TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2019-11-22, n. 201913429
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Pubblicato il 22/11/2019
N. 13429/2019 REG.PROV.COLL.
N. 15585/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15585 del 2015, proposto da
Impresa Individuale Asilo Ndo N P, in persona del legale rappresentante pro tempore sig.ra S di F M, in qualità di titolare dell’impresa, rappresentata e difesa dall'avvocato M M, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via Riccardo Grazioli Lante, 7;
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.T C, domicilia presso gli Uffici dell’Avvocatura regionale in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Società Telemusic Store S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
della determinazione n. G11838/2015 - Avviso pubblico Welfare to Work approvato con determinazione n. B6656/2010. Annullamento d'ufficio in sede di autotutela e in parte qua ex art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 della determinazione n. G17033/2014. Approvazione delle graduatorie di merito relative ai progetti ammessi e non ammessi, con esclusione della ricorrente impresa ovvero di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali alla delibera in questione (e nello specifico in ordine alla determinazione del 26 novembre 2014 n. G17033)
e per l’accertamento del diritto dell’impresa ricorrente a rientrare, avendo soddisfatto ogni requisito richiesto, tra gli ammessi al programma nonché per la conseguente condanna della Regione Lazio a risarcire tutti i danni patiti e patiendi dall’impresa ricorrente a seguito dell’esclusione (illegittima) dalla lista comprendente i soggetti definiti (alla luce dei requisiti prescritti) idonei ad ottenere i benefici economici stanziati nell’ambito del Programma.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2019 il Cons.M C e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con ricorso, notificato in data 3/12/15, la sig. S di F M , titolare dell’impresa individuale preposta allo svolgimento di attività educative e ludiche denominata “Asilo Ndo-N P” con sede in Pomezia, riferisce di aver partecipato all’avviso pubblico “Welfare to work” approvato con Determinazione n.B6656 del 21/12/10 provvedendo all’invio all’ufficio regionale competente della domanda di finanziamento, con l’impegno di assumere alle proprie dipendenze, al termine di un percorso di tirocinio pre-assunzione, la sig.ra M.T. B, con richiesta a tal fine di essere ammessa al finanziamento pari ad euro 5.931,00. La domanda con documentazione a corredo è stata inoltrata all’Ufficio e protocollata in data 8.11.2011, prot. n. 196107 e in seguito con lettera racc.ta 20 aprile 2012 la responsabile del procedimento ha chiesto integrazione documentale (DURC e certificato di iscrizione alla Camera di Commercio Industria e Artigianato, in originale o copia conforme), documentazione che la ricorrente dichiara di aver inviato con lettera raccomandata in data 3 maggio 2012.
E così in data 28 gennaio 2013 la Direzione regionale competente le ha inviato la comunicazione di ammissione del progetto al programma, ottenendo a titolo di finanziamento, come da determinazione n.B09270 del 3 dicembre 2012, la somma di euro 5.931,00 richiesta.
Con determinazione 26 novembre 2014 n.G17033, dopo il controllo formale e sostanziale delle domande di finanziamento ed adesione al programma, sono state approvate le graduatorie degli ammessi (tra cui l’Asilo Ndo-N P, al n. 353), dei soggetti esclusi e dei soggetti ammessi con obbligo di ulteriore verifica.
In seguito con la Determinazione n.G11838 del 2/10/15 avente ad oggetto “Avviso Pubblico “Welfare to work” approvato con Determinazione n.B6656 del 21/12/10 – Annullamento d’ufficio in sede di autotutela ed in parte qua ex art.21 novies della L.n.241/90 della Determinazione n.G17033 del 26/11/14 – Approvazione della graduatoria di merito relativa ai progetti ammessi e ai progetti non ammessi”, la Direzione Regionale Lavoro – Attuazione Interventi ha approvato le graduatorie definitive di merito relative ai progetti ammessi e non ammessi al detto progetto, escludendo l’impresa l’Asilo Ndo-N P a seguito di autotutela perché “in luogo del certificato camerale è stata presentata visura storica. La successiva integrazione non sana l’inadempimento dell’obbligo prescritto dall’art.12 dell’Avviso”.
