TAR Napoli, sez. III, sentenza 2024-07-25, n. 202404378

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2024-07-25, n. 202404378
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202404378
Data del deposito : 25 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/07/2024

N. 04378/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01888/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1888 del 2021, proposto da
-OMISSIS- S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. F P, con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia del suo difensore;

contro

AGEA – AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale è domiciliata per legge in Napoli alla Via A. Diaz n. 11;

per l'annullamento

a) del provvedimento di accertamento prot. n. -OMISSIS- del 5 maggio 2020, con il quale l’AGEA ha disposto nei confronti della ricorrente il “recupero della somma di € 378.444,45 oltre interessi per indebita percezione del contributo erogato per il premio TABACCO, campagne dal 2007 al 2009 e pari ad € 164.332,07 oltre interessi per l’aiuto DOMANDA UNICA campagne dal 2008 al 2012”;

b) dell’intimazione di pagamento prot. n. -OMISSIS- del 20 maggio 2020, con cui l’AGEA in esecuzione del suddetto provvedimento ha ingiunto alla ricorrente il pagamento, al netto dell’importo sospeso di € 192.591,93, della residua somma di € 466.105,13;

c) di ogni provvedimento annesso, connesso, precedente e prodromico, conseguente e conseguenziale e di ogni altro atto, anche di natura istruttoria ed endoprocedimentale, nonché interlocutoria, comunque lesivo della posizione della ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2024 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La -OMISSIS- S.r.l. espone di essere stata destinataria, negli anni dal 2007 al 2012, di svariate concessioni di contributi comunitari provenienti dall’AGEA, ammontanti complessivamente ad € 378.444,45 per aiuti legati alla produzione di tabacco, nonché ad € 164.332,02 per aiuti (cd. titoli a domanda unica) connessi alla superficie coltivata a tabacco.

Con il gravame in trattazione, riassunto presso questo Tribunale a seguito di declinatoria di competenza territoriale del TAR Lazio Roma (ordinanza collegiale n. -OMISSIS-), tale società impugna gli atti dell’AGEA con cui sono state revocate a suo danno le suddette sovvenzioni per infedeltà delle relative domande, ossia, nello specifico, il provvedimento di accertamento prot. n. -OMISSIS- del 5 maggio 2020, con il quale si è disposto il “recupero della somma di € 378.444,45 oltre interessi per indebita percezione del contributo erogato per il premio TABACCO, campagne dal 2007 al 2009 e pari ad € 164.332,07 oltre interessi per l’aiuto DOMANDA UNICA campagne dal 2008 al 2012”, nonché l’intimazione di pagamento prot. n. -OMISSIS- del 20 maggio 2020, con cui in esecuzione di detto provvedimento si è ingiunto il pagamento, al netto dell’importo sospeso di € 192.591,93 (come da provvedimento cautelativo adottato dall’AGEA il 12 febbraio 2015 ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 228/2001), della residua somma di € 466.105,13.

