TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-06-05, n. 201706532

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-06-05, n. 201706532
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201706532
Data del deposito : 5 giugno 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/06/2017

N. 06532/2017 REG.PROV.COLL.

N. 12940/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12940 del 2013, proposto da:
P Z, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. F G S e M C S, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Scoca in Roma, via G. Paisiello, 55;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

C B e R S, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento, previe misure cautelari,

del verbale della Commissione di concorso n. 268 del 17 giugno 2013, laddove esprime una valutazione di non idoneità del candidato (individuato con il numero di busta 228), all'esito dei tre elaborati, con la conseguente non ammissione alla successiva prova orale;
dell’elenco degli idonei a sostenere la prova orale, pubblicato in data 22 ottobre 2013, nella parte in cui non ricomprende anche il ricorrente;
del verbale n. 8 del 23 novembre 2012, in cui sono stati riportati i criteri per la correzione degli elaborati scritti;
di ogni altro atto comunque connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, con la relativa documentazione;

Vista l’ordinanza cautelare della Sezione Terza di questo Tribunale n. 301/2014 del 23.1.2014;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 24 maggio 2017 il dott. I C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, il dott. P Z, premettendo di aver partecipato al concorso per esame a 150 posti di notaio, indetto con d.d. 27 dicembre 2011, chiedeva l’annullamento, previe misure cautelari, del verbale in epigrafe con il quale era stata espressa valutazione di “non idoneità”, con conseguente mancata ammissione alle prove orali del concorso in questione.

Tale giudizio negativo da parte della Commissione esaminatrice era stato assunto all’esito della valutazione delle tre prove scritte, rispettivamente, atto “inter vivos” di diritto civile, atto “inter vivos” di diritto commerciale e atto “mortis causa”.

Ciò premesso, riportando i profili di criticità rilevati dalla Commissione nelle tre prove in questione, il ricorrente lamentava, in sintesi, quanto segue.

Violazione degli artt. 10 e 11 del D.Lgs. n. 166/2006 nonché dell’art. 3, comma 1, della Legge n. 241/1990. Violazione dei criteri di valutazione indicati nel verbale della Commissione n. 8 del 23 novembre 2013. Eccesso di potere. Travisamento. Illogicità. Carenza di motivazione e di istruttoria. Arbitrarietà. Erroneità. Irrazionalità. Irragionevolezza.”

Soffermandosi sulla motivazione che aveva riscontrato lacune nell’atto “inter vivos” di diritto civile, perché mancava “… l’ammonizione del notaio a proposito delle modalità del pagamento del conguaglio e del mancato intervento di mediatori (c.d. decreto Bersani) ”, il dr. Z richiamava le linee di indirizzo fornite in materia di “ammonimento” come approvate dalla Commissione Studi del Consiglio Nazionale del Notariato il 23 giugno 1998, le quali non ritenevano necessario che lo stesso fosse riportato in atto, se avvenuto nella realtà, con conseguente irragionevolezza della censura da parte della Commissione.

Per quanto riguardava l’ulteriore osservazione di quest’ultima sulla riscontrata assenza di “ …illustrazione degli strumenti alternativi alla permuta per il conseguimento del risultato voluto dalle parti…” e sulla trattazione “ …in modo superficiale (del) la problematica relativa alla tutela degli acquirenti di immobili da costruire” , il ricorrente rilevava che la Commissione non contestava la correttezza della soluzione ma il fatto della mancata indicazione di soluzioni alternative, in evidente contraddittorietà, però, con gli stessi criteri generali di correzione di cui al verbale n. 8 del 23 novembre 2013, che consentivano ogni soluzione compatibile con la traccia e giuridicamente corretta e che, quindi, si limitavano ad imporre al candidato unicamente la motivazione di quella da lui prescelta in relazione al contenuto della traccia, la quale, dal canto suo, richiedeva la trattazione di quattro argomenti, tutti compiutamente illustrati dal ricorrente.

“2. Violazione degli artt. 10 e 11 del D.Lgs. n. 166/2006 nonché dell’art. 3, comma 1, della Legge n. 241/1990. Violazione dei criteri di valutazione indicati nel verbale della Commissione n. 8 del 23 novembre 2013. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento, della illogicità, della carenza di motivazione e di istruttoria” .

Secondo il dott. Z, anche le valutazioni sull’elaborato di diritto commerciale erano erronee, laddove era indicato che “ …non viene stabilita l’inscindibilità dell’aumento del capitale e non viene deliberata la modificazione dello statuto, logicamente e cronologicamente preliminare all’emissione e alla sottoscrizione delle azioni privilegiate” .

Ciò perché l’inscindibilità in questione è in realtà prevista in modo automatico, ai sensi dell’art. 2439, comma 2, c.c., come anche condiviso dalla dottrina che era richiamata.