2.La sig.ra S di Fasano si duole della illegittimità della condotta dell’Amministrazione regionale per la disposta revoca del beneficio dopo due anni dall’approvazione del progetto presentato e dell’avvenuta assunzione della dipendente e pertanto ha proposto ricorso avverso la suddetta determinazione e gli altri atti indicati in epigrafe, deducendo quali motivi:
1.Illegittimità della determinazione assunta dalla Regione Lazio n.G111838 del 2.10.2015 per violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della legge n.241 del 1990 e succ. mod..Eccesso di potere per erronea presupposizione, carenza di istruttoria, difetto di motivazione : secondo la disciplina dell’annullamento d’ufficio sussiste la necessità per l’Amministrazione procedente di motivare puntualmente la scelta attuata, entro un termine ragionevole, tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, previo avviso di avvio del procedimento. Nessuna di tali condizioni previste dalla normativa in materia sarebbe stata rispettata dall’Amministrazione nella delibera adottata, in sede di autotutela, senza una valida motivazione, tralasciando ogni valutazione riguardo alle sanatorie nelle more intervenute, tenuto conto che l’interesse pubblico vantato ai fini dell’autotutela non sembrerebbe comparabile all’entità del sacrificio imposto alla ricorrente (spese di istruttoria ed emolumenti legati al progetto, assunzione della dipendente), con violazione del principio di affidamento e di quello del termine ragionevole.
2 . Violazione dell’art.97 Cost.. Violazione e falsa applicazione degli art. 3, 10 e 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e succ. mod.. Violazione del principio del legittimo affidamento. Eccesso di potere per erronea presupposizione, carenza di istruttoria, sviamento di potere: la Regione avrebbe omesso di illustrare le ragioni di interesse pubblico sottese all'adozione del provvedimento di annullamento d'ufficio delle graduatorie adottate con la determinazione del 2014;tale obbligo di motivazione sarebbe doveroso nelle ipotesi come quella in esame di emanazione di contrarius actus emanato a distanza di tempo dell’atto originario.
3. Violazione e falsa applicazione degli art. 3, 10 e 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e succ. mod.. Eccesso di potere per erronea presupposizione, carenza di istruttoria, sviamento di potere:
la determinazione impugnata sarebbe viziata per contraddittorietà con il provvedimento emanato dalla stessa Amministrazione con la determinazione di ammissione dell’impresa al finanziamento. Tra l'altro la Regione avrebbe omesso di assolvere l'obbligo di inviare all'interessato l'avviso di avvio del procedimento, in violazione ai principio di partecipazione al procedimento.
4.Illegittimità della Determinazione assunta dalla Regione Lazio n.G111838 del 2.10.2015 per violazione e falsa applicazione dell’art.12 dell’Avviso Pubblico di gara del 21.12.2010, art. 6 della legge n.241 del 1990 e succ. mod.. Eccesso di potere per erronea presupposizione, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, incoerenza del provvedimento assunto: la motivazione della esclusione del progetto perché “In luogo del certificato camerale è stata presentata visura storica. La successiva integrazione non sana l'inadempimento dell’obbligo prescritto dall'art.12 dell'Avviso" sarebbe alquanto singolare tenuto conto della sanatoria della carenza documentale, consentendo di rimediare tardivamente con il principio del soccorso istruttorio. La mancata produzione del certificato camerale non sarebbe stata prescritta a pena di inammissibilità e la successiva produzione avrebbe sanato ogni carenza rendendo legittima la originaria ammissione del programma. Conclude parte ricorrente con la domanda di annullamento degli atti impugnati e con istanza di risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla stessa per effetto della determinazione n.G11838 del 2015, sussistendo i profili di colpevolezza, il fatto materiale e l'ingiustizia del danno determinato dalla condotta pregiudizievole dell’Amministrazione.
3. La Regione Lazio si è costituita in giudizio in resistenza con comparsa di stile.
4. Si è costituito in giudizio il Ministero del Lavoro per resistere al ricorso eccependo preliminarmente il difetto di legittimazione passiva attesa l’estraneità dello stesso al procedimento, né la sussistenza di alcun profilo di coinvolgimento alla procedura di finanziamento ed ha chiesto la estromissione dal giudizio.
