TAR Potenza, sez. I, sentenza 2015-02-14, n. 201500123

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2015-02-14, n. 201500123
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 201500123
Data del deposito : 14 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00114/2013 REG.RIC.

N. 00123/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00114/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 114 del 2013, proposto da:
- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. D G, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Potenza, alla via Mazzini, n. 23/A;

contro

- Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza, presso i cui uffici domicilia, in Potenza, al corso

XVIII

Agosto, n. 46;

per l'annullamento

- decreto n. -OMISSIS-del-OMISSIS-del Direttore della VII Divisione della Direzione generale per il personale militare del Ministero della difesa, col quale si è disposta la sospensione precauzionale facoltativa dall’impiego del ricorrente;

- ove lesive, della proposta del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri n. -OMISSIS- del-OMISSIS-, nonché delle proposte del Comando regionale del -OMISSIS-e del Comando interregionale del 22 agosto 2012;

di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, per quanto lesivo dell’interesse del ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 52, nn. 1 e 2, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2014 il magistrato avv. Benedetto Nappi e uditi per le parti i difensori avv. D G e avvocato dello Stato Amedeo Speranza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza, nell’ambito del procedimento penale n. -OMISSIS-, ha esercitato l’azione penale nei confronti del maresciallo dell’Arma dei Carabinieri -OMISSIS-, odierno ricorrente, con riguardo ai reati, in continuazione, di “ corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio ” e “ rifiuto di atti d’ufficio. Omissione ”.

1.1. In particolare, è stato contestato al ricorrente di:

a) aver omesso di inoltrare all’Autorità Giudiziaria, nonché di ratificare e depositare agli atti del proprio ufficio, una denuncia-querela presentata da persona che aveva subito il reato di truffa;

b) ricevuto, quale compenso, un cellulare con contratto aziendale, da un soggetto imputato nella suddetta inchiesta quale capo di una organizzazione a delinquere.

2. Il Vicecomandante generale dell’Arma dei Carabinieri, su conforme valutazione dei superiori gerarchici dell’interessato, ha quindi proposto l’adozione della sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo nei confronti del militare in epigrafe, sussistendo il presupposto costituito dal fatto che dalle suddette imputazioni potrebbe derivare la perdita del grado, e considerato che la sua ulteriore permanenza in servizio sarebbe stata di pregiudizio al prestigio dell’Arma dei Carabinieri, nonché di grave turbativa al regolare svolgimento dei compiti istituzionali.

2.1. La competente Direzione Generale del Ministero della Difesa, recependo la predetta proposta, con l’impugnato decreto n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, ha disposto la sospensione precauzionale dall’impiego del ricorrente, ai sensi dell’articolo 916 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

3. Avverso il predetto provvedimento, nonché gli ulteriori indicati in epigrafe, è insorto il maresciallo -OMISSIS-, con ricorso spedito per la notificazione in data 15 febbraio 2013 e depositato il successivo 19 di febbraio, deducendo in diritto, per più profili, la violazione e la falsa applicazione di legge (art. 916 d.lgs. n. 66/2010;
articoli 7, 8, 9, 10 legge n. 241/1990) e l’eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento, difetto d’istruttoria e di motivazione.

4. Si è ritualmente costituita l’Amministrazione intimata, concludendo nel senso del rigetto del ricorso per sua infondatezza.

5. Alla camera di consiglio del 6 marzo 2013, con ordinanza n.-OMISSIS-l’incidentale istanza cautelare è stata respinta per mancanza del requisito del fumus boni juris .

6. Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato, alla stregua della motivazione che segue.

2. Il ricorrente si duole in primo luogo della mancata comunicazione di avvio del procedimento volto all’applicazione della misura della sospensione facoltativa dall’impiego.

2.1. La censura non può essere condivisa, dovendosi qui dare continuità al condivisibile indirizzo giurisprudenziale secondo cui quando l’instaurazione del procedimento è finalizzata all’adozione di un provvedimento di natura cautelare, consistente nella sospensione dal servizio del dipendente assoggettato ad un procedimento penale per un determinato titolo di reato, la partecipazione di questi al procedimento de quo non potrebbe comunque apportare alcun elemento nuovo (cfr. T.A.R. Campania, sez. IV, 3 agosto 2009, n. 4622). In ogni caso, il ricorso non fa riferimento ad elementi conoscitivi che, qualora tempestivamente introdotti nel procedimento attraverso l’attivazione degli strumenti partecipativi di cui all’articolo della legge n. 241/1990, avrebbero potuto indirizzare l’Amministrazione verso una decisione diversa da quella adottata, non assumendo rilievo a tal fine il fatto che il ricorrente si è proclamato innocente nell’interrogatorio di garanzia espletato dal Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale di Potenza.