Anche l’ulteriore appunto della Commissione, sulla mancata modifica dello statuto della società anteriormente alla emissione delle azioni privilegiate, era affetto da erroneità, dato che condizione essenziale ai fini delle modifica in questione è proprio la previa sottoscrizione delle azioni nell’ambito della tripartizione dell’operazione di aumento del capitale in “emissione”, “deliberazione” ed “esecuzione/sottoscrizione”, come evidenziato nella parte motiva dell’elaborato e tenendo conto che la traccia, non facendo cenno alla possibilità di emettere azioni privilegiate, faceva ritenere che lo statuto già prevedesse questa possibilità.

Grave travisamento, poi, era ritenuto quello della Commissione quando rilevava che il ricorrente avrebbe affermato “ …erroneamente che la dottrina prevalente è orientata nel senso che le deliberazioni ex art. 2447 c.c. debbano essere adottate all’unanimità” , dato che, in realtà, nel passaggio dell’elaborato preso in considerazione, era indicato solo che le operazioni ex art. 2447 c.c. non possono essere adottate a semplice maggioranza, con ciò intendendosi che tale maggioranza deve essere “assoluta”.

3. Violazione degli artt. 10 e 11 del D.Lgs. n. 166/2006 nonché dell’art. 3, comma 1, della Legge n. 241/1990. Violazione dei criteri di valutazione indicati nel verbale della Commissione n. 8 del 23 novembre 2013. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento, della illogicità, della carenza di motivazione e di istruttoria”.

In merito alle osservazioni critiche della Commissione sull’elaborato “mortis causa”, il dott. Z rilevava che l’indicazione di “euro 50.000” in luogo di “euro 500.000” era frutto di una mera svista, ponendosi come evidente che il riferimento non poteva che essere quello alla somma indicata nella traccia.

Per quanto riguardava il legato in favore di G “… disposto senza riferimento all’estensione dei diritti di abitazione e di uso come le spetterebbero come se fosse la moglie…” e sulla riscontrata assenza di “ spiegazione in parte teorica di tale omissione” , il ricorrente riportava quanto testualmente scritto nell’elaborato ritenendolo sufficiente a illustrare in dettaglio le ragioni di tale omissione.

Sul terzo rilievo della Commissione in merito all’erronea disposizione di legato in favore di Caia senza esplicita indicazione della necessità di affrontare spese mediche e di cura di vitale importanza e con implicito onere a carico del proprietario del bene, che rendeva più difficoltoso l’ottenimento del risultato rispetto alla soluzione del duplice legato di usufrutto e di piena proprietà, come subordinati, il ricorrente rilevava che la soluzione da lui propugnata non escludeva il richiamo allo stato di bisogno, che non era mai fatto cenno a un “onere” nel corso dell’elaborato e che i criteri generali di correzione, come sopra già rilevato, non escludevano soluzioni alternative.

Il dott. Z, infine, contestava la genericità delle osservazioni della Commissione su una tecnica redazionale inadeguata, perché non dava contezza dei singoli profili di criticità riscontrati.

4. Violazione dell’art. 11 del D.Lgs. n. 166/2006. Violazione dell’art. 97 della Cost. e del principio di trasparenza ivi sancito” .

Il verbale n. 268 non conteneva l’indicazione della votazione dei singoli Commissari per nessuno dei tre elaborati corretti nella corrispondente seduta.

Il Ministero della giustizia si costituiva in giudizio per resistere al ricorso e ne domandava la reiezione come illustrato in memoria per la camera di consiglio, sul rilievo della sufficienza, logicità e congruità della motivazione del giudizio negativo, insindacabile in questa sede nel suo contenuto valutativo.

Con l’ordinanza in epigrafe la domanda cautelare era respinta e la statuizione risultava confermata anche in sede di appello (Cons. Stato, Sez. IV, ord. n. 309/14).

In prossimità della pubblica udienza le parti depositavano memorie a sostegno delle rispettive tesi difensive – il Ministero resistente eccepiva anche la sopravvenuta improcedibilità del giudizio per mancata impugnazione della graduatoria finale nel frattempo approvata – e alla udienza di merito del 24 maggio 2017 la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio ritiene di prescindere dall’eccezione di improcedibilità del ricorso, attesa la sua infondatezza per quanto sarà illustrato.

Prima di esaminare il merito delle censure proposte dal ricorrente, si ritiene necessario ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell'elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l'espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica, culturale o attitudinale dei candidati, con la conseguenza che esse non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico, un errore di fatto o ancora una contraddittorietà immediatamente rilevabile (per tutte: Tar Lazio, Sez. I, 6.9.13, n. 4626;
Cons. Stato, Sez. IV, 15.12.11, n. 6601;
Cass. Civ., SS.UU, 21.6.10, n. 14893).

