TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-11-14, n. 201913095
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Testo completo
Pubblicato il 14/11/2019
N. 13095/2019 REG.PROV.COLL.
N. 05804/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5804 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato E B, presso il cui studio in Roma, via dei Barbieri 6, è elettivamente domiciliato;
contro
Ministero della giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento,
quanto al ricorso introduttivo:
della graduatoria dei candidati ammessi alle prove orali del concorso per esame a 500 posti di notaio bandito con Decreto Dirigenziale del 21.04.2016, pubblicata in data 15 febbraio 2018, nella parte in cui il ricorrente non risulta tra gli ammessi alle prove orali;
del verbale n. 125 del 24 marzo 2017 con allegata scheda di valutazione standard della commissione esaminatrice, nella parte in cui ha ritenuto inidoneo il candidato ai fini della partecipazione dello stesso alle prove orali del concorso;per quanto di ragione, dei verbali n. 8 - 12 della commissione esaminatrice del concorso a 500 posti di notaio D.M. 21.04.2016 contenenti le determinazioni dei criteri generali di correzione degli elaborati;per quanto occorrer possa, di tutti gli altri verbali della commissione esaminatrice, sconosciuti al ricorrente;nonché, per quanto occorrer possa, di ogni altro atto consequenziale, successivo, presupposto o comunque collegato e/o connesso, ancorché non cognito al ricorrente;
e, quanto ai motivi aggiunti,
per l’annullamento:
- della graduatoria dei candidati vincitori del concorso, per esame, a 500 posti di notaio bandito con decreto dirigenziale del 21.04.2016, approvata con decreto del 15 febbraio 2019 e pubblicata in data 19 febbraio 2019, nella parte in cui il ricorrente non risulta tra i vincitori;
- del decreto ministeriale di approvazione della graduatoria del 15 febbraio 2019, pubblicato in data 19 febbraio 2019;
- dei verbali redatti dalla commissione esaminatrice in data 11 e 12 febbraio 2019, con acclusa la graduatoria dei candidati che hanno superato le prove del concorso, non conosciuti e richiamati nel suddetto decreto del Ministro della giustizia del 15 febbraio 2019;
- della relazione del Presidente della commissione del concorso depositata in data 12 febbraio 2019, non conosciuta e richiamata nel suddetto decreto del ministro della giustizia del 15 febbraio;
- del provvedimento del 18 febbraio 2019 con il quale il Ministero ha disposto la pubblicazione della graduatoria dei vincitori unitamente all'elenco delle sedi sul sito web del Ministero della giustizia, pubblicato in data 19 febbraio 2019;
- nonché, per quanto occorrer possa, di ogni altro atto consequenziale, successivo, presupposto o comunque collegato e/o connesso, ancorché non cognito al ricorrente.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2019 la dott.ssa R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe il dottor -OMISSIS-, premesso di aver partecipato al concorso per esame a 500 posti di notaio, indetto con decreto del direttore generale della giustizia civile del 21 aprile 2016, impugna, unitamente agli atti presupposti indicati in epigrafe, il provvedimento di mancata ammissione alle prove orali del concorso medesimo.
Espone, in fatto, di essere stato dichiarato “ non idoneo ” dalla Commissione esaminatrice all’esito della lettura di tutti e tre gli elaborati, giudicati complessivamente insufficienti.
Ciò premesso, deduce le seguenti censure:
1) 1. VIOLAZIONE DI LEGGE – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 LEGGE N. 241/1990 - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 10 e 11, COMMI 3, 4, 5, 6, 7, D. LGS. N. 166/2006 - ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, PALESE ILLOGICITA’, IRRAGIONEVOLEZZA, INGIUSTIZIA MANIFESTA, ARBITRARIETA’, CONTRADDITTORIETA’ RILEVABILE ICTU OCULI.
Il ricorrente sostiene che il fatto che la Commissione abbia proceduto alla lettura di tutti e tre i compiti dimostrerebbe che nei primi due non sono stati ravvisati vizi integranti nullità o grave insufficienza.