2.2. Il ricorrente lamenta poi la violazione dell’art. 916 del d.lgs. n. 66/2010, in quanto dalle imputazioni formulate, non potrebbe comunque derivare la conseguenza della perdita del grado

2.3. Il rilievo è privo di pregio.

Ai sensi del ripetuto art. 916, la sospensione precauzionale può essere applicata nei confronti di un militare che sia imputato per un reato dal quale può derivare la perdita del grado.

L’art. 866 del d.lgs. n. 66/2010 dispone che la perdita del grado, senza giudizio disciplinare, consegue ad una condanna definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all'articolo 19, comma 1, nn. 2) e 6) del codice penale.

Nel caso di specie, il ricorrente risulta imputato per i reati di cui agli artt. 81 cpv, 319, 321 e 328 del codice penale. Ebbene, ai sensi dell’art. 317 -bis del medesimo codice, la condanna per il reato di cui agli articoli 314, 317, 319 e 319 -ter importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, ovvero, se per circostanze attenuanti venga inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, l'interdizione temporanea. Inoltre, ai sensi dell’art. 60, primo comma, del codice di procedura penale, la persona alla quale è attribuito il reato nella richiesta di rinvio a giudizio assume la qualità di “imputato” e la conserva in ogni stato e grado del processo. Di talché, la palese inconsistenza della predetta doglianza.

2.5. Il ricorrente si duole ulteriormente del fatto che l’Amministrazione intimata non avrebbe svolto alcuna valutazione della concreta situazione di fatto, a maggior ragione perché le accuse non sarebbero passate attraverso il filtro del Giudice dell’Udienza preliminare. Sarebbe pure mancata un’autonoma valutazione dei fatti alla luce dei contenuti dell’interrogatorio di garanzia.

La censura non persuade.

La misura sospensiva applicata ha mero carattere cautelare, non rivestendo, pertanto, natura disciplinare o sanzionatoria. Essa prescinde da qualsiasi accertamento in ordine alla responsabilità dell’inquisito e non implica, quindi, alcuna valutazione, neppure approssimativa e provvisoria, circa la colpevolezza dell’interessato (cfr. T.A.R. Lazio , sez. I, 2 settembre 2008 n. 7999; id . 8 luglio 2008, n. 6433), non pregiudicando l’integrale reintegrazione del dipendente nelle funzioni e negli assegni non percepiti. Tale sospensione si pone, piuttosto, quale rimedio provvisorio a tutela del superiore interesse pubblico dell’Amministrazione, il cui perseguimento risulta compromesso dalla permanenza del dipendente al quale vengono contestati fatti che assumono rilievo penale, con pregiudizio del regolare svolgimento del servizio (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 14 dicembre 2010, n. 13600). Va, inoltre, aggiunto che tale sospensione cautelare dal servizio non richiede la certezza della esistenza dei fatti contestati e del grado di imputabilità degli stessi al dipendente, essendo al riguardo sufficiente una sommaria cognizione dei fatti, atteso che la ratio della sospensione cautelare è ravvisabile nell’interesse pubblico rivolto ad evitare il pregiudizio per la regolarità del servizio e per il prestigio dell’Amministrazione che deriverebbero dalla permanenza in servizio del dipendente al quale sono attribuiti i fatti di reato (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III, 15 marzo 2011, n. 2352).

2.5. Neppure sussiste, infine, il dedotto vizio di motivazione, in quanto l’Amministrazione ha valutato la gravità dei fatti contestati al ricorrente, dandone adeguata contezza, ed, avendo accertato che tali fatti avrebbero potuto determinare la perdita del grado, ha legittimamente adottato il provvedimento impugnato. Invero, il provvedimento impugnato richiama espressamente la proposta avanzata il-OMISSIS- dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri che ha proposto di sospendere il ricorrente ai sensi articolo 916 del “codice dell’ordinamento militare”, sicché lo stesso da adeguata contezza sia dell’iter procedimentale seguito, sia delle valutazioni formulate in ordine all’obiettiva gravità delle condotte ascritte al ricorrente. Del resto, come si è anticipato, la sospensione precauzionale non si fonda sulla presunzione di responsabilità penale, ma sul preminente interesse dell’Amministrazione a vedere tutelata la propria moralità ed il proprio decoro. E quest’ultimo interesse va ritenuto senz’altro prevalente sulle situazioni soggettive del dipendente (cfr. C.d.S., sez. II, 16 febbraio 2011, n. 1865).

3. Dalle considerazioni che precedono discende il rigetto del ricorso.

3.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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