4. In prossimità dell’odierna udienza la Regione Lazio ha depositato articolata documentazione relativa al procedimento e con memoria difensiva ha eccepito in via pregiudiziale l’irricevibilità del ricorso con riguardo alla Determinazione n. G17033 del 26/11/14, perché decorso il termine per l’impugnazione del provvedimento, in considerazione della pubblicazione della determinazione sul sito istituzionale della Regione Lazio lo stesso giorno della sua adozione e, cioè, il 26/11/2014;in ogni caso ha eccepito anche la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse con riguardo all’impugnazione della Determinazione n.G11838 del 2/10/15 unitamente agli altri presupposti provvedimenti adottati in precedenza (det. n. G01070 del 2013, n. B09270 del 2012, n. G00948 del 2014 – di diretta applicazione - e che il suo eventuale annullamento non eliminerebbe gli atti presupposti, ormai divenuti inoppugnabili (né opposte censure da parte ricorrente). In ogni caso la resistente ha concluso per la infondatezza del gravame tenuto conto che la esclusione dal finanziamento per la presentazione della visura storica in luogo del certificato camerale sarebbe stata adottata alla luce dell’art.12 dell’avviso pubblico secondo cui, tra altra documentazione, il certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, Industria ed Artigianato “ doveva essere allegata (o), pena di inammissibilità ” alla domanda di ammissione al finanziamento ed invece la ricorrente avrebbe allegato alla stessa una visura storica, non avente validità di una certificazione, e quindi una carenza documentale violativa della lex specialis, non integrabile con il c.d.soccorso istruttorio. La resistente Regione si è opposta anche alle censure riguardo alla violazione del termine ragionevole per esercitare il potere di autotutela, per la infondatezza delle stesse in considerazione della intervenuta Determinazione n. G00948 del 03/02/2014, in sede di autotutela, avente effetti di sospensione del procedimento di attuazione dell’Avviso pubblico, ai sensi dell’art. 21 quater, comma 2, della Legge n. 241/1990, con spostamento in avanti dei termini di conclusione della procedura (det.n.G17033 del 26/11/2014);e così la determinazione impugnata n.G11838 del 02/10/2015 sarebbe intervenuta a quasi 12 mesi dall’adozione dell’atto di modifica in autotutela, e quindi nel limite normativo indicato di 18 mesi dalla norma sul procedimento amministrativo.
Alla udienza pubblica del 25 settembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.Il Collegio prescinde dall’esame delle eccezioni preliminari di irricevibilità e di inammissibilità del ricorso, sollevate dall’Amministrazione resistente, atteso che il ricorso è comunque infondato, per le seguenti considerazioni.
1.1. La complessa vicenda del procedimento di selezione per il finanziamento di cui all’oggetto, alla luce della rappresentazione dei fatti e sulla base degli atti depositati in causa, si è articolata in più fasi nelle quali l’Amministrazione regionale è intervenuta con l’adozione di specifiche Determinazioni e parte ricorrente ha proposto il gravame avverso la conclusiva Determ. n. G11838/2015 (Avviso pubblico Welfare to Work approvato con determinazione n. B6656/2010. Annullamento d'ufficio in sede di autotutela e in parte qua ex art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 della determinazione n. G17033/2014. Approvazione delle graduatorie di merito relative ai progetti ammessi e non ammessi), con la quale la Regione ha approvato la graduatoria definitiva dei progetti ammessi ed esclusi, revocando in autotutela i precedenti provvedimenti di ammissione della ricorrente, affermando quanto all’esclusione di quest’ultima che “ in luogo del certificato camerale è stata presentata visura storica. La successiva integrazione non sana l’inadempimento dell’obbligo prescritto dall’art.12 dell’Avviso”.
Dall’esame della documentazione in atti risulta che parte ricorrente nella domanda di finanziamento ha allegato, tra gli altri documenti, l’autocertificazione attestante la richiesta di certificato DURC (in data 30.5.2011 e 18.10.2011), con formazione del silenzio assenso ed invece non risulta allegato ai sensi dell'art. 12 dell'avviso pubblico, a pena di inammissibilità, il certificato CCIAA, dato certo e incontrovertibile.
Come risulta in atti, con la lettera raccomandata in data 3 maggio 2012, parte ricorrente ha prodotto il certificato anagrafico dei dati identificativi dell’impresa rilasciato dalla CCIAA nonché la certificazione della richiesta telematica del DURC (attribuzione del codice identificativo Pratica CIP in data 20.4.2012).
Ne discende che, fondandosi il provvedimento di non ammissione al finanziamento, sulla omessa presentazione all’atto di presentazione della domanda al finanziamento del certificato camerale, come prescritto, non ritenendo sanabile la successiva presentazione della visura storica, l’atto impugnato deve ritenersi legittimo e correttamente motivato.
