TAR Latina, sez. I, sentenza 2023-08-11, n. 202300649

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Latina, sez. I, sentenza 2023-08-11, n. 202300649
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Latina
Numero : 202300649
Data del deposito : 11 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/08/2023

N. 00649/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00321/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 321 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avv. C d S e C d S, con domicilio eletto presso il loro studio in Latina, viale dello Statuto 24;

contro

Comune di Sabaudia (LT), in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentato e difeso dapprima dall’avv. R d T e successivamente dall’avv. F T, con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo p.e.c. avvfabiotonelli@puntopec.it;
Regione Lazio, in persona del Presidente della giunta p.t. , non costituita in giudizio;

per l’annullamento

1) dell’ordinanza n. -OMISSIS-, del -OMISSIS-, notificata il -OMISSIS-, con cui è stata ingiunta ai ricorrenti la rimozione delle serre costruite in eccedenza per mq 4.311 circa, rispetto alla superficie massima consentita dalla l. reg. 12 agosto 1996 n. 34;

2) della relazione tecnica di sopralluogo prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-;

3) dell’informativa di reato prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-;

4) della nota prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, recante comunicazione di avvio del procedimento repressivo edilizio;

5) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sabaudia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio straordinaria di smaltimento del giorno 16 giugno 2023 il dott. Valerio Torano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – La Polizia locale di Sabaudia nel corso del sopralluogo svolto in data -OMISSIS- nell’azienda agricola di proprietà dei ricorrenti situata in via -OMISSIS- e, in particolare, sul fondo identificato nel locale catasto al foglio n. -OMISSIS-, ha accertato che, in difformità da quanto comunicato con d.i.a. del -OMISSIS- e con c.i.l. del -OMISSIS-, sono state poste in opera serre per complessivi mq 8.600 circa in luogo di mq 4.165, dando così luogo ad una trasformazione urbanistico edilizia del territorio non sanabile, in quanto è stato superato il limite massimo di superficie ricopribile mediante serre previsto dalla l. reg. 12 agosto 1996 n. 34.

Preso atto degli esiti del suddetto accertamento rassegnati nella relazione prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, il Comune di Sabaudia con nota prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS- ha comunicato l’avvio del procedimento repressivo edilizio e, ricevute le osservazioni degli interessati allibrate ai prot. n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-, con ordinanza n. -OMISSIS-, del -OMISSIS-, ha ingiunto ai ricorrenti la rimozione delle serre costruite in eccedenza per mq 4.311,00, rispetto alla superficie massima consentita dalla l. reg. n. 34 del 1996.

In relazione a quanto sopra, con il ricorso all’esame, notificato l’8 aprile 2014 e depositato il 7 maggio 2014, Z.C. e L.C. hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe, lamentando:

I) violazione dell’art. 12, l. 20 novembre 1982 n. 890 e dell’art. 149 cod. proc. civ., essendo nulla ed inesistente la notificazione del provvedimento impugnato per carenza di relata di notifica, omessa indicazione del numero cronologico, sottoscrizione del notificante e mancanza del sigillo dell’ufficio;

II) violazione degli artt. 3, 7 e ss., l. 7 agosto 1990 n. 241, oltre ad eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto le giustificazioni per le quali il contributo partecipativo fornito è stato rigettato si limitano alla laconica constatazione, al limite della clausola di stile, per cui la superficie serricola esistente nell’azienda dei ricorrenti eccede quella massima consentita dalla l. reg. n. 34 cit.;

III) violazione degli artt. 3, 7 e ss., l. n. 241 del 1990, in relazione alla memoria presentata da L.C., il quale ha comprovato di aver concesso in affitto a Z.C. la quota di sua proprietà del terreno agricolo di cui è causa, sì che egli è soggetto totalmente estraneo ai fatti;

IV) violazione degli artt. 6, comma 1, lett. e), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, 2, comma 3- bis , l. reg. n. 34 cit., oltre ad eccesso di potere sotto vari profili, perché le serre per colture a ciclo stagionale prive di opere di fondazione rientrano nell’edilizia libera e non sono assoggettate ad alcuna forma di assenso o comunicazione preventiva;

V) violazione dell’art. 6, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 380 cit., dato che gli ombrai, in cui parte ricorrente ha trasformato parte delle sue serre, sono totalmente esentati da qualsiasi atto di assenso.

Si è costituito il Comune di Sabaudia che ha controdedotto nel merito delle censure svolte, chiedendo il rigetto del gravame.

A ridosso della celebrazione dell’udienza camerale convocata per la definizione del ricorso, Z.C. e L.C. con atto di motivi aggiunti notificato e depositato il 25 maggio 2023, affermando di aver conosciuto solo recentemente l’esistenza della delibera consiliare n. 43 del 27 giugno 2011, recante il regolamento edilizio civico, e della delibera commissariale n. 31 del 6 maggio 2013, che lo ha modificato, entrambe non citate nel provvedimento impugnato, hanno formulato tre censure integrative di quelle introdotte con l’originario ricorso, sostenendo che l’Amministrazione avrebbe dovuto tenere conto di quanto contenuto nelle previsioni di tali regolamenti in materia di serre agricole.

I ricorrenti hanno così chiesto il rinvio dell’udienza di trattazione del merito del ricorso, stante la mancanza dei termini a difesa a beneficio della controparte pubblica;
l’Amministrazione resistente, con memoria del 13 giugno 2023 ha rilevato che l’atto di motivi aggiunti “ ad un primo esame risulta palesemente tardivo oltre che infondato ”, chiedendo che la causa sia “ trattata senza discussione orale, anche ai fini del rinvio dell’udienza per consentire il rispetto dei termini a difesa ”.

All’esisto della camera di consiglio straordinaria del 16 giugno 2023, con ordinanza collegiale 28 giugno 2023 n. 468 è stata sottoposta al contraddittorio delle parti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm., la questione della manifesta inammissibilità per tardività dell’atto di motivi aggiunti, “ dal momento che la delibera del Consiglio comunale di Sabaudia n. 43 del 27 giugno 2011, recante il regolamento edilizio civico, e la delibera commissariale n. 31 del 6 maggio2013, che lo ha modificato, risultano essere state regolarmente pubblicate sull’albo pretorio la prima al n. 1092 del 2011, dal 18 luglio al 2 agosto 2011, la seconda al n. 997 del 2013, dal 15 al 30 maggio 2013, dunque in epoca anteriore all’adozione dell’atto impugnato;
pertanto, non appare possibile addurre l’ignoranza della loro esistenza al fine di proporre a distanza di circa nove anni censure che avrebbero dovuto essere proposte entro il termine perentorio stabilito dall’art. 29 cod. proc. amm.
”, assegnandosi alle parti un termine di venti giorni per presentare memorie vertenti sulla anzidetta questione.

Il Comune di Sabaudia, nella memoria depositata il 13 luglio 2023 e nella replica del successivo giorno 18, ha condiviso quanto rilevato dal collegio, insistendo per il rigetto del ricorso principale e domandando la declaratoria di inammissibilità per tardività dei motivi aggiunti. Al riguardo ha sottolineato che già nella memoria del 13 giugno 2023 fosse stata rilevata – sia pur genericamente – la palese tardività dei motivi aggiunti, i quali “ appaiono meramente dilatori ” e costituiscono un tentativo di ovviare alle deficienze dell’atto introduttivo del giudizio, sotto il profilo del dato di fondo decisivo dell’intera vicenda e cioè dell’avvenuto superamento della superficie massima assentibile pari a mq 33.614,50.

