TAR Bolzano, sez. I, sentenza 2023-10-24, n. 202300313
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 24/10/2023
N. 00313/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00152/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
Sezione Autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 152 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Bressanone,via Bastioni Minori, n. 2;
contro
Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G A, A M e B M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso l’Avvocatura comunale, sita in -OMISSIS-, vicolo Gumer n. 7;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia
1) dell’ordinanza del Comune di -OMISSIS- dd. -OMISSIS-, a firma dell’Assessore alle Attività Economiche, notificata l’-OMISSIS-, di sospensione temporanea dell’attività e chiusura del pubblico esercizio “-OMISSIS-”, sito in -OMISSIS-, -OMISSIS-, per motivi di ordine pubblico, ai sensi dell’art. 47, comma 3, della L.P. n. 58/1988;
nonchè degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi
2) ivi comprese occorrendo le non conosciute comunicazioni quali redatte dalla Legione Carabinieri Trentino Alto Adige, -OMISSIS-, in data -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- ed in data -OMISSIS- prot.n. -OMISSIS-;
3) nonché del verbale di accesso ispettivo redatto in data -OMISSIS- dal Comando Carabinieri per la Tutela della Salute NAS di Trento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2023 il dott. Fabrizio Cavallar e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
( Salva diversa specificazione i documenti di seguito indicati sono quelli prodotti in giudizio dalla ricorrente )
1. In data -OMISSIS- è stata notificata alla ricorrente, quale gestrice, in forza di SCIA SUPRO n. -OMISSIS- dd. -OMISSIS-, del pubblico esercizio all’insegna “-OMISSIS-”, sito in -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, l’ordinanza in epigrafe specificata (doc. n. 1), sottoscritta dall’Assessore alle Attività Economiche del Comune di -OMISSIS-, ai sensi della quale è stata disposta ed ordinata “ l’immediata sospensione dell’attività di pubblico esercizio e la chiusura per mesi tre a fare data dall’-OMISSIS- ai sensi dell’art. 47 della L.P. n. 58/1988, essendo il locale, alla luce dei riscontri effettuati, un abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose e costituendo un significativo pericolo per l’ordine, la moralità e la sicurezza pubblica ”.
2. La ricorrente ritiene tale ordinanza illegittima per i seguenti motivi di diritto:
2. 1. Nullità dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’articolo 21- septies della legge n. 241 del 1990, per difetto assoluto di attribuzione, incompetenza assoluta del Comune in ordine al provvedimento emanato, carenza di potere in astratto. Violazione degli articoli 20 e 21, DPR n. 670/1972 (Testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Violazione del principio di diritto amministrativo del divieto di subdelega “ delegatus delegare non potest ”. In subordine, incostituzionalità dell’art. 47, comma 3, della L.P. n.58/1988.
L’ordinanza impugnata non poteva essere emanata dal Comune di -OMISSIS- in quanto privo di potere in subiecta materia, perché riservato allo Stato.
2. 2. Violazione e falsa applicazione art. 97 cost, violazione art:3 l. n. 241/90, ed art.7 l.p. n. 17/1993.
2. 3. Difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, violazione / erronea interpretazione – applicazione della l.p. n. 58/1988, carenza di motivazione, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta.
2. 4. Violazione dei principi di legalità, ragionevolezza e buon andamento dell’azione amministrativa.
2. 5. Eccesso di potere per inesistenza ovvero erronea valutazione dei presupposti in fatto e diritto, sviamento di potere.
A detta della ricorrente, sarebbe evidente nel caso di specie il difetto di motivazione del provvedimento amministrativo comportante la eccepita violazione di legge, non essendo in alcun modo dato comprendere in base a quali dati specifici sia stata operata la scelta amministrativa, impedendo la verifica del percorso logico-giuridico seguito dall’amministrazione che, in difetto di identificazione di pregiudicati, non farebbe riferimento alcuno neppure all’indefettibile requisito della eventuale pericolosità degli avventori, e men che meno agli elementi che li farebbero ritenere “pericolosi” per l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica.
