TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2023-04-18, n. 202306652
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 18/04/2023
N. 06652/2023 REG.PROV.COLL.
N. 06808/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6808 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati A G L, M M, V R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
• del provvedimento prot. n. -OMISSIS-notificato in data 29 marzo 2022 (doc. n. 1) con il quale il Ministero della Salute comunicava il rigetto della domanda di adesione alla procedura di equa riparazione ex art. 27-bis del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni in legge 11 agosto 2014, n. 114, poiché l'accettazione dei due istanti è pervenuta oltre il termine legislativamente previsto;
• nonché di ogni atto presupposto e/o conseguente, tanto in via diretta che indiretta, e comunque connesso al provvedimento sopracitato, oggetto del presente ricorso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2023 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Preliminarmente.
E’ stato proposto un ricorso collettivo (sig. -OMISSIS-), invero avente il medesimo oggetto.
I predetti, con il gravame oggetto del presente scrutinio, hanno contestato la nota della resistente n. -OMISSIS-di prot., partecipata al difensore degli attuali ricorrenti in data 29 marzo 2022.
Il Ministero della Salute, con la nota censurata, ha comunicato il rigetto della domanda di adesione alla procedura di equa riparazione ex art. 27-bis del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni in legge 11 agosto 2014, n. 114, poiché l’accettazione dei due istanti è pervenuta oltre il termine legislativamente previsto.
E’ noto e non merita peculiare approfondimento il fatto che il ricorso collettivo costituisce, nel processo amministrativo, un’eccezione.
Secondo la giurisprudenza consolidata, infatti :” nel processo amministrativo … anche dopo la codificazione del 2010 (v. artt. 40 e ss. c.p.a.), la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione. Pertanto, la proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri;i secondi consistono, invece, nell’identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi” (Consiglio di stato, sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 363;C.d.S., Sez. V, 27 gennaio 2020, n. 682).).
Nel caso di specie, la questione sollevata attiene, per entrambi al ritardo, oltre il termine del 31.12.2018, nella presentazione dell’istanza di adesione all’equa riparazione, per cui il ricorso, così come proposto, è ammissibile.
Ciò detto, dai documenti versati in atti emerge che la resistente in data 11 novembre 2016 ha comunicato al sig. -OMISSIS-che poteva avvalersi della prevista equa riparazione di cui all’art. ex art. 27-bis del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni in legge 11 agosto 2014, n. 114, facendo pervenire, entro 15 giorni dal ricevimento della nota, l’allegato atto di accettazione debitamente compilato.
Una medesima comunicazione è stata spedita dalla resistente al sig. -OMISSIS-in data 29 novembre 2016.
Il sig. -OMISSIS-ha riscontrato la richiesta della p.a. in data 17 giugno 2021, mentre il sig. -OMISSIS-ha aderito alla procedura in data 12 febbraio 2020.
In data 1 marzo 2022 la resistente ha comunicato al sig. -OMISSIS-il rigetto della domanda di adesione alla procedura transattiva, stante l’assenza del requisito della pendenza del contenzioso dal 2018.
Il provvedimento non risulta impugnato.
Il sig. -OMISSIS-, in data 16.12.2009, ha presentato domanda di adesione alla procedura transattiva di cui alle leggi n. 222 e 244 del 2007.
La domanda risulta acquisita dalla resistente al numero di prot. n. 933.
Con nota n. 542 del 7 dicembre 2021 l’amministrazione resistente ha comunicato al sig. -OMISSIS-un preavviso di rigetto della domanda di transazione atteso che :” … l’atto di citazione è stato notificato in data 14/05/2002 e, pertanto, tardivamente rispetto al termine perentorio di 5 anni dalla richiesta di indennizzo ex l. 210/1992 (presentata in data 17/04/1996), di cui all’art. 5, comma 1, lettera a) del D.M. 04 maggio 2012”.
Con nota del difensore datata 9 marzo 2022 veniva rappresentato alla resistente che il sig. -OMISSIS-aveva aderito alla procedura di equa riparazione di cui al comma 1 dell’art. 27-bis del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito in legge l’11 agosto 2014 n. 114 e, pertanto, ai sensi del comma 2 del suddetto art. 27-bis, ha rinunciato alle cause in corso e alla transazione ex L. 244/07.
L’amministrazione ha provveduto a riscontrare l’indicata nota afferente anche agli attuali ricorrenti rappresentando, come detto, la tardività della istanza di adesione al beneficio per cui è causa.
Avverso tale determinazioni sono insorti gli attuali ricorrenti con ricorso giurisdizionale e contestuale istanza cautelare.
Con ordinanza collegiale n. 9246/2022, il ricorso, a mente dell’art.55 comma 10 cpa, è stato rinviato all’udienza di pubblica del 14 marzo 2023.
