TAR Venezia, sez. II, sentenza 2024-05-07, n. 202400913
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Pubblicato il 07/05/2024
N. 00913/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00529/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 529 del 2023, proposto da
E B, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato V G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Torreglia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato I B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Italo Avv. Begozzo in Este, via Cavour n. 2;
nei confronti
EB Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Domenichelli, Anna Domenichelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vittorio Domenichelli in Padova, Gall. G. Berchet n. 8;
Pierina L, Maria Luisa Z, Fiorella Z, non costituite in giudizio;
per l’annullamento
- del permesso di costruire n. 24 del 23 dicembre 2022, rilasciato dal Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Torreglia, vista l’istanza presentata in data 30 marzo 2018 dalle signore Pierina L, Maria Luisa Z e Fiorella Z, avente ad oggetto “ l’esecuzione dei lavori di demolizione e ricostruzione con ampliamento ai sensi della l.r. 14/2009 fabbricato residenziale ubicato in Via Mirabello, n. 79, sull’area identificata al Catasto: foglio 12, mappale/i 292, in zona C1.6 ”;
- di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Torreglia e di EB Costruzioni s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2024 il dott. Andrea Rizzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La ricorrente è comproprietaria, unitamente ai figli Maria Giovanna R e Matteo R, dell’immobile sito nel Comune di Torreglia, in Via Mirabello, n. 73, catastalmente identificato al foglio 12, mappale 750.
L’immobile confina con un altro, attualmente di proprietà della società EB Costruzioni s.r.l., e sino al 27 marzo 2023 di proprietà delle signore Pierina L, Maria Luisa Z e Fiorella Z, insistente al civico n. 79 di Via Mirabello nel medesimo Comune di Torreglia.
1.1. La controversia ha ad oggetto l’impugnazione del permesso di costruire n. 24 del 23 dicembre 2022 che autorizza i lavori di demolizione e ricostruzione relativi all’immobile di proprietà della società EB Costruzioni s.r.l.
Il procedimento, volto ad ottenere il rilascio del predetto permesso di costruire, è stato avviato il 30 marzo 2018 con la presentazione da parte delle signore L e Z della richiesta di permesso di costruire ai sensi dell’art. 20 d.P.R. 380/2001.
Con tale istanza, in particolare, le controinteressate hanno chiesto di essere autorizzate ad eseguire presso l’immobile di loro proprietà i lavori di demolizione e ricostruzione con ampliamento, ai sensi della disciplina derogatoria ed incentivante del c.d. «Piano Casa» (l.r. 14/2009).
1.2. In data 18 febbraio 2019, il signor R (deceduto il 27 aprile 2020), coniuge della ricorrente e al tempo proprietario dell’immobile, ha presentato all’Ufficio Edilizia Privata del Comune di Torreglia istanza di accesso agli atti del procedimento amministrativo volto al rilascio del titolo edilizio richiesto dalle signore L e Z.
A seguito della presa visione della documentazione fatta oggetto di ostensione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 22 e ss. legge 241/1990 e degli artt. 5 e ss. d.lgs. 33/2013, sono emersi diversi profili di criticità dell’intervento progettato, tali da poter determinare una lesione, nell’ipotesi di rilascio del provvedimento abilitativo edilizio, del diritto dominicale del signor R.
1.3. Quest’ultimo, pertanto, in data 26 aprile 2019, ha chiesto di intervenire nel procedimento amministrativo volto al rilascio del predetto titolo abilitativo edilizio e ha avanzato, contestualmente, delle osservazioni ex artt. 9 e 10 legge 241/1990 finalizzate ad evidenziare le criticità del progetto presentato dalle originarie proprietarie.
A fronte delle osservazioni formulate dal signor R, il Comune di Torreglia ha sospeso il procedimento amministrativo, richiedendo alle controinteressate di integrare la documentazione prodotta.
1.4. In data 2 ottobre 2019 il signor R ha presentato all’Ufficio Edilizia Privata del Comune di Torreglia una nuova istanza di accesso agli atti.
Dall’esame della documentazione fatta oggetto di ostensione, ed in particolare dall’analisi delle aggiornate tavole di progetto, è emerso che le incongruenze rappresentate con le precedenti osservazioni non erano state superate. Pertanto, in data 26 novembre 2019, il signor R ha formulato nuove osservazioni relative (i) al mancato superamento delle predette incongruenze e (ii) agli ulteriori profili di criticità del progettato intervento.
