TAR Firenze, sez. I, sentenza 2022-06-23, n. 202200849

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2022-06-23, n. 202200849
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202200849
Data del deposito : 23 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/06/2022

N. 00849/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00266/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 266 del 2020, proposto da
S G, rappresentato e difeso dagli avvocati L B, E P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per la declaratoria

in via principale:

-del fatto che il canone annuale di locazione/occupazione dovuto dal ricorrente relativo all’immobile sito in Sesto Fiorentino (FI) Via della Gora n.8/b è pari, esclusi gli adeguamenti ISTAT, ad €.3.055,20 e, per l’effetto, adottare ogni provvedimento ritenuto opportuno e di Giustizia;

in via subordinata:

- per la rideterminazione del canone di locazione/occupazione annuale dovuto dal ricorrente relativo all’immobile sito in Sesto Fiorentino (FI) Via della Gora n.8/b nella somma che, secondo i parametri previsti dalla Legge, sarà ritenuta di Giustizia emettendo, per l’effetto, ogni consequenziale provvedimento ritenuto opportuno e di Giustizia;

in ogni caso, con condanna dell’Amministrazione resistente alla restituzione all’odierno ricorrente delle somme indebitamente versate a titolo di canone di locazione/occupazione a partire dal mese di novembre 2017 oltre interessi di Legge.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2022 il dott. Luigi Viola e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente è un ex Primo Maresciallo dell’Esercito Italiano, collocato in riserva a decorrere dal 1° luglio 2010;
a partire dal 5 ottobre 2005, gli era assegnato l’alloggio di servizio del Ministero della Difesa identificato dal codice EFI0322 e sito in Sesto Fiorentino (FI) Via della Gora n. 8/B;
almeno a decorrere dal 9 novembre 2020 (ovvero dalla data della nota prot. 0010342 del 7° Reparto Infrastrutture dell’Ispettorato Infrastrutture dell’esercito Italiano: doc. n. 1 del deposito della resistente), l’occupazione dell’alloggio era espressamente considerata come sine titulo (mediante specificazione dell’opzione “utente senza titolo” prevista dalla modulistica), non avendo il ricorrente mai sottoscritto l’atto accessivo alla convenzione ed avendo, nel frattempo, lo stesso cessato il servizio attivo;
veniva pertanto applicato il canone di occupazione, di volta in volta, previsto dagli appositi decreti emanati dal Ministero della Difesa.

Dopo alterne vicende (che vedevano anche una rideterminazione del canone giustificata dalla situazione di disabilità del coniuge, poi revocata dall’Istituto Geografico Militare, a seguito dell’accertamento dell’insussistenza delle condizioni previste dalla normativa), il ricorrente presentava, in data 17 novembre 2017, istanza di protezione ai sensi dell’art. 4, 1° comma del d.m. Difesa 7 maggio 2014 (piano annuale di gestione del patrimonio abitativo in dotazione al Ministero della difesa per gli anni 2012-2013), così chiedendo il mantenimento della conduzione dell’alloggio e l’applicazione di un canone ridotto.

Con provvedimento 13 febbraio 2018 prot. n. M_D E24476 REG2018 0007226, il Comando Militare della Capitale-SM Ufficio Alloggi (nel frattempo divenuto competente alla gestione dell’immobile in questione) rigettava l’istanza, rilevando come la stessa fosse stata presentata oltre il termine di decadenza del 10 ottobre 2014 previsto dall’art. 4, 4° comma del d.m. Difesa 7 maggio 2014;
seguiva la nota 14 febbraio 2018 prot. n. M_D E23661REG2018 0001575 del 7° Reparto Infrastrutture delle Forze Operative Nord, che determinava il canone dovuto per l’occupazione dell’alloggio nella misura pari all’equo canone, maggiorato del 50%.

Il ricorrente diffidava l’I.N.P.S. ad effettuare trattenute del canone in misura maggiore rispetto a quella rideterminata nel periodo in cui aveva goduto della protezione per l’erroneo riconoscimento dell’handicap della moglie e presentava ricorso al Tribunale di Firenze chiedendo, in via principale, l’accertamento della debenza di un canone annuo pari ad € 3.055,20 (ovvero del canone previsto per i titolari della protezione) ed in subordine, la rideterminazione del canone nella somma prevista dalla legge o ritenuta di giustizia dal Giudicante, con eventuale condanna dell’Amministrazione resistente alla restituzione delle somme indebitamente versate a titolo di canone di locazione/occupazione a partire dal mese di novembre 2017, maggiorate degli interessi di legge;
a base del ricorso, erano poste censure di: 1) violazione ed errata applicazione del d.m. Difesa 24 luglio 2015 e del d.m. Difesa 7 maggio 2014;
2) violazione ed errata applicazione dell’art. 2, comma 1, d.m. 16 marzo 2011, errata applicazione dei canoni di legge, difetto di istruttoria e carenza di motivazione, eccesso di potere;
3) sul difetto di istruttoria e sulla carenza di motivazione, illegittimità del provvedimento impugnato, eccesso di potere, violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa e del principio del legittimo affidamento.