Premesso ciò, il Collegio rileva che il ricorso, pur sembrando aderire, in linea di principio, a tale giurisprudenza, trascura di farne corretta applicazione, analizzando invece in modo particolareggiato le censure formulate dalla Commissione esaminatrice e impegnandosi nel replicare a ciascuna di esse. Si tratta, però, di giudizi che esorbitano – come detto - dall’ambito delle competenze del Giudice amministrativo, avanti al quale la valutazione della commissione di esame può essere apprezzata solo “ab extrinseco”, nei termini sopra richiamati.

Ebbene, ad opinione del Collegio, irragionevolezza e arbitrarietà non si colgono nella fattispecie, anche perché i giudizi contestati, pur essendo inevitabilmente sintetici, sono comunque articolati e consentono di ricostruire il percorso logico seguito dalla Commissione per giungere alla valutazione di “non idoneità” al termine dell’esame dei tre elaborati (Cons. Stato, Sez. IV, 26.9.13, n. 4790).

Riguardo al primo motivo di ricorso, il Collegio osserva che le prove concorsuali scritte per l’accesso a posti di notaio, per la peculiarità della funzione professionale da svolgere, sono connotate anche da particolare esigenza di formalità, pure descrittiva, e che nel redigere l’elaborato il candidato deve provvedere a illustrare alla Commissione l’intero ambito della sua preparazione, desumibile sia dall’assetto “pratico” dato all’elaborato sia dall’esposizione nella parte “teorica”.

Nel caso di specie, il ricorrente afferma di aver fatto riferimento alle “linee di indirizzo” fornite in materia di “ammonimento” dal Consiglio Nazionale del Notariato (CNT), come riprese dalla dottrina, ma di tale impostazione non si rinviene richiamo nella parte “teorica”. Inoltre, tale linee guida, per come riportate, affermano che l’ammonimento è necessario effettuarlo “…mentre non è richiesto, anche se sarebbe opportuno farlo, che esso venga riportato in atto…”.

Osserva dunque il Collegio che lo stesso CNT evidenzia l’”opportunità” dell’inserimento in atto, per cui, nell’ambito di una prova concorsuale, ove il candidato è chiamato a far riconoscere l’ambito della sua preparazione, sarebbe stato ben fondamentale l’inserimento in atto o la giustificazione dell’omissione mediante ampio richiamo in parte motiva, con conseguente logicità della conclusione della commissione, che peraltro non ha individuato tale omissione come “grave insufficienza” ma l’ha considerata nell’ambito complessivo del giudizio di valore espresso nei confronti del candidato.

Il giudizio di “non idoneità” è stato fondato anche su altre criticità del primo elaborato – oltre che su quelle degli altri due – tra cui quella relativa alla mancata illustrazione degli strumenti alternativi alla permuta e quella sulla superficiale trattazione della problematica relativa alla tutela degli acquirenti di immobili da costruire.

In tal caso il Collegio osserva che la Commissione non ha lamentato la mancata illustrazione di altre soluzioni ma – a ben vedere – ha osservato la mancata illustrazione degli elementi a sostegno di quella – originale - prescelta dal ricorrente, senza per questo incorrere in alcuna violazione dei criteri generali di correzione di cui al verbale n. 8 del 23.11.2012. Né risulta dimostrato che la Commissione si sia limitata alla valutazione delle sole pagg. 7 e 8 della “motivazione e parte teorica”, come apoditticamente sostenuto dal ricorrente, fermo restando che è stata riscontrata la superficialità di trattazione di uno specifico argomento e su questo punto – come detto – il Collegio non può prendere cognizione delle contestate valutazioni della Commissione, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento stesso di un’attività valutativa e comparativa dell’elaborato del candidato (TAR Lazio, Sez. I, 3.11.16, n. 10870).

Per quel che riguarda il secondo motivo di ricorso, il Collegio nuovamente osserva che la criticità riscontrata in sé non era stata valutata come “grave insufficienza” idonea a fermare la correzione degli elaborati ex art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/06 e che, come anche rilevato in sede cautelare dal Consiglio di Stato, il giudizio di “non idoneità” è espressione di una valutazione complessiva, ancorché estrinsecata in rilievi specifici, che, in quanto non confliggente in modo palese con i criteri generali predeterminati e non inficiata da manifesto travisamento, costituisce espressione di discrezionalità tecnica insindacabile nella presente sede (Cons. Stato, Sez. IV, ord. n. 1739/14).

