TAR Bari, sez. III, sentenza 2014-07-17, n. 201400944
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N. 00944/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00515/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 515 del 2013, proposto da:
A B, rappresentata e difesa dall'avv. E T, con domicilio eletto presso F Paolo D Modugno in Bari, via Maggiore Turitto, n. 3;
contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avv. A B, con domicilio eletto presso A B in Bari, via Nazario Sauro n.33;
Comune di Bari;
per l'annullamento
- della delibera della Giunta Regionale n. 62 del 05.02.2013, pubblicata sul BURP n. 35 del 05.03.2013, non notificata, avente ad oggetto “ Bari – DGR n. 481/2007. Variante al Piano Regolatore Generale per ritipizzazione suolo Buonvino A (foglio 61, p.lla 302 ).- Riesame a seguito sentenza TAR n. 1208/2011”;
- di ogni altro atto ad essa connesso, presupposto e/o consequenziale, ancorché non conosciuto, ivi compresi, ove occorra e per quanto di ragione, la non meglio specificata relazione istruttoria dell’Ufficio del Settore Urbanistico Regionale competente ( S.U.R.) e la altrettanto non meglio specificata sua “ conferma “ da parte del Drigente del S.U.R. medesimo, atti richiamati nella delibera di G.R impugnata, con riserva di proporre eventuali motivi aggiunti nonché per l’accertamento dell’avvenuto conseguimento del favorevole controllo regionale sulla deliberazione del Commissario ad acta ing. Tommaso Colabufo n. 1/2004 del 01.12.2004, a seguito dell’infruttuoso decorso del termine perentorio di cui all’art. 11, co. 8, LR n. 20 / 2001.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori E T e A B;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente impugna la Delibera adottata dalla Giunta Regionale il 05 febbraio 2013 n. 62, avente ad oggetto: “DRG n. 481/2007, Variante al PRG per ritipizzazione suolo Buonvino A (foglio 61 part. 302).- Riesame a seguito di sentenza TAR n. 1208/2001”.
Col gravato provvedimento la Giunta Regionale non ha approvato, rinviandoli al Comune di Bari, gli atti della variante al PRG, adottata con delibera del Commissario ad acta n. 1 del 01.12.2004, per la ritipizzazione del suolo di proprietà della Sig.ra Buonvino A, come zona residenziale di espansione di tipo C3.
La Giunta si è pronunciata in tal senso, dopo che il Tar Bari, con la sentenza n. 1208/2011, ha annullato una precedente DRG, la n. 481 del 13.04.2007, dal medesimo oggetto, stabilendo la necessità di adozione di un nuovo provvedimento da parte dell’organo regionale, nei limiti di legge.
La Sig.ra Buonvino lamenta con i motivi di ricorso:
1) Violazione di legge, in particolare, dell’art. 11 comma 8 della Legge Regionale 20/2001, anche in relazione all’art 12;dell’art. 97 Cost;dell’art. 21 septies L.241/1990. Violazione del principio del giusto procedimento nonché dei principi generali in tema di controllo. Carenza di potere. Eccesso di potere per travisamento e difetto dei presupposti.
La Giunta Regionale nell’adottare il gravato provvedimento in data 5 febbraio 2013, avrebbe agito dopo la formazione del silenzio assenso per decorso del termine di 150 giorni dalla trasmissione della variante adottata, come previsto dall’art. 11 comma 8 L.R. 20/2001, che avrebbe superato la previsione di cui all’art. 16 della L.R. 56/1980.
Secondo la tesi della ricorrente la delibera del Commissario ad acta n. 1/2004 sarebbe “controllata in senso positivo” dalla Regione, con un provvedimento di tacito assenso, per il decorso del termine di cui all’art. 11 comma 8 della L.R. 20/2001;
2) Violazione dell’art. 9 della L. 241/1990.
