TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2023-01-02, n. 202300007

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2023-01-02, n. 202300007
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202300007
Data del deposito : 2 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/01/2023

N. 00007/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02624/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2624 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto dai sig.ri D R e G A, rappresentati e difesi dall'avv. F A, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Nicotera, n. 31;

contro

Comune di Fiumicino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia:

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della Deliberazione della Giunta Comunale n. 185 del 17 dicembre 2019 notificata il 9 gennaio 2020;

- del provvedimento del Comune di Fiumicino, in data 22 gennaio 2020, prot. n. 11328/2020;

- di ogni atto precedente, presupposto, successivo, correlato o comunque connesso;

i) per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati in data 14/7/2021:

- della Deliberazione della Giunta Comunale n. 51 del 30 aprile 2021, non notificata, comunicata mediante affissione in data 11 maggio 2021;

- di ogni atto ad essa precedente, presupposto, successivo, correlato o comunque connesso, anche non noto;

ii) per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati in data 20/7/2021:

- della delibera G.C. n.60 del 14 maggio 2021, concernente l'acquisizione gratuita al patrimonio del Comune dell'area.

iii) per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati in data 22/10/2021:

- dell'ordinanza dirigenziale di ingiunzione di pagamento del Comune di Fiumicino, Area Edilizia e T.P.L., n. 40 del 2 settembre 2021, Registro Generale n. 324, notificata in data 16 settembre 2021;

- di ogni atto ad essa precedente, presupposto, successivo, correlato o comunque connesso;

iv) per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati in data 21/1/2022:

- della delibera di Giunta Comunale n. 4 del 4 gennaio 2022;

- di ogni atto ad essa precedente, presupposto, successivo, correlato o comunque connesso;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Fiumicino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 novembre 2022 la dott.ssa R M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato in data 9.03.2020 e depositato in data 6.04.2020, i ricorrenti hanno premesso le circostanze di fatto appresso sintetizzate.

In data 11 marzo 2003 il Comune di Fiumicino rilasciava congiuntamente ai signori D R, G A, C B e M L C la concessione edilizia n. 27/C/2003 avente ad oggetto la realizzazione - su di un lotto di terreno delle dimensioni dichiarate di mq. 1.230, sito in località Isola Sacra del Comune di Fiumicino, distinto in Catasto al foglio 1061, all. 248, part. 86 subalterni nr. 507 (di proprietà dei Sig.ri R e A) e 509, quest’ultima successivamente frazionata nei subalterni 511 (di proprietà dei Sig.ri B e C) e 512 (di proprietà dei sig.ri Sig.ri R e A) - di un edificio commerciale, di mc. 2.414,58 (corrispondente ad un indice di edificabilità pari a mc/mq 2.00), insistente in zona paesaggisticamente vincolata ex art. 134 lettere a), b), c) D.lgs. n. 42/2004.

Rilevate difformità tra il realizzato e l’assentito nonché l'erronea dichiarazione della superficie del lotto oggetto di intervento (accertata in 451 mq. in luogo dei 1.230,00 mq., quest’ultima corrispondente all’estensione dell’originaria particella 86, prima che venisse frazionata nei vari subalterni), il Comune ordinava la sospensione dei lavori e il ripristino dello stato dei luoghi, giusta ordinanza di demolizione n. 97/4/03, prot. n. 33497 del 5.06.2003, notificata agli interessati in data 9.06.2003, provvedendo, successivamente, ad annullare la concessione n. 27/C/03. La legittimità di siffatto annullamento veniva accertata da questo Tribunale con sentenza n. 5755 del 26.06.2007, confermata dal Consiglio di Stato (sentenza n. 3660 del 19.08.2016).

A fronte dell’annullamento del titolo edilizio, il Comune adottava la determina dirigenziale n. 71 del 9.04.2008 con cui ordinava la demolizione dell’immobile e, quindi, il ripristino dello stato dei luoghi precedente al rilascio del titolo medesimo.

Tale ordinanza di demolizione veniva impugnata con ricorso n. 6265/2008, definito con sentenza n. 1134 del 28.01.2020 con la quale questo Tribunale dichiarava l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, giacché i ricorrenti avevano dichiarato « di non avere più interesse a coltivare il ricorso, poiché è stato raggiunto un accordo con il Comune, a seguito del quale essi si sono vincolati ad eseguire l’ordine di demolizione».

Ed invero, a decorrere dal 2013, l’amministrazione comunale ed i ricorrenti avviavano una fase di interlocuzione finalizzata alla soluzione dei vari contenziosi in essere.

In proposito, la Giunta Comunale, con la delibera n. 98 del 17.10.2013, operava una preliminare ricognizione dei fatti che avevano occasionato l’instaurazione dei vari contenziosi tra le parti, per come appresso sintetizzata. Con delibera n. 70 del 31.07.1997, il Consiglio comunale di Fiumicino adottava il Piano Particolareggiato esecutivo (cd. P.P.E.) del nucleo di zona “O” n. 39- Isola Sacra, successivamente approvato con delibera consiliare n. 79 del 27.07.2020.

In previsione del futuro riassetto complessivo del nodo viario "Madonnella", da realizzare nel suddetto nucleo di zona, in sede di controdeduzioni alle osservazioni al P.P.E., il Consiglio Comunale all'atto dell'accoglimento dell'osservazione n. 159, proposta dagli interessati, assegnava all'area indicata dall'osservazione (particella originaria 86 di mq 1230) la previsione di nuova edificazione non residenziale, così da consentire l'acquisizione delle aree da destinare a sede stradale, parcheggio e marciapiede pubblico.

Al momento dell'esame dell'osservazione dagli atti catastali a disposizione degli uffici non risultava l'ulteriore frazionamento della particella originaria n. 86 e, quindi, l'accoglimento dell'osservazione, con conseguente assegnazione della destinazione edificatoria non residenziale, prendeva, erroneamente, come riferimento la superficie complessiva di detta particella (mq. 1230).

Con deliberazione n. 38 del 6 marzo 2002 il Consiglio Comunale riteneva adeguato assegnare all'area indicata dalla osservazione di cui sopra (particella originaria 86 di mq 1230) un indice di fabbricabilità non residenziale pari a 2 mc/mq.

