TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2019-05-31, n. 201907051

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2019-05-31, n. 201907051
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201907051
Data del deposito : 31 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/05/2019

N. 07051/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01619/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1619 del 2019, proposto da R P, S P, M P, C P, P P, R P, R P, R G, rappresentati e difesi dall'avvocato G O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Il Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'esecuzione del giudicato, costituito dal decreto relativo al procedimento iscritto al n. 55224/2005 del ruolo generale degli Affari diversi, emesso in data 10/07/2006, depositato in cancelleria in data 14/03/2007.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2019 la dott.ssa Emanuela Loria e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con atto notificato e depositato il 5 febbraio 2019, i signori Pellacchia Salvatore, Pellacchia Maria, Pellacchia Carmela, PellacchiaPatrizio, Pellacchia Raffaele, Pellacchia Rosario e Grieco Rosetta, in qualità di eredi di Pellacchia Gaetano, hanno proposto ricorso innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale contro il Ministero della Giustizia per ottenere l’esecuzione del giudicato derivante dal decreto ex L. n. 89/2001, emesso dalla Corte d’Appello di Roma – Sezione Equa Riparazione il 10 luglio 2006 e depositato il 14 marzo 2007 (n. cronol. 2378, rep n. 2042, procedimento iscritto al ruolo n. 55224/2005 V.G.), esponendo che:

- con il predetto decreto, il Ministero della Giustizia è stato condannato a corrispondere ai ricorrenti Pellacchia Salvatore, Pellacchia Maria, Pellacchia Carmela, PellacchiaPatrizio, Pellacchia Raffaele, Pellacchia Rosario e Grieco Rosetta, in qualità di eredi di Pellacchia Gaetano, a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo, la somma di Euro 5.690,00 (cinquemilaseicentonovanta/00), oltre interessi legali dalla data del decreto;

- l’azionato decreto della Corte d’Appello di Roma – Sezione Equa Riparazione è stato munito della formula esecutiva il 20 maggio 2014 ed in tale forma è stato notificato al Ministero della Giustizia il 30 luglio 2018;

- la dichiarazione prescritta dall’articolo 5-sexies della legge 24 marzo 2001, n. 89, corredata della relativa regolare documentazione è stata inviata all’Amministrazione intimata il 30 luglio 2018;

- sono decorsi sia il termine dilatorio di centoventi giorni di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, sia l’ulteriore termine di sei mesi previsto dall’articolo 5-sexies, comma 7, della legge n. 89 del 2001;

- le numerose richieste di pagamento sono rimaste senza esito alcuno.

2. A fronte dell’inadempienza del Ministero della Giustizia, i ricorrenti hanno pertanto instaurato il presente giudizio, con il quale ha chiesto a questo Tribunale di voler adottare tutte le misure necessarie per assicurare l’esecuzione del giudicato in esame, con condanna dell’intimata Amministrazione:

- al pagamento in favore dei ricorrenti indicati in epigrafe della somma di Euro 5.690,00 (cinquemilaseicentonovanta/00), oltre interessi legali dalla data del decreto;

- al pagamento della penalità di mora di cui all’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., in misura pari agli interessi legali;

- al pagamento delle spese legali del presente giudizio, da attribuirsi al procuratore avv. O G, che ha dichiarato di averne fatto anticipo.

Hanno altresì chiesto di disporre, per il caso di ulteriore inerzia, la nomina di un commissario ad acta affinché questi, in sostituzione dell’amministrazione inadempiente, provveda a dare integrale esecuzione al decreto in epigrafe.

3. Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio con deposito di atto di costituzione formale.

4. La causa è stata quindi chiamata all’odierna camera di consiglio, in esito alla quale è passata in decisione.

5. Il Collegio, constatata la ritualità del gravame, ritiene fondata la pretesa principale con esso fatta valere in giudizio dalla parte ricorrente atteso che, sulla base delle depositate evidenze documentali, le statuizioni contenute nel decreto in epigrafe non risultano, allo stato, aver ricevuto esecuzione.

Deve invero essere dato atto che:

- parte ricorrente ha inviato la dichiarazione di cui al comma 1, art. 5 sexies, L. n. 89/2001 ed è altresì decorso il termine di sei mesi dall’invio di tale documentazione, termine il quale per la sua natura speciale assorbe altresì il termine dilatorio di cui all’art. 14 D.L. n. 669/1996 (v. Corte Cost. n. 135/2018);

- il decreto azionato è divenuto definitivo, come da documentazione in atti.