Per effetto di tali osservazioni, le controinteressate hanno integrato la documentazione prodotta.
Da ultimo, la ricorrente, a seguito della morte del coniuge, il signor R, ha voluto verificare lo stato del procedimento agli atti del quale aveva acceduto il marito.
1.5. In mancanza dell’avvio dei lavori e dell’apposizione del cartello di cantiere, ha incaricato il proprio legale di presentare all’Ufficio Edilizia Privata del Comune un’istanza di accesso agli atti volta ad accertare se vi fosse stato il rilascio del permesso di costruire relativo al procedimento amministrativo avviato dalle signore L e Z.
L’Ufficio Edilizia Privata del Comune di Torreglia, riscontrando in senso positivo tale istanza, in data 28 febbraio 2023, ha comunicato alla ricorrente di aver rilasciato il permesso di costruire n. 24 del 23 dicembre 2022, relativo all’esecuzione dei lavori di “ demolizione e ricostruzione con ampliamento ai sensi della L.R. 14/09 fabbricato residenziale, ubicato in Via Mirabello, n. 79 sull’area identificata al Catasto: foglio 12, mappale/i 292, in zona C1.6 ”.
1.6. Tale permesso di costruire – ritenuto pregiudizievole degli interessi della ricorrente in quanto rilasciato in difetto dei necessari presupposti nonché in violazione della vigente normativa edilizia – è stato impugnato, con atto introduttivo notificato in data 18 aprile 2023 e depositato in data 12 maggio 2023, per ottenerne l’annullamento, previa adozione di misure cautelari, con la formulazione di undici censure così rubricate:
“ 1. Violazione dell’art. 117 comma 3 della Costituzione e dell’art. 15 D.P.R. 380/2001 [;]
2. Eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità. Eccesso di potere per istruttoria carente o contraddittoria. Violazione dell’art. 9, co. 8 bis della l.r. Veneto 14/2009 [;]
3. Violazione e falsa applicazione del Repertorio Normativo – Zone C1 Allegato alle Norme Tecnico Operative (NTO) del Piano degli Interventi (PI) del Comune di Torreglia [;]
4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 D.M. 1444/1968. Violazione e falsa applicazione del Repertorio Normativo – Zone C1, Allegato alle Norme Tecniche Operative (NTO) del Piano degli Interventi (PI) del Comune di Torreglia [;]
5. Violazione dell’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1.04.1968. Violazione dell’art. 64 della l.r. 30/2016. Violazione dell’art. 9 della l.r. 14/2009. Violazione dell’art. 2 bis, co. 1 ter del D.P.R. 380/2001. Eccesso di potere per contraddittorietà o insufficienza dell’istruttoria [;]
6. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 comma 6 D.lgs. 102/2014. Violazione del D.lgs. 73/2020. Eccesso di potere per contraddittorietà o insufficienza dell’istruttoria. Violazione dell’art. 9 del D.M. 1444/68 sotto altro profilo [;]
7. Violazione della D.G.R.V. N. 244/2021. Violazione delle NTC del 2018 di cui al D.M. MIMS 17 gennaio 2018, art. 8, in combinato disposto con la violazione dell’art. 20 del D.P.R. 380/2001. Carenza di istruttoria per mancata verifica del rispetto dei limiti di cui all’art. 7.2.1 delle NTC del 2018 di cui al D.M. MIMS 17 gennaio 2018 [;]
8. Violazione dell’art. 14 delle NTA al PAT. Eccesso di potere per istruttoria erronea sotto altro profilo [;]
9. Violazione del DPR 151/2011, allegato 2, n. 75, in combinato disposto con l’art. 20 del DPR 380/2001 [;]
10. Violazione del Repertorio Normativo – Zone C1 Allegato alle Norme Tecnico Operative (NTO) del Piano degli Interventi (PI) del Comune di Torreglia [;]
11. Violazione e falsa applicazione della D.G.R. 2673/2004 e della D.G.R. 1400 del 29.08.2017 ”.
2. Si sono costituiti in giudizio il Comune e la società controinteressata con atti depositati, rispettivamente, nelle date del 7 giugno 2023 e del 25 maggio 2023, facendo valere specifiche eccezioni relative al rito nonché chiedendo il rigetto dell’istanza cautelare e del ricorso in ragione della carenza dei presupposti per la prima e dell’infondatezza dei motivi per il secondo.
3. Alla camera di consiglio del 13 luglio 2023, con ordinanza n. 353 pubblicata il giorno successivo, questo Collegio ha respinto la domanda cautelare, avendo rilevato il deposito da parte della società controinteressata, avvenuto in data 16 giugno 2023, di una “ SCIA alternativa al permesso di costruire, in variante al titolo edilizio oggetto di ricorso, con la quale si [aveva] la diminuzione dell’altezza del corpo di fabbrica in ragione dell’eliminazione del piano sottotetto, con conseguente riduzione della volumetria dell’edificio ”. Nello specifico, tale aspetto (unitamente alla demolizione dell’edificio avvenuta il 30 maggio 2023) è stato valorizzato ai fini dell’accertamento del pericolo di danno grave e irreparabile, poiché non consentiva di “ individuare un pregiudizio corrispondente a quello originariamente ventilato ”.
4. All’udienza pubblica del 22 febbraio 2024, prima delle quali le parti hanno scambiato memorie e repliche, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Vanno anzitutto esaminate le eccezioni in rito formulate dall’amministrazione resistente e dalla società controinteressata.
1.1. La prima eccezione, seppure declinata in termini diversi dalle parti succitate, concerne la carenza di interesse per l’intervenuta presentazione della SCIA in variante.
Il Comune, in particolare, evidenzia che la società controinteressata ha provveduto a depositare, in data 16 giugno 2023, una SCIA alternativa al permesso di costruire, in variante al titolo edilizio impugnato.
Tale variante comporta una sensibile diminuzione dell’altezza del corpo di fabbrica in ragione della eliminazione del piano sottotetto, con conseguente riduzione della volumetria dell’edificio.
La sopravvenienza del nuovo titolo abilitativo, oltre a privare la ricorrente dell’interesse alla sospensiva, dovrebbe rendere l’impugnazione in parte improcedibile, tanto da indurre a valutare la proposizione di eventuali motivi aggiunti avverso lo stesso titolo.
In proposito, la società controinteressata sottolinea che, nel caso di SCIA, impugnabile non è l’atto con cui il privato segnala l’iniziativa edilizia, ma eventualmente il diniego di autotutela che l’amministrazione opponga alla richiesta motivata di chi abbia interesse a bloccare l’iniziativa edilizia.
1.1.1. L’eccezione è in parte fondata.
Come già rilevato in sede cautelare la presentazione della SCIA in variante ha profondamente modificato il progetto originario ed è verosimilmente frutto dell’incisiva azione svolta, anche nella fase procedimentale, dal patrocinio della ricorrente.
Il nuovo progetto, caratterizzato da un’oggettiva diminuzione dell’altezza del fabbricato, determina una carenza di interesse alla coltivazione del ricorso limitatamente a determinati motivi di gravame, essenzialmente quelli afferenti all’altezza e alle distanze, i quali per la loro peculiarità sono scrutinati singolarmente più avanti;ciò posto, non si può dubitare che ve ne siano altri che, come annota parte resistente, non sono attinti dal nuovo titolo edilizio.
Per altro verso, deve condividersi la tesi della ricorrente secondo cui il permesso di costruire rappresenta il titolo edilizio principale e presupposto alla variante e della quale variante è l’oggetto. A ben vedere, infatti, l’annullamento del primo titolo determinerebbe necessariamente l’illegittimità automatica anche della variante e, pertanto, dei lavori realizzati sulla base della medesima.
In breve, la presentazione della SCIA, proprio per la sua dichiarata natura accessoria al titolo edilizio principale, non supera il permesso di costruire. Qualora ciò si ipotizzasse, ossia nel caso in cui – per usare la terminologia della ricorrente – alla SCIA venisse accordata «natura sostanziale», si porrebbe il problema del mancato rispetto del termine del 31 marzo 2019, fissato dall’art. 17 l.r. 14/2019 per accedere alla disciplina del c.d. «Piano Casa».
1.2. La seconda eccezione è correlata all’asserita tardività del ricorso e darebbe luogo, secondo le prospettazioni dell’amministrazione resistente e della controinteressata, all’«inammissibilità» dello stesso.
Entrambe le parti rimarcano che l’iter istruttorio della pratica è stato seguito dal legale del coniuge della ricorrente, allora unico proprietario dell’immobile. Lo stesso legale sarebbe poi stato informato, in data 30 dicembre 2022, a mezzo PEC, dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire.
