TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-05-02, n. 202302616

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-05-02, n. 202302616
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202302616
Data del deposito : 2 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2023

N. 02616/2023 REG.PROV.COLL.

N. 04123/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4123 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avv. S F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, presso la cui sede in Napoli, via Diaz 11, domicilia ex lege ;

per il risarcimento

del danno ex art. 2043 c.c.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4- bis , cod.proc.amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 16 marzo 2023 la dott.ssa Valeria Nicoletta Flammini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in riassunzione a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione da parte del giudice ordinario (Sentenza del Tribunale di Napoli, n. -OMISSIS- del 21 maggio 2019, n.r.g. -OMISSIS-/2018, in atti) notificato il 18 settembre 2019 e depositato il successivo 18 ottobre, il ricorrente, ex assistente capo della Polizia di Stato, premessa la ricostruzione della propria carriera nelle varie sedi lavorative, prevalentemente orientata all’attività di contrasto della criminalità con servizi sul territorio (da ultimo presso il Commissariato -OMISSIS- - Questura di Napoli - Ufficio -OMISSIS-), esponeva che:

- nei suoi confronti erano stati aperti dei procedimenti penali, con applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari (30 febbraio 2011 – 24 giugno 2011) e conseguente sospensione dal servizio (1 aprile 2011);

- tali procedimenti si erano conclusi con l’assoluzione piena (“perché il fatto non sussiste”) pronunciata con sentenza del Tribunale di Napoli in data 21 marzo 2016 e in data 27 febbraio 2017;

- il 03 marzo 2016 era stato riammesso in servizio, sub condicione di accertamento dei requisiti psico-fisici e attitudinali;

- tale accertamento, eseguito il 06 aprile 2016 si era concluso con un giudizio di non idoneità, con conseguente decreto di cessazione dal servizio emesso (02 maggio 2016), tempestivamente impugnato innanzi a questo T.A.R. (reg. ric. n. -OMISSIS-/2016);

- l’intera vicenda – penale in primis e lavorativa in secundis - gli aveva provocato, in aggiunta al disagio economico legato alla perdita dello stipendio, anche un significativo disagio psichico ed emotivo (un disorientamento personale, psicofisico, morale ed esistenziale) culminato un in un “grave stato ansioso-depressivo che incide negativamente sul proprio rapporto coniugale, sul rapporto con i figli e sui rapporti sociali, avendo perso ogni interesse e ogni aspettativa nel futuro e non essendo in grado di reinserirsi, vista la sua età, in altro ambito lavorativo”.

1.1. - Tanto premesso in fatto, e ritenuta la responsabilità dell’Amministrazione dell’Interno per il danno (patrimoniale e non), subito in conseguenza della decretata cessazione dal servizio (“risulta evidente che i suddescritti gravi danni nonché le ingenti perdite economiche subite sono attribuibili unicamente ed esclusivamente alla condotta illegittima tenuta dalla Pubblica Amministrazione convenuta, allorquando ha decretato la sua cessazione dal servizio a seguito e per effetto della presunta perdita del requisito dell’idoneità attitudinale al servizio di polizia, così come risultato in sede di accertamento dei requisiti psico-fisici e attitudinali effettuato in data 06.04.2016”) e ritenuta l’illegittimità dell’accertamento del 06 aprile 2016 (“la valutazione psico-fisica e attitudinale cui è stato sottoposto il Sig. -OMISSIS- sia avvenuta in totale dispregio dei principi contenuti negli articoli 32 e 38 della Carta Costituzionale”) agiva per il ristoro di tale pregiudizio, articolando, altresì, istanze istruttorie.

2. – Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno (21 ottobre 2019), successivamente depositando memoria (24 gennaio 2023), con cui eccepiva, in primis , l’incompetenza territoriale di questo T.A.R. nonché la propria carenza di legittimazione passiva, agendosi, in effetti, per profili di responsabilità ex l. 117/88. Nel merito, l’Amministrazione chiedeva il rigetto del ricorso, preliminarmente rappresentando che il giudizio avverso il decreto di cessazione dal servizio si era concluso, dopo una prima pronuncia cautelare di tenore negativo (ordinanza n. -OMISSIS-/16), con una sentenza di rigetto (-OMISSIS-/21), che allegava.

3. – All’udienza di smaltimento del 16 marzo 2023 il ricorso era trattenuto in decisione.

4. – In via preliminare, ritiene anzitutto il Collegio di dover disattendere le eccezioni di incompetenza territoriale e di carenza di legittimazione passiva formulate dall’Amministrazione resistente nella propria memoria del 24 gennaio 2023, sulla scorta del rilievo che il ricorrente agirebbe, invero, in questa sede, per sentir dichiarare la responsabilità dell’Amministrazione della giustizia in relazione alla complessa vicenda penale che lo ha visto coinvolto ex l. 117/88 e non anche del Ministero dell’Interno.

Le eccezioni – così come formulate – non convincono.

In realtà – avuto riguardo al petitum sostanziale, per come emergente dal tenore del ricorso (in particolare, vd. ricorso, punti 53) - 59)), e dalle conclusioni ivi articolate (vd. ricorso, conclusioni, lett.a)) – ritiene il Collegio che non sia revocabile in dubbio che la proposta azione risarcitoria - sullo sfondo la vicenda penale che ha interessato il ricorrente – sia diretta nei confronti del solo Ministero dell’Interno, onde vedere accertata la sua (sola) responsabilità nella gestione del rapporto di servizio che lo ha legato al ricorrente;
più nello specifico, nella gestione del “segmento” procedimentale in cui, a seguito degli esiti dell’accertamento tecnico dell’aprile 2016, ne ha disposto la cessazione (decreto del Direttore Centrale per le Risorse Umane del Ministero dell’Interno Dipartimento della Pubblica Sicurezza prot. n. 333-D/83077 del 2.5.2016).

Le eccezioni di incompetenza e di carenza di legittimazione passiva vanno quindi respinte.

5. – Passando al merito – e ritenuto di non dover accogliere le istanze istruttorie articolate in calce al ricorso, stante la sufficienza della copiosa produzione documentale in atti ai fini del decidere – occorre anzitutto premettere che, come noto, per giurisprudenza amministrativa consolidata e constante, dalla quale il Collegio non intende discostarsi, “in materia di responsabilità della Pubblica Amministrazione, perché sia configurabile la responsabilità della P.A. da provvedimento illegittimo sono necessari: a) l’elemento oggettivo, nel senso dell’illegittimità ed antigiuridicità della condotta autoritativa;
b) l’elemento soggettivo, della colpa della P.A. intesa come apparato;
c) il nesso di causalità materiale o strutturale;
d) il danno ingiusto, inteso come lesione della posizione di interesse legittimo e, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritto soggettivo” (Cfr., di recente, Cons. Stato Sez. VI, 02/11/2022, n. 9506;
in senso conforme vd. anche Cons. Stato Sez. V, 04/07/2022, n. 5554, per cui: “il fatto costitutivo è l’illegittimità del provvedimento;
l’elemento soggettivo del dolo o della colpa, in materia di pubblici appalti, non è rilevante, né richiesto a presupposto della responsabilità della pubblica amministrazione;
l'evento di danno (ingiusto) è appunto l’adozione del provvedimento illegittimo per avere la pubblica amministrazione esercitato l'attività amministrativa con incompetenza o in violazione di legge o eccesso di potere;
le conseguenze pregiudizievoli risarcibili perché prodotte da tale evento di danno sono quelle direttamente e immediatamente causate dall'atto illegittimo”;
Cons. Stato Sez. VII, 01/06/2022, n. 4466;
Cons. Stato Sez. VI, 24/05/2022, n. 4100).