Con sentenza 7 novembre 2019 n. 3312, il Tribunale di Firenze in composizione monocratica dichiarava il proprio difetto di giurisdizione nei confronti del Giudice amministrativo (trattandosi di controversia relativo ad un alloggio in concessione temporanea) ed il ricorso era quindi riassunto avanti alla Sezione.

Si costituiva in giudizio il Ministero della Difesa, controdeducendo sul merito del ricorso ed articolando eccezioni di difetto di competenza del T.A.R. Toscana, nei confronti del T.A.R. Lazio, sede di Roma ed inammissibilità del ricorso, non essendo stata mai proposta l’azione di annullamento del provvedimento di diniego dell’istanza di protezione sopra richiamato e risultando eccessivamente generico l’intero gravame.

In via preliminare, la Sezione deve rilevare come non possa trovare accoglimento l’eccezione preliminare di incompetenza territoriale proposta dall’Avvocatura dello Stato, trattandosi di provvedimenti destinati a trovare indubbia applicazione in ambito regionale (ovvero nella Regione in cui è situato l’alloggio di servizio) e, quindi, dovendo trovare applicazione alla fattispecie la previsione di cui all’art. 13, 1° comma, ult. parte del c.p.a. che, con riferimento agli atti “i cui effetti diretti sono limitati all'ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede”, prevede la competenza inderogabile del T.A.R. locale e non del T.A.R. Lazio, sede di Roma.

La pacifica infondatezza nel merito del ricorso permette poi di prescindere dall’esame delle due ulteriori eccezioni di inammissibilità proposte dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato.

Con riferimento alla prima censura (finalizzata al riconoscimento del regime di protezione di cui all’art. 4 del d.m. Difesa 7 maggio 2014), la Sezione non può non rilevare come risulti assolutamente fuorviante, nella fattispecie, ogni discussione in ordine all’interpretazione della previsione di cui all’art. 4, 4° comma del d.m. Difesa 24 luglio 2015 (piano annuale di gestione del patrimonio abitativo in dotazione alla difesa, per l'anno 2014) che, secondo l’interpretazione di parte ricorrente, avrebbe superato il termine di decadenza di cui all’art. 4. 4° comma del precedente d.m. Difesa 7 maggio 2014 e, secondo l’Amministrazione militare (si veda, al proposito, il parere dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Difesa di cui al doc. n. 26 del deposito della resistente), si sarebbe limitato a dare atto della “persistenza” di una categoria di soggetti protetti alle originarie condizioni (compresa la necessaria presentazione dell’istanza nel termine di decadenza previsto dalla norma) previste dall’art. 4, 4° comma del d.m. Difesa 7 maggio 2014.

A ben guardare, si tratta, però di un regime di protezione che non potrebbe trovare comunque applicazione al ricorrente.

La previsione di cui all’art. 4, 1° comma del d.m. Difesa 7 maggio 2014 prevedeva già l’espressa condizione relativa al fatto che “né gli utenti, né i loro familiari conviventi …(fossero) proprietari di altro alloggio abitabile sul territorio nazionale”;
anche la previsione di cui all’art. 4, 4° comma del d.m. Difesa 24 luglio 2015 posta a base della contestazione proposta da parte ricorrente richiamava poi il requisito relativo al “perdurare delle condizioni patrimoniali e reddituali indicate nell'art. 2 del decreto del Ministro della difesa del 23 giugno 2010”, così rinviando ad una previsione che rendeva impossibile la concessione del beneficio agli “utenti…(ed ai) loro familiari conviventi che siano proprietari di altro alloggio abitabile sul territorio nazionale”.

Nel caso di specie, l’Amministrazione resistente ha dato prova del fatto che la coniuge del ricorrente risulti comproprietaria di altro alloggio sul territorio nazionale (doc. n. 15 del relativo deposito) e si tratta di deduzione fattuale che non è stata per nulla contestata da parte ricorrente sotto alcun profilo (come quelli relativi alla convivenza o all’abitabilità dell’immobile in questione);
si tratta pertanto di circostanza fattuale pienamente utilizzabile dalla Sezione ex art. 64, 2° comma c.p.a. e che porta a concludere che il ricorrente non ha mai avuto alcun titolo per usufruire del regime di protezione, né nella versione originaria prevista dal d.m. Difesa 7 maggio 2014, né nella successiva versione prevista dal d.m. Difesa 24 luglio 2015 (ove, ovviamente, dovesse concludersi per la possibilità di differenziare i due regimi).