Solo in data 17 febbraio 2023 è stata formulata istanza di accesso agli atti per avere copia del titolo edilizio, ove è stato dato atto della conoscenza del rilascio del medesimo, con il fine – secondo le controparti della ricorrente – di procrastinare il termine perentorio per la proposizione del ricorso giurisdizionale, notificato effettivamente in data 18 aprile 2023.
1.2.1. L’eccezione è infondata.
L’esame dell’istanza di accesso, prodotta proprio dal Comune, consente di apprezzare la particolare situazione della ricorrente con riguardo a una vicenda seguita fino a quel momento dal coniuge, nel frattempo deceduto, per il tramite di uno dei due legali firmatari della richiesta.
L’ excursus storico della vicenda offerto nell’istanza conferma che alla fine dell’anno 2019 non era stato rilasciato alcun titolo edilizio.
È dunque fisiologico che la ricorrente, a distanza di oltre due anni, subentrata al de cuius nella sua posizione qualificata e differenziata, abbia conferito un nuovo e specifico mandato a due legali per esaminare la pratica edilizia e il suo stato, di cui ragionevolmente poco o nulla sapeva, ai fini della migliore tutela dei propri interessi. In effetti, solo lo studio degli atti ostesi dal Comune ha consentito una valutazione globale della situazione e di formulare le censure all’atto impugnato in ragione di ipotizzate lesioni derivanti dall’attività dei proprietari dell’area confinante.
2. Possono ora esaminarsi le singole questioni di merito.
2.1. Con la prima censura la ricorrente lamenta l’applicabilità della disciplina relativa al c.d. «Piano Casa» recata dalla l.r. 14/2009 e resa possibile per effetto dell’estensione della sua efficacia temporale operata dall’art. 17 l.r. 14/2019.
Siffatta disposizione prevede che “ gli interventi per i quali la segnalazione certificata di inizio lavori o la richiesta del permesso di costruire siano stati presentati, ai sensi della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14, entro il 31 marzo 2019, continuano ad essere disciplinati dalla medesima legge regionale ”.
La norma sarebbe in contrasto con l’art. 15 d.P.R. 380/2001, che, ad avviso della ricorrente, stabilisce il principio secondo cui il permesso di costruire deve essere regolato dalla normativa vigente al momento del rilascio del permesso stesso e non sulla base della normativa pregressa, eventualmente difforme, vigente al momento della presentazione dell’istanza.
Ciò determinerebbe la violazione di una norma non derogabile dalla normativa regionale concorrente che, secondo gli insegnamenti della Corte costituzionale, è stata ritenuta anche una norma di riforma economico-sociale vincolante gli statuti speciali (C. Cost., 28 gennaio 2022, n. 24).
In altri termini, l’art. 17 l.r. 14/2019, dettando una disciplina in contrasto con quella dell’art. 15 d.P.R. 380/2001, sarebbe incostituzionale in parte qua per violazione del disposto dell’art. 117, comma 3, Cost.
Da quanto sopra deriverebbe l’illegittimità del titolo rilasciato sulla base di una normativa abrogata, che non avrebbe nemmeno potuto essere assentito sulla base della stessa.
2.1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
La tesi propugnata dalla ricorrente, pur suggestiva, deve essere respinta.
Se, da un lato, è innegabile che l’art. 15 d.P.R. 380/2001 sia una norma di principio generale per quel che concerne la materia del «governo del territorio» come sottolineato dalla giurisprudenza costituzionale, dall’altro, dalla piana lettura della disposizione – prima della sua rubrica e poi del suo testo – emerge come la stessa attenga all’efficacia temporale e alla decadenza del titolo edilizio. Il primo comma, in particolare, fissa la regola fondamentale per la quale nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori;quelli successivi forniscono specificazioni in ordine a tale periodo di tempo che può subire traslazioni in avanti ovvero estensioni in ragione di eventi diversi che possono occorrere anche in modo imprevisto (esemplificativa è, al riguardo, la disciplina recata dal secondo comma, di cui costituiscono complemento quelli successivi).
Definito il perimetro della disposizione statale, risulta chiaro come questo sia diverso rispetto a quello della disposizione regionale della quale si ipotizza l’incostituzionalità che, per il vero, oltre ad essere annoverata nel titolo VI riservato alle norme transitorie e finali, è per sua stessa natura indubitabilmente tale, considerato l’orizzonte temporale fissato in modo netto.
