TAR Roma, sez. III, sentenza 2016-08-04, n. 201609086

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2016-08-04, n. 201609086
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201609086
Data del deposito : 4 agosto 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/08/2016

N. 09086/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02635/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2635 del 2014, proposto dal prof. A V, rappresentato e difeso dagli avvocati A C (C.F. CLRNGL48P06H703Z) ed, E V (C.F. VSPMNL66C04H282E), con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca - Anvur, Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Angela Di Gregorio, Barbara Pasa non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del giudizio di inidoneità al conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di professore universitario di I fascia per il settore concorsuale 12/E2 - diritto comparato, nonché di tutti gli atti di procedura, ivi compresi la nomina della Commissione esaminatrice, il DPCM del 19 giugno 2013, il DPCM del 26 settembre 2013 e i DD

MIUR

1263 del 28 giugno 2013, 1718 del 20 settembre 2013 E 1767 del 30 settembre 2013;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca - Anvur e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2016 la dott.ssa Gabriella De Michele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso n. 2635/14, notificato il 14 febbraio 2014 e depositato il successivo giorno 28, il prof. Alberto Vespasiani ha impugnato diversi atti della procedura, espletata per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di I fascia nel settore concorsuale 12/E2 (Diritto Comparato), procedura conclusa – nei confronti del medesimo – con giudizio di non idoneità, a seguito di valutazione negativa di tre commissari su cinque.

Avverso tale conclusione l’interessato ha prospettato i seguenti motivi di gravame:

1) illegittimità derivata dai

DPCM

19 giugno 2013 e 26 settembre 2013, nonché dai DD MIUR nn. 1263/2013 e 1767/2013, per violazione dell’art. 16 della legge n. 240 del 2010 e dell’art. 1, commi 389 e 394 della legge n. 228 del 2012 ( legge finanziaria 2013 );
violazione dei principi generali in materia di proroga, tenuto conto dell’importanza attribuita dalla legge alla durata dei lavori delle Commissioni esaminatrici e delle numerose proroghe caratterizzanti invece tali lavori, peraltro per disposizione dirigenziale e non a seguito di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze;

2) violazione del principio di trasparenza e di par condicio;
violazione dell’art. 16, comma 3, della legge n. 240 del 2011, nonché degli articoli 5 e 8 comma 7 del d.P.R. n. 222 del 2011;
eccesso di potere e manifesta illegittimità derivata del giudizio, con riferimento alla sede (Università degli Studi Magna Grecia di Catanzaro) presso cui le sedute della Commissione avrebbero dovuto svolgersi, in alternativa ai collegamenti telematici, anch’essi peraltro non adeguatamente indicati nei verbali, che sarebbero stati redatti “ eludendo le più elementari regole di trasparenza e legalità ”;
ulteriore sintomo di eccesso di potere sarebbe poi da ravvisare nei tempi eccessivamente ristretti della valutazione, per complessivi 400 minuti (pari a quattro minuti circa per concorrente);

3) violazione dell’art. 8, comma 4, del d.P.R. n. 222 del 2011, dell’art. 4, comma 3, del decreto ministeriale n. 76 del 2012, nonché dell’art. 6, commi 3 e 5, dello stesso d.m. n. 76;
eccesso di potere per manifesta illogicità e carenza di proporzionalità;
illegittimità derivata del giudizio del ricorrente, avendo la Commissione illegittimamente deciso – “ date le peculiarità del settore concorsuale e più in generale degli studi giuridici ….” – di non tenere conto del parametro su “b”, di cui all’art. 4, comma 3, del d.m. n. 76 del 2012 (“impatto delle pubblicazioni all’interno del settore concorsuale” ), anche in considerazione del fatto che tale valutazione sarebbe stata ricompresa nel parametro sub c (“Qualità della produzione scientifica, valutata all’interno del panorama internazionale della ricerca”);