L’ordinanza sarebbe stata in ogni caso adottata in assoluta carenza dei presupposti sostanziali fissati dalla norma, consistenti nel ravvisato pericolo per l’incolumità pubblica, dato che, quanto pretesamente accertato, non risulterebbe caratterizzato da particolare grave violenza o allarme sociale (non tumulti, né gravi disordini) e non sarebbe pertanto sufficiente a rappresentare il legittimo presupposto della sospensione dell'esercizio, sotto alcuna delle ipotesi considerate dalla norma.
Del tutto ultronea e fuorviante in riferimento all’impugnata ordinanza repressiva sarebbe altresì la menzione della contestazione avanzata nei confronti del gestore per l’asserita violazione amministrativa del disposto di cui all’art. 6 del D.Lgs 193/07, ovvero dell’art. 2 del D.Lgs 190/2006 in materia di igiene alimentare, vale a dire in materia del tutto estranea all’ordine, alla moralità ed alla sicurezza pubblica e peraltro definibile con il pagamento di una sanzione ammnistrativa di carattere pecuniario.
2. 6. Violazione e falsa applicazione della l. n. 689/1981, rispettivamente della l.p. n. 9/1977 – illogicità – irrazionalità, violazione dei principi di legalità, proporzionalità ed adeguatezza,
ragionevolezza, erronea valutazione dei presupposti di fatto riguardo al regime sanzionatorio in quanto illogico e sproporzionato: nel caso di specie sarebbe stata applicata la misura della -OMISSIS-, senza che sia stato dato conto alcuno della proporzionale adeguatezza della misura, né sotto il profilo qualitativo né quantitativo, rispetto ai fatti pretesamente accertati ed alla loro gravità in relazione alla lesività del bene tutelato.
3. In data -OMISSIS- la Presidente di questo Tribunale ha rigettato con proprio decreto n. -OMISSIS- l’istanza per l’emanazione di una misura cautelare monocratica provvisoria.
4. In data 10 giugno 2023 la ricorrente ha presentato una nuova istanza di tutela cautelare ex art. 58 c.p.a., con contestuale istanza di misure cautelari monocratiche ai sensi dell'art. 56 c.p.a..
5. In data -OMISSIS- la Presidente di questo Tribunale, con decreto n. -OMISSIS-, ha dato atto della rinuncia di parte ricorrente all’istanza volta a ottenere una nuova misura cautelare monocratica ai sensi dell’art. 58 c.p.a., ha disposto ex art. 53 c.p.a. la dimidiazione dei termini di cui all’art. 55 c.p.a. ed ha fissato per la trattazione collegiale l’udienza in camera di consiglio del 20 giugno 2023.
6. In data 16 giugno 2023 si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS-, deducendo la gravità dei pericoli legati all’apertura dell’esercizio in parola, segnalati da un circostanziato esposto degli abitanti della zona dal quale sarebbero scaturiti i successivi controlli della -OMISSIS- della Legione dei Carabinieri, che avrebbero accertato la ripetuta frequentazione di questo locale da parte di persone non solo segnalate ma anche pregiudicate;controlli che avrebbero giustificato la formale richiesta della stessa Compagnia al Comune di -OMISSIS- di emissione dell’ordinanza qui impugnata.
Il Comune ha altresì contestato tutti i motivi di ricorso. Ha eccepito la piena conformità all’ordinamento, anche costituzionale, dell’ordinanza comunale emessa ai sensi dell’art. 47 della L.P. n. 58/1988;ha contestato l’asserita violazione della disciplina sul procedimento e sull’obbligo di motivazione, nonché quella sulla proporzionalità della sanzione.
7. In data -OMISSIS- questo Tribunale ha pronunciato l’ordinanza cautelare n. -OMISSIS-. Ritenendo, che, “ in un bilanciamento degli interessi in gioco, l’interesse generale, alla tutela dell’ordine, della moralità e della sicurezza pubblica, possa ritenersi nel caso concreto già soddisfatto dalla chiusura dell’esercizio dall’-OMISSIS-, in assenza di una più pregnante motivazione”, ha sospeso l’impugnata ordinanza del Comune di -OMISSIS- ed ha fissato per la trattazione di merito del ricorso l'udienza pubblica dell’11 ottobre 2023.