La sua ratio , come osserva la dottrina, è quella di «salvare» i progetti elaborati e formalizzati presso il Comune competente con regolare presentazione di domanda di rilascio del permesso di costruire o di segnalazione certificata di inizio attività avvenuta prima dell’entrata in vigore della medesima legge.
In sostanza, lo spirito è quello di estendere la vigenza della normativa regionale afferente al c.d. «Piano Casa» secondo una scelta di «merito legislativo» (per usare le parole della dottrina) che ha portato il legislatore regionale, per questa via, a confezionare una regola che senza incidere sull’efficacia temporale e sulla durata del titolo edilizio – le quali rimangono (e non potrebbe essere diversamente) soggette alla norma di principio di matrice statale – consente di derogare ad un altro principio generale secondo cui il punto di riferimento, ai fini della individuazione del diritto applicabile in caso di successione di norme, è il provvedimento amministrativo e il momento di suo perfezionamento, irrilevanti essendo sia il momento dell’iniziativa, anche se di parte (domanda, segnalazione, denuncia, comunicazione, ecc.), sia la fase successiva al perfezionamento dell’atto e quindi le sopravvenienze normative.
2.2. Con la seconda censura la ricorrente eccepisce l’illegittimità del titolo per evidente errore nei presupposti.
Nello specifico, nella prima relazione tecnica depositata con l’istanza, i controinteressati avrebbero indicato che l’altezza dell’edificio è pari a 7,60 metri;quella massima possibile, conseguentemente, applicando l’aumento del 40%, sarebbe pari a 10,64 metri, ossia inferiore a quella del progetto che invece è superiore ai 12 metri.
Nella seconda relazione tecnica, invece, l’altezza dello stato di fatto cambia ed è indicata in 9,03 metri, ossia in una misura tale da consentire di raggiungere un’altezza di 12,55 metri.
In breve, non essendo chiaro come il primo valore possa essere stato modificato, risulterebbe evidente il vizio caratterizzante l’intera istruttoria, peraltro aggravato da un ulteriore valore riportato nella tavola relativa allo stato di fatto dell’altezza (pari a 8,50 metri) che condurrebbe ad ottenere un’altezza assentibile di 11,90 metri.
Da ultimo, la ricorrente nella sua replica, nel ribadire il dato testuale della documentazione originaria (prima relazione tecnica e tavola dello stato di fatto), richiama l’art. 4, punto 17, del regolamento edilizio a mente del quale, per quanto concerne gli edifici su terreno piano, “ la misura dell’altezza si assume sul fronte più alto dalla quota del terreno naturale o sistemato, nel caso in cui risultasse inferiore, all’intersezione dell’intradosso del solaio di copertura con il filo esterno della muratura perimetrale ”. Nel caso di specie, poiché l’altezza misurata nel rilievo dello stato di fatto è individuata complessivamente in 8,50 metri, dovrebbe essere detratto il valore relativo all’interrato fino al piano di campagna (al netto del marciapiede) pari a 1,40 metri, portando ad ottenere il valore di 7,60 metri.
2.2.1. Il secondo motivo di ricorso è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
La censura è superata per effetto della presentazione del nuovo progetto che ha modificato le altezze dell’edificio in costruzione prevedendo un’altezza definitiva di 9,60 m, calcolata dalla quota marciapiede, e senza tenere conto dell’altezza del piano sottotetto che, nel progetto in variante, diventa un volume tecnico non più abitabile.
Tale aspetto è dirimente in quanto quest’ultimo progetto in variante prevede un’altezza complessiva dell’edificio di 10,80 metri, la quale, considerando la tollerabilità di legge del 2% (meglio disciplinata all’art. 85 del regolamento edilizio), è legittima alla luce del valore di partenza di 7,60 metri.
Non può ignorarsi, infatti, quanto prescritto al primo alinea del secondo periodo del punto 17 dell’art. 4 del regolamento edilizio – correttamente rimarcato dalla ricorrente – ma anche quanto precisato al primo alinea del terzo periodo della medesima disposizione, ossia che “ dalla misurazione dell’altezza [dell’edificio] restano esclusi: - i vani tecnici ”.