L'assegnazione di detto indice di fabbricabilità ed il conseguente rilascio dei titoli abilitativi all’edificazione veniva subordinato:

a) alla preventiva cessione gratuita all'Amministrazione Comunale, a cura e spese degli interessati, di tutte le aree interessate dal progetto di riqualificazione di cui alla deliberazione G.C. n. 568/2001;

b) alla formalizzazione della rinuncia a qualsiasi forma di rivalsa, pretesa e/o richiesta di indennizzo anche relativamente ad espropri pregressi a suo tempo avviati dal Comune di Roma per la realizzazione della viabilità esistente;

In adempimento a siffatti impegni, con atto notatile rep. 35160 del 9.05.2003, la particella n. 86 sub 508 di mq 24 e la particella n. 86 sub 510 di mq 36, interessate dal progetto di riqualificazione della piazza antistante l'edificio oggetto della concessione edilizia n. 27/C/2003, venivano cedute al Comune in cambio dell'assegnazione dell'indice di edificabilità con destinazione non residenziale pari a 2,00 mc/mq.

I ricorrenti presentavano, quindi, la richiesta di permesso di costruire avente ad oggetto l’edificio commerciale oggetto di causa, indicando, erroneamente, quale superficie del lotto oggetto di intervento quella corrispondente all’originaria particella 86 (mq. 1230,00) e non anche quella dei subalterni di fatto “spesi” per il proposito edificatorio (sub 507, 511 e 512), pari a mq. 451.

Seguivano, per le ragioni sopra esposte, l’ordinanza di demolizione n. 97/4/03, prot. n. 33497 del 5.06.2003, notificata agli interessati in data 9.06.2003, l’annullamento del titolo edilizio confermato da TAR prima (sentenza n. 5755/2007) nonché la successiva ordinanza di demolizione n. 71/2008.

Dopo aver riepilogato i fatti sopra sintetizzati, la Giunta Comunale riteneva di interesse pubblico avviare una trattativa funzionale alla risoluzione bonaria del contenzioso in atto connesso alla realizzazione della Piazza della Madonnella, dando all’uopo così mandato all’Assessore alle Politiche del Territorio. In esecuzione al suddetto incarico, l’Assessore inviava la nota prot. n. 30920 del 20.04.2015, ipotizzando una possibile soluzione transattiva della vicenda, riscontrata dai ricorrenti, con successiva nota prot. n. 65196 del 6.08.2015.

A decorrere da tale scambio epistolare, ad avviso dei ricorrenti, tanto questi ultimi quanto il Comune avrebbero dato concreta attuazione al programma conciliativo ipotizzato dall’Assessore.

Più precisamente:

- con delibera n. 22 del 7.02.2018, la Giunta Comunale, su impulso dei ricorrenti - i quali, in vista della futura realizzazione in loco , di una nuova edificazione, avevano chiesto acquisire parte delle aree del demanio stradale non utilizzate e riconducibili alla fattispecie dei relitti stradali - dava mandato all’Area Strategia del Territorio di individuazione di siffatti relitti;

- con delibera n. 43 del 13.03.2018, la Giunta, preso atto dell’intervenuto frazionamento dei suddetti reliquati stradali, distinti in Catasto al foglio 1061, part. 1544 della superficie di mq. 193, decideva di trasferirne la proprietà in capo ai ricorrenti, per il corrispettivo di € 45.910,00, decurtati dalla maggior somma che il Comune avrebbe dovuto restituire loro (€ 79.000,00) quali oneri concessori versati in ragione della concessione edilizia n. 27/C/2003 successivamente annullata;

- in data 23 maggio 2018, con atto notarile rep. 85.524/38.652, previa autorizzazione di cui alla delibera di G.C. n. 43 del 13.03.2018, i signori R, A, B e C acquistavano dal Comune un'area di 193 mq. (il c.d. "relitto stradale"), « al confine con le proprietà interessate alla realizzazione di quanto previsto nel comparto edificatorio "H" del P.P.E. vigente del nucleo di Zona "O" n. 39 di Isola Sacra », di cui gli acquirenti erano soggetti attuatori, al prezzo di euro 45.910,84;

- in data 6 aprile 2018, il ricorrente sig. R presentava una SCIA con cui segnalava al Comune l'avvio dei lavori di demolizione dei pilastri del piano rialzato e del solaio del primo piano del fabbricato realizzato in forza del permesso di costruire annullato;

- con determina n. 131 del 19.06.2018, il Dirigente dell’Area Strategia del Territorio, preso atto dell’intervenuta cessione dei reliquati stradali summenzionati, provvedeva a modificare il dimensionamento delle aree pubbliche destinate a viabilità relativo al comparto “H”, compreso all’interno del P.P.E. del nucleo di zona O – Isola Sacra, di cui gli odierni ricorrenti sono attuatori.

Malgrado l’adozione delle suddette delibere e determine, asseritamente attuative del programma conciliativo in essere, l’Amministrazione comunale, con nota prot. n. 126697 dell’8.08.2019, evidenziava ai ricorrenti il mancato completamento dei lavori di riduzione in pristino di cui alla SCIA del 6 aprile 2018, nella quale non sarebbe stata indicata anche la demolizione del piano seminterrato, anch’esso oggetto di demolizione, sollecitandoli, nel contempo, a comunicare in tempi brevi la data di inizio delle attività di ripristino dello stato dei luoghi.

Con nota prot. n. 143036, del 19.09.2019, i ricorrenti giustificavano il mancato avvio della demolizione con la pendenza di un procedimento di esecuzione immobiliare a carico di una porzione dell’area oggetto di intervento, nel contempo chiedendo un rinvio dei termini per il ripristino all’esito della definizione della procedura in questione.

L’amministrazione comunale, senza preventivamente riscontrare l’istanza in parola, con la delibera di Giunta Comunale n. 185 del 17.12.2019, approvava la spesa occorrente per la demolizione d’ufficio - avvenuta il successivo 28.01.2020 - del fabbricato di cui alla concessione edilizia n. 27/C/2003 successivamente annullata.

Dopo aver effettuato l’ampia premessa sopra sintetizzata, i ricorrenti hanno, dunque, contestato la legittimità della delibera di Giunta da ultimo indicata (n. 185/2019), oggetto di gravame, all’uopo articolando i motivi di diritto appresso indicati e raggruppati per censure omogenee.