La Sig.ra Buonvino lamenta la mancata possibilità di partecipazione al procedimento che ha portato all’adozione della Delibera avversata, nonostante avesse manifestato espressamente tale volontà alla Regione;
3) Violazione dell’art. 21 septies L. 241/1990 anche in relazione all’art. 31 cpa. Violazione ed elusione del giudicato e dei principi generali in materia urbanistica e del principio del giusto procedimento. Incompetenza. Eccesso di potere per sviamento, travisamento, difetto e falsità dei presupposti.
La Delibera contestata sarebbe adottata, nella sostanza, in elusione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 1208/2011.
La Regione ai sensi dell’art. 11 comma 7 L.R. 20/2001, avrebbe dovuto limitarsi “al controllo di compatibilità con il DRAG, essendo già stati censurati con la sentenza del Tar Puglia, Bari n. 1208/2001, i tentativi di invasioni delle altrui competenze, attraverso “improprie considerazioni”;
4) La prima motivazione su cui si basa la gravata Delibera, relativa all’intervenuta modifica dell’art. 31 delle NTA del PRG del Comune di Bari, sarebbe illegittima per violazione di legge ed eccesso di potere. La ricorrente contesta l’assunto secondo cui il procedimento di ritipizzazione sarebbe stato reso ingiustificato dall’intervenuta modifica delle NTA nel 2008, le quali, consentendo l’intervento anche da parte dei privati nelle aree destinate a verde pubblico, avrebbero evitato la caducazione del vincolo.
La decadenza del vincolo urbanistico sarebbe, in realtà, avvenuta nel 1981 e confermata da una sentenza del Tar Puglia, Bari, la n. 391 del 2004, lasciando prive di ritipizzazione urbanistica le aree di proprietà della ricorrente. La variante normativa del 2008 non avrebbe potuto far rivivere il vincolo di destinazione di zona, venuto meno molto prima, nel 1981;
5) La seconda motivazione della Delibera GR n. 62/2013 si basa sul presupposto che anche le altre proprietà della ricorrente, confinanti con la particella n. 302, non sono edificabili. Tanto sarebbe avvenuto per effetto della Delibera del Consiglio Comunale di Bari n. 106 del 15.12.2011, a cui è seguita la delibera n. 61 /2013 della Giunta Regionale (immediatamente precedente alla n. 62 oggetto di gravame), con cui è stata approvata la reiterazione dei vincoli. Tale argomentazione sarebbe viziata per violazione dei canoni di imparzialità e correttezza dell’azione amministrativa, oltre che per difetto di istruttoria, motivazione e straripamento delle competenze, essendo riservate al Comune le valutazioni urbanistiche;
6) La terza motivazione si basa sulla rilevazione di un “reticolo idrografico”, da cui scaturirebbe la necessità di “pregiudiziali puntuali accertamenti di compatibilità della proposta di ritipizzazione”.
La ricorrente osserva che solo dopo “la verifica finale della Carta Idrogeomorfologica a cura dell’Autorità di Bacino” si possa sottoporre a tutela idraulica un’area, non costituendo il reticolo un vincolo, su cui, peraltro, la Regione non potrebbe vantare alcuna competenza.
Si è costituita in giudizio la Regione Puglia. Resistendo al ricorso ha affermato, con riferimento al primo motivo di ricorso, che la variante per la ritipizzazione del suolo in esame sia soggetta alla disciplina di cui all’art. 16 della L.R. 56/1980. Ne deriverebbe la necessità di adozione un provvedimento espresso da parte della Giunta regionale, senza la possibilità di invocare la formazione di silenzio assenso di cui alla L.R. 20/2001, inapplicabile al caso di cui si tratta. Tale assunto sarebbe confermato da tre pronunce del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, rispettivamente n. 5307/2012 del 17.12.2012;n. 5166/2012 dell’01.10.2012 e n. 5167/2012 dell’01.10.2012.