Quest’ultimo dato normativo consente di superare ogni questione in ordine ai vizi che contraddistinguerebbero l’attività istruttoria svolta dal Comune. Tale attività, infatti, pur condizionata da una lettura delle norme del regolamento non condivisibile, ha da subito messo in evidenza – come risulta dalla prima richiesta di integrazione documentale – che l’altezza dell’edificio in progetto non rispettava l’altezza massima ammessa come determinata dall’art. 9, comma 8- bis , l.r. 14/2009.
In sostanza, questa è la ragione per la quale, nella seconda relazione tecnica, il progettista ha indicato l’altezza dell’edificio in metri 9,03, sommando metri 7,60 (la differenza tra metri 8,50 e metri 1,40, ossia l’interrato), metri 1,23 (altezza media del sottotetto) e metri 0,20 (spessore del solaio).
Tanto basta per spiegare le divergenze numeriche che dovrebbero dare conto di una contraddittorietà nell’azione amministrativa.
2.3. Con la terza censura la ricorrente contesta la violazione di quanto prescritto dal Repertorio Normativo allegato alle Norme Tecnico Operative (NTO) del Piano degli Interventi (PI) del Comune di Torreglia.
Il repertorio normativo sopra richiamato stabilisce che gli edifici siti in zona C1.6 possano avere un numero massimo di piani pari a due, il che contrasterebbe con il progetto che prevede uno sviluppo dell’edificio su tre piani (oltre ad un piano sottotetto).
Le deroghe alle quali il regime di cui alla l.r. 14/2009 ha accesso sarebbero solo quelle indicate dall’art. 64 l.r. 30/2016, ossia le deroghe all’altezza, all’indice fondiario e ai distacchi.
Tra l’altro, tale limite avrebbe una rilevanza non solo edilizia, ma anche di sicurezza sismica, considerato il fatto che Torreglia rientra tra i comuni a rischio sismico.
2.3.1. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
Coglie nel segno l’amministrazione resistente là dove pone in risalto i principi ispiratori del c.d. «Piano Casa», ossia l’efficientamento energetico e la riduzione del consumo del suolo.
Tenuti a mente questi, non vi è chi non veda come l’aumento delle sole altezze del 40% con invarianza dei numeri dei piani equivalga ad assentire la realizzazione di abitazioni sviluppate in altezza con dispersione termica e aumento del volume per unità abitativa, in violazione di indirizzi eurounitari in ambito di politica energetica e ambientale.
È dunque logico e ragionevole sostenere che le norme derogatorie della l.r. 14/2009 operino anche rispetto al numero dei piani.
2.4. Con la quarta censura la ricorrente contesta l’altezza dell’edificio indicata in progetto sotto altro profilo, rilevando come l’immobile esistente già abbia un’altezza superiore a quella di 6,50 metri consentita dalle norme tecniche per gli edifici in zona C1.6.
Al caso in esame, in sintesi, non sarebbe applicabile la norma di favore prevista dall’art. 9, comma 8- bis , l.r. 14/2009 che può essere applicata soltanto nel caso in cui l’altezza dell’edificio esistente rispetti la normativa edilizia presupposta, ossia la disciplina di cui al d.m. 1444/1968.
2.4.1. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
La disposizione richiamata da parte ricorrente è di agevole interpretazione in quanto ammette che gli interventi del c.d. «Piano Casa» siano eseguiti anche in deroga alle previsioni del d.m. 1444/1968 (“ 8-bis – Al fine di consentire il riordino e la rigenerazione del tessuto edilizio urbano già consolidato ed in coerenza con l’obiettivo prioritario di ridurre o annullare il consumo di suolo, anche mediante la creazione di nuovi spazi liberi, in attuazione dell’articolo 2 bis del DPR n. 380/2001 gli ampliamenti e le ricostruzioni di edifici esistenti situati nelle zone territoriali omogenee di tipo B e C, realizzati ai sensi della presente legge, sono consentiti anche in deroga alle disposizioni in materia di altezze previste dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968 e successive modificazioni, sino ad un massimo del 40 per cento dell’altezza dell’edificio esistente ”).
Ne consegue che la tesi della ricorrente non è sostenibile se non forzando il dato letterale della norma dalla quale emerge con nettezza la ratio legis .
2.5. Con la quinta censura la ricorrente lamenta la violazione della distanza da parte dell’erigenda costruzione che dovrebbe essere parametrata all’altezza dell’edificio.