- “ 1) Violazione di legge (artt. 19, commi 3 e 6-bis, e 21-nonies, L. 241/90, e art. 23 co.2, DPR 380/01) ”.

- “2) Eccesso di potere: irragionevolezza, contraddittorietà;
carenza di motivazione, mancata considerazione di elementi rilevanti - Violazione dell'art. 97 Cost.;
e degli artt. 1, co.1;
3;
e 10, lett. b), L. 241/90”;

- “3) - Eccesso di potere: irragionevolezza, carente motivazione, mancata considerazione di elementi rilevanti;
difetti di istruttoria - Violazione dell'art. 97 Cost.;
e degli artt. 3;
e 10, lett. b), L.241/90”;

- “4) Eccesso di potere per perplessità, contraddittorietà — multiple violazioni di Legge (arti. 3, 10 lett. b), e 10-bis, L. 241/90) — Eccesso di potere per difetto di istruttoria e irragionevolezza”;

Il Comune di Fiumicino avrebbe tardivamente provveduto alla demolizione d’ufficio del fabbricato oggetto di causa malgrado la piena efficacia della SCIA in corso, rispetto alla quale non sarebbe possibile alcun preavviso di rigetto ex art. 10 bis l. n. 241/90, e senza la necessaria valutazione circa la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri inibitori di cui all’art. 19 L. n. 241/90, coincidenti con quelli dell’autotutela di cui all’art. 21 nonies citata Legge.

Il provvedimento impugnato sarebbe irragionevole e contraddittorio, in quanto, lungi dal costituire un atto dovuto, vanificherebbe il virtuoso percorso amministrativo, attivato dalla Giunta Comunale con la delibera n. 98 del 10.10.2013, al fine di comporre, in via transattiva, i reciproci e complessi rapporti intercorrenti tra le parti.

Tale preteso accordo transattivo avrebbe previsto la realizzazione, a cura dei ricorrenti, i quali si sarebbero impegnati a rinunciare a qualsivoglia pretesa risarcitoria nei confronti dell’ente, di un nuovo fabbricato nonché la sistemazione, sempre ad opera degli stessi, del nodo viario e del comparto H nel più breve tempo possibile.

Ne sarebbe conseguita la violazione del legittimo affidamento nutrito dagli istanti i quali, nell’ambito del giudizio n. 6265/2008, definito con sentenza n. 1134 del 28.01.2020, avrebbero dichiarato di non avere più interesse all’annullamento giurisdizionale dell’ordinanza di demolizione n. 71 del 9.04.2008 proprio in vista del perfezionamento del suddetto percorso conciliativo, in attuazione del quale la demolizione - per come del resto desumibile dalla premessa della delibera n. 22 del 7.02.2018, con cui la Giunta ha autorizzato l’individuazione dei reliquati stradali da trasferire - avrebbe dovuto riguardare soltanto la porzione fuori terra del fabbricato assentito con la concessione 27/C/2003 annullata ma non anche la parte interrata. Ciò allo scopo di mantenere in essere le opere di fondazione del “ successivamente erigendo fabbricato ”, con conseguente risparmio di spese oltre che di tempo e costi delle opere di demolizione e ricostruzione.

- “6) Violazione di legge (art. 42 Cost.;
Primo Prot. Addiz., art. 1, CEDU;
artt. 832 e 834 c.c.), in associazione con i vizi già identificati nei precedenti motivi”;

La demolizione d’ufficio del fabbricato in contestazione, a cura dell’ente comunale, in spregio al percorso conciliativo sopra menzionato, si tradurrebbe in una espropriazione larvata del diritto di proprietà, senza indennizzo.

L’impossibilità di realizzare il percorso conciliativo in parola, per causa imputabile all’ente comunale, avrebbe comportato ingenti danni, patrimoniali e non, anche in conseguenza dell’impossibilità realizzare il proposito edificatorio “alternativo” a quello oggetto di demolizione, di cui i ricorrenti hanno, dunque, chiesto il risarcimento, all’uopo rinviando al contenuto della perizia di parte in atti.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 14.07.2021, affidato ad una pluralità di motivi di diritto, i ricorrenti hanno impugnato la delibera n. 51 del 30.04.2021, con cui la Giunta Comunale ha approvato il progetto di fattibilità tecnico-economica per la “ Realizzazione rotatoria Piazza Madonella” , asseritamente involgente i terreni di proprietà dei ricorrenti, così dando mandato al Dirigente dell’Area Lavori Pubblici di predisporre gli atti per le successive fase progettuali.

Ad avviso dei ricorrenti la delibera in parola sarebbe affetta dagli stessi vizi che inficerebbero la validità della delibera impugnata con il ricorso principale oltre che dai vizi propri appresso sintetizzati.

- “Eccesso di potere: perplessità, contraddittorietà, incomprensibilità”;

- “ eccesso di potere, erroneità/carenza dei presupposti, e difetto di istruttoria e di motivazione ”;

- “Eccesso di potere, irragionevolezza, sviamento: il provvedimento incide sulla regiudicanda del presente ricorso”;

- “ Violazione di legge: art. 42 Cost.;
artt. 2, 8 e 13 T.U. D.P.R. 327/2001 – eccesso di potere per erroneità del presupposto – esproprio di proprietà privata disposto senza alcuna garanzia e senza alcuna delle formalità di Legge
”;

- “ Eccesso di potere: contraddittorietà, irragionevolezza;
violazione dell’art. 97 Cost.”;

Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto affetto da una “perplessità”, che ne renderebbe incerta persino la sua natura di atto impugnabile o meno, in quanto studio di fattibilità e, quindi, come tale, atto interno al procedimento.