Ne consegue che, rispettate le formalità procedurali e provato l’inadempimento del debitore, deve ordinarsi al Ministero della Giustizia di provvedere a dare piena ed integrale esecuzione al decreto in epigrafe menzionato e, per l’effetto, di provvedere alla corresponsione in favore della parte ricorrente della somma a essa spettante per effetto del titolo azionato, entro il termine di sessanta giorni, decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza. Su tali somme l’Amministrazione intimata dovrà corrispondere gli interessi legali a decorrere dalla data indicata dalla Corte di Appello nel decreto.

6. Con riguardo alla ulteriore richiesta formulata dalla parte ricorrente di condanna dell’amministrazione intimata al pagamento della penalità di mora (cd. astreinte) di cui all’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., occorre evidenziare che il Consiglio di Stato, nel rilevare l’assenza di preclusioni astratte sul piano dell’ammissibilità dell’istituto giuridico in esame nei confronti della P.A. inadempiente, ha tuttavia chiarito che <<la considerazione delle peculiari condizioni del debitore pubblico, al pari dell’esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni

troppo afflittive, costituiscono fattori da valutare in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo>>
(cfr. Cons. St., A.P., n. 15/2014, secondo cui <<Non va sottaciuto che l’art. 114, comma 4, lett. e, c.p.a., proprio in considerazione della specialità, in questo caso favorevole, del debitore pubblico - con specifico riferimento alle difficoltà nell’adempimento collegate a vincoli normativi e di bilancio, allo stato della finanza pubblica e alla rilevanza di specifici interessi pubblici- ha aggiunto al limite negativo della manifesta iniquità, previsto nel codice di rito civile, quello, del tutto autonomo, della sussistenza di altre ragioni ostative>>, con la conseguenza che <<spetterà allora al giudice dell’ottemperanza, dotato di un ampio potere discrezionale sia in sede di scrutinio delle ricordate esimenti che in sede di determinazione dell’ammontare della sanzione, verificare se le circostanza addotte dal debitore pubblico assumano rilievo al fine di negare la sanzione o di mitigarne l’importo>>).

Orbene, il Collegio ritiene, alla luce della richiamata decisione dell’Adunanza Plenaria (e dell’orientamento della giurisprudenza formatosi sul punto), che, nella specie, la crisi della finanza pubblica e l’ammontare del debito pubblico giustificano, in concreto, la mancata condanna della parte pubblica al pagamento dell’astreinte (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III, 23/08/2018, n. 9022;
T.A.R. Lazio, sez. II, 20/03/2018, n. 3101;
T.A.R. Campania, sez. VII, 08/06/2018, n. 3836).

Va anche detto, come già evidenziato dalla Sezione (cfr. la sentenza n. 3101/2018 cit.), che tali ragioni ostative assumono rilievo, ex art. 115 c.p.c., in quanto fatti notori.

In definitiva, alla luce di quanto precede, la domanda volta a conseguire la condanna dell’amministrazione al pagamento della c.d. astreinte, non può essere accolta.

7. In conclusione il ricorso in esame deve essere accolto nei sensi e nei limiti sopra riferiti e per l’effetto, in esecuzione dell’azionato titolo esecutivo, deve ordinarsi al Ministero della Giustizia di provvedere al pagamento, in favore dei ricorrenti Pellacchia Salvatore, Pellacchia Maria, Pellacchia Carmela, PellacchiaPatrizio, Pellacchia Raffaele, Pellacchia Rosario e Grieco Rosetta (entro il termine di sessanta giorni, decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza), della somma di Euro 5.690,00 (cinquemilaseicentonovanta/00), oltre interessi legali dalla data del decreto sino al soddisfo.

Per il caso di ulteriore inottemperanza, si nomina sin d’ora un commissario ad acta, ai sensi dell’articolo 5-sexies, comma 8, della legge n. 89 del 2001, nella persona del responsabile p. t. dell’Ufficio I della Direzione generale degli affari giuridici e legali del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della Giustizia, o un suo delegato, con la precisazione che, tenuto conto del fatto che le funzioni di commissario ad acta sono assegnate a un dipendente pubblico già inserito nella struttura competente per i pagamenti della “legge Pinto”, l’onere per le prestazioni svolte rimane interamente a carico del Ministero della Giustizia. Il Commissario così designato dovrà provvedere a istanza di parte, entro il successivo termine di sessanta giorni dalla scadenza del termine già assegnato al Ministero intimato, al pagamento delle somme ancora dovute, compiendo tutti gli atti necessari, secondo quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 5-sexies, più volte richiamato.

Il ricorso, per la residua parte, deve invece essere respinto.

9. Infine, tenuto conto sia dell’accoglimento solo parziale del presente ricorso, sia del carattere seriale e del non elevato livello di complessità della causa anche in relazione ai numerosi, analoghi, precedenti, il Collegio ritiene congrua la determinazione, a titolo di spese e competenze di causa relative al presente giudizio, dell’importo forfettario complessivo pari ad euro 200,00.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi