l’assenza di qualsivoglia pendenza, di essere compiutamente integrato nel tessuto socio-economico nazionale e lamenta, pertanto, che nella motivazione del diniego l’Amministrazione ha operato un mero rinvio alla documentazione dalla quale emergerebbero i presunti motivi di sicurezza a carico del richiedente, senza tuttavia allegare detto documento e senza neanche indicare esplicitamente, nel corpo della motivazione, tali elementi ostativi.

Con ordinanza istruttoria n. 1937 pubblicata il 6.4.2023, il Presidente ha disposto l’acquisizione della documentazione riservata posta a fondamento del provvedimento impugnato, specificando le modalità di deposito necessarie a preservarne la riservatezza.

Adempiuta la ridetta ordinanza istruttoria tramite deposito di una relazione in busta chiusa e sigillata, il difensore del ricorrente, presa visione della medesima, ha depositato memoria difensiva in data 9.6.2023, evidenziando la totale estraneità del richiedente ai gruppi estremisti indicati nella nota riservata e ribadendo la genericità dell’impianto motivazionale sotteso al rigetto.

All’udienza pubblica del 13 giugno 2023 la causa, pertanto, è stata trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

Si rende opportuno premettere, anche per affermare la giurisdizione dell’adito tribunale amministrativo, che, in ordine all'acquisto della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 5 per “ iuris communicatio” (vale a dire per matrimonio con cittadino italiano), l'unica causa preclusiva che risulta essere demandata alla valutazione discrezionale della competente amministrazione è quella di cui all'art. 6 comma 1, lett. c), l. 5 febbraio 1992 n. 91, ossia la sussistenza di " comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica ". Soltanto in tale evenienza, infatti, la situazione di diritto soggettivo risulta affievolita in interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione dinanzi al giudice amministrativo (cfr., tra le tante, Cass. civile sez. un., 21/10/2021, n.29297;

TAR

Lazio, Roma, sez. V bis, 9 giugno 2022, n. 7514).

L’anzidetta valutazione discrezionale può essere sindacata in questa sede nei ristretti ambiti del controllo estrinseco e formale;
il sindacato del giudice, infatti, non si estende al merito della valutazione compiuta dall'Amministrazione, non potendo dunque spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole (cfr., ex multis , Consiglio di Stato sez. III, 16 novembre 2020, n. 7036).

3. Tanto premesso e venendo al caso di specie, a seguito dell’istruttoria espletata risulta che il Ministero ha motivato il diniego sulla base delle risultanze dell’attività informativa esperita, all’esito della quale sono emersi sul conto del richiedente elementi che non consentono di escludere possibili pericoli per la sicurezza della Repubblica e che tale motivo risulta ostativo alla concessione dello status civitatis .

In particolare, l’Amministrazione ha reso noto che il richiedente sarebbe noto quale “ elemento di spicco ” di un gruppo estremista algerino insediato in una città italiana del centro nord specificamente indicata nella relazione e risulterebbe anche aver mantenuto rapporti con soggetti tratti in arresto per fatti riconducibili alla fattispecie criminosa dell’associazione per delinquere con finalità di terrorismo prevista e punita dall’art. 270 bis c.p.

Sulla base di detta informativa, il Ministero resistente, sulla scorta di un’attività valutativa sostanzialmente “vincolata” agli accertamenti degli organismi preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, ha ritenuto preminente l’esigenza di salvaguardia della sicurezza nazionale rispetto all’interesse del richiedente all’acquisto della cittadinanza italiana.

Ciò posto, quanto al profilo di censura riguardante l’asserito vizio di motivazione, giova ribadire che il potere di valutare l'esistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica che ostino all’acquisto della cittadinanza per matrimonio è connotato da ampia discrezionalità, in quanto viene comunque in rilievo un atto che attribuisce definitivamente uno status che comporta rilevantissime conseguenze per il patrimonio giuridico del richiedente e sui suoi diritti all’interno dello Stato, di modo che la valutazione dell’Amministrazione è evidentemente informata a criteri di precauzione di profilo oggettivo e di cautela.