Ciò posto, nel caso di specie difetta, ictu oculi , il primo dei presupposti elencati (l’elemento oggettivo), i.e. la condotta illegittima posta in essere dall’Amministrazione intimata, avendo invero la sentenza n. -OMISSIS- del 18 giugno 2021 di questo Tribunale (in atti, dep. Amministrazione del 24 gennaio 2023, a quanto consta non impugnata e pertanto passata in giudicato) e per tutti i profili indicati in ricorso, confermato la bontà dell’ agere amministrativo.

Così, infatti, si legge in sentenza: “stabilisce l’art. 25 comma 2 della L. n. 121/81 che gli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato, che esplicano funzioni di polizia devono essere in possesso dei requisiti psicofisici e attitudinali stabiliti con decreto del Presidente della Repubblica. Sul punto, la giurisprudenza condivisa dal Collegio ha affermato che “Ai sensi dell'art. 25 comma 2, l. n. 121 del 1981 e del d.m. 30 giugno 2003 n. 198, il Ministero dell’Interno ha la facoltà di sottoporre in qualsiasi momento il personale della pubblica sicurezza a visita medica per verificare il permanente possesso dei requisiti psico - fisici e attitudinali, indispensabili per l’esercizio della delicata funzione assegnata a detto personale, che comporta come noto l’uso delle armi” (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 7/1/2015, n. 72;
C.d.S. par. n. 4794 del 30.7.2009). Inoltre, alcun rilievo può avere la giustificazione dello stress emotivo dovuto alla pendenza del procedimento penale che coinvolgeva il ricorrente, tenuto conto che, come dallo stesso riferito, alcuni giorni prima era stato assolto dalle incolpazioni ascrittegli. […] Anche il secondo motivo, con cui il ricorrente teorizza una connessione eziologica tra gli accertamenti attitudinali e il precedente provvedimento di sospensione cautelare dal servizio, travolto dalla successiva sentenza di assoluzione piena, è privo di fondamento per la ragione sopra esposta, per cui l’Amministrazione ha la facoltà di sottoporre in qualsiasi momento il personale della pubblica sicurezza a visita medica per verificare il permanente possesso dei requisiti psico - fisici e attitudinali a prescindere dalla esistenza di un provvedimento di sospensione dal servizio e/o dalla sua durata. In altri termini, la circostanza che la ragione che ha giustificato la sospensione dal servizio si sia rilevata successivamente infondata non influisce sulla scelta discrezionale dell’Amministrazione di disporre la verifica in argomento. […] rileva il Collegio che dalla lettura del verbale del colloquio sostenuto dal ricorrente in data 6 aprile 2016 con le relative valutazioni della Commissione psicotecnica appaiono rappresentate in modo affatto esaustivo le ragioni che hanno determinato il giudizio di non idoneità per avere conseguito una media globale inferiore a 12/20. Sul punto, va detto anche che “Le valutazioni compiute dalle commissioni preposte alla verifica dei requisiti psico-attitudinali degli appartenenti alle Forze di Polizia, avendo carattere eminentemente tecnico-discrezionale, non sono sindacabili nel merito se non per macroscopici vizi attinenti alla logica ed alla razionalità delle determinazioni assunte e non sono suscettibili di essere contraddette da certificazioni di parte” (T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 03/08/2017, n. 577)”.

In sintesi - acclarata la legittimità del disposto accertamento tecnico (psico-attitudinale) dell’aprile 2016, e del provvedimento di cessazione dal servizio del successivo 02 maggio 2016, posti dal ricorrente a fondamento della propria pretesa risarcitoria e, nel complesso, la correttezza dell’ azione dell’Amministrazione intimata nella sequenza procedimentale che ha determinato l’interruzione del rapporto di servizio con il ricorrente – la domanda risarcitoria, in questa sede articolata, priva di uno dei suoi necessari presupposti, non può essere accolta e come tale va rigettata.

5. – L’estrema peculiarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese, salva espressa statuizione di irripetibilità del contributo unificato.

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