8. In data 11 luglio 2023 il Comune di -OMISSIS- ha depositato una memoria difensiva, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per la sua mancata notifica alla Legione Carabinieri del Trentino Alto-Adige ed allegando ulteriori controlli svolti nei confronti dell’esercizio pubblico in parola da parte della stessa Questura, che confermerebbero ulteriormente l’abituale frequentazione del locale da parte di persone pregiudicate (doc. n. 9 del Comune).
9. In data 7 settembre 2023 la ricorrente ha presentato una memoria difensiva, contestando l’eccezione di inammissibilità sollevata dal resistente Comune e, nel merito, la presenza abituale nel locale di persone pregiudicate.
10. In data 20 settembre 2023 il Comune di -OMISSIS- ha depositato una memoria di replica, insistendo sulle proprie eccezioni e deduzioni.
11. All’esito dell’udienza pubblica dell’11 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
12. Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica alla Legione Carabinieri del Trentino Alto-Adige.
12.1. L’eccezione è fondata, nei limiti di seguito esposti.
12.1.1. Ad avviso del Collegio, in relazione all’impugnata ordinanza di sospensione, la posizione processuale di controinteressata non può riconoscersi in capo all’amministrazione statale, sub specie Legione Carabinieri del Trentino Alto-Adige, spettando i poteri esercitati con il provvedimento impugnato esclusivamente all’amministrazione comunale (cfr. TAR Campania n. 3437/2014 e Cons. Stato n. 1127/2012, quanto alla necessità di individuare l’amministrazione controinteressata attraverso i poteri provvedimentali da essa esercitati nel procedimento amministrativo in interesse). Alla Legione Carabinieri del Trentino Alto-Adige, infatti, competono, nel procedimento ex art. 47, comma 3, della L.P. n. 58/1988, solo compiti di accertamento, non decisori, che nel caso concreto si sono tradotti in specifici controlli di polizia, comunicati al competente Comune con distinti atti, impugnati dalla ricorrente unitamente al provvedimento finale che li richiama. Si tratta, esattamente, delle comunicazioni redatte dalla Legione Carabinieri Trentino Alto Adige, -OMISSIS-, in data -OMISSIS-, prot. n. -OMISSIS-, in data -OMISSIS- prot.n. -OMISSIS-, nonché del verbale di accesso ispettivo redatto in data -OMISSIS- dal Comando Carabinieri per la Tutela della Salute NAS di Trento, cui l’ordinanza di sospensione espressamente rinvia per l’individuazione dei presupposti di fatto posti alla base dell’impugnato provvedimento. Nondimeno, esssendo i suddetti atti stati formalmente impugnati dalla ricorrente, il ricorso avrebbe dovuto essere notificato anche alla Legione Carabinieri Trentino Alto Adige ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a.. Infatti, quando il provvedimento impugnato è scaturito dall’azione di più amministrazioni responsabili, la legittimazione passiva non può che riguardare tutte le amministrazioni interessate (cfr. TRGA -OMISSIS- -OMISSIS-7/2021;TAR Lazio, Roma, Sezione II-bis, 26 novembre 2020, n. 12651;TAR Puglia, Bari, Sezione III, 3 gennaio 2019, n. 7;TAR Campania, Napoli, Sezione I, 9 dicembre 2019, n. 5792;Cons. Stato, Sezione V, 6 luglio 2012, n. 3966) e in mancanza della notifica, le censure rivolte direttamente e specificamente contro l’atto dell’Amministrazione non chiamata in giudizio non possono che risultare inammissibili.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile con riferimento agli impugnati atti della Legione Carabinieri Trentino – Alto Adige.
13. Ciò chiarito, quanto al merito della domanda volta all’annullamento dell’ordinanza di chiusura, esaminando il primo motivo di diritto, incentrato su un preteso difetto assoluto di competenza comunale ed in subordine sulla sollevata eccezione di incostituzionalità della relativa norma provinciale che questa competenza comunale espressamente prevede (art. 47, comma 3, della L.P. n. 58/1988), il Collegio lo ritiene destituito di fondamento.