Quanto al secondo motivo di ricorso, relativo alla lamentata mancanza di partecipazione al procedimento, da parte della Sig.ra Bonvino, tale circostanza sarebbe nei fatti smentita dalla ingente produzione documentale della parte, agli atti della Regione. In ogni caso si osserva che l’amministrazione non sarebbe tenuta ad una analitica confutazione di ogni osservazione fatta valere dalla parte privata e che l’art. 13 L. 241/1990 pone dei limiti alla partecipazione proprio in materia di pianificazione.
Il provvedimento adottato dalla Giunta si baserebbe su di una Relazione istruttoria del Servizio Urbanistico Regionale (SUR), nuovamente negativa sulla prospettata variante.
La Regione, si oppone al terzo motivo di ricorso, sostenendo di non aver eluso alcun giudicato, né di aver invaso la sfera di competenza del Comune, che resterebbe l’unico soggetto tenuto a riavviare il procedimento di riqualificazione urbanistica del suolo in discussione, tenendo conto dei rilievi e delle esigenze di approfondimento rilevate in sede regionale.
Con riferimento alle motivazioni della Delibera oggetto di gravame, la Regione rileva che la tipizzazione proposta dal Comune non sarebbe adeguatamente motivata con riferimento ai fatti nuovi rilevati nei tre punti della motivazione ed è, con riferimento a questi, che il Comune sarebbe tenuto a riavviare il procedimento di riqualificazione urbanistica.
La Regione, pur sostenendo di essere ben consapevole che la DRG n. 2415/2008, richiamata nella delibera impugnata, non spiega effetti sul suolo della ricorrente, ritiene che in ogni caso possa essere utile tenerne conto in sede di valutazione degli interessi pubblici e privati che possono rilevare, oltre quelli del proprietario dell’area.
Inoltre, proprio nel rispetto delle competenze del Comune, la Regione richiama la variante adottata con delibera del CC di Bari n. 106/2001 (poi approvata con DRG n. 61/2013), avente ad oggetto una variante relativa alla vocazione dei suoli confinanti con quello di cui la particella 302, per cui è causa, essendo la medesima intervenuta dopo la proposta di ritipizzazione del commissario ad acta dei cui alla delibera n. 1 del 2004.
Quanto al reticolo idrografico, la Regione rileva che sarebbe stato il Comune ad attribuirgli interesse paesaggistico, attraverso la relativa individuazione nella cartografia allegata alla variante generale per adeguamento al PUTT/P regionale, adottata con le DCC n. 56/2010 e n. 33/2011. La rilevanza idraulica sarebbe un ulteriore elemento conseguente all’eventuale interesse manifestato dall’Autorità di Bacino che si aggiungerebbe a quello paesaggistico.
Con ordinanza n. 253 del 13 maggio 2013 veniva rigettata l’istanza cautelare di sospensione del gravato provvedimento.
Le parti hanno successivamente presentato memorie, replicando alle eccezioni avverse.
All’udienza pubblica del 04 giugno 2014, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
Quanto al primo motivo di ricorso, il Collegio, nell’accogliere i rilievi della Regione, sulla mancata formazione del silenzio assenso, non trova ragioni per discostarsi dall’interpretazione relativa all’applicazione della normativa regionale succedutasi nel tempo, con riferimento, in particolare, al rapporto tra la L.R. 56/1980 e L.R. 20/2001, contenuta nelle richiamate sentenze del Consiglio di Stato, nn. 5307/2012, 5166/2012 e 5167/2012.
In esse è stato chiarito che le due normative danno luogo ad un sistema di pianificazione del territorio radicalmente differente, per cui , “i nuovi strumenti di pianificazione generale ai sensi del primo comma del medesimo art. 20 devono seguire la L.R. del 2001, mentre le varianti ordinarie dei precedenti PRG restano soggette alla normativa del 1980, tuttora in vigore in quanto non è mai stata abrogata”. Secondo il Consiglio di Stato, “il comma 3 dell’art. 20 della L.R. n. 20/2001, che circoscrive l’ultrattività della normativa previgente relativamente al regime delle varianti, è del tutto coerente con l’impianto complessivo del sistema”.