Il provvedimento in parola sarebbe, tuttavia, comunque, illegittimo nella misura in cui:

- darebbe atto, in sede di premessa, del pregresso inserimento del progetto “ Rotatoria Piazza Madonella ” nel cd. Piano Triennale della Progettazione, nel quale, tuttavia, siffatta opera non comparirebbe;

- inciderebbe in maniera irreversibile e con effetti ablatori, senza il necessario corrispettivo di cui all’art. 42 Cost., sul compendio immobiliare la cui titolarità giuridica, in parte, è ancora sub iudice , considerata la contestazione circa la legittimità del potere demolitorio ed acquisitivo fin qui esercitato dal Comune (part. 86 sub. 507, 511 e 512), e, nella restante parte, sarebbe rientrata nella sfera giuridica dei ricorrenti, in ragione:

a) dell’avveramento della condizione risolutiva apposta alla cessione gratuita, da parte dei ricorrenti, della particella n. 508, giusto rogito del 9.05.2003, rep. n. 35160, i cui effetti sarebbero venuti meno, in modo retroattivo - per come evidenziato all’amministrazione con la notifica del ricorso per motivi aggiunti in discussione - a cagione del sopravvenuto annullamento della concessione edilizia;

b) dell’acquisizione, nel corso del 2018, dei reliquati stradali di cui alla particella n. 1544, dell’estensione di mq. 193, trasferiti in favore dei ricorrenti nell’ambito del percorso conciliativo indebitamente disatteso dal Comune;

- si porrebbe in frontale contrasto con il percorso conciliativo fino a quel momento intrapreso con i ricorrenti il quale avrebbe comportato una transazione della res controversa nell’ambito dei giudizi fino a quel momento pendenti, una sistemazione del cd. detto comparto “H” del Piano Particolareggiato Esecutivo (P.P.E.), denominato Isola Sacra, di cui i ricorrenti sono soggetti attuatori, ivi incluso lo snodo viario. Ciò anche mediante la valorizzazione della parte recuperabile del fabbricato già parzialmente edificato, con contestuale realizzazione dell’interesse pubblico, incluso quello ambientale a non demolire del tutto, per poi ricostruire.

- “ Eccesso di potere: mancata considerazione di elementi rilevanti – carenza di istruttoria – Violazione degli artt. 7, 8, e 21-octies, L. 241/90 ”;

La delibera in contestazione avrebbe dovuto essere preceduta dalla necessaria partecipazione dei ricorrenti, direttamente incisi, per le ragioni sopra esposte, dall’approvazione del progetto di fattibilità tecnico-economica in contestazione.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 20.07.2022, affidato ad una pluralità di motivi di diritto, i ricorrenti hanno impugnato la deliberazione n. 60 del 14 maggio 2021, con cui la Giunta Comunale preso atto della mancata demolizione, entro i termini all’uopo previsti dall’art. 31 comma 3 D.P.R. n. 380/2021, del fabbricato oggetto, da ultimo, dell’ordinanza ripristinatoria del 2008, ha disposto l’acquisizione, a titolo gratuito, del lotto di proprietà di ricorrenti, distinto in Catasto al foglio 1061, part. 1544 e 1546 (ex part. 86), all’uopo precisando, quanto alla relativa area di sedime, che siffatta acquisizione risultava congrua avuto riguardo « alla gravità dell’abuso, all’impossibilità di determinare con esattezza l’indice di edificabilità del terreno, alla natura reiterata dell’inottemperanza ai vari ordini di demolizione e messa in pristino, al lasso temporale intercorso prima del ripristino della legalità, all’interesse pubblico sotteso all’acquisizione e alla destinazione in concreto da attribuirsi al terreno».

L’amministrazione comunale, costituitasi in giudizio, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità tanto del ricorso principale quanto del primo ricorso per motivi aggiunti, per carenza di interesse.

Ciò nella misura in cui i ricorrenti non avrebbero ottemperato, nei termini e senza giustificato motivo, alle statuizioni demolitorie di cui all’ordinanza n. 71/2008, divenuta definitiva a seguito della sentenza (n. 1134/2020), con cui questo Tribunale ha preso atto della dichiarazione di parte, di sopravvenuta carenza di interesse. Si sarebbero, pertanto, prodotti, ope legis , gli effetti acquisitivi al patrimonio comunale di cui all’art. 31 comma 3 D.P.R. n. 380/2001, aventi ad oggetto il “ bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive”.

Di talché i ricorrenti, la cui S.C.I.A., avente ad oggetto i lavori di demolizione, sarebbe stata presentata soltanto in data 6.04.2018 e, quindi, in epoca di gran lunga successiva alla produzione dei suddetti effetti acquisitivi (90 giorni decorrenti dalla notifica dell’ordinanza di demolizione), non avrebbero interesse a dolersi dei successivi provvedimenti, dovuti e vincolati, con cui il Comune ha approvato le spese per la demolizione d’ufficio ed in danno degli ex proprietari.

Quanto alla delibera G.R. n. 51/2021 (gravata con il primo ricorso per motivi aggiunti), la stessa non avrebbe alcun valore provvedimentale, trattandosi dell’approvazione di un mero studio di fattibilità tecnico-economica – e non anche del progetto definitivo - della “Rotatoria La Madonnella”, con conseguente inammissibilità della relativa impugnazione, per come del resto ipotizzato dagli stessi ricorrenti.

Il Comune ha, in ogni caso, contestato, nel merito, la fondatezza dei gravami, mediante articolate e documentate deduzioni difensive, sostanzialmente evidenziando il carattere dovuto e vincolato della demolizione d’ufficio del fabbricato, a fronte di un’ordinanza, adottata nel lontano 2008, la cui mancata ottemperanza avrebbe determinato, ope legis , effetti acquisitivi al patrimonio comunale.

Con ordinanza del 4.08.2021, n. 4265, successivamente annullata dal Consiglio di Stato per violazione dei termini a difesa sul primo ricorso per motivi aggiunti, il Collegio ha sospeso l’efficacia della delibera di G.C. n. 51 del 30.04.2021 « giacché dietro l’atto formale di acquisizione gratuita dell’area appare celarsi in realtà una determina espropriativa, senza la previsione di alcun indennizzo e la determinazione dell’estensione necessaria per la realizzazione dell’opera pubblica ».

Con successivo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 22.10.2021, i ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza n. 40 del 2 settembre 2021, Registro Generale n. 324, con cui il Comune di Fiumicino, Area Edilizia e T.P.L., ha ingiunto loro, nella misura del 25% ciascuno, il pagamento della complessiva somma di € 43.306,34 corrispondente al costo sostenuto dall’amministrazione per la demolizione, in danno, dell’opera edilizia realizzata in forza della concessione edilizia annullata.

Ad avviso dei ricorrenti, l’ordinanza in parola sarebbe inficiata, in via derivata, innanzitutto dagli stessi vizi che affliggerebbero la delibera n. 185 del 17.12.2019, con cui la Giunta Comunale aveva approvato la spesa occorrente per la demolizione d’ufficio - avvenuta il successivo 28.01.2020 - del fabbricato oggetto di causa.

L’ingiunzione sarebbe, altresì, affetta da “ Eccesso di potere – carenza di motivazione ”, non essendo alla stessa allegati il computo metrico ed i S.A.L., meramente citati nel corpo della stessa a sostegno della pretesa.

Il Comune di Fiumicino, con memoria depositata in data 11.11.2021, ha contestato la fondatezza delle censure poste a base dell’atto acquisitivo, evidenziando, tra le altre cose, come non vi sarebbe mai stato, tra le parti, alcun accordo transattivo utile alla definizione della vicenda controversa, bensì, esclusivamente, mere trattative, naufragate per responsabilità dei ricorrenti i quali, per come risulterebbe dalla nota prot. n. 65196 del 6.08.2015, allegata al ricorso principale (doc. n. 13), avrebbero subordinato la transazione, con conseguente rinuncia alle azioni giudiziarie fino a quel momento intraprese, ivi inclusa la domanda risarcitoria, alla revoca in autotutela, da parte del Comune, del provvedimento di annullamento della concessione edilizia n. 24/C/03.

Con memoria del 12.11.2021, i ricorrenti, in replica alle deduzioni difensive comunali, hanno sostenuto, tra le altre cose, che le statuizioni di cui all’ordinanza n. 71 del 9.04.2018 sarebbero state “superate” dalla successiva determina n. 131 del 19.06.2018, con cui il Dirigente dell’Area Strategia del Territorio, preso atto dell’intervenuta cessione dei reliquati stradali summenzionati, provvedeva a modificare il dimensionamento delle aree pubbliche destinate a viabilità relativo al comparto “H”, compreso all’interno del P.P.E. del nucleo di zona O – Isola Sacra, di cui gli odierni ricorrenti sono attuatori.

Con ordinanza n. 6460 del 17.11.2021, il Collegio ha sospeso l’efficacia:

- della deliberazione n. 51/2021, con cui il Comune di Fiumicino ha approvato il progetto di fattibilità tecnico-economica della “Rotatoria Piazza Madonnella”, al solo fine di mantenere integra la res controversa, in considerazione dell’esigenza di approfondire, nel merito, le complesse censure secondo cui parte delle aree interessate dall’esecuzione dell’opera pubblica denominata “Rotatoria Piazza Madonnella”, (particelle nn. ex-86, 507, 508, 510, 511, 512, 1544 del foglio mappale 1061, facenti parte del comparto “H” del PPE del nucleo di zona “O” n. 39) rientrerebbero ancora nella disponibilità materiale e giuridica dei ricorrenti;

- della delibera di G.C. n. 60 del 14 maggio 2021, previa delibazione del fumus boniu iuris avuto riguardo alle censure secondo cui la stessa si tradurrebbe in un’espropriazione della proprietà privata, in assenza di indennizzo. Ciò in considerazione, per un verso, della mancata indicazione dei criteri di cui alle vigenti prescrizioni urbanistiche, utilizzati per l’identificazione e quantificazione delle aree da acquisire al patrimonio comunale e, per altro verso, del rinvio a circostanze di fatto che non sembrano idonee a supportare il potere amministrativo, nella specie esercitato ex art. 31 comma 3 D.P.R. n. 380/2001, quali “ la natura reiterata dell’inottemperanza ai vari ordini di demolizione ”, il “ lasso temporale intercorso prima del ripristino della legalità ” ed infine l’“ interesse pubblico sotteso all’acquisizione e alla destinazione in concreto da attribuirsi al terreno ”, consistente nella realizzazione di un’opera pubblica (“ sistemazione di un nodo stradale fondamentale per la viabilità dell’intero comprensorio ”) sulle aree dichiaratamente acquisite a tale scopo.

Con la stessa ordinanza, il Collegio ha chiesto al Comune di Fiumicino, in vista della pubblica udienza di trattazione della causa nel merito, di fornire organici ed analitici chiarimenti in ordine al “titolo” in forza del quale l’ente ritiene di avere l’attuale disponibilità giuridica delle aree oggetto della Deliberazione n. 51/2021 con cui è stato approvato il progetto di fattibilità tecnico-economica della cd. “Rotatoria Piazza Madonnella”.

Tale adempimento istruttorio veniva ottemperato in data 4.01.2022, mediante deposito di produzione documentale, corredata da relazione di chiarimenti, a fronte della quale ciascuna delle parti processuali ha prodotto memorie difensive.

In particolare, i ricorrenti, con la memoria del 15.01.2022, hanno sostenuto:

- che quella del 2008 sarebbe stata una mera “ determina di demolizione ufficiosa ”, sicché non sarebbe esistita “ alcuna ingiunzione demolitoria rivolta ai ricorrenti, che all’esito dell’annullamento della concessione abbia potuto produrre, a seguito di certifica inottemperanza, alcun processo legale di acquisizione del lotto ”;

- di aver chiesto, con il secondo ricorso per motivi aggiunti, l’accertamento giurisdizionale dell’intervenuta risoluzione della cessione gratuita, in favore del Comune, della particella 508, sospensivamente condizionata al rilascio della concessione edilizia, successivamente annullata;

- che l’acquisizione ex lege dell’area di sedime del fabbricato demolito, riconducibile alla disposizione di cui all’art. 31 comma 3 D.P.R. n. 380/2001, non si sarebbe mai perfezionata, trattandosi di una fattispecie estranea a quella in esame, ricadente quest’ultima nel cono d’ombra della disposizione di cui all’art. 38 D.P.R. n. 380/2001, conseguente all’intervenuto annullamento del permesso di costruire. In ogni caso, siffatta acquisizione non potrebbe interessare aree ulteriori e diverse da quelle indicate quale lotto oggetto di intervento, né tantomeno la particella n. 1544, ceduta ai ricorrenti nel 2018, previa sdemanializzazione, quali reliquati stradali.