13.1. L’art. 47 della Legge provinciale 14 dicembre 1988, n. 58, recante “Norme in materia di esercizi pubblici”, disciplina l’istituto della sospensione dell'attività dell'esercizio. Al comma 3 così dispone: “ 3) Ove un pubblico esercizio sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o sia stato luogo di tumulti o gravi disordini, o costituisca, comunque, un pericolo per l'ordine, la moralità o la sicurezza pubblica, il sindaco può sospendere la licenza di esercizio fino a un massimo di tre mesi, oppure anticipare, in casi meno gravi o di reiterato o indebito disturbo del vicinato a causa dell'attività dell'esercizio stesso, l'orario di chiusura. Qualora i fatti che hanno determinato la sospensione si ripetano, può revocare la licenza di esercizio. ”.
Il provvedimento sindacale oggi impugnato dà esecuzione a questi disposti. La censura di nullità per difetto assoluto di attribuzione è pertanto destituita di fondamento, in quanto la norma attributiva del potere è rappresentata dal citato art. 47, comma 3.
13.2. Pure infondata è la censura di illegittimità costituzionale sollevata da parte ricorrente contro i medesimi disposti.
La norma in parola, infatti, non è che il logico corollario sanzionatorio dell’inosservanza di alcuni precisi obblighi di condotta fissati dalla medesima legge provinciale in capo ai conduttori di esercizi pubblici.
Tra questi rilevano, in particolare, quelli descritti agli articoli art. 37 e 38, comma 2, della stessa legge provinciale. Stabilisce l’art. 37, rubricato “ Mantenimento della quiete ”: “(1) Il conduttore del pubblico esercizio garantisce la quiete nello stesso, richiedendo, ove necessario, l'intervento degli organi di polizia;a coloro che disturbano la quiete nell'esercizio può essere negato l'accesso o la presenza. ”. Prescrive l’art. 38, comma 2: “ È vietata la somministrazione di bevande alcooliche a minori di anni diciotto, a coloro che appaiono affetti da malattia di mente o si trovino in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di un'altra infermità, o si trovino in stato di manifesta ubriachezza. La somministrazione di bevande alcooliche è negata altresì a coloro che disturbano la quiete dell'esercizio .”.
Pertanto, il conduttore del pubblico esercizio è gravato di specifici obblighi di condotta, volti al mantenimento della quiete dentro e nelle immediate adiacenze del proprio locale, fino a dover richiedere l’intervento degli organi di polizia.
Espressamente alla pubblica sicurezza è poi dedicato anche l’art. 39, recante “ Orario di apertura e chiusura ”. Recita infatti: “(1) Gli orari di apertura degli esercizi pubblici, che potranno essere differenziati in ragione delle specifiche esigenze delle singole tipologie, sono disciplinati con regolamento d’esecuzione;gli esercenti hanno facoltà di scegliere l’orario di apertura entro i limiti ivi indicati. Il regolamento d’esecuzione può limitare gli orari di apertura per motivi di pubblica sicurezza o per specifiche esigenze di tutela della salute, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale, anche in relazione alle problematiche connesse alla somministrazione di alcolici .”.
Il conduttore di un pubblico esercizio, perciò, risponde del mancato adempimento di precisi obblighi di condotta ascrittigli dalla citata legge provinciale ed è chiamato ad assumersi la conseguente responsabilità in caso di inadempimento.
È evidente, allora, che l’istituto della sospensione dell’attività dell’esercizio ad opera del Sindaco rientra nel perimetro dell’ordinaria polizia amministrativa e non della polizia di sicurezza, rispettando così anche i dettati della pronuncia del Giudice delle leggi n. 129 del 2009, secondo la quale: “ Con riguardo alla distinzione fra provvedimenti di polizia amministrativa e provvedimenti di pubblica sicurezza, questa Corte ha poi affermato che rientrano fra i compiti di polizia amministrativa, accessori ai compiti spettanti alle Regioni (ed alle Province autonome) nelle materie di loro competenza (sentenza n. 290 del 2001), le «misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati a soggetti giuridici e alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate le competenze […] delle Regioni e degli enti locali, purché non siano coinvolti beni o interessi specificamente tutelati in funzione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica». Inoltre, solo quando le funzioni di polizia accedano ad una delle materie regionali e gli interessi o i beni pubblici che si mira a tutelare con l’esercizio dei poteri ad esse connessi siano del tutto interni alla disciplina amministrativa della materia in questione, quelle misure possono essere ricondotte alle funzioni regionali (o provinciali) di polizia amministrativa (sentenza n. 218 del 1988). ”
La sospensione dell’attività dell’esercizio pubblico adottata ex art. 100 del Regio decreto 16 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), di sospensione della licenza di pubblico esercizio, risponde invece ad una diversa finalità secondo la medesima pronuncia: “ la (sua) finalità – secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa - «non è quella di sanzionare la condotta del gestore di un pubblico esercizio per avere consentito la presenza, nel proprio locale, di persone potenzialmente pericolose per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, bensì quella di impedire, attraverso la chiusura del locale, il protrarsi di una situazione di pericolosità sociale;ragion per cui si ha riguardo esclusivamente alla esigenza obiettiva di tutelare l’ordine e la sicurezza dei cittadini, indipendentemente da ogni responsabilità dell’esercente» (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenze n. 4940 del 2006, n. 505, n. 1563, e n. 2534 del 2007). ”.