4) violazione della legge n. 240 del 2010, dell’art. 8, comma 4 del d.P.R. n. 222 del 2011, nonché degli articoli 1, 3, 4, 6 e 11 del d.m. n. 76 del 2012;
eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione;
erroneità di presupposto, travisamento dei fatti e sviamento di potere, tenuto conto della oggettività dei criteri da seguire, con particolare riguardo ai candidati che avessero superato le mediane (ovvero il numero di pubblicazioni, suddivise per tipologia) calcolate dall’ANVUR, anche tenendo conto della collocazione editoriale di dette pubblicazioni, che ove presenti in riviste di classe A o B, in particolare, sarebbe già prova della qualità della produzione scientifica del candidato. Nel caso di specie, l’affermato “mancato conseguimento della piena maturità scientifica ” del ricorrente, nonostante il superamento di tutte le mediane, non sarebbe sorretto da adeguata motivazione, da riferire necessariamente alla classificazione di merito delle pubblicazioni, contenuta nell’allegato D del d.m. n. 76/2012. Il giudizio collegiale della Commissione, in particolare, non consentirebbe in alcun modo di comprendere perché, a fronte di una complessiva valutazione come “ accettabile” delle pubblicazioni, sia stato emesso un giudizio di inidoneità. Mancherebbero, inoltre, sia una valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni, con conclusivo giudizio basato unicamente su una valutazione soggettiva della qualità delle pubblicazioni, in contrasto con i principi ispiratori del d.P.R. n. 222 del 2011 e del d.m. n. 76 del 2012, che avrebbero imposto un raffronto di tipo oggettivo. Il contrasto interno dei parere (due positivi e tre negativi), inoltre, non troverebbe adeguata composizione nel giudizio collegiale, anche con eventuale acquisizione del parere pro veritate , di cui all’art. 8, comma 3 del d.P.R. n. 222 del 2011 ed in ogni caso con la specifica motivazione, prescritta dall’art. 6, comma 5, del d.m. n. 76 del 2012;

5) illegittimità derivata del d.P.R. n. 222 del 2011, art. 6, commi 3 e 4, del d.m. n. 76, art. 8, nonché dell’allegato b, nn. 6 e 7, del decreto direttoriale n. 181 del 2012, in considerazione della illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge n. 240 del 2010, che – nell’impedire, per due anni, la partecipazione del candidato dichiarato non idoneo ad ulteriori selezioni – risulterebbe eccessivamente punitivo nei confronti degli studiosi interessati, in contrasto con diritti fondamentali costituzionalmente garantiti degli stessi.

Le Amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio, si sono opposte all’accoglimento dell’impugnativa, depositando documenti sui fatti di causa e su tale base, tenuto conto anche di un’ultima memoria difensiva di parte ricorrente, nell’udienza in data odierna la causa è passata in decisione.

DIRITTO

E’ sottoposta all’esame del Collegio una questione di mancato riconoscimento dell’idoneità come professore di I fascia, nella peculiare procedura prevista dall’art. 16 della legge n. 240 del 30 dicembre 2010 ( Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e di reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario) , procedura disciplinata anche dal regolamento attuativo, approvato con d.P.R. n. 222 del 14 settembre 2011, nonché dal regolamento recante criteri e parametri per la valutazione, oggetto di decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca n. 76 del 7 giugno 2012, oltre che dal bando di selezione. Tale questione richiede alcune valutazioni preliminari, concernenti sia l’ordine di trattazione dei motivi di gravame, sia i limiti di sindacabilità degli atti, che siano, come quelli in esame, espressione di discrezionalità tecnica nella peculiare forma di giudizi di valore, implicanti competenze specialistiche di alto profilo.

Nell’impugnativa infatti, in primo luogo, si prospettano tre ordini di censure riferiti a questioni procedurali, un quarto motivo incentrato sul difetto di motivazione, ritenuto invalidante per gli specifici giudizi espressi sul ricorrente ed una questione, infine, di costituzionalità, riferita alla preclusa partecipazione del candidato ritenuto non idoneo ad ulteriori selezioni (per un periodo, ora ridotto, che alla data di proposizione del ricorso era di due anni).

I motivi a carattere procedurale (illegittimità delle proroghe disposte a livello dirigenziale, riunioni irrituali e non regolarmente verbalizzate della Commissione, tempi di valutazione eccessivamente brevi e illegittima esclusione di uno dei parametri valutativi normativamente previsti: art. 4, comma 3, lettera b del d.m. n. 76 del 2012) – in quanto a carattere demolitorio dell’intera procedura espletata – implicherebbero in via preliminare integrazione del contraddittorio, nei confronti di tutti i candidati ritenuti idonei (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. Stato, sez. VI, 4 marzo 2015, n. 1071). La priorità di ragioni formali e di rito, come quelle sopra indicate, non costituisce tuttavia un vincolo assoluto per l’organo giudicante, anche quando non sia la stessa parte a sottoporre al giudice – in conformità al principio dispositivo, che caratterizza il processo amministrativo – le proprie ragioni in via gradata. Al di là di tale circostanza, si riconosce comunque il potere del giudice di decidere l’ordine di trattazione delle censure, in base alla consistenza ed al rapporto di priorità logica fra le stesse, anche assorbendo questioni di rito che appaiano infondate, per ragioni di economia processuale (Cons. Stato., sez. IV, 21 gennaio 2013, n. 341;
sez. III, 24 maggio 2013, n. 2837;
sez. V, 11 gennaio 2012, n. 82;
Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9 e 27 aprile 2015, n. 5).