Tale dato contrasterebbe con il giudizio finale di insufficienza complessiva espresso nei suoi confronti.
2. VIOLAZIONE DI LEGGE – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 COST. – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 LEGGE N. 241/1990 - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 10 e 11 D. LGS. N. 166/2006 - ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, PALESE ILLOGICITA’, IRRAGIONEVOLEZZA, INGIUSTIZIA MANIFESTA, ARBITRARIETA’, CONTRADDITTORIETA’, DISPARITA’ DI TRATTAMENTO E VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI OMOGENEITA’ DEI CRITERI DI SELEZIONE DEI CONCORRENTI IN CONCRETO APPLICATI DALLA COMMISSIONE.
Il ricorrente afferma testualmente di voler “ Nel merito , [..] contesta [re] - in quanto viziate – tutte le valutazioni espresse dalla Commissione sugli elaborati … ” da lui redatti.
Con il ricorso per motivi aggiunti, infine, il dottor -OMISSIS- ha censurato la graduatoria finale i medesimi vizi già articolati avverso il provvedimento di mancata ammissione alle prove orali.
Il Ministero della giustizia si è costituito in giudizio per resistere al ricorso e ne ha domandato la reiezione nel merito.
I controinteressati evocati non si sono costituiti in giudizio.
Alla pubblica udienza del 6 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Come esposto in narrativa, il dottor -OMISSIS- non è stato ammesso a sostenere le prove orali del concorso notarile, per essere stato dichiarato non idoneo a conclusione della disamina delle sue prove scritte.
In particolare, pur avendo ottenuto un giudizio relativo alle prime due prove scritte (rispettivamente, atto “ inter vivos ” di diritto commerciale e “ inter vivos ” di diritto civile) tale da non precludere alla commissione esaminatrice di passare alla lettura del terzo elaborato (atto mortis causa), ha poi riportato un giudizio di complessiva insufficienza ai sensi dell’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 166/06.
Prima di passare all’esame delle singole doglianze è utile riportare le ragioni delle valutazioni negative degli elaborati del ricorrente, che risultano così espresse:
“ punto 11. La Commissione rileva, ai sensi dell’art. 11, comma 6, D.Lgs. 166/2006, che l’elaborato mortis causa è insufficiente per la non corretta tecnica notarile nella redazione dell’atto, in quanto non si menziona la lettura della traduzione in lingua inglese da parte dell’interprete.
punto 12. La Commissione rileva, ai sensi dell’art. 11, comma 6, D. Lgs. n 166/2006, che l’elaborato di inter vivos di diritto civile è insufficiente per l’inadeguatezza dell’atto rispetto agli intenti e agli interessi delle parti, in quanto viene omessa la nomina (invece necessaria) del curatore speciale per rappresentare il minore Terzo, supponendo erroneamente che non vi sia un conflitto di interessi con la madre L (la cui sussistenza è invece palese e riconoscibile nel caso specifico posto dalla traccia).
punto 17. La Commissione delibera, ai sensi dell’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 166/2006, che il candidato non merita l’idoneità per difetto di completezza e/o di coerenza logica e/o di ordine e/o di chiarezza e/o di esattezza sotto il profilo giuridico sia in relazione alla motivazione delle scelte compiute, sia in relazione allo svolgimento della parte teorica, con riferimento a tutti gli elaborati. In particolare, con riferimento all’atto di diritto commerciale, si riscontra una motivazione confusa circa l’impiegabilità della riserva in conto futuro aumento di capitale per realizzare l’aumento gratuito;inoltre riguardo alla compensazione in natura il candidato afferma che non è necessario che essa sia prevista in delibera.
Il candidato contraddittoriamente, dopo aver qualificato come plurilaterale il patto di famiglia, afferma che la mancata partecipazione di uno dei legittimari comporti la mera inefficacia.
Nell’atto mortis causa sembra prevedere che il riconoscimento del figlio naturale da parte dell’interdetto legale sia affetto da nullità formale proprio perché effettuato durante lo stato di interdizione.
