TAR Torino, sez. II, sentenza 2021-05-13, n. 202100481

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2021-05-13, n. 202100481
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202100481
Data del deposito : 13 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/05/2021

N. 00481/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00454/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 454 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G G, L V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Torino, via Corte D'Appello, 16;
ATC Piemonte Centrale - Commissione Assegnazione Alloggi non costituita in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS-, -OMISSIS- non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

ovvero correzione in parte qua,

- della graduatoria definitiva della I Tranche dei partecipanti al Bando Generale n.7/2018 per l'assegnazione degli alloggi di edilizia convenzionata della Città di Torino, come pubblicata il -OMISSIS-;

- del provvedimento di reiezione dell'opposizione avanzata dallo scrivente -OMISSIS- avverso la graduatoria assunta dalla Commissione Assegnazione Alloggi istituita presso ATC di Torino come trasmessa a mezzo di spedizione postale ordinaria con nota datata -OMISSIS-;

nonché

di ogni atto prodromico, presupposto connesso e/o consequenziale (tra cui la graduatoria provvisoria della Commissione Assegnazione Alloggi).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Torino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2021 il dott. Marcello Faviere e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.l. n. 137/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il sig. -OMISSIS-, in data -OMISSIS-, presentava domanda di partecipazione al bando generale n. 7 indetto dal Comune di Torino per l’assegnazione degli alloggi di edilizia sociale.

A seguito della valutazione dei titoli otteneva un punteggio autocertificato pari a 14 (così composto: 3 punti per la certificazione ISEE inferiore al 30% del limite stabilito per legge;
3 punti in quanto richiedente di età superiore ai 65 anni;
2 punti per contribuzione Gescal pari a dieci anni;
1 punto per aver partecipato ad un bando precedente;
5 punti poiché in procinto di lasciare una struttura penitenziaria) e sufficiente per la collocazione utile in graduatoria.

A seguito dei controlli sul possesso dei requisiti soggettivi (effettuati mediante l’accesso alle banche dati anagrafica, catastale, ipotecaria e registri immobiliari) l’amministrazione rilevava alcuni elementi ostativi all’ammissione della domanda. In particolare dalle visure catastale ed ipotecaria emergeva che il richiedente risultava proprietario di un alloggio sito in -OMISSIS- (categoria catastale A/2, oggetto di pignoramento in forza di atto giudiziario del -OMISSIS- ma ancora intestato al richiedente) e che, in data -OMISSIS-, era stata depositata la nota di trascrizione relativa all’acquisto da parte del sig. -OMISSIS- e della coniuge di un alloggio di edilizia sociale sito in Torino.

A seguito della formulazione, in data -OMISSIS-, della graduatoria formata dalla Commissione per l’assegnazione degli alloggi di Edilizia Sociale (istituita presso l’Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte Centrale) il Comune comunicava al sig. -OMISSIS-, il -OMISSIS- (nota prot. -OMISSIS-) l’esclusione dalla stessa, motivando il provvedimento per “ proprietà immobiliari eccedenti il limite di accesso ”.

Il sig. -OMISSIS- proponeva, in data -OMISSIS-, opposizione avanti la Commissione che, con provvedimento del -OMISSIS- (comunicato il -OMISSIS-) lo respingeva, in considerazione del fatto che il ricorrente risultava “ essere già stato assegnatario e poi aver riscattato e venduto un alloggio di Edilizia Sociale ”, confermando anche il parere già espresso.

Avverso i predetti provvedimenti l’interessato ha proposto ricorso, notificato il 8.06.2020 e ritualmente depositato avanti questo Tribunale, con il quale lamenta, in due distinti motivi, violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili.

Per resistere al gravame si è costituito il Comune di Torino (il 26.08.2020), che ha poi depositato documenti (il 30.03.2021) e memoria (il 09.04.2021).

All’udienza pubblica del 11.05.2021 la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 25 del D.L. n. 137/2020.

2. Il ricorso è infondato.

3. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione della LRP n. 3/2010, dell’art. 3 della L. 241/1990 per difetto di motivazione;
eccesso di potere per ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, illogicità e irrazionalità manifeste, carenza motivazionale e violazione dei canoni di cui all’art. 97 Cost.