I ricorrenti, invece, con memoria del 17 luglio 2023, hanno chiesto la revoca dell’ordinanza del 28 giugno 2023, contestando la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere collegiale di sollevare questioni rilevabili d’ufficio, puntualizzando che i motivi aggiunti avrebbero il solo scopo di rappresentare al collegio che le menzionate delibere del 27 giugno 2011 e del 6 maggio 2013, la cui esistenza non era nota al momento della proposizione dell’atto introduttivo del giudizio e che non sono state richiamate dal provvedimento impugnato, senza che, tuttavia, sia stata proposta alcuna impugnativa nei confronti di esse.

2. – Il ricorso è infondato e i motivi aggiunti sono palesemente inammissibili per le ragioni esposte nell’ordinanza collegiale 28 giugno 2023 n. 468.

2.1 In merito all’atto introduttivo del giudizio si osserva quanto segue.

2.1.1 Il primo ordine di censure non può trovare favorevole scrutinio perché, dall’esame del testo del provvedimento e delle ricevute di notifica si dà atto che il Comune di Sabaudia si è regolarmente avvalso della facoltà delle pubbliche amministrazioni di notificare a mezzo del servizio postale, ai sensi degli artt. 3, l. n. 890 del 1982 e 149 cod. proc. civ., un proprio atto amministrativo che i ricorrenti hanno regolarmente ricevuto con il cron. n. 6, in data -OMISSIS-, tanto che hanno poi potuto interporre il presente gravame.

2.1.2 Il secondo ed il terzo motivo di impugnazione sono parimenti infondati e possono essere esaminati congiuntamente.

Si premette che l’ordine di demolizione costituisce pacificamente un provvedimento avente natura necessitata e vincolata, per il quale non è richiesta una particolare motivazione se non l’indicazione delle opere abusivamente realizzate e delle norme e prescrizioni che si assumono violate (Cons. Stato, ad. plen., 17 ottobre 2017 n. 9). Tale ricostruzione è valida anche nel caso in cui destinatario dell’ingiunzione al ripristino dello stato dei luoghi sia il proprietario non responsabile dell’abuso, come è per L.C., stante il carattere reale dell’illecito e la stretta doverosità delle conseguenze sanzionatorie (Cons. Stato, ad. plen. 17 ottobre 2017 n. 9).

Nella specie, quanto alle norme rilevanti per la violazione contestata a Z.C. e L.C., l’art. 2, comma 1, l. reg. n. 34 cit. dispone che ai fini della medesima legge “ è considerata serra ogni impianto che realizzi un ambiente artificiale, mediante speciali condizioni di luce, temperatura ed umidità per le colture ortofloricole e per la preparazione di materiali di moltiplicazione delle piante ”. I successivi commi da 2 a 3- bis , poi, distinguono le serre in due categorie: a) quelle richiedenti opere di fondazione, per le quali sono consentite le sole opere murarie strettamente necessarie all’installazione, non emergenti da terra per più di m 0,50, realizzabili previo rilascio del permesso di costruire; b) quelle senza opere di fondazione con struttura in legno o tubolare metallico e con copertura degli impianti in film plastico, funzionali alle colture a ciclo stagionale, disponendo che per la loro posa in opera sia sufficiente una comunicazione al Comune corredata dalla documentazione di cui al successivo art. 5, comma 2. Tale distinzione, quindi, è rilevante ai fini del regime amministrativo autorizzatorio cui è sottoposta la realizzazione delle serre stesse. Il successivo art. 4, comma 1, lett. a), l. reg. n. 34 cit., nel testo introdotto dall’art. 2, comma 1, l. reg. 22 dicembre 1999 n. 39, prevede poi che “ 1. Lo strumento urbanistico comunale di cui all’articolo 3 indica disposizioni tecniche da rispettare per la costruzione delle serre, tenendo conto dei seguenti criteri: a) la superficie coperta non deve superare il settanta per cento dell’area disponibile, ove questa sia inferiore a 30.000 metri quadri;
non deve superare il cinquanta per cento dell'area disponibile per le superfici eccedenti i 30.000 metri quadri;
[…]”. Tale limitazione, invece, è formulata con riguardo alle “serre”, non importa se richiedenti o meno opere murarie, dal momento che l’obiettivo perseguito è quello di limitare comunque la superficie coperta da serre in rapporto all’estensione del fondo agricolo.

Ebbene, l’ordinanza impugnata dà puntualmente conto del fatto che l’attività edificatoria assunta come abusiva consiste nel fatto che i ricorrenti abbiano ecceduto la superficie massima consentita per le serre, anche soltanto mobili, dalla citata legge regionale, che nella specie ammonta a mq 33.614,50 (cfr. relazione tecnica del -OMISSIS-), avendone realizzate dapprima 29.325 giusta d.i.a. del -OMISSIS- e successivamente, giusta c.i.l del -OMISSIS-, ulteriori mq 8.600 circa (a fronte dei mq 4.165 comunicati). Ciò comporta che rispetto al suddetto limite massimo vi sia un’eccedenza di circa mq 4.311 ascrivibili alla più recente posa in opera di serre mobili stagionali, il che costituisce precisamente l’oggetto della contestazione elevata a carico di Z.C. e L.C. I diretti interessati, oltretutto, hanno confermato la sussistenza materiale dell’illecito a pag. 17 del ricorso.

Pertanto, a prescindere dalla necessità o meno di opere di fondazione e del regime amministrativo di riferimento per la loro realizzazione, resta comprovato l’avvenuto superamento del limite massimo di legge previsto per la copertura di un fondo agricolo con serre, con susseguente legittimità sotto tale profilo del provvedimento gravato.

2.1.3 Anche il quarto ed il quinto ordine di censure possono essere esaminati congiuntamente, vertendo entrambi sulla presunta violazione dell’art. 6, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380, oltre che dell’2, comma 3- bis , l. reg. n. 34 cit., che escludono la necessità del permesso di costruire per l’impianto di serre prive di opere di fondazione.

I motivi in parola sono infondati perché non pertinenti rispetto all’oggetto della contestazione, dato che con l’ordinanza impugnata non è stato mai assunto che Z.C. e L.C. avrebbero dovuto richiedere il permesso di costruire per la realizzazione delle serre mobili de quibus . Infatti, l’illecito loro ascritto consiste nell’aver superato il limite massimo di superficie coperta mediante serre in rapporto all’estensione del fondo agricolo, indicato dall’art. 4, comma 1, lett. a), l. reg. n. 34 cit.;
limite la cui osservanza non ha alcun riguardo rispetto al fatto che le strutture concretamente impiantate siano di tipo fisso, e dunque richiedano opere in muratura, ovvero mobile, che cioè non le richiedano.

2.2 Come già detto, i motivi aggiunti sono ictu oculi inammissibili.

In primo luogo, non sussistono i presupposti per la revoca dell’ordinanza collegiale 28 giugno 2023 n. 468, che è stata assunta ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm., avendo il collegio rilevato d’ufficio una precisa questione idonea a portare alla definizione in rito della res litigiosa introdotta con l’atto di motivi aggiunti. Infatti, superando la genericità della corrispondente eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune resistente nella memoria del 13 giugno 2023, la sezione ha individuato puntualmente le concrete ragioni della conclamata tardività di tale atto, sottoponendole al contraddittorio delle parti, senza peraltro che Z.C. e L.C. abbiano sul punto preso posizione.