Nell’atto mortis causa, relativamente alla istituzione di erede del minore Terzo, viene motivata erroneamente la mancata apposizione di una condizione, ritenendola “rimessa al mero arbitrio del terzo” e dimostrando in tal modo di non conoscere l’ambito di applicazione dell’art. 631 c.c ”.”.
Con il primo motivo di doglianza il ricorrente censura la valutazione di complessiva insufficienza espressa con riferimento ai suoi elaborati, rilevando come la circostanza che la commissione abbia proceduto alla lettura del terzo elaborato costituirebbe prova, ancorché implicita, della ritenuta sufficienza dei primi due,
Tale circostanza evidenzierebbe la palese contraddittorietà del giudizio, integrante un errore di fatto, rilevabile dal giudice amministrativo.
Con il secondo motivo di doglianza, il ricorrente contesta i singoli profili motivazionali ai quali la commissione ha affidato il suo giudizio negativo.
In particolare, il ricorrente, rileva come:
a) l’affermazione secondo cui il suo elaborato di diritto commerciale conterrebbe “ una motivazione confusa circa l’impiegabilità della riserva in conto futuro aumento di capitale per realizzare l’aumento gratuito ” sarebbe “ viziata per eccesso di potere sotto il profilo della falsità dei presupposti, dell’erronea valutazione dei fatti, della contraddittorietà e della disparità di trattamento ”, atteso la ricostruzione da lui sostenuta nell’atto risulta avallata da autorevole dottrina, ben spiegata nella parte teorica e comune ad altri candidati che sono stati ammessi alla prova orale;
b) l’affermazione secondo cui l’elaborato di diritto commerciale sarebbe incompleto e carente laddove, “ riguardo alla compensazione in natura il candidato afferma che non è necessario che essa sia prevista in delibera ” sarebbe del pari viziata perché difforme da quanto affermato in uno scritto del consiglio notarile di Milano e comunque diversamente valutata, dalla medesima commissione, in elaborati di concorrenti risultati idonei;
c) il rilievo secondo cui il suo elaborato di diritto civile sarebbe insufficiente perché “ viene omessa la nomina (invece necessaria) del curatore speciale per rappresentare il minore Terzo, supponendo erroneamente che non vi sia un conflitto di interesse con la madre L (la cui sussistenza è invece palese e riconoscibile nel caso specifico posto dalla traccia) ” sarebbe “ gravemente viziato sotto il profilo dell’erronea valutazione dei presupposti, del travisamento dei fatti, della illogicità manifesta ”, avendo egli fornito, nella parte teorica, idonea e adeguata motivazione della mancata nomina del curatore, argomentando in merito all’inesistenza del conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato, come del resto fatto da altri candidati risultati idonei;
d) il rilievo secondo cui, nell’elaborato di diritto civile il candidato avrebbe “… contraddittoriamente, dopo aver qualificato come plurilaterale il patto di famiglia, afferma [to] che la mancata partecipazione di uno dei legittimari comporti la mera inefficacia ” sarebbe “ viziato sotto il profilo della illogicità, arbitrarietà, erronea valutazione dei presupposti e travisamento dei fatti”, atteso che nella parte teorica egli avrebbe dato compiutamente atto del panorama dottrinale sul punto e delle ragioni della sua scelta;
e) il rilievo secondo cui l’atto mortis causa sarebbe insufficiente per scorretta tecnica redazionale per non essere stata menzionata la lettura della traduzione in lingua inglese da parte dell'interprete, sarebbe irragionevole, contraddittoria e arbitraria, atteso che la legge notarile richiede solo il giuramento dell’interprete e non l’allegazione della traduzione, come confermato dalla scelta redazionale di altri candidati i cui elaborati sono stati valutati sufficienti;
g) l’affermazione secondo cui l’elaborato “ mortis causa ”, presenterebbe ragioni di insufficienza perché nello stesso il candidato “ sembra prevedere che il riconoscimento del figlio naturale da parte dell'interdetto legale sia affetto da nullità formale, proprio perché effettuato durante lo stato di interdizione ” sarebbe frutto di una lettura fuorviata della parte teorica della prova nella quale egli non avrebbe affatto espressamente affermato che “ il fatto che Primo abbia compiuto detto riconoscimento quando era interdetto legalmente ai sensi dell'articolo 32 del Codice Penale, non inficia in alcun modo detto riconoscimento ”;
h) il rilievo con cui, sempre con riferimento all’elaborato “ mortis causa ”, una ragione di insufficienza deriverebbe dal fatto che “ relativamente alla istituzione di erede del minore Terzo, viene erroneamente motivata la mancata apposizione di una condizione, ritenendola "rimessa al mero arbitrio del terzo" e dimostrando in tal modo di non conoscere l'ambito di operatività dell'articolo 631 c.c. ” sarebbe viziata sotto il profilo della illogicità, del travisamento dei fatti e dell’erroneità dei presupposti, atteso che la soluzione da lui fornita sarebbe perfettamente rispondente alla traccia.
Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente, attesa la loro sostanziale omogeneità, vanno respinte.
Va in primo luogo respinto il primo motivo di doglianza, con il quale il ricorrente sostiene la contraddittorietà dell’operato della commissione che, pur avendo proceduto alla lettura del terzo tema, in tal modo esplicitando il fatto che nella correzione dei primi due non era stata rinvenuta alcuna insufficienza o perlomeno non un’insufficienza grave e dall’altro avrebbe richiamato, avrebbe poi formulato un giudizio finale di insufficienza complessiva delle tre prove.
La costruzione del ricorrente, infatti, si basa sull’assunto che la decisione della commissione di procedere alla lettura del terzo elaborato, importi un giudizio di idoneità riferito ai primi due elaborati.
In realtà tale sequenza procedimentale è sintomatica solo del fatto che, nella lettura dei primi due elaborati, non sono state ravvisate ipotesi di “ nullità o gravi insufficienze ” che, ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.gls. 166/2006, consentono alla commissione di formulare direttamente un giudizio di non idoneità, senza procedere alla lettura di tutti gli elaborati.
La circostanza, di conseguenza, non esclude che un giudizio di “ insufficienza ” della singola prova, da valutarsi “ complessivamente ” con i riscontri derivanti dalla lettura dei successivi elaborati, come richiesto in modo esplicito e chiaro dal comma 1), possa essere formulata nei confronti dei medesimi elaborati all’esisto della lettura delle tre prove.
E, infatti, il medesimo articolo, ai commi 3) e 4), specifica che il giudizio di idoneità ed il relativo punteggio vengono definiti successivamente alla lettura dei tre elaborati ed a sintesi della stessa, e quindi non al termine della correzione della singola prova.
Di conseguenza l’affermazione del ricorrente secondo cui le prime due prove sarebbero state considerate dalla Commissione sufficienti non trova riscontro fattuale e non genera alcuna forma di contraddittorietà.
Va poi respinto il secondo motivo di doglianza, con il quale il ricorrente, anche a mezzo del richiamo a un parere pro veritate e a scritti di dottrina depositati in atti, ha contestato i singoli profili motivazionali nel quali si è articolato il giudizio di inidoneità formulato dalla commissione.
In proposito, e con affermazione di valenza generale, deve rilevarsi come le singole censura investano, come emerge come emerge dalla letterale formulazione della doglianza, sopra riportata, e dalla sostanziale prospettazione ricorsuale, il merito della valutazione di non idoneità espressa dalla Commissione nei confronti dei suoi elaborati, atteso che, sebbene il ricorrente qualifichi le proprie censure come volte ad enucleare profili di travisamento nel giudizio, emerge chiaramente come esse si sostanziano esclusivamente in una aperta critica alle valutazioni compiute dalla Commissione, spesso affidata a mere asserzioni, impingendo evidentemente nel merito del giudizio di questa.
Al fine di respingere tali ulteriori doglianze, appare utile ricordare come la giurisprudenza, anche della Sezione, ha costantemente rilevato come il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 19 giugno 2019, n. 4152, 5 gennaio 2017, n. 11 e 23 maggio 2016, n. 2110).
Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l'apprezzamento tecnico dell’organo collegiale essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.
Deve, pertanto, ritenersi inammissibile una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell’elaborato, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell'operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione.
La mancanza dei connotati della manifesta illogicità e irragionevolezza e l’assenza del “ travisamento dei fatti ” invocato dal ricorrente preclude, quindi, all’adìto Giudice di sindacare il merito della valutazione effettuata dalla Commissione, valutazione che, come sopra rilevato, appare al Collegio ben motivata con riferimento sia ai criteri di valutazione dalla stessa predeterminati sia alla gravità degli errori.
Ferma la insindacabilità delle valutazioni di merito della commissione e con riferimento all’unico profilo che può, almeno parzialmente, involgere un errore di fatto nella correzione, si considera, da ultimo, la motivazione relativa alla non necessità di nominare un curatore speciale al minore per assenza di conflitto di interessi con la madre affidataria in via esclusiva, diversamente da quanto affermato in ricorso, è affrontata nella parte teorica relativa all’atto mortis causa in maniera assolutamente assertiva.
Quanto alle ulteriori censure, attesa la dichiarata e palese attinenza delle stesse al merito del giudizio della commissione, il Collegio non ne può prendere cognizione, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di un’attività valutativa e comparativa, dell’elaborato del candidato e dei rilievi della Commissione, a tutta evidenza preclusa all’adìto Giudice.
Con riferimento alle diverse contestazioni in cui si articola il secondo motivo di doglianza, peraltro, deve rilevarsi come non sia condivisibile l’approccio di fondo “ atomistico ” con il quale il ricorrente ha isolato ciascuna delle carenze e insufficienze evidenziate dalla Commissione: infatti, è evidente che la gravità e l’incidenza di un errore non necessariamente risultano apprezzabili sulla base della lettura della sola parte dell’elaborato in cui è contenuto l’errore medesimo, dovendo tenersi conto di come questa s’inserisce all’interno dello svolgimento della traccia nel suo complesso (cfr., da ultimo Consiglio di Stato, sezione IV, 5 gennaio 2017, n. 11 e 23 maggio 2016, n. 2110).
Il Collegio concorda infine con la tesi a più riprese affermata dalla giurisprudenza secondo cui, ai fini della confutazione del giudizio della Commissione di concorso, è irrilevante la presentazione di pareri pro veritate , atteso che spetta in via esclusiva a quest'ultima la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi e — a meno che non ricorra l'ipotesi residuale della abnormità — non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere reso da un soggetto terzo, quale che sia la sua qualifica professionale e il livello di conoscenze e di esperienze acquisite nella materia de qua (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, 5 gennaio 2017, n. 11).
Con evidenza, gli stessi profili non permettono di conferire rilevanza all’operazione, pure svolta dal ricorrente in diversi punti del secondo motivo di ricorso, di messa a confronto del giudizio su singole parti del proprio elaborato con quello espresso su altre parti di elaborati di altri candidati valutati idonei per inferirne la disparità di trattamento ai propri danni.
Al contrario, i giudizi espressi dall'organo concorsuale in appaiono basati su riferimenti del tutto congrui e, nel complesso, su una motivazione che dà ampio conto del ragionamento logico-giuridico tenuto dalla commissione valutatrice.
La Commissione ha proposto temi che prevedevano non già soluzioni corrette predeterminate in astratto, bensì più soluzioni possibili in concreto, purché correttamente costruite sul piano giuridico ed adeguatamente motivate;ne consegue che qualsiasi richiamo ad elaborati di altri candidati che abbiano astrattamente utilizzato gli stessi istituti giuridici non risulta in sé conferente, essendo di contro necessario verificare la concreta applicazione dell’istituto nel singolo atto e, di conseguenza, gli effetti che nel caso concreto ne derivano oltre che l’enunciazione delle ragioni giuridiche che ne giustificano l’impiego.
Per le ragioni che precedono il ricorso e i motivi aggiunti, basati su identici motivi di doglianza, vanno respinti.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.