Orbene, nel caso che ne occupa, il provvedimento impugnato bene descrive la condotta negligente dell’esercente, che non ha mai cercato di ridurre il disturbo al vicinato chiamando le forze dell’ordine e non ha mai esercitato il proprio potere di allontanamento dei soggetti responsabili del medesimo disturbo: “ non sono stati messi in atto da parte del legale rappresentante del locale né dalla gerente modalità per scoraggiare, limitare o elidere la frequentazione del locale da parte di soggetti pregiudicati. ” (cfr. doc. n. 6 del Comune).
In questo modo il locale si è trasformato “ in un abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose costituendo un significativo pericolo per l’ordine, la moralità e la sicurezza pubblica ” (doc. n. 6 del Comune), che ha giustificato il provvedimento repressivo sindacale, rientrante appieno nella materia della polizia locale, in completa armonia con le recenti indicazioni che provengono dalla Corte costituzionale sull’ambito da riconoscere al concetto di sicurezza pubblica ed ai possibili margini di intervento per le Regioni e le Province autonome. Con la sentenza n. 177/2020, infatti, pronunciata sulla Legge Regionale Puglia del 28 marzo 2019, n.14, recante “ Testo unico in materia di legalità, regolarità amministrativa e sicurezza”, il Giudice delle leggi ha affermato che: “ Per costante giurisprudenza costituzionale, l'endiadi «ordine pubblico e sicurezza» indica una materia in senso proprio, oggettivamente delimitata, che non esclude interventi regionali in settori a essa liminari e nel cui ambito di competenza esclusiva non è ricompresa la disciplina di qualsiasi interesse pubblico, bensì dei soli interessi essenziali al mantenimento di una ordinata convivenza civile. Diversamente opinando, si produrrebbe una smisurata dilatazione della nozione di sicurezza e ordine pubblico, tale da porre in crisi la stessa ripartizione costituzionale delle competenze legislative, con l'affermazione di una preminente competenza statale potenzialmente riferibile a ogni tipo di attività. Le Regioni e le Province autonome possono, dunque, promuovere la realizzazione di migliori condizioni di vivibilità dei rispettivi territori, nell'ambito, ad esempio, delle politiche sociali, del governo del territorio, della polizia locale. ”.
Del resto, anche il legislatore statale con il decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, recante “ Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città, decreto espressamente richiamato nel provvedimento impugnato, si è da tempo mosso estendendo il concetto di pubblica sicurezza, declinandolo con quelli di sicurezza integrata e sicurezza urbana, i quali comunque prevedono il pieno coinvolgimento delle regioni, delle province autonome di Trento e -OMISSIS-, degli enti locali e di altri soggetti istituzionali, al fine di concorrere, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e all’attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali.
Ebbene, è in questa cornice complessiva in materia di “ sicurezza delle città ” che va collocata la normativa sulla sospensione delle licenze di esercizio di cui all’art. 47, comma 3, della legge provinciale sui pubblici esercizi (n. 58/1988), che, non solo non interferisce in alcun modo sull’omologo istituto statale di cui all’art. 100 del T.U.L.P.S. – al riguardo basti solo osservare che il qui impugnato provvedimento sanzionatorio comunale è stato chiesto espressamente dalle Forze dell’ordine – doc. n. 4 del Comune), ma concorre con esso ad accrescere le condizioni di sicurezza dei nostri centri urbani.
14. Esaminando i motivi di diritto da 2 a 5 il Collegio ritiene l’ordinanza sindacale qui impugnata esente da difetti di partecipazione, di istruttoria e di motivazione.
14.1. Quanto alla mancata partecipazione al procedimento amministrativo culminato con la sospensione qui gravata, mediante l’intervenuta omissione della comunicazione dell’avvio del procedimento, per pacifica giurisprudenza, l’Amministrazione è esonerata dall’obbligo di comunicazione di cui all’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, quando, come nel caso in esame, si tratti di un procedimento intrinsecamente caratterizzato da profili di urgenza (ex multis, C.d.S., Sez. V, 2 marzo 2009, n. 1148;T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II, 1 aprile 2009, n. 3486), avendo peraltro il Comune dato atto, nelle premesse dell’atto impugnato (doc. n. 1), della sussistenza di condizioni di urgenza giustificative dell’omissione della comunicazione di avvio del procedimento (cfr. negli stessi termini, recentemente, TAR Lombardia, sentenza n. 2138 del 25.9.2023).
14.2. Quanto al lamentato difetto di istruttoria, la prima comunicazione della Legione Carabinieri (doc. 4 del Comune), debitamente richiamata nell’ordinanza impugnata (doc. n. 6 del Comune), riporta che il -OMISSIS- “è stato più volte indicato dai residenti di quel quartiere, anche attraverso il quotidiano Alto Adige, quale location utilizzata dagli spacciatori di stupefacente ”. La lettera dei residenti cui viene così fatto riferimento è quella di cui al doc. n. 1 del Comune, ripresa dal quotidiano Alto Adige dd. -OMISSIS- (doc. n. 3 del Comune). In questo esposto si denunciano episodi di rissa e spaccio, sia all’interno, che all’esterno del suddetto locale, di pusher armati di coltello, di tossici e di pregiudicati;“ di intemperanze di un numero fuori controllo di soggetti che spacciano, delinquono e soprattutto spaventano chi abita in quei condomini a causa del loro stato di alterazione cronica, dovuto all’assunzione continua di droghe ed alcool.” Alle indicazioni dei residenti hanno così fatto seguito i controlli di polizia dei carabinieri, -OMISSIS- nel corso dei -OMISSIS- (-OMISSIS-, doc. n. 4 del Comune). Da questi controlli è emersa la frequentazione del locale da parte non solo di persone segnalate per reati contro il patrimonio, contro la persona, per traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, ma anche condannate per i medesimi reati.
Questi controlli, pertanto, comprovano il fatto principale denunciato dai residenti, ossia che il -OMISSIS- è una location utilizzata dagli spacciatori di stupefacente, con le connaturate conseguenze in tema di disordine e disturbo della quiete in senso lato, intesa quale tranquillità del vicinato.
La giurisprudenza del giudice amministrativo ha già riconosciuto il valore probatorio agli esposti dei cittadini in tema di pubblica sicurezza, soprattutto quando siano riscontrati “ negli ultimi accertamenti eseguiti dalle Forze di Polizia e riportati nel provvedimento impugnato ” (cfr. recentemente TAR Lombardia, Sezione I, sentenza 13.3.2023 n. 625).
Il lamentato difetto di istruttoria è quindi privo di fondamento.
14.3. Infine, anche la doglianza sul difetto di motivazione è inconsistente.
L’art. 47, comma 3, più volte citato così dispone: “ 3) Ove un pubblico esercizio sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o sia stato luogo di tumulti o gravi disordini, o costituisca, comunque, un pericolo per l'ordine, la moralità o la sicurezza pubblica, il sindaco può sospendere la licenza di esercizio fino a un massimo di tre mesi, oppure anticipare, in casi meno gravi o di reiterato o indebito disturbo del vicinato a causa dell'attività dell'esercizio stesso, l'orario di chiusura. Qualora i fatti che hanno determinato la sospensione si ripetano, può revocare la licenza di esercizio.”.
La norma richiede, perciò, con clausola di chiusura, che l’esercizio costituisca “ un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica o per la sicurezza dei cittadini ”, a prescindere, dunque, dai tumulti o gravi disordini che vi siano avvenuti, o dal fatto che il locale sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose.