Ed infatti la visura storica pur contenendo informazioni economiche e giuridiche dell’impresa non ha valore legale attestante l’iscrizione alla CCIA, come invece il certificato camerale di iscrizione alla CCIA.
Del resto non sarebbe astrattamente sostenibile l’attivazione, in proposito, del c.d. soccorso istruttorio, circostanza, peraltro, invocata dalla ricorrente, tenuto conto che comunque nella complessa e articolata vicenda procedimentale l’Amministrazione ha avviato una procedura di integrazione delle domande di partecipazione per carenze documentali.
In via generale va rilevato che nell'ambito del procedimento amministrativo e, più in particolare, nelle procedure comparative e di massa, caratterizzate dalla presenza di un elevato numero di partecipanti, il ricorso al c.d. soccorso istruttorio previsto dall'art. 6 comma 1, lett. b), L. 7 agosto 1990, n. 241, non si giustifica nei casi in cui confligge con il principio generale dell'autoresponsabilità dei partecipanti, in forza del quale ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione;in sostanza il principio del c.d.soccorso istruttorio non è applicabile nei casi di omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla lex specialis (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte e, conseguentemente, l'integrazione si risolverebbe in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento (cfr. in caso analogo, Tar Lazio, Roma, I quater, 23 gennaio 2017, n. 1092).
In altri termini, in presenza di una previsione chiara e dell'inosservanza di questa da parte di un concorrente (si tratti di gara o di altro tipo di procedura concorsuale o selezione), l'invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, determinando la rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell'Amministrazione), di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito di partecipazione da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o documentazione conforme al bando (cfr.Cons. Stato, sez. III, 24 novembre 2016, n. 4930;id. n. 2219 del 2016;idem, sez. V, 7 novembre 2016, n. 4645;Tar Lazio, Roma, sez. I, 29 aprile 2019, n. 5364).
Sul punto la giurisprudenza costante sostiene che il soccorso istruttorio non può essere utilizzato per sopperire a dichiarazioni (riguardanti elementi essenziali) radicalmente mancanti, pena la violazione della par condicio fra concorrenti, ma soltanto per chiarire o completare dichiarazioni o documenti già comunque acquisiti agli atti e quindi per sopperire a mere irregolarità, incompletezze e non per dimenticanza della allegazione di atti (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I, 9 settembre 2019, n. 10796;Tar Puglia, Lecce, sez. III, 18 novembre 2016, n. 1783;T.A.R. Toscana, sez. III, 25 ottobre 2016, n. 1541).
1.2.Tanto precisato riguardo alla correttezza e alla sostanziale doverosità del provvedimento di autotutela impugnato, occorre esaminare le ulteriori censure con cui la ricorrente lamenta la violazione delle regole procedimentali in materia di autotutela in considerazione del difetto di motivazione, della mancata partecipazione procedimentale e del superamento del termine per adottare la revoca delle determinazioni di ammissione della ricorrente in graduatoria in autotutela oltre il termine dei 18 mesi.
Anche tali censure sono infondate.
Come si trae da quanto precede il vizio riscontrato non è meramente formale o documentale, ma consiste nella assenza di un documento richiesto all’atto della presentazione della domanda, a pena di inammissibilità, ai sensi dell’art. 12 dell’avviso pubblico.
Va osservato che il superamento del termine di 18 mesi di cui all’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, come modificato dall’art. 6 della legge 7 agosto 2015, n.124, da una parte non sarebbe invocabile nel caso di specie, atteso che con la Determinazione n. G17033 del 26 novembre 2014 la Direzione Regionale ha approvato le graduatorie di merito relative ai progetti ammessi, ai progetti esclusi ed ha approvato l'elenco dei progetti da sottoporre ad ulteriore controllo, laddove la ricorrente risulta inserita nell’elenco degli ammessi, determinazione comunque soggetta a riesame a seguito delle note dell’Area Controllo, Rendicontazione e Contenzioso prot. n. 123084 del 27.11.2013, prot. n.134365 del 02.12.2013 e prot. n. 35174 del 21.01.2014, che hanno determinato la sospensione della procedura, sostando in avanti i termini di conclusione del procedimento.