In particolare il ricorrente, dopo aver lamentato la mancata indicazione dei riferimenti normativi che l’amministrazione assume non rispettati, sostiene di possedere i requisiti previsti dalla legge ed in particolare quelli di cui all’art. 3, comma 1 lett. c) e d) della LRP n. 3/2010 poiché:

- quanto al requisito di cui alla lett. c) l’immobile di cui risulta intestatario, sito in -OMISSIS-, sarebbe stato dichiarato inagibile;

- quanto al requisito di cui alla lett. d), che emerge solo in occasione della reiezione del ricorso in opposizione, l’immobile in edilizia sociale acquistato (insieme alla moglie) risulterebbe di fatto inutilizzabile in quanto assegnato alla consorte in occasione della separazione intervenuta nel -OMISSIS-, pattuizione confermata in sede divorzile (doc. 6 allegato al ricorso). A fronte di una lettura sistematica ed integrata delle lettere c) e d) dell’articolo 3 della legge regionale n. 3/2010, il ricorrente sostiene che la causa di esclusione in commento non dovrebbe trovare applicazione.

Le argomentazioni del ricorrente non persuadono.

La LRP n. 3/2010 (recante Norme in materia di edilizia sociale ), all’art. 3 (rubricato Requisiti per l’assegnazione ), vigente al momento di presentazione della domanda (ed applicabile ai bandi emessi prima del 17.12.2018, come quello di specie, anche in forza della circolare del Presidente della Giunta Regionale 18.03.2019, n. 3/PSF, richiamata dall’amministrazione resistente) così recitava:

I requisiti per conseguire l'assegnazione di un alloggio di edilizia sociale sono i seguenti: a) essere residente o prestare attività lavorativa da almeno tre anni nel comune che emette il bando di concorso o in uno dei comuni del medesimo ambito territoriale di cui all'articolo 5, comma 2. I comuni hanno facoltà, in sede di bando, di incrementare tale requisito fino ad un massimo di ulteriori due anni;
b) non essere titolare di diritti esclusivi di proprietà o di altri diritti reali esclusivi di godimento su alloggio di categoria catastale A1, A2, A7, A8, A9 e A10 ubicato nel territorio regionale;
c) non essere titolare di diritti esclusivi di proprietà o di altri diritti reali esclusivi di godimento su alloggio di categoria catastale A3, A4, A5 e A6 ubicato nel territorio regionale di superficie utile massima superiore a:1) 40 metri quadri per nucleo richiedente composto da una o due persone;
2) 60 metri quadri per nucleo richiedente composto da tre o quattro persone;
3) 80 metri quadri per nucleo richiedente composto da cinque o sei persone;
4) 100 metri quadri per nucleo richiedente composto da sette o più persone;
d) non avere avuto una precedente assegnazione in proprietà o con patto di futura vendita di alloggio realizzato con contributo pubblico o finanziamento agevolato concesso in qualunque forma dallo Stato, dalla Regione, dagli enti territoriali o da altri enti pubblici, sempre che l'alloggio non sia inutilizzabile o perito senza dare luogo al risarcimento del danno;
e) non essere alcun componente del nucleo richiedente assegnatario di alloggio di edilizia sociale nel territorio regionale;
f) non avere ceduto in tutto o in parte, fuori dai casi previsti dalla legge, l'alloggio eventualmente assegnato in precedenza in locazione;
g) non essere occupante senza titolo di un alloggio di edilizia sociale;
h) non essere stato dichiarato decaduto dall'assegnazione dell'alloggio a seguito di morosità, salvo che il debito conseguente a morosità sia stato estinto prima della presentazione della domanda;
i) essere in possesso di un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109 (Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), non superiore al limite stabilito con il regolamento di cui all'articolo 19, comma 2”.

I provvedimenti emanati dalla Commissione, in effetti, non indicano esplicitamente a quale disposizione sia riferibile la mancanza riscontrata. Soprattutto il primo parere (che reca la motivazione “ proprietà immobiliari eccedenti il limite di accesso ”) potrebbe essere riferito a più ipotesi normative (quantomeno a quelle di cui alle lett. b), c), d) ed e)). Il secondo provvedimento invece (“ essere già stato assegnatario e poi aver riscattato e venduto un alloggio di Edilizia Sociale ”) si riferisce chiaramente alle ipotesi sub d). La difesa comunale comunque, nelle proprie memorie difensive, si riferisce alle ipotesi di cui alla lett. c) e a quelle di cui alla lett. d).