I fatti riportati nell’ordinanza di sospensione, denunciati nell’esposto dei residenti, ripreso sulla stampa locale, sono stati riscontrati, sia pure solo presuntivamente, dai successivi controlli di polizia. Questi ultimi, infatti, si sono limitati ad accertare la costante presenza di numerosi pregiudicati e segnalati per reati contro la persona, il patrimonio e legati al traffico di stupefacenti, ma in nessun caso hanno accertato il materiale svolgimento di attività di spaccio e tanto meno episodi di rissa o tumulti di vario genere. In questo modo, però, l’accertata personalità di numerosi frequentatori dell’esercizio fa presumere che esso divenga “centro operativo” o almeno “circolo” di soggetti controindicati (cfr. TAR Emilia Romagna sez. I, 13 gennaio 2021, n. 77). Pertanto, i presupposti di fatto richiamati espressamente nella medesima ordinanza corrispondono al paradigma normativo.
Ai fini della legittimità della misura, infatti, è sufficiente che la motivazione dia conto della sussistenza dei presupposti che, a giudizio dell'organo preposto alla tutela dell'ordine pubblico, configurino la situazione di pericolo da prevenire (cfr. Consiglio di Stato Sezione III sentenza 12 dicembre 2013 - 20 gennaio 2014, n. 249) e delle omissioni colpevoli dell’esercente, che, nella fattispecie che ne occupa, non ha mai cercato di ridurre il disturbo al vicinato chiamando le forze dell’ordine e non ha mai esercitato il proprio potere di allontanamento dei soggetti responsabili del medesimo disturbo: “ non sono stati messi in atto da parte del legale rappresentante del locale né dalla gerente modalità per scoraggiare, limitare o elidere la frequentazione del locale da parte di soggetti pregiudicati.” (cfr. doc. n. 6 del Comune).
Il Collegio ritiene pertanto che non sia illogica e insufficiente la motivazione del provvedimento impugnato;né difettino i presupposti di fatto per l’adozione dello stesso.
15. Con riguardo invece all’ultimo motivo di ricorso, incentrato sull’asserita sproporzione della sanzione, il Collegio lo ritiene fondato.
Come testè acclarato, i fatti riportati nell’esposto dei residenti risalgono -OMISSIS- e sono stati riscontrati dai controlli di polizia effettuati nel -OMISSIS- solo per via indiziaria.
Com’è noto, l’interesse pubblico primario dell’ordine e della sicurezza pubblica deve essere contemperato con gli interessi secondari, tra cui quello alla libertà d’impresa del titolare dell’esercizio. In applicazione del principio di proporzionalità, non si debbono imporre sacrifici maggiori di quelli necessari ad assicurare la tutela della sicurezza. Il legislatore statale è intervenuto a questo riguardo sull’art. 100 del T.U.L.P.S. potendo il questore graduare la sospensione sino a un massimo di quindici giorni, ai sensi dell’art. 9 della l. 25 agosto 1991, n. 287. Solo in casi eccezionali, producendo una specifica motivazione, la sospensione può essere disposta per una durata maggiore.
È pur vero che una simile limitazione quantitativa non è stata introdotta dal legislatore provinciale, tuttavia, il limite statale può essere utilizzato congruamente come criterio di riferimento per stabilire il quantum d ella sanzione nel rispetto del principio di proporzionalità. Pertanto, stante la non attualità degli episodi pericolosi evidenziati nell’esposto dei residenti più volte citato (riferito all’anno prima), nonché in difetto di una recidiva da parte dell’amministrato (il provvedimento comunale non riferisce di analoghi provvedimenti di sospensione adottati dallo stesso Comune), l’applicazione comunale della misura massima della sospensione prevista dall’art 47, comma 3, della L.P. n.58/1988 non appare proporzionata (per un’irragionevole quantificazione della sospensione della licenza v. TAR Marche, sez. I, 7 dicembre 2020, n. 736, che reputa la mera rievocazione «dell’allarme sociale nella comunità come ripreso con ampio risalto anche dalla stampa locale» insufficiente per motivare una sospensione “eccezionale”oltre i quindici giorni).
16. In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente alla durata eccessiva della sospensione.
17. Le spese del giudizio vanno compensate, attesa la fondatezza soltanto parziale del ricorso.