Ne consegue che non è fondata la richiesta di declaratoria di nullità della gravata delibera della Giunta Regionale, non potendosi ritenere formato l’avvenuto controllo per silentium sulla delibera commissariale di ritipizzazione dell’area di proprietà della ricorrente, la cui previsione normativa non trova applicazione nel caso in esame.
Il ricorso è, invece, fondato con riferimento agli altri motivi di ricorso volti a contestare la legittimità della D.G.R. n. 62 del 05.02.2013.
Il diniego opposto dalla Regione si basa prioritariamente sulla rilevata necessità che il Comune riavvii il procedimento facendo riferimento a fatti sopravvenuti rispetto alla proposta contenuta nella delibera del Commissario ad acta del 2004.
Sulla base di tale assunto, con riferimento agli altri motivi di ricorso la Regione ritiene necessaria una valutazione aggiornata dei fatti sopravvenuti alla proposta del 2004, sostenendo di lasciare impregiudicata la competenza del Comune, che dovrà presentare una nuova proposta, il cui contenuto sarebbe riservato alle valutazioni di propria spettanza.
Pur riconoscendo il Collegio la necessità dell’adozione di un provvedimento espresso, in conformità all’interpretazione, fornita da precedenti pronunce del Consiglio di Stato, delle norme sopra richiamate, va rilevato che le tre ragioni ostative approvazione della delibera del commissario ad acta opposte dalla Regione non risultano legittime.
Preliminarmente va richiamato quanto espresso dal TAR con la sentenza n. 1208/2001, circa la l’ambito del potere riconosciuto alla Regione, laddove si è affermato:
<<l'illegittimità della delibera gravata discende nel suo complesso dal modo in cui la Regione ha ritenuto di poter esercitare il proprio potere di approvazione, che si rivela non conforme né alla legge urbanistica regionale, né alla pronuncia n. 1902/2006, la quale aveva dichiarato l'obbligo di provvedere, ma sempre nell'ambito e nel rispetto dell'articolo 16 della legge 31 luglio 1980 n. 56. .
Al proposito non è qui il caso di ripercorrere le tappe della normativa urbanistica pugliese, che si è sempre contraddistinta per la complessità nell'impostazione e per l’originalità delle soluzioni, né di ricordare come tale attività legislativa si sia rapportata con il dibattito dottrinario sulla natura e sul procedimento del piano regolatore e, in generale, sul concetto stesso di urbanistica.
È sufficiente rammentare in questa sede che l'articolo 16, al decimo comma, prevede: “La Giunta Regionale - previa motivazione di eventuali decisioni difformi rispetto al parere del CUR - può apportare al PRG le sole modifiche conseguenti all' accoglimento delle osservazioni di cui al precedente 4º comma e quelle necessarie per coordinare le scelte del PRG con quelle operate da altri piani territoriali e con le prescrizioni della presente legge”.
Tale norma, intenzionalmente formulata in modo ampio, dev’essere comunque interpretata tenendo presente che la giurisprudenza non ha mai abbandonato l'idea tradizionale secondo la quale la pianificazione del territorio, ovvero le scelte discrezionali sulla sua utilizzazione spettino al comune. Idea rispetto alla quale l'introduzione nel corpo della legge 17 agosto 1942 n. 1150 (attraverso l’articolo 3 della legge 6 agosto 1967 n. 765) della possibilità di apportare modifiche d'ufficio al piano adottato, in sede di approvazione, configura un correttivo, ma anche una parziale deroga alla ripartizione delle competenze in materia.
D conseguenza, l'articolo 16 dev’essere letto in diretta connessione con l'articolo 10 della legge n. 1150/1142, risultando solo così conforme ad un assetto costituzionale, che, già prefigurato nella normativa urbanistica statale attraverso i principi da essa desumibili, risulta oggi confermato (in un sistema dotato di maggiore elasticità) dagli articoli 114 e 118 della Costituzione, come innovati dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, e dallo stesso principio di sussidiarietà, ivi formalmente recepito.