Il ricorrente inserisce in questa fase la spiegazione e l’interpretazione delle sue conclusioni, ritenendo che la Commissione sia incorsa in un errore “di diritto” non valutando nel giusto modo il contenuto dell’art. 2439, comma 2, c.c. sulla inscindibilità dell’aumento di capitale quale regola generale e sulla non necessarietà della modifica dello statuto preliminarmente alla emissione e sottoscrizione di azioni privilegiate.

Sul punto il Collegio non può che rilevare che non è questa la sede per valutare l’interpretazione dell’art. 2439, comma 2, c.c. come operata dalla Commissione, tenendo anche conto che nella parte “teorica” dell’elaborato non si rinviene l’approfondimento che il ricorrente ha illustrato nel ricorso. Come detto in precedenza, in una prova concorsuale come quella “notarile”, è auspicabile che il candidato approfondisca e illustri compiutamente ogni sua determinazione, senza fare ricorso a presunzioni o argomentazioni implicite che la Commissione non può autonomamente ricercare e conseguentemente valutare.

Inoltre, valga quanto affermato dalla Commissione, ove era riscontrato che il candidato aveva “erroneamente” ritenuto prevalente la dottrina che ritiene necessaria l’unanimità per le deliberazioni ex art. 2447 c.c. Il candidato avrebbe dovuto quindi nell’elaborato approfondire la problematica e illustrarla compiutamente, non potendo valere le sue argomentazioni postume, svolte nella presente sede, a riscontrare l’illegittimità lamentata.

Analogamente deve concludersi per quanto riguarda il terzo motivo di ricorso.

Su quello che viene definito dal ricorrente come mero “errore materiale” nel riportare l’importo del legato, il Collegio non può che richiamare quanto sopra evidenziato in ordine alla necessità della massima attenzione, anche e soprattutto “formale”, nella redazione di un atto notarile e sulla valutazione complessiva di “non idoneità” al termine della lettura di tre elaborati, così che i singoli rilevi devono “sommarsi” ai fini del giudizio finale.

Non si rileva, poi, illogicità manifesta nell’osservazione della Commissione sulla omissione riguardo al legato in favore di G, limitandosi il ricorrente a riportare una parte di testo del suo elaborato, evidentemente ritenuto non sufficiente dalla Commissione, con giudizio non ripetibile nella presente sede.

Così pure – in relazione all’indicazione generica dello “stato di bisogno” in luogo della necessità di spese mediche e cure di vitale importanza – il Collegio rileva che il ricorrente, a posteriori e in questa sede, ricostruisce il suo pensiero, laddove appare evidente che la Commissione aveva rilevato nell’elaborato, sia in parte teorica che nell’atto, le carenze evidenziate, non senza precisare che il richiamo alla varietà di soluzioni propugnabili, di cui al richiamato verbale n. 8, non può che essere correlato ad una riscontrata validità giuridica e logicità di motivazione, che nel caso di specie era mancante, secondo il giudizio complessivo della Commissione.

Nella sostanza, quindi, il giudizio di “non idoneità” è stato frutto della riscontrata presenza, non di errori per loro natura singolarmente decisivi, ma di un insieme di criticità presenti in ciascuno degli elaborati che non ha convinto la Commissione, nella complessità del giudizio di valore a lei spettante, della preparazione del candidato, con una valutazione, come detto, insindacabile in questa sede, perché priva di connotati di evidente illogicità, contraddittorietà e erroneità in fatto.

A tali considerazioni si aggiunga che, come ulteriore elemento di criticità complessiva, la Commissione ha rilevato che era stata riscontrata una “tecnica redazionale non adeguata” e tale conclusione era coerentemente motivata, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, laddove era precisato che ciò dipendeva dalla presenza di “numerazione delle postille, di interlineature e di indicazioni numeriche negli atti compilate a matita e talvolta non traslitterate”.

Da ultimo, per quanto contestato con il quarto motivo di ricorso, il Collegio rileva che, fermo restando il dovere della Commissione esaminatrice di leggere gli elaborati e di esternare la valutazione complessiva all’esito delle tre correzioni (non oggetto di contestazione nel caso di specie), dall’esame della normativa applicabile non emerge l'obbligo di verbalizzare la votazione attribuita da ciascun singolo commissario al compito oggetto di valutazione a pena di nullità od invalidità (Cons. Stato, Sez. VI, 24.5.10, n. 3262;
v. anche, per un'applicazione del principio in sede consultiva, Cons. Stato, Sez. III, 5.5.09, n. 966).

Ne consegue che l'onere di verbalizzazione di siffatta unitaria operazione di concorso può dirsi sufficientemente garantito, come avvenuto nella fattispecie all'esame, dall'indicazione del giudizio finale che dà atto della valutazione compiuta, ai sensi dell’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 166/06, che non richiede la esternazione delle posizioni dei singoli commissari.

Alla luce di quanto illustrato, quindi, il ricorso non può trovare accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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