Nel merito della questione de qua , poi, rileva il collegio che l’atto notificato e depositato il 25 maggio 2023 ha introdotto nel giudizio dei motivi aggiunti c.d. propri, cioè nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, con ampliamento della causa petendi , essendo il petitum i.e. gli atti amministrativi oggetto della domanda annullatoria – rimasto invariato. L’introduzione di ulteriori e differenti censure a carico dell’azione amministrativa del Comune di Sabaudia è stata motivata dagli interessati affermandosi letteralmente che “ in questi giorni i difensori dei ricorrenti sono venuti a conoscenza dei seguenti atti: 1)- regolamento edilizio approvato con delibera consiliare n. 43 del 27.06.2011;
2)- deliberazione commissariale assunta con i poteri del Consiglio comunale con il n. 31 del 06.05.2013. Entrambi gli atti, in precedenza non conosciuti, non sono stati richiamati mai dai provvedimenti impugnati
” (pag. 2 dell’atto di motivi aggiunti).

Tuttavia, Z.C. e L.C. non hanno addotto argomentazioni atte a confutare quanto specificamente osservato dal collegio e cioè che le suddette delibere del 27 giugno 2011 e del 6 maggio 2013 siano state oggetto di rituale pubblicazione sull’albo pretorio civico e che, quindi, non sia possibile far valere, a distanza di circa nove anni dai fatti di causa, la loro ignoranza al fine di ampliare l’oggetto del giudizio, estendendo il numero di mezzi di impugnazione interposti nei confronti degli atti impugnati a ragioni concernenti la “ violazione del dovere della pubblica amministrazione di tenere conto degli atti da stessa emanati in riferimento alla specifica fattispecie ” (pag. 2 e 3 dei motivi aggiunti). Né i ricorrenti si sono curati di fornire alcuna giustificazione per tale stato di soggettiva ignoranza dei regolamenti del Comune di Sabaudia, che sia astrattamente valutabile ex art. 37 cod. proc. amm.

Conseguentemente, rimane confermato che, per le ragioni già esposte nella suddetta ordinanza collegiale del 28 giugno 2023, l’atto di motivi aggiunti è manifestamente inammissibile per tardività, in quanto gli atti che parte ricorrente afferma di aver conosciuto solo in data successiva alla proposizione dell’atto introduttivo del giudizio non sono ordinari provvedimenti amministrativi, ma regolamenti locali, vale a dire fonti del diritto, che risultano essere state regolarmente pubblicate sull’albo pretorio civico al n. 1092 del 2011 e al n. 997 del 2013. Stante il chiaro disposto degli artt. 29, 41 e 43 cod. proc. amm., che si ricollega all’inderogabile dovere di solidarietà, posto dall’art. 2 Cost., di informarsi diligentemente dei diritti e degli obblighi nascenti dalle leggi e dai regolamenti, la cui conoscibilità è assicurata da regimi di pubblicità legale, se si ritenesse ammissibile nel presente giudizio l’atto di motivi aggiunti de quo si legittimerebbe un vulnus inaccettabile a tali principi. Infatti, ove fosse sufficiente affermare laconicamente di aver appreso dell’esistenza di norme giuridiche rilevanti dopo aver notificato il ricorso, ne deriverebbe la possibilità di graduare liberamente nel tempo le censure proponibili avverso un dato provvedimento, vanificando così il sistema decadenziale che è proprio del processo amministrativo impugnatorio.

Peraltro, ove si voglia scendere nel merito dei motivi aggiunti stessi, si osserva che, in linea con quanto dedotto dalla difesa del Comune di Sabaudia nella memoria del 13 luglio 2023, essi sono anche palesemente destituiti di fondamento, dato che l’art. 1, comma 12, del regolamento edilizio di Sabaudia non fa che confermare che le serre mobili stagionali sprovviste di strutture in muratura e funzionali allo svolgimento dell’attività agricola sono “ soggette a comunicazioni come previsto dalla normativa in materia (l.r. 34/96 e l.r. 39/99) ”, senza stabilire alcuna deroga per esse rispetto all’osservanza limite generale massimo di copertura di cui all’art. 4, comma 1, lett. a), l. reg. n. 34 cit., al cui raggiungimento, quindi, le serre mobili possono concorrere al pari di quelle fisse.

3. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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