1.1 Il nucleo essenziale del disposto recupero poggia sui seguenti passaggi motivazionali ritraibili dal testo del provvedimento di accertamento prot. n. -OMISSIS- del 5 maggio 2020: “CONSIDERATO il riscontro fornito dal Comando Carabinieri Politiche Agricole ed Alimentari – Nucleo Antifrodi Carabinieri Salerno con Prot. di ingresso AGEA n. -OMISSIS- del 02/10/2014 con l’invio di copiosa documentazione relativa al procedimento penale n. -OMISSIS- avanti al Tribunale di -OMISSIS-;
(…). Nella vicenda all’esame, gli accertamenti svolti dai Carabinieri, dettagliatamente descritti nella CNR (comunicazione di notizia di reato, ndr.) vertono principalmente su circostanze che fondano l’illegittimo percepimento degli importi corrisposti per i regimi di aiuto Domanda Unica e Tabacco.” Segue la descrizione dei singoli addebiti penali, come esposti nel decreto che dispone il giudizio, essenzialmente tratti da numerosi verbali di sommarie informazioni rese da agricoltori proprietari di terreni coltivati a tabacco, ndr. “Dunque, le contestazioni avanzate, circa il presunto indebito percepimento dei contributi comunitari (tra gli anni 2007 e 2012) riguardano le dichiarazioni di disponibilità di terreni in relazione ai quali la PROD TAB non avrebbe potuto vantare validi titoli giuridici di conduzione o di godimento. Invero, ciò che rileva ai fini della qualificazione di legittimità della percezione degli aiuti comunitari da parte del produttore è il requisito della consistenza territoriale dichiarata nel Fascicolo aziendale, che deve essere sostenuta da idonei titoli di conduzione, dalla data di efficacia degli stessi. La disponibilità dei terreni, si evidenzia, deve essere “titolata” nel senso che non è sufficiente la materiale detenzione o il possesso dei terreni in questione, ma occorre un titolo legale a fondamento della disponibilità dei terreni per poter richiedere i contributi comunitari. Per quanto attiene le contestazioni avanzate per le Domande Uniche 2011 e 2012, come già anticipato, si sostanziano nella falsa cessione di n. 4 titoli a favore della -OMISSIS-. S.r.l., nella realtà mai ceduti dai legittimi proprietari (pag. 5 del Decreto che dispone il giudizio). Si applica, quindi, la disciplina della clausola di elusione (art. 30 del REG (CE) n. 73/2009 del CONSIGLIO del 13 gennaio 2009, successivamente per effetto del Regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013 è oggi disciplinata nell’art. 60 del Regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013) che testualmente recita: “Fatte salve disposizioni specifiche, i benefici previsti dalla legislazione settoriale agricola non sono concessi alle persone fisiche o giuridiche per le quali sia accertato che hanno creato artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di tali benefici in contrasto con gli obiettivi di detta legislazione”.”.

In sintesi, secondo la prospettazione fatta propria dall’AGEA, la revoca e il connesso recupero della contribuzione concessa all’odierna ricorrente per la produzione/coltivazione di tabacco negli anni dal 2007 al 2012 sarebbero imposti dall’applicazione della clausola di elusione di cui all’art. 60 del regolamento UE n. 1306/2013, avendo essa ricorrente, per il tramite dei suoi legali rappresentanti, alterato fraudolentemente le domande di assegnazione dei benefici mediante false dichiarazioni in ordine alla giuridica disponibilità dei terreni, mai ottenuta dai legittimi proprietari, e con riferimento al possesso di quattro titoli PAC (politica agricola comune), mai effettivamente ceduti dai rispettivi titolari, come emergerebbe dai numerosi verbali di sommarie informazioni confluiti nel procedimento penale incardinato presso il Tribunale di -OMISSIS-, i quali darebbero anche conto della massività dell’attività fraudolenta posta in essere, non limitata a singoli isolati episodi.

1.2 Ciò premesso, l’impugnativa è affidata a doglianze attinenti ai profili dell’incompetenza, della violazione di legge e dell’eccesso di potere sotto svariate forme, mirando a contestare sia i presupposti sia il fondamento giuridico degli atti di revoca e recupero delle sovvenzioni.

L’AGEA, costituitasi in giudizio, conclude nella sua memoria difensiva per l’infondatezza delle ragioni attoree.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza collegiale n. 992 del 26 maggio 2021.

La causa è stata trattenuta per la decisione all’udienza pubblica del 18 giugno 2024.

2. È oggetto di contestazione, da parte della società ricorrente, la complessiva attività di revoca e recupero dei contributi per il tabacco espletata dall’AGEA attraverso l’adozione degli atti impugnati.

2.1 Innanzitutto vanno dichiarate inammissibili le censure, inserite nella premessa in fatto, con cui parte ricorrente intende criticare le risultanze probatorie confluite nel procedimento penale e poste alla base dell’azione di recupero.