In base al richiamato articolo 10 della legge n. 1150/1142, "…possono essere apportate al piano, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e sentito il Comune, le modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione, le modifiche conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate con deliberazione del Consiglio comunale, nonché quelle che siano riconosciute indispensabili per assicurare:
a) il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento a norma dell'articolo 6, secondo comma;
b) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato;
c) la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici;
d) l'osservanza dei limiti di cui agli articoli 41-quinquies, sesto e ottavo comma e 41-sexies della presente legge".
Il senso complessivo della disposizione é che essa è posta a tutela d’interessi non essenzialmente locali, in nome dei quali la regione è abilitata ad apportare modifiche anche rilevanti e sostanziali al piano urbanistico, rimanendo pur sempre normalmente riservate all'ente municipale le scelte relative alla gestione e all’utilizzazione del territorio e quindi, innanzi tutto, alla sua zonizzazione.
In concreto, è dunque in questo contesto che la Regione avrebbe dovuto esercitare le proprie prerogative, nel rispetto quindi non solo della disciplina vigente, ma anche dei canoni di proporzionalità e di logicità. Ciò significa, in particolare, che essa non può rimettere in discussione le scelte municipali, ormai consolidatesi, espresse dall'atto commissariale del I dicembre 2004;avrebbe potuto invece (sulla base però di dati positivi esternati attraverso un'adeguata motivazione) anche negare la propria approvazione, ma non di certo semplicemente sminuendo la portata del provvedimento di adozione della variante, che, corredato da una pertinente ricostruzione dell'iter logico seguito, invero rappresenta il risultato di una congrua istruttoria effettuata in collaborazione con l'ufficio tecnico comunale.>>
Venendo ora ad esaminare il nuovo diniego d’approvazione, va rilevato quanto segue.
L a modifica dell’art. 31 delle NTA di PRG, approvata con DGR n. 2415 del 10.12.2008, su cui si fonda il rilievo A1) posto a base del diniego opposto dalla Regione, quand’anche si volesse ritenere come fattispecie di mutamento dello strumento urbanistico, non incide sulla proposta di ritipizzazione adottata con DCA n. 1/2004. A seguito della modifica sopravvenuta, infatti, sono state introdotte previsioni che semmai risultano di maggior “ favor ” per il privato, essendo stato previsto espressamente per la maglia omogenea tipizzata come “’Area a verde pubblico di Tipo A – Verde Urbano”, all’interno della quale si colloca anche l’area interessata dalla proposta di ritipizzazione del suolo della ricorrente, il superamento della riserva all’intervento esclusivamente pubblico, con preordinato vincolo espropriativo, a favore dell’intervento attuativo alternativo da parte del privato, come sostenuto dalla stessa Regione.
Le determinazioni comunali, assunte con la DCC n. 106/2011, sulle quali si fonda il secondo rilievo B1) opposto dalla Regione non coinvolgono l’area interessata dalla proposta di rititpizzazione, né in alcun modo possono considerarsi “ ius superveniens ”, risultando, pertanto, non influire in alcun modo sulla proposta di ritipizzazione.
Da ultimo, i necessari accertamenti legati alla presenza del “reticolo idrografico”, richiamati come fondanti il terzo rilievo C1) opposto, non sono idonei a fondare il diniego, come evidenziato dalla difesa della ricorrente, atteso che l’area in questione – così come comprovato dalla documentazione versata in atti - non risulta attinta dal reticolo idrografico, in quanto ad esso esterna. E quand’anche la medesima fosse al limite interessata dalla fascia di rispetto, da ciò comporta semmai l’adozione di diversi temperamenti di cui il Comune di Bari potrà comunque tener conto, nelle opportune sedi e con le modalità adeguate.
Per tutto quanto esposto il ricorso è fondato con riferimento all’illegittimità dell’atto impugnato e deve, pertanto, essere annullato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.