Del resto, va osservato che, nell’operare il bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, va considerato che il sacrificio dell'interesse del privato consiste nel non conseguire immediatamente il pieno riconoscimento di tutti i diritti, consistenti nella sostanza nei diritti politici che consentono di partecipare all’autodeterminazione della vita del Paese mediante l’esercizio del diritto di elettorato (oltre che nel diritto di incolato e limitazione dell’estradizione), essendo il conseguimento di tale posizione differito al momento in cui si possono ritenere maturati in capo ad esso tutti i requisiti richiesti. Mentre, nel caso di accoglimento dell’istanza, le conseguenze sono tendenzialmente irreversibili ed interessano l’intera collettività in quanto il soggetto viene ad essere ammesso stabilmente nella comunità nazionale in via definitiva, con diritto di partecipazione alla determinazione delle scelte politiche. In tale prospettiva non può ritenersi sproporzionato, ove si considerino le gravità delle conseguenze per la generalità dei consociati, il provvedimento che nega la cittadinanza per matrimonio in presenza di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

A fronte degli importanti interessi della comunità nazionale coinvolti nel procedimento, l’interesse del cittadino di altro Stato a conseguire la cittadinanza italiana è inevitabilmente recessivo e sottoposto a severa verifica istruttoria, affidata non solo alle autorità locali di pubblica sicurezza (il Prefetto e il Questore), ma anche agli organismi specificamente preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, che nella presente fattispecie hanno evidenziato - con modalità compatibili con la riservatezza (pure consentita perché dovuta a esigenze di sicurezza nazionale: si pensi alla tutela delle fonti di informazione) e dunque non soggette ai pieni canoni di trasparenza che debbono caratterizzare l’attività amministrativa ordinaria - possibili criticità (Cons. St., sez. II, 31 agosto 2020, n. 5326;
5679/2021, 6720/2021;
8084/2022 e n. 11538/2022 Tar Lazio, Sez. V bis n. 17081/2022;
16084/2022;15986/2022;
n. 15985/2022;
15944/2022 n. 13911/2022 e 11806/2022).

La sicurezza della Repubblica è, infatti, interesse di rango certamente superiore rispetto all'interesse di uno straniero ad ottenere la cittadinanza italiana ed il riconoscimento della cittadinanza, per sua natura tendenzialmente irrevocabile, presuppone che " nessun dubbio, nessuna ombra di inaffidabilità del richiedente sussista, anche con valutazione prognostica per il futuro, circa la piena adesione ai valori costituzionali su cui Repubblica Italiana si fonda " (così Cons. Stato, Sez. III, 14 febbraio 2017 n. 657;
cfr. 5236/2020 e 8039/2021).

A tal riguardo la Corte Costituzionale ha affermato che la rilevanza dell'interesse della sicurezza dello Stato-comunità alla propria integrità ed alla propria indipendenza trova espressione nell'art. 52 della Costituzione (Corte Costituzionale n. 24 del 2014).

Dalle considerazioni che precedono consegue che l’obbligo di motivazione del diniego si presta ad essere adeguatamente calibrato in funzione, anche, della delicatezza degli interessi coinvolti, che potrebbero ricevere pregiudizio già per effetto di un indiscriminato ed incontrollato palesamento dei fatti accertati dall’Amministrazione e degli strumenti istruttori utilizzati: sì da legittimare un assolvimento “attenuato” dell’obbligo esplicativo delle ragioni del provvedimento, da parte dell’Amministrazione, quando una più ampia disclosure , già nel contesto del provvedimento medesimo, dei dati e delle informazioni in possesso dell’Amministrazione potrebbe costituire, come nella specie, un attentato alla segretezza connaturata allo svolgimento di investigazioni particolarmente penetranti ed in ambiti estremamente rischiosi (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2102;
n. 8133/2020;
3886 e 3896/2021, 5679/2021, 6720/2021 e 8084/2022;
orientamento pienamente condiviso sin dall’inizio da questa sezione: vedi

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