Con ulteriore ed ultimo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 21.01.2022, i ricorrenti hanno impugnato la deliberazione n. 4 del 4.01.2022 con cui la Giunta Comunale, nel riesaminare e precisare le precedenti deliberazioni di Giunta n. 51 e 60 del 2021 e nel ribadire il proprio interesse all’utilizzo pubblico del terreno da acquisire ex art. 31 comma 3 T.U.E. onde realizzare l’opera pubblica denominata “Rotatoria Piazza Madonnella”, ha dato mandato al Dirigente dell’Area Strategia del Territorio « di trascrivere l’acquisizione al patrimonio disponibile dell’Ente l’intero lotto individuato in catasto al foglio 1061. Allegato n. 248 particella n. 86 sub 507-509 (successivamente soppressa e frazionata in particelle 511 e 512) presso i pubblici registri».

Il ricorso risulta affidato ai motivi di diritto appresso sintetizzati.

- “ Illegittimità derivata – richiamo a tutti i motivi da 1) a 7) dell’originario ricorso n. 2624/2020 del r.g., e di tutti i motivi da 8) a 14) dei primi motivi aggiunti, nonché da 15) a 20) dei secondi motivi aggiunti ”;

La delibera giuntale oggetto di gravame sarebbe affetta dagli stessi vizi che inficerebbero la legittimità dei provvedimenti impugnati con i precedenti gravami.

- “ Violazione di legge: art. 42 Cost.;
artt. 2, 8 e 13 T.U. D.P.R. 327/2001 – eccesso di potere per erroneità dei presupposti - esproprio di proprietà privata disposto senza le garanzie e senza le formalità di Legge
”;

- “ Violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 38 e art. 31, co.3, d.p.r. 380/2001 - Art. 15, co. 3, L.R. 15/2008 - carenza dei presupposti dell’acquisizione, sia ex lege che in estensione – conseguente impossibilità/illegittimità delle trascrizioni disposte ”;

- “ Violazione di legge, art. 31, co.3, e art. 38, d.p.r. 380/2001 – difetto dei presupposti dell’acquisizione in estensione – e della relativa trascrizione ”;

L’amministrazione avrebbe disposto, nei fatti, una espropriazione della proprietà privata, senza indennizzo alcuno ed in assenza dei presupposti per l’operatività della fattispecie acquisitiva di cui all’art. 31 comma 3 T.U.E.

Ciò in quanto:

- difetterebbe il preliminare e propedeutico provvedimento sanzionatorio, di natura demolitoria, asseritamente rimasto inevaso;

- il fabbricato in contestazione sarebbe stato demolito d’ufficio, di talché non vi sarebbe nessun bene abusivo né alcuna area di sedime da acquisire al patrimonio comunale;

- prima di demolire d’ufficio l’amministrazione avrebbe dovuto previamente valutare la possibilità di sanare l’edificio ex art. 38 T.U.E.;

- il Comune, addivenendo alla fattispecie acquisitiva in contestazione, avrebbe disatteso il percorso conciliativo fino al quel momento intrapreso;

- mancherebbe il preliminare atto di accertamento dell’inottemperanza, previo frazionamento catastale dell’area da acquisire;

- nel dare mandato al Dirigente di effettuare la trascrizione, il Comune avrebbe fatto riferimento a particelle non più esistenti ovvero alle particelle nr. 507, 511 e 512, così omettendo di aggiornare, preliminarmente, i dati catastali oltre che pretendendo di acquisire aree ulteriori e diverse rispetto a quelle di proprietà dei ricorrenti al momento della edificazione dell’opera demolita (part. 1544);

- “Violazione di legge, art. 31, co.3, d.p.r. 380/2001;
art. 15, co.3, L.R. n. 15/2008 – eccesso di potere: erronei presupposti del calcolo;
errori di calcolo – eccesso di acquisizione e carente individuazione dell’area - illegittimità della trascrizione”;

Nel computo della superficie acquisibile il Comune illegittimamente avrebbe considerato, nella sua interezza, il progetto dell’edificio assentito con la concessione edilizia successivamente annullata e non già, per come avrebbe dovuto, la superficie di fatto realizzata, accertata al momento del sopralluogo del 2003, in occasione del quale sarebbe stata riscontrata la realizzazione di un solo piano di 257,40 mq., il quale, sporgendo dal piano di campagna per circa 40 cm, avrebbe sviluppato una cubatura di soli 103 mc (mq. 257,40 x 0.40 cm.) e non anche quella, di gran lunga superiore, contabilizzata dal Comune in sede acquisitiva (pari a 1.081,08 mc. ovvero 257,40 mq. x 4,20 h). Senza contare che, per la realizzazione di siffatta erronea cubatura (1.081,08 mc) sarebbero stati necessari non già 2.162,00 mq. indicati dal Comune nel corpo del provvedimento impugnato bensì, esclusivamente, poco più di 500 mq, corrispondenti ad un indice di fabbricabilità di 2 cubi per ogni metro quadrato di superficie disponibile (non di un metro cubo per ogni 2 metri quadrati, computati dal Comune).

- “ Violazione dell’art. 31, co. 3, d.p.r. 380/01 - violazione dell’art. 97 Cost - eccesso di potere: contraddittorietà, irragionevolezza, mala fede e sviamento ”;

Nel disporre l’acquisizione in estensione, ex art. 31 comma 4 T.U.E., il Comune avrebbe preso in considerazione fattori non previsti dalla disposizione in parola, tra cui l’elemento soggettivo dei ricorrenti.

- “ Eccesso di potere: mancata considerazione di elementi rilevanti – carenza di istruttoria – Violazione degli artt. 7, 8, e 21-octies, L. 241/90 ”;

Il provvedimento acquisitivo sarebbe illegittimo per mancata attivazione delle garanzie partecipative endo-procedimentali di cui agli artt. 7 e ss. l. n. 241/90.

Con i motivi di gravame in parola, i ricorrenti hanno, altresì, reiterato la domanda risarcitoria.

Il Comune di Fiumicino ha contestato la fondatezza anche di questo ulteriore gravame, mediante documentate ed articolate deduzioni difensive, ribadite nei successivi scritti difensivi, depositati in via conclusiva e di replica.

Con ordinanza n. 977 del 26.02.2022, il Collegio oltre a reiterare la sospensione dell’efficacia della Deliberazione n. 51/2021 e della delibera di G.C. n. 60 del 14 maggio 2021 di acquisizione gratuita al patrimonio comunale, ha sospeso l’efficacia anche della delibera di Giunta Comunale n. 4 del 4 gennaio 2022, al solo fine di mantenere la res controversa , tenuto conto degli effetti acquisitivi derivanti dagli atti impugnati ed in attesa di un approfondimento di merito incompatibile con la fase cautelare.