In quella data il ricorso è stato trattenuto in decisione.
La parte ricorrente ha sostenuto che il termine indicato dalla p.a. per la presentazione della domanda di accettazione dell’equo indennizzo, originariamente indicato dall’art. 27-bis del D.L. 90/2014, al 31.12.2017, poi, con la legge 27 dicembre 2017, n. 205, prorogato al 31.12.2018.
Recita la norma, così come modifica :” …La liquidazione degli importi è effettuata entro il 31 dicembre 2018…”.
Sostiene la parte ricorrente la ordinatorietà del termine indicato dalla norma.
Il Collegio non condivide tale assunto.
Il legislatore ha previsto un termine di liquidazione degli importi forfettariamente indicati per il richiesto equo indennizzo.
Ciò significa che entro la data riportata il procedimento per la corresponsione dell’equo indennizzo deve essere attivato proprio per consentire alla p.a. una adeguata istruttoria e quantificazione delle somme complessivamente dovute.
La giurisprudenza amministrativa, nella sua più alta espressione ha rilevato che “l’individuazione del termine come “perentorio” – oltre che dalla definizione come tale – discende in primo luogo dalla ragione della sua introduzione, normalmente consistente nell’esigenza di celerità insita nella fase specifica del procedimento, in coerenza con la giurisprudenza prevalente, secondo cui, per i termini esistenti all’interno del procedimento amministrativo, il carattere perentorio o meno deve essere ricavato dalla loro “ratio” (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 25.2.14, n. 10).
Più di recente il Consiglio di Stato ha ritenuto che :” l'intenzione del legislatore non si ricava sempre e necessariamente dall'esplicita disposizione in tal senso, potendo la natura perentoria essere desunta anche implicitamente dalla ratio legis e dalle specifiche esigenze di rilievo pubblico che lo svolgimento di un adempimento in un arco di tempo prefissato è indirizzato a soddisfare (tra le tante, Consiglio di Stato, sez. VI, 14/01/2009, n. 140)” ( Cons. St., Sez. IV n. 5190/2017).
Pertanto, dalla natura e dalla funzione del termine indicato dal legislatore per aderire all’equo compenso, emerge, all’evidenza, la sua natura perentoria.
Con il secondo motivo di gravame la parte ricorrente denuncia che il provvedimento contestato è affetto da difetto di motivazione e mancanza di adeguata istruttoria.
Anche tale motivo non può essere condiviso.
La p.a. ha motivato il diniego alla istanza avanzata dai ricorrenti sulla base di un dato oggettivo ed inconfutabile : l’istanza è stata prodotta dai predetti oltre il termine indicato dal legislatore per la liquidazione del beneficio economico.
In altre parole, l’accertata tardività dell’istanza è motivo sufficiente per il suo respingimento, atteso che non risultano avanzate giustificazioni per il ritardo, né il termine indicato risultava, al tempo della richiesta della p.a., oltremodo gravoso.
Con il terzo motivo di gravame la parte ricorrente ha eccepito la mancata tutela del legittimo l’affidamento cui erano titolari gli odierni ricorrenti sulla base legge n. 244/2007, dell’art. 27-bis di cui al D.L. 90/2014.
A dire della parte ricorrente la p.a. è rimasta inerte alla attivata procedura transattiva ingenerando, così, un legittimo affidamento per la positiva soluzione della vertenza.
Perché possa parlarsi di legittimo affidamento è necessario che siano cumulativamente presenti tre elementi:
Il primo ha natura oggettiva.
Consiste nel vantaggio che la parte consegue dalla situazione giuridica apparente: tale vantaggio deve essere chiaro ed univoco e conseguente ad un atto favorevole della p.a.;
è necessario che il privato sia in buona fede;
infine, è necessario che l’affidamento si sia consolidato nel tempo.
Nel caso di specie, in realtà, la difesa di parte ricorrente ha omesso di rappresentare che la p.a. con le note partecipate nel 2016 ha rappresentato in modo oggettivo ed univoco le condizioni, anche temporali, per ottenere il beneficio economico, sicchè, in tale evenienza, difetta, in capo ai ricorrenti, il requisito della buona fede.
Con il quarto motivo di ricorso la parte ricorrente ha censurato la illegittimità della esclusione degli istanti dal beneficio economico richiesto malgrado gli stessi possedessero tutti i requisiti stabiliti dalla fattispecie normativa.
Invero, il diniego espresso dalla p.a. è conseguito alla accertata inerzia dei predetti di accettare la proposta di equo indennizzo nel termine normativamente indicato.
A fronte di un tale aspetto pregiudiziale all’esame della domanda, ogni ulteriore considerazione relativa al merito della vicenda è inconferente.
Pertanto il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.