La relazione tecnico descrittiva dà conto che lungo il lato a confine est (lato a diretto confine con la proprietà della ricorrente) è stata mantenuta la distanza di 10 metri dalla parete finestrata della abitazione della ricorrente, anche per l’ampliamento in altezza. Tenuto conto che il permesso di costruire impugnato abilita la realizzazione di un edificio di oltre 12 metri, la distanza da quello frontestante dovrebbe essere di pari misura.
2.5.1. Il quinto motivo di ricorso è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Per tale doglianza valgono, mutatis mutandis , le medesime considerazioni svolte con riguardo alla seconda.
Il nuovo progetto oggetto di SCIA in variante ha ridotto l’altezza dell’edificio e dunque, sulla base di quest’ultima, devono ritenersi rispettate le distanze tra le due costruzioni.
La chiusura del cerchio si ha poi tenendo conto che – dalle tavole di progetto, dalle foto aeree e dagli estratti catastali, come sottolineato dal Comune – i due edifici si fronteggiano solo parzialmente.
2.6. Con la sesta censura la ricorrente lamenta la violazione della distanza dell’edificio in progetto dal confine e dagli immobili limitrofi per effetto del calcolo effettuato senza tenere in considerazione lo spessore delle murature perimetrali eccedente i 30 cm.
Nello specifico, il calcolo sarebbe stato effettuato sulla base del disposto dell’art. 14, comma 6, d.lgs. 102/2014, che sarebbe stato abrogato dal d.lgs. 73/2020.
L’intervento edilizio, infatti, andrebbe considerato nel suo complesso come nuova costruzione ai fini della predetta disciplina, anche perché il comma 7 della norma citata fa riferimento alla ristrutturazione, ma non alla demolizione e ricostruzione che quando avviene, dal punto di vista esecutivo strutturale, effettivamente corrisponde ad una nuova costruzione.
In altri termini, la realizzazione della nuova costruzione non dovrebbe potersi giovare della deroga dei 30 cm ai fini del calcolo delle distanze e ciò dovrebbe condurre a qualificare come illegittime le distanze dichiarate che avrebbero dovuto essere calcolate considerando anche lo spessore delle murature perimetrali eccedente i 30 cm.
2.6.1. Il sesto motivo di ricorso è infondato.
Per espressa previsione di legge, nel concetto di ristrutturazione è ricompresa la demolizione con ricostruzione e ampliamento;sul punto, è sufficiente richiamare il terzo e il quarto periodo della lettera d) del comma 1 dell’art. 3 d.P.R. 380/2001.
Criticità in ordine alla possibilità di ricondurre la seconda tipologia di interventi alla prima si hanno solo in determinate circostanze. La giurisprudenza, infatti, avverte che “ per verificare la sussistenza di una ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380/2001 nelle forme della demolizione e successiva ricostruzione occorre l’esatta rappresentazione della consistenza edilizia iniziale sia a livello di localizzazione spaziale sia a livello geometrico ” (Cons. Stato, sez. II, 15 aprile 2024, n. 3409) e di questo, nel caso in esame, non si può dubitare.
In disparte tale aspetto, deve comunque rilevarsi la previsione dell’art. 2 l.r. 21/1996 che prevede la modalità di calcolo dei tamponamenti e dei muri perimetrali portanti anche per le “ nuove costruzioni di qualsiasi genere soggette alle norme sul risparmio energetico ”, finalità, quest’ultima, che certamente esclude un’interpretazione ristrettiva quale quella indicata dalla ricorrente.
2.7. Con la settima censura la ricorrente, dopo avere precisato che il Comune di Torreglia è stato classificato come un comune a rischio sismico, contesta il rilascio del titolo edilizio avvenuto in violazione della disciplina di cui all’art. 90 d.P.R. 380/2001, quantomeno con riferimento alla sopraelevazione dell’edificio.
Nello specifico, si osserva che la certificazione regionale diretta ad accertare la possibilità di realizzare la sopraelevazione, avrebbe dovuto essere assunta, ai sensi dell’art. 20 d.P.R. 380/2001, nel corso del procedimento di rilascio del permesso di costruire, come emerge dall’art. 5, comma 3, lett. c), d.P.R. 380/2001.
2.7.1. Il settimo motivo è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Al riguardo, come annota l’amministrazione resistente, la questione è stata superata con la SCIA in variante, la quale, al punto 12, dà atto che il progetto “ prevede opere strutturali soggette ad obbligo di PREAVVISO scritto prima dell’inizio dei lavori ai sensi dell’articolo 94 bis del D.P.R. n. 380/2001 e secondo quanto definito dalla