Nella situazione in esame, il Collegio ritiene in effetti di poter prescindere dall’integrazione del contraddittorio, in presenza di censure, già in numerose pronunce giudiziali ritenute infondate, per quanto riguarda le proroghe accordate per la conclusione della procedura di cui trattasi, l’assenza di vincoli formali stringenti per le modalità e i tempi di lavoro della Commissione e la possibilità per quest’ultima di rimodulare i criteri normativamente previsti (cfr., fra le tante, TAR Lazio, Roma, sez. III, nn.9403/2014 e 11500/ 2014).

Risulta prioritario ed assorbente, invece, il quarto motivo di gravame (la cui fondatezza preclude la disamina del quinto motivo, riferito ad una prospettata incostituzionalità della norma, che disciplina gli effetti del diniego di abilitazione).

Deve quindi essere valutata, in via esclusiva, la congruità della motivazione, con cui la Commissione esaminatrice ha ritenuto di non ravvisare i presupposti per accordare al ricorrente l’abilitazione scientifica, per il settore concorsuale di riferimento.

In ordine a tale apprezzamento – insindacabile nel merito – la cognizione del Giudice Amministrativo ha subito nel corso degli anni una significativa evoluzione, a partire dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 601 del 9 aprile 1999, con successivo indirizzo giurisprudenziale, che ha evidenziato come spetti a detto Giudice – anche in base al principio, di rilievo comunitario, della effettività della tutela – una piena cognizione del fatto, secondo i parametri della disciplina in concreto applicabile. A tal fine, può ritenersi censurabile ogni valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura, ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina dominante in materia. (esattamente in termini: Cons. Stato, sez IV, 13 ottobre 2003, n. 6201).

L’indirizzo sopra sintetizzato si è tradotto nelle formule, di norma utilizzate dalla giurisprudenza, secondo le quali l’esercizio della discrezionalità tecnica deve rispondere ai dati concreti, deve essere logico e non arbitrario. L’orientamento giurisprudenziale indicato mira a garantire, con l’effettività della tutela giurisdizionale, l’esclusione di ambiti franchi da tale tutela, al fine di assicurare un giudizio coerente con i principi, di cui agli articoli 24, 111 e 113 Cost , nonché 6, par.1, CEDU. E’ quindi necessario che la pretesa fatta valere in giudizio trovi, “ se fondata, la sua concreta soddisfazion e” (Corte costituzionale, sent. n. 63 in data 1 aprile 1982), che il giudice abbia una giurisdizione piena (abbia, cioè, il potere di valutare sia le questioni di fatto che di diritto (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, Albert et Le Compte c. Belgio, par. 29, 10 febbraio 1983), che il controllo giurisdizionale su un atto amministrativo non sia limitato alla compatibilità di esso con l’oggetto e lo scopo della norma attributiva del potere (Corte europea dei diritti dell’uomo, Obermeier c. Austria, par 70, 28 giugno 1990).

Appare superato in altre parole, nel giudizio in questione, il principio della sindacabilità degli atti discrezionali sul piano del controllo solo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito, dovendo invece tale giudizio estendersi all’attendibilità delle operazioni tecniche effettuate, con possibile eccesso di potere giurisdizionale solo quando l’indagine del giudice di legittimità si sia estesa all’opportunità o alla convenienza dell’atto, con oggettiva sostituzione della volontà dell’organo giudicante a quella dell’Amministrazione competente in materia (Cass. 5.8.1994, n. 7261).

Per quanto riguarda l’oggetto del ricorso in esame – riferito a giudizi di valore, resi in procedure di esame a carattere, peraltro, abilitativo e non concorrenziale – dovrebbe tuttavia sottolinearsi, in astratto, l’estrema difficoltà di un sindacato giurisdizionale non debordante nel merito, sussistendo di norma, per giudizi appunto di valore, margini di discrezionalità particolarmente ampi, rimessi sia alla sensibilità che all’esperienza, nonché all’alta specializzazione dei docenti, chiamati a far parte della commissione esaminatrice.