Ed infatti con la determinazione G00948 del 3 febbraio 2014, l’Amministrazione dopo aver richiamato la nota dell’Area controllo del 21 gennaio 2014, riferisce che in sede di controlli d’ufficio si è riscontrato che, a fronte della perentorietà della documentazione richiesta dal bando a pena di esclusione, le commissioni hanno richiesto integrazioni laddove non sarebbe stato possibile farlo determinando una disparità di trattamento fra i concorrenti, con l’effetto del trattamento di situazioni uguali in modo diverso e la conseguente ammissione al finanziamento di progetti non ammissibili al beneficio: ciò in violazione dei principi di trasparenza, correttezza e imparzialità dell’azione amministrativa e dell’autovincolo impostosi con la lex specialis (tale determinazione tra l’altro non risulta impugnata).
D’altra parte, nel caso in cui si volesse riferire la violazione del termine di 18 mesi alla determinazione G11838 del 2 ottobre 2015, il termine non risulterebbe superato atteso che detta determinazione impugnata è intervenuta a quasi 12 mesi dall’adozione dell’atto che va a riformare in autotutela ossia la determinazione G17033 del 26/11/2014, e ciò nell’ambito del limite normativo indicato di 18 mesi dall’adozione, ai sensi della legge 124/2015, art. 6, comma 1, che ha novellato l’art. 21 nonies, comma 1, della legge n. 241 del 1990, senza quindi che possa ritenersi violato il termine ragionevole previsto da detto articolo nel testo applicabile ratione temporis, risultando nella specie il periodo inferiore a 18 mesi.
Va altresì rilevato che la denunciata violazione delle regole procedimentali in materia di partecipazione procedimentale non può ritenersi sussistente essendo la suddetta circostanza più apparente che reale;invero, sebbene la procedura condotta dall’Amministrazione ha avuto un percorso articolato e complesso, tutti i provvedimenti concernenti l’Avviso pubblico sono stati pubblicati, con espressa efficacia di notifica agli interessati, sul sito istituzionale Portalavoro (www.portalavoro.regione.lazio.it) della Direzione regionale, nel rispetto delle vigenti normative in materia di pubblicità e trasparenza, forma di pubblicità idonea ai sensi dell’art 8, comma e della legge n. 241 del 1990 (in caso di elevato numero di partecipanti, nella specie oltre 600 domande). Di fatto la ricorrente ha avuto modo di partecipare comunque al procedimento con l’integrazione documentale (tra l’altro nella specie non ammissibile) e comunque messa a conoscenza della determinazione G00948 del 3 febbraio 2014, con la quale la stessa l’Amministrazione ha riscontrato la irregolarità delle integrazioni documentali effettuate dai partecipanti, a fronte della perentorietà della documentazione richiesta dal bando a pena di inammissibilità della domanda. Atti tutti pubblicati e intervenuti prima dell’adozione della determinazione G11838 del 2 ottobre 2015 impugnata.
1.3. Quanto al difetto di motivazione per la mancata indicazione delle ragioni di interesse pubblico per l’esercizio del potere di autotutela, il Collegio osserva che, sebbene nell’atto conclusivo esse risultano indicate sinteticamente a pag. 6, in realtà le stesse sono ricavabili dalle premesse indicate nelle pagine precedenti e dai vari atti e determinazioni richiamate (anche per relationem , quali la Determinazione n. G00948/2014, che in sede di autotutela, ha sospeso il procedimento ai sensi dell’art. 21 quater, comma 2, della Legge n. 241/1990 e le motivazioni ivi espresse), che hanno costituito le diverse complesse e articolate fasi procedimentali attraverso le quali la Regione è addivenuta al provvedimento finale.
Nel caso di specie è risultato evidente che la ricorrente non ha prodotto il certificato della Camera di Commercio ed Artigianato, richiesto a pena di inammissibilità, all’atto di presentazione della domanda, non risultando ammissibile la visura storica presentata in via integrativa, non avente validità legale di certificazione di iscrizione alla CCIA e non potendo altresì sanare un inadempimento dell’obbligo prescritto dall’art.12 dell’Avviso.
2. In definitiva il ricorso, in quanto infondato, deve essere respinto.
Va estromesso dal giudizio il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per difetto di legittimazione passiva, atteso che lo stesso non ha contribuito all'adozione del provvedimento impugnato, adottato invece dalla Regione Lazio.
3. La complessità della questione in fatto e in diritto sottesa al ricorso e la articolata procedura integrano circostanze eccezionali tali da giustificare la compensazione tra le parti costituite delle spese del giudizio.