Con successiva ordinanza n. 5129 del 27.04.2022, il Collegio ha chiesto chiarimenti in ordine al provvedimento sanzionatorio in esecuzione del quale ha disposto gli effetti demolitori ed acquisiti in contestazione.

Adempiuto il suddetto incombente istruttorio, all’udienza pubblica del 29 novembre 2022, in vista della quale anche i ricorrenti hanno deposito plurimi scritti difensivi, in via conclusiva e di replica, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente deve essere scrutinata l’eccezione di inammissibilità, per carenza di interesse, del ricorso principale e del primo ricorso per motivi aggiunti, formulata dall’amministrazione comunale in ragione dell’intervenuta produzione, ipso iure, degli effetti acquisitivi al patrimonio pubblico a carico delle aree di proprietà dei ricorrenti, conseguente all’inottemperanza alle statuizioni ripristinatorie di cui all’ordinanza di demolizione n. 97/4/03 del 5.06.2003, reiterata dalla p.a., in data 9.04.2008 (ordinanza n. 71), a seguito dell’annullamento d’ufficio della concessione edilizia n. 27/C/2003.

Tale concessione aveva ad oggetto la realizzazione, su un’area di proprietà dei ricorrenti e di altri soggetti (in Catasto al foglio 1061, allegato 248, part. 86, sub. 507 e 509, quest’ultima successivamente frazionate nei sub. 511 e 512) di un “ edificio commerciale in località Isola Sacra – Via della Scafa, angolo Via Coni Zugna ”, insistente nel comparto edificatorio “H” del Piano Particolareggiato Esecutivo (cd. P.P.E.) relativo al nucleo di zona “O” n. 39 – Isola Sacra del Comune di Fiumicino, all’interno del quale l’edificazione, ad iniziativa privata, era subordinata alla stipula di convenzioni urbanistiche, ex art. 28 L. n. 1150/42, volte alla realizzazione e cessione delle opere di urbanizzazione primaria e di quota parte di quella secondaria.

2. L’eccezione in parola non coglie nel segno.

Ed invero, con i gravami in questione, così come con quelli ulteriormente spiegati nel corso del giudizio, i ricorrenti hanno, sotto vari profili, contestato ab imis l’esistenza dei presupposti a cui l’art. 31 comma 3 T.U.E. riconnette la produzione degli effetti demolitori d’ufficio ed acquisitivi al patrimonio comunale delle aree interessate dall’abuso edilizio.

Ne consegue, in rito, l’interesse alla proposizione dei gravami in parola che, tuttavia, nel merito, si appalesano infondati.

3. Tenuto conto sia della pluralità delle censure proposte con i ricorsi complessivamente spiegati nell’ambito dell’odierno giudizio che del vincolo di presupposizione intercorrente tra i vari provvedimenti amministrativi ivi gravati, si ritiene opportuno procedere ad un esame dei motivi di gravame secondo un ordine di pregiudizialità logico-giuridica.

4. I ricorrenti hanno contestato la legittimità della demolizione d’ufficio del fabbricato edificato in forza dell’annullata concessione edilizia n. 27/C/2003 - così come degli effetti acquisitivi al patrimonio comunale, derivanti dalla mancata spontanea ottemperanza agli ordini di ripristino dello stato dei luoghi - sostenendo, innanzitutto, che il Comune di Fiumicino non avrebbe mai adottato alcun provvedimento amministrativo idoneo a far nascere, in capo ai relativi destinatari, l’obbligo giuridico di ripristinare lo stato dei luoghi.

4.1 Tale censura è destituita di fondamento.

Dalla complessiva documentazione versata agli atti di causa si evince, infatti, come l’amministrazione comunale di Fiumicino abbia adottato, a carico degli odierni ricorrenti, ben due ordinanze di demolizione: la n. 87/4/03 del 3.06.2003, notificata in data 9.06.2003, e la n. 71 del 9.04.2008, notificata in data 11.04.2008, adottata a valle dell’annullamento della concessione edilizia n. 27/C/2003, legittimante la realizzazione dell’edificio in contestazione.

Con i provvedimenti amministrativi in parola e, da ultimo, con l’ordinanza di demolizione n. 71/2008, che ha evidentemente superato la prima, il Comune di Fiumicino, preso atto dell’annullamento d’ufficio della concessione edilizia summenzionata - la cui sospensione dell’efficacia era stata negata tanto da questo Tribunale (ordinanza collegiale n. 6281/2003) quanto dal Consiglio di Stato (ordinanza collegiale n. 841 del 19.02.2008) - ha, in modo inequivoco, esercitato i poteri sanzionatori, di natura urbanistico-edilizia, di cui all’art. 27 D.P.R. n. 380/2001 (espressamente citato nel provvedimento impugnato), ingiungendo la demolizione delle opere assentite con la concessione edilizia annullata ed “ il ripristino dello stato dei luoghi precedente al rilascio della concessione edilizia stessa ”.

4.2 E che l’ordinanza in parola fosse immediata lesiva della sfera giuridica dei ricorrenti, derivando a loro carico, l’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi, si desume dal fatto che gli stessi ricorrenti hanno sentito l’esigenza di impugnarla innanzi a questo Tribunale, all’uopo instaurando il ricorso n. 6265/2008, salvo poi dichiarare, nel corso di quel giudizio - senza sul punto, essere confortati dalla difesa dell’ente - di non aver più interesse all’annullamento giurisdizionale della stessa, “ poiché è stato raggiunto un accordo con il Comune, a seguito del quale essi si sono vincolati ad eseguire l’ordine di demolizione”.

Contrariamente a quanto sostenuto dagli odierni istanti, l’ordinanza n. 71 del 9.04.2008, notificata in data 11.04.2008, li obbligava, dunque, a ripristinare lo stato dei luoghi - peraltro gravati da incontestati vincoli paesaggistici, puntualmente citati nell’ordinanza (art. 134 lettere a, b e c D.lgs. n. 42/2004) – così da ripristinare l’assetto del territorio antecedente al rilascio della concessione edilizia annullata, pena la demolizione d’ufficio, oltre che gli acquisitivi al patrimonio comunale di cui all’art. 31 comma 3 T.U.E.,

5. A questo punto, considerate le ulteriori obiezioni mosse dai ricorrenti, giova ricostruire il momento a decorrere dal quale, in pendenza dell’impugnazione di siffatta ordinanza demolitoria n. 71/2008, tale obbligo è divenuto cogente, così determinando gli effetti demolitori d’ufficio ed acquisitivi ope legis al patrimonio comunale.