La contestazione proposta da parte ricorrente nelle forme dell’azione di accertamento deve pertanto essere respinta, non avendo parte ricorrente dato prova della sussistenza di tutte le condizioni per la concessione del beneficio;
ove, al contrario, dovesse propendersi per la necessità di “leggere” la censura nella forme della contestazione del provvedimento di diniego di concessione del beneficio (ovvero nelle forme dell’azione di annullamento), quanto sopra rilevato in ordine alla mancanza di un requisito essenziale per la concessione del beneficio porterebbe poi comunque a concludere per l’inammissibilità del motivo, non potendo il ricorrente comunque conseguire il regime di protezione, per effetto delle previsioni limitative in materia di proprietà di altri immobili previste dai d.m. sopra richiamati.

Rimangono a questo punto solo da esaminare le ultime due censure subordinate relative alla determinazione del canone che possono essere decise unitariamente e respinte, sulla base delle considerazioni che seguono.

Una giurisprudenza assolutamente incontroversa ha attribuito natura di atto paritetico alle operazioni di determinazione di somme che si esauriscano nell’applicazione di criteri predeterminati ed in semplici operazioni matematiche (si vedano, ad es., Cons. Stato sez. VI, 7 maggio 1988, n. 571;
7 luglio 1981, n. 386, relative alla determinazione del T.F.S.) ed analoga soluzione è stata affermata anche con riferimento alla determinazione del canone dovuto a seguito dell’illegittima occupazione di un bene pubblico (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 6 luglio 2017, n. 884);
ed in effetti, risulta evidente come non si tratti per nulla di atti con i quali l’Amministrazione eserciti potestà autoritative, ma di semplici atti finalizzati a dare applicazione a regole di valutazione già interamente predeterminate.

In questa prospettiva, nessuna rilevanza può essere attribuita alle censure articolate da parte ricorrente con riferimento alla (presunta) utilizzazione nel tempo di diversi criteri di valutazione della metratura dell’alloggio in questione (secondo motivo di ricorso), ad un presunto affidamento derivante dalle dette diverse valutazioni della metratura o ad altrettanto presunti difetti di istruttoria o di motivazione (terza censura);
con tutta evidenza, si tratta, infatti, di censure articolate con riferimento ad una qualificazione della fattispecie in termini di atto autoritativo e non di atto paritetico.

In ogni caso, l’Amministrazione ha poi dato convincente dimostrazione (si veda, al proposito, il doc. n. 27 del relativo deposito) del fatto che la valutazione della metratura dell’alloggio in questione abbia oscillato nel tempo da 125,70 mq a 139,65 mq per effetto dell’applicazione alla fattispecie, in momenti diversi, da un lato, della normativa in materia di cd. “equo canone” (che opera un riferimento alla superficie calpestabile) e, dall’altro, dei “regimi di protezione” previsti dal Ministero della Difesa (che, al contrario, operano un riferimento alla superficie catastale) e non per effetto di errori di calcolo.

La precisazione sopra operata permette poi di procedere al rigetto anche dell’ulteriore censura subordinata di cui al secondo motivo di ricorso, relativa all’errata determinazione del canone.

A questo proposito anche parte ricorrente prospetta l’applicazione alla fattispecie del d.m. Difesa 16 marzo 2011 (rideterminazione del canone degli alloggi di servizio militari occupati da utenti senza titolo), ovvero dello stesso atto che risulta essere stato applicato dall’Amministrazione militare.

L’art. 2, 1° comma del d.m. Difesa 16 marzo 2011 opera un preciso riferimento, ai fini del calcolo del canone, ad una “superficie convenzionale calcolata ai sensi dell'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138” ed a sua volta, tale norma opera un riferimento al “metro quadrato di superficie catastale” e non alla categoria di “superficie convenzionale” prevista dall’art. 13 della l. 27 luglio 1978, n. 392 (disciplina delle locazioni di immobili urbani) che reca, al terzo comma, la significativa previsione in ordine alla necessità di misurare la superficie dell’unità immobiliare “al netto dei muri perimetrali e di quelli interni”, così dando vita alla diversa categoria della “superficie calpestabile”.

Risulta pertanto del tutto infondata la prospettazione di parte ricorrente (che trova espressione nel calcolo della superficie dell’immobile di cui al secondo motivo di ricorso) tendente a traslare la categoria di “superficie calpestabile” propria della materia della materia dell’equo canone alla materia che ci occupa e del tutto corretto il calcolo operato dall’Amministrazione militare e riferito alla superficie catastale dell’immobile.

In definitiva, il ricorso deve pertanto essere respinto;
le spese seguono la soccombenza e devono essere liquidate, come da dispositivo.

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