Invero, l’inammissibilità dei motivi di ricorso può conseguire non solo al difetto di specificità ma anche alla loro mancata indicazione, in maniera distinta, in apposita parte dell’atto processuale dedicata all’esposizione in diritto, della quale essi costituiscono il nucleo essenziale e centrale. Infatti, l’art. 40 c.p.a., nello stabilire al comma 1 che il ricorso deve contenere partitamente l’esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici su cui si fonda il ricorso e, al comma 2, che i motivi proposti in violazione del comma 1, lettera d), sono inammissibili, ha lo scopo di incentivare la redazione di ricorsi dal contenuto chiaro e di porre argine alla prassi dei gravami non strutturati secondo un’esatta suddivisione tra fatto e motivi di diritto, con il conseguente rischio che trovino ingresso i cd. “motivi intrusi”, ossia i motivi inseriti nelle parti del ricorso dedicate al fatto, che ingenerano a loro volta il rischio della pronuncia di sentenze che non esaminino tutti i motivi per la difficoltà di individuarli in modo palese ed univoco. Ne discende che laddove il ricorso sia stato articolato, come avvenuto nella specie, in elementi di fatto ed elementi di diritto, i motivi di censura devono essere contenuti nella parte in diritto e, per l’effetto, vanno dichiarati inammissibili i motivi di censura intrusi, contenuti invece nella parte in fatto (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 2024 n. 1076;
Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 dicembre 2023 n. 10981;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 maggio 2022 n. 3964;
Consiglio di Stato, Sez. II, 7 gennaio 2022 n. 113).

2.2 Quanto alle rimanenti censure formulate nella parte in diritto del ricorso, si riepiloga di seguito il complessivo catalogo delle stesse:

a) l’AGEA non era competente a disporre il recupero delle sovvenzioni, spettando il relativo potere alla Commissione Europea ai sensi del regolamento UE n. 1306/2013;

b) il debito restitutorio gravante sulla società ricorrente si è prescritto, essendo decorso il termine prescrizionale di dieci anni per il recupero degli aiuti previsto dall’art. 15 (rectius 17) del regolamento UE n. 1589/2015 del 13 luglio 2015;

c) il disposto recupero è avvenuto in violazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 228/2001, dal momento che i fatti non erano stati definitivamente accertati in sede penale, potendo nelle more essere emesso solo un provvedimento di sospensione delle erogazioni, come poi verificatosi nello specifico. Infatti, esclusivamente “in presenza del “definitivo” accertamento dei fatti, l’AGEA può decretare la NON debenza di ulteriori importi spettanti all’avente diritto per i fatti oggetto di contestazione ed eventualmente procedere all’applicazione della clausola di esclusione di cui all’art. 60 reg. ue 1306/2013”;

d) l’espletata azione di recupero si pone in contrasto con gli artt. 56 e ss. del regolamento CE n. 1122/2009 del 30 novembre 2009, che graduano la riduzione degli importi delle sovvenzioni in ragione dell’incidenza della minore superficie di terreno effettivamente coltivata, senza prevedere decadenze automatiche dalla totalità dei benefici concessi;

e) la procedura seguita dall’ente “viola le disposizioni cui alla Legge 898/86 nella parte in cui prevede che, ai fini del recupero dell’indebito e/o dell’irrogazione delle sanzioni amministrative ivi previste, si proceda secondo le disposizioni di cui alla Legge 689/81”, con la conseguenza che il diverso iter intrapreso nello specifico ha impedito alla società ricorrente “di potersi difendere nel merito della contestazione”;

f) avendo avuto l’AGEA conoscenza delle irregolarità commesse dalla ricorrente fin dal 6 agosto 2014, come si evince dal provvedimento di sospensione cautelativa del 2015, “alla data di adozione del provvedimento di accertamento, erano abbondantemente decorsi i termini (pari a 18 mesi, ndr.) di cui all’art. 54 reg. eu 1306/2013 con conseguente decadenza dal diritto di procedere all’accertamento dell’eventuale indebito ed, a maggior ragione, della richiesta di restituzione somme e/o acquisizione a titolo definitivo degli importi a suo tempo sospesi”;

g) il gravato provvedimento di accertamento è affetto da illogicità della motivazione e travisamento dei fatti, emergendo “con nitida chiarezza che, qualora l’Ente preposto avesse correttamente proceduto all’approfondimento dei fatti e dei riferimenti normativi – nonché delle valutazioni riportate dal CNR – avrebbe altrettanto correttamente valutato che, allo stato degli atti, nessun accertamento definitivo risulta acclarato ai fini dell’emissione del provvedimento impugnato. I fatti contestati risultano al Vaglio della Magistratura penale e, nelle more, non possono considerarsi definitivi ed idonei ad adottare il provvedimento impugnato”. Peraltro, le scritture di cessione dei titoli PAC da parte dei Sigg.ri -OMISSIS- non sono state impugnate come per legge e le dichiarazioni contrarie rese dagli stessi nei verbali di sommarie informazioni, in assenza di conferma in sede dibattimentale penale, “non hanno valore di prova fidefacente”. Analogamente, nemmeno possono assurgere, prima della conferma dibattimentale e dell’esito del procedimento penale, a validi elementi probatori le sommarie informazioni rilasciate dai proprietari dei terreni, il che conferma il travisamento dei fatti sull’esistenza dei comportamenti fraudolenti addebitati alla società ricorrente. Inoltre, da “quanto emerge dalle dichiarazioni rese da alcuni proprietari, è chiaro che i loro terreni – coltivati a tabacco negli anni in questione – sono stati concessi in fitto ad altri soggetti e non alla -OMISSIS- Agli atti vi è la prova che i possessori materiali dei terreni hanno concesso gli stessi alla -OMISSIS- per la coltivazione del tabacco”.

Tutte le prefate doglianze non meritano condivisione per le ragioni di seguito esplicitate.

3. La censura di incompetenza va disattesa.

Al riguardo, va osservato che, come espressamente previsto dagli artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 74/2018, l’AGEA è l’ente che, in qualità di organismo di pagamento/coordinamento e sotto la vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole, ha il compito di gestire ed erogare le provvidenze finanziarie all’agricoltura secondo le disposizioni comunitarie in materia, nonché è responsabile nei confronti dell’Unione Europea degli adempimenti connessi alla gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune e degli interventi sul mercato e sulle strutture del settore agricolo. Detta normativa nazionale è in linea con la normativa europea, ed in particolare con gli artt. 7 e 8 dell’invocato regolamento UE n. 1306/2013 (applicabile ratione temporis), che opportunamente distinguono i compiti operativi, attribuiti agli organismi pagatori e a quelli di coordinamento, tra i quali rientra l’AGEA, dalle funzioni di supervisione e di controllo demandate alla Commissione Europea. Ciò comporta che l’AGEA, oltre ad erogare provvidenze comunitarie, ha anche il potere di sospendere cautelativamente le erogazioni ai sensi del d.lgs. n. 228/2001 e, in via definitiva, di accertare se i destinatari siano o meno in possesso dei requisiti necessari per poterne fruire, con la conseguenza che la medesima è competente ad avviare tutte le procedure per il recupero delle somme indebitamente percepite nei confronti delle imprese che, come la società ricorrente, abbiano assunto condotte indebite al fine dell’assegnazione di contributi comunitari (cfr. TAR Lazio Roma, Sez. II, 18 maggio 2011 n. 4325).

4. Essendo la corresponsione dei contributi alla società ricorrente intervenuta nell’arco temporale che va dal 2007 al 2012, non può dirsi maturato il termine prescrizionale di dieci anni previsto dall’art. 17 del regolamento UE n. 1589/2015, essendo questo stato interrotto dalla comunicazione di avvio del procedimento di recupero prot. n. 2015.0707 del 17 febbraio 2015 e dal coevo provvedimento di sospensione cautelativa del 12 febbraio 2015 (in atti, entrambi debitamente notificati alla società ricorrente il 20 aprile 2015), con cui l’AGEA ha inequivocamente manifestato l’intenzione di chiedere la restituzione delle indebite percezioni di sovvenzioni comunitarie. Si applica, al riguardo, il chiaro dettato del comma 2 del citato art. 17, che così recita: “Il termine di prescrizione inizia a decorrere il giorno in cui l’aiuto illegale viene concesso al beneficiario come aiuto individuale o come aiuto rientrante in un regime di aiuti. Qualsiasi azione intrapresa dalla Commissione o da uno Stato membro, che agisca su richiesta della Commissione, nei confronti dell’aiuto illegale interrompe il termine di prescrizione. Ogni interruzione fa decorrere nuovamente il termine da principio. Il termine di prescrizione viene sospeso per il tempo in cui la decisione della Commissione è oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione.”.

5. Il definitivo accertamento dei fatti, presupposto dall’art. 33 del d.lgs. n. 228/2001 perché possa essere emanato, dopo l’eventuale sospensione cautelativa delle erogazioni, il provvedimento di recupero dei contributi indebitamente corrisposti, non richiede l’evidenza tipica che si raggiunge all’esito di un procedimento penale conclusosi con sentenza definitiva, ma più semplicemente, come si ricava dalla chiara lettera della legge, un accertamento in sede amministrativa fondato su elementi probatori sufficientemente solidi, nello specifico tratti dalle risultanze di fatto contenute nei verbali di sommarie informazioni posti alla base del decreto di rinvio a giudizio emesso a carico dei rappresentanti della società ricorrente. Pertanto, non sussiste la dedotta violazione della disposizione in commento.

6. Inconferente è il denunciato contrasto con gli artt. 56 e ss. del regolamento CE n. 1122/2009, che risulta in toto abrogato, con decorrenza dal 1° gennaio 2015, dall’art. 43, comma 1, del regolamento UE n. 640/2014 dell’11 marzo 2014.

7. Parimenti è invocata a sproposito la legge n. 898/1986 (di conversione del decreto legge n. 701/1986), la quale, nella versione applicabile ratione temporis, si occupa del sistema dei controlli in tema di aiuti comunitari alla produzione dell’olio di oliva, e non delle sovvenzioni al settore della coltivazione del tabacco.

8. Il termine di intervento di 18 mesi per chiedere la restituzione dei pagamenti indebiti in materia di aiuti agricoli, previsto dall’art. 54, comma 1, del regolamento UE n. 1306/2013, è chiaramente un termine ordinatorio e non perentorio, non essendo, nemmeno implicitamente, qualificato tale dalla norma, con la conseguenza che il suo sforamento non implica alcuna decadenza in capo all’autorità procedente, fermo restando il decorso del generale termine prescrizionale di dieci anni.

9. Infine, nemmeno sono ravvisabili nel gravato provvedimento di accertamento le predicate illogicità della motivazione unitamente al travisamento dei fatti.

Giova osservare, in via dirimente, che i due profili originati dalle indagini condotte dai Carabinieri di Salerno, quello penale e quello amministrativo, vanno mantenuti distinti: essi corrono parallelamente e ben possono trovare la loro comune scaturigine negli atti di contestazione redatti dagli organi di polizia giudiziaria, ma hanno contenuto e finalità autonome, nella misura in cui il primo è diretto ad accertare violazioni della legge penale, con eventuale configurazione di ipotesi delittuose, mentre il secondo si sostanzia nell’accertamento di una condotta avente gli estremi di un illecito amministrativo, costituito dall’indebito percepimento di aiuti comunitari in agricoltura, sanzionabile con le relative misure di revoca del beneficio concesso e contestuale recupero delle somme erogate (cfr. in termini TAR Valle d’Aosta, Sez. I, 22 luglio 2019 n. 42, come confermata da Consiglio di Stato, Sez. III, 30 novembre 2020 n. 7524).

In tale ottica non è necessario, come preteso dalla ricorrente, che gli elementi probatori raccolti dall’autorità amministrativa procedente, pur tratti dalle risultanze di fatto emerse in sede di indagine penale, abbiano la caratura della prova penale tipica formatasi all’esito della discussione dibattimentale e valevole oltre ogni ragionevole dubbio, ma è bastevole che essi apportino un quadro indiziario – come quello nella specie evincibile dai verbali di sommarie informazioni – sufficientemente chiaro, preciso e concordante in ordine all’alta probabilità di commissione della condotta illecita da parte del soggetto beneficiario degli aiuti.

9.1 Peraltro, la società ricorrente fornisce in giudizio insufficienti elementi probatori di segno contrario, consistenti in regolari contratti di fitto agrario, i quali riescono a suffragare solo in minima parte l’effettiva giuridica disponibilità di terreni coltivati a tabacco, a fronte dei ben più numerosi casi, attestati nei citati verbali di sommarie informazioni (cfr. in dettaglio la copiosa documentazione depositata dalla difesa erariale il 21 maggio 2021), che danno conto dell’inesistenza di validi titoli alla conduzione di fondi agricoli da parte di essa ricorrente.

10. In conclusione, resistendo gli atti impugnati a tutte le censure prospettate, il ricorso deve essere respinto siccome infondato.

Le spese processuali devono essere addebitate alla soccombente parte ricorrente, nella misura liquidata in dispositivo.

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