Partendo da tale presupposto, il Collegio osserva che dalla documentazione prodotta in giudizio il ricorrente risulta proprietario di un immobile situato fuori regione e classificato catastalmente in cat. A2 (cfr. doc. n. 8 di parte resistente). Orbene dalla applicazione di quanto previsto all’art. 3, comma 1 lett. b) e c) della legge regionale sopra richiamata (nella versione vigente all’epoca dei fatti ed applicabile al caso di specie) tale intestazione non risulterebbe comunque ostativa all’accoglimento della domanda ed al conseguente inserimento in graduatoria. Per gli immobili con categoria catastale A2 gli unici requisiti richiesti dalla legge sono quelli di superficie e di ubicazione (trovarsi nei confini regionali piemontesi), ipotesi quest’ultima che nel caso di specie non sussiste. Il ricorrente, pertanto, risulterebbe in possesso dei requisiti di cui alle lett. b) e c) dell’articolo citato.

Diverse invece risultano le conclusioni circa l’altra ipotesi escludente, vale a dire quella prevista dalla lett. d) cui fa implicitamente riferimento la Commissione nel provvedimento di reiezione del ricorso in opposizione del -OMISSIS- (che esplicitamente motiva il rigetto per “ essere già stato assegnatario e poi aver riscattato e venduto un alloggio di Edilizia Sociale ”).

È pacifico tra le parti che il ricorrente nel 1996 (unitamente alla allora consorte) abbia acquistato un alloggio dalla allora Agenzia Territoriale per la Casa della provincia di Torino (cfr. doc. 10 di parte resistente).

Orbene tale situazione integra la fattispecie ostativa in commento.

A nulla valgono le argomentazioni di parte ricorrente che mirano ad evidenziare la concreta “inutilizzabilità” dell’immobile dal momento in cui è stato assegnato alla moglie in sede di separazione e divorzio.

La normativa regionale citata, infatti, non prende in considerazione tale parametro ma esclusivamente il fatto di aver avuto l’assegnazione in proprietà di un alloggio realizzato con contributo pubblico o finanziamento agevolato (“ concesso in qualunque forma dallo Stato, dalla Regione, dagli enti territoriali o da altri enti pubblici ”), ipotesi verificatasi nel caso di specie. La stessa disposizione fa poi riferimento alla inutilizzabilità dell’immobile (“ sempre che l’alloggio non sia inutilizzabile o perito senza dare luogo al risarcimento del danno ”) ma con chiaro riferimento alle condizioni oggettive e strutturali del fabbricato e non alle condizioni personali degli assegnatari acquirenti.

È condivisibile la posizione dell’amministrazione resistente che inquadra, nel requisito in parola, una fattispecie del tutto autonoma e distinta rispetto a quelle di cui alle lettere b) e c). Tale preclusione, infatti, mira ad evitare che chi abbia già usufruito di una risorsa pubblica limitata e destinata ai meno abbienti possa ambire a nuove assegnazioni. Ciò infatti significherebbe duplicare le possibilità di ottenimento di vantaggi economici in capo a chi ne ha già fruito, accentuando in modo non ragionevole differenze socio economiche rispetto ad altri aspiranti al beneficio dell’alloggio sociale.

Il giudizio della Commissione, esplicitato nel secondo provvedimento, risulta pertanto legittimo.

Per tali ordini di ragioni il primo motivo di ricorso non è fondato.

4. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 3, 10 bis e 21-octies della L. n. 241/1990 e 97 Cost.;
eccesso di potere per carenza dell’istruttoria, difetto di motivazione, ingiustizia manifesta.

In particolare il ricorrente censura la gestione del procedimento da parte dell’amministrazione comunale e, in particolare: deficienze motivazionali che si sarebbero ripetute nel corso del procedimento;
disomogeneità tra le ragioni poste a giustificazione della prima comunicazione di esclusione rispetto a quelle successivamente rese in esito alla proposta opposizione in sede di graduatoria definitiva;
il mancato contraddittorio ai sensi dell’art. 10bis della L. n. 241/90. Tali illegittimità integrerebbero violazioni tutt’altro che formali, che avrebbero inciso negativamente, con grave pregiudizio per il ricorrente, sulla determinazione conclusiva dell’Amministrazione.

Le suesposte argomentazioni non sono convincenti.

L’attività posta in essere dall’amministrazione in occasione della valutazione dei titoli presentati (inclusa la formazione della graduatoria e l’adozione dei provvedimenti di esclusione) risulta ascrivibile più a fattispecie di tipo accertativo e vincolato che non a valutazioni di tipo discrezionale.