In realtà invece, come sottolineato dall’attuale parte ricorrente, la peculiare disciplina, dettata in materia di abilitazione scientifica nazionale, rende agibile un percorso di verifica giudiziale più stringente, che nei fatti ha reso il difetto di motivazione causa preponderante, se non esclusiva, di accoglimento delle impugnative al riguardo proposte, quale censura che può evidenziare un vizio funzionale nell’applicazione del combinato disposto di norme (art. 16 l. n. 240 del 2010, art. 8, comma 4 del d.P.R. n. 222 del 2011 e artt. 1, 3, 4 e 6 del d.m. n. 76 del 2012), da cui discende una forte connotazione di oggettività del giudizio, che i componenti della Commissione esaminatrice sono chiamati ad esprimere.

L’abilitazione scientifica nazionale, infatti, è stata istituita per attestare la qualificazione dei professori universitari di prima e di seconda fascia, cui potranno essere successivamente affidati – con la procedura di cui all’art. 18 della citata legge n. 240 del 2010 – incarichi di docenza;
la disciplina prevista per tale abilitazione è complessivamente orientata a rendere chiaramente percepibili e oggettivamente verificabili i parametri di giudizio, a partire dalla minuziosa regolamentazione che affida la valutazione delle pubblicazioni a criteri sia quantitativi (cosiddette “ mediane” , individuate dall’ANVUR per ciascun settore scientifico) sia qualitativi (giudizi individuali dei commissari e giudizio collegiale della Commissione).

In particolare, l’art. 3 del menzionato decreto ministeriale n. 76/2012 prevede che “ nelle procedure di abilitazione per l'accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, la Commissione formula un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni presentate. La valutazione si basa sui criteri e i parametri definiti per ciascuna fascia agli articoli 4 e 5” (secondo cui, per la valutazione delle pubblicazioni scientifiche, la Commissione deve attenersi, in particolare, all'impatto della produzione scientifica complessiva all'interno del settore concorsuale, da valutare mediante gli indicatori di cui all'art. 6 e agli allegati A e B).

Il medesimo art. 3 al terzo comma specifica che “ l'individuazione del tipo di pubblicazioni, la ponderazione di ciascun criterio e parametro, di cui agli articoli 4 e 5, da prendere in considerazione e l'eventuale utilizzo di ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli sono predeterminati dalla commissione, con atto motivato pubblicato sul sito del Ministero e su quello dell'università sede della procedura di abilitazione …”. La norma attribuisce, quindi, alle commissioni il potere di individuare anche criteri e parametri ulteriori, più selettivi rispetto a quelli già previsti negli artt. 4 e 5 del medesimo regolamento. Come più volte chiarito dalla giurisprudenza, inoltre, il superamento delle cosiddette mediane – implicanti una produzione scientifica quantitativamente adeguata per il settore di appartenenza – non può prescindere da un ulteriore giudizio qualitativo, circa la maturità, l’originalità e l’impatto nel mondo accademico della produzione stessa;
anche in caso di mancato superamento delle mediane, infatti, una valutazione di particolare eccellenza sul piano qualitativo potrebbe consentire al candidato di ottenere l’abilitazione, così come il superamento delle mediane non garantisce di per sé analogo risultato. Appare condivisibile, tuttavia, quanto affermato dalla difesa del ricorrente, circa la necessità che la Commissione – in presenza di superamento delle mediane – tenga conto della reputazione delle riviste (suddivise nelle classi A e B con riferimento al rigore delle procedure di revisione e di diffusione delle pubblicazioni), non potendo non discendere dall’accettazione e dalla collocazione dei testi in tale ambito un sostanziale inserimento del candidato nella comunità scientifica, tanto da imporre per le eventuali valutazioni negative il puntuale rispetto dei parametri di giudizio, di cui all’allegato “D” al d.m. n. 76 del 2012, secondo cui: “ 1. Le pubblicazioni di livello eccellente sono quelle riconosciute come eccellenti a livello internazionale per originalità, rigore metodologico e rilevanza interpretativa;
oppure quelle che hanno innovato in maniera significativa il campo degli studi a livello nazionale.

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