Al di là di quanto previsto in via generale dalla stessa legge regionale (che all’art. 9 dispone “ 1. Le commissioni preposte alla formazione delle graduatorie o gli enti competenti all'assegnazione degli alloggi possono far espletare in qualsiasi momento, da organismi ed enti a ciò abilitati, accertamenti volti a verificare l'esistenza dei requisiti ”), dalla lettura dei requisiti di cui all’art. 3 sopra riportato appare evidente che i relativi controlli possono essere pacificamente svolti mediante il semplice riscontro delle informazioni contenute nelle banche dati interne ed esterne all’amministrazione comunale. Tali riscontri si basano su elementi oggettivi che non richiedono alcun tipo di valutazione o impiego di discrezionalità (neanche tecnica) da parte dell’amministrazione.

In primo luogo occorre richiamare l’art. 21-octies, comma 2, vigente all’epoca dei fatti, che così disponeva: “ Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato ”.

In secondo luogo si osserva che, sull’incidenza del mancato preavviso di rigetto, la giurisprudenza, anche quella citata dallo stesso ricorrente, è pacifica nell’imporre una valutazione sostanziale della tenuta del provvedimento finale. “N el procedimento amministrativo la mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex sé l’illegittimità del provvedimento finale in quanto la norma sancita dall’art. 10 bis , l. 7 agosto 1990, n. 241 va interpretata alla luce del successivo art. 21 octies comma 2 il quale, nell’imporre al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo ” (Cons. Stato 3.03.2017, n. 1001). “ L'applicazione del disposto di cui all'articolo 10-bis della legge n. 241/1990 va coordinata con le previsioni di cui all'art. 21-octies, comma 2, del medesimo testo normativo, dovendosi privilegiare una lettura sostanziale della divisata disciplina onde dare evidenza alle sole violazioni effettivamente capaci di incidere sull'arresto decisorio, dequotando, viceversa, a mera irregolarità non viziante quelle non suscettive di determinare un significativo mutamento nel contenuto dispositivo dell'atto impugnato” (Cons. Stato Sez. VI, 19/10/2020, n. 6300).

Questo Tribunale ha avuto modo di statuire che “ La mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l'illegittimità del provvedimento finale, in quanto la norma sancita dall'art. 10-bis L. n. 241 del 1990, va interpretata alla luce del successivo art. 21-octies, co. 2, L. n. 241 del 1990. Da ciò deriva non solo che l'interessato non può limitarsi a denunciare in ricorso l'omessa comunicazione del preavviso di rigetto, ed è tenuto ad allegare gli elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti nella fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto del provvedimento finale” (TAR Piemonte, 07/07/2020, sent. n. 445) .

Nel caso di specie la mancanza di contraddittorio nei procedimenti di esclusione (di primo e secondo grado), in considerazione della tipologia di requisito sostanziale e della natura accertativa dell’attività dell’amministrazione, non rende annullabile il provvedimento in quanto l’amministrazione ha dimostrato in giudizio (oltre a risultare comunque palese) che il contenuto dell’atto non poteva essere diverso da quello adottato. Non vi è stata neanche allegazione o dimostrazione di elementi di fatto ulteriori o diversi da parte del ricorrente, poiché tutte le circostanze emerse in giudizio sono le medesime già emerse e valutate in fase procedimentale.

A nulla rileva, di conseguenza, che le motivazioni contenute nel primo e nel secondo provvedimento di esclusione siano di tenore diverso.

La Commissione, infatti, ha operato nel contesto di un procedimento di riesame sollecitato dall’interessato in opposizione avverso la graduatoria provvisoria, che per pacifica tradizione giurisprudenziale e dottrinale consente all’amministrazione emanante un riesame complessivo del procedimento. Per tale ragione il fatto che all’esito di tale riesame sia stata ravvisata una ulteriore o diversa mancanza di requisiti non rende di per sé invalido il provvedimento, neanche in assenza di contraddittorio.

Come si è avuto modo di evidenziare, infatti, ciò che viene in rilievo per l’ordinamento ai fini dell’invalidazione dei provvedimenti è la natura dell’attività condotta dall’amministrazione (discrezionale o vincolata) e le allegazioni di parte. Solo laddove il giudice intraveda la possibilità di un diverso esito procedimentale allora può procedere con l’annullamento degli atti. Come si è detto però nel caso di specie il ricorrente non ha offerto elementi che già non fossero in possesso dell’amministrazione in sede procedimentale (in un conteso valutativo che si impone come privo di discrezionalità).

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