Nel corso del giudizio d’appello proposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza TAR n. 5755/2007, che aveva rigettato il ricorso avverso l’atto di ritiro della concessione edilizia n. 27/C/2003, il Consiglio di Stato, dopo aver, dapprima, denegato la sospensione dell’efficacia della sentenza (ordinanza n. 841 del 19.02.2008 sul ricorso n. 642/2008), preso atto della sopravvenuta adozione dell’ordine demolitorio n. 71 del 9.04.2008 e « ferma la necessità di una sua autonoma impugnazione », ha accolto la richiesta dei ricorrenti « solo quanto alla esecuzione della sentenza impugnata consistente nella sua concreta attitudine a costituire atto presupposto dell’ordinato abbattimento » (così si legge nell’ordinanza cautelare C.d.S. n. 2235 del 29.04.2008).

In altri termini, il Consiglio di Stato ha, fino alla definizione del giudizio nel merito, sospeso l’efficacia del provvedimento di annullamento della concessione edilizia n. 27/C/2003, sub iudice , al solo fine di renderlo inidoneo a legittimare, medio tempore , il Comune alla demolizione d’ufficio del fabbricato oggetto della sopravvenuta ordinanza di demolizione n. 71/2008 (i cui effetti sono oggetto del presente giudizio).

Per altro verso, nell’ambito del giudizio n. 6265/2008 proposto dagli odierni ricorrenti avverso l’ordinanza di demolizione n. 71/2008, questo Tribunale, con ordinanza collegiale n. 3311 dell’11.04.2012, nel ripercorrere la genesi del gravato provvedimento ripristinatorio, conseguito all’annullamento della concessione edilizia, confermato dal TAR con sentenza n. 5755/2007, ha evidenziato come il Consiglio di Stato, adito in sede di appello avverso la sentenza in questione, ne avesse sospeso l’efficacia « proprio in ragione della sua “concreta attitudine a costituire atto presupposto dell’ordinato abbattimento », da ciò argomentando l’insussistenza, fino alla definizione di quel giudizio d’appello, delle « condizioni che legittimano l’esercizio del potere » ripristinatorio officioso da parte del Comune e, quindi, in sostanza, l’insussistenza delle ragioni per sospendere l’efficacia dell’ordine demolitorio n. 71/2008.

Dopo aver chiarito quanto sopra, in punto di tutela cautelare, il Tribunale, con la suddetta ordinanza collegiale (n. 3311 dell’11 aprile 2012), ai sensi dell’art. 295 c.p.c., ha sospeso il giudizio n. 6265/2008 – ma non anche, per come erroneamente dedotto dai ricorrenti, l’efficacia dell’ordinanza n. 71/2008 – « fino al passaggio in giudicato della sentenza con cui il Consiglio di Stato deciderà dell’appello proposto avverso la sent. n. 5755 del 2007 di questo TAR ».

Ebbene, il Consiglio di Stato ha definito tale appello con la sentenza n. 3660 del 19 agosto 2016, con la quale ha rigettato il ricorso proposto dagli odierni ricorrenti, così confermando la sentenza (n. 5755 del 26 giugno 2007) con cui questo Tribunale aveva accertato la legittimità del provvedimento di annullamento d’ufficio della concessione edilizia summenzionata.

5.1 Così ricostruita l’intricata vicenda procedimentale e processuale afferente il titolo edilizio che assisteva il fabbricato in contestazione, ritiene il Collegio che, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato n. 3660 del 19 agosto 2016 (intervenuto in data 4.03.2017, considerata la notifica della sentenza in data 3.01.2017;
cfr. sul punto le dichiarazioni di cui all’istanza di fissazione udienza di merito del giudizio n. 6265/2008), si sia realizzato il « presupposto dell’ordinato abbattimento», ingiunto dal Comune con l’ordinanza n. 71 del 9 aprile 2008.

Detto altrimenti, i ricorrenti, all’esito del definitivo accertamento giurisdizionale (sentenza C.d.S. n. 3660/2016) della legittimità dell’atto presupposto, ovvero del ritiro in autotutela della concessione edilizia n. 27/C/2003 - e, dunque, a decorrere dal 4 marzo 2017 - avrebbero dovuto dare seguito spontaneamente alle statuizioni ripristinatorie di cui all’ordinanza n. 71/2018, siccome non sospesa.

Ed invece i ricorrenti, per un verso, non hanno provveduto alla demolizione ingiunta dal Comune con l’ordinanza summenzionata e, per altro verso, in occasione dell’udienza pubblica del 14.01.2020, fissata nell’ambito del ricorso n. 6265/2008 “riassunto”, hanno unilateralmente dichiarato di non avere più interesse alla decisione nel merito, poiché sarebbe stato raggiunto un accordo con il Comune, a seguito del quale essi si sarebbero vincolati ad eseguire l’ordine di demolizione.

Il Tribunale, con la sentenza n. 1134 del 28.01.2020, si è limitato a prendere atto dell’unilaterale dichiarazione in parola, definendo il giudizio nel senso dell’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, con conseguente definitivo consolidamento dell’ordinanza n. 71/2008.

6. Quanto sopra consente di apprezzare, contrariamente a quanto sostenuto con le censure all’uopo proposte, la sussistenza, in capo agli odierni ricorrenti, dell’obbligo di ottemperare alle statuizioni ripristinatorie di cui all’ordinanza summenzionata e, dunque, la legittimità delle conseguenze demolitorie ed acquisitive al patrimonio pubblico - di carattere dovuto e vincolato - derivanti dall’inadempimento dell’obbligo in parola.

7. Né a confutare la sussistenza di siffatto obbligo può essere validamente addotta, per come preteso dagli istanti, l’esistenza di un “percorso conciliativo”, avviato dall’Assessore alle Politiche del Territorio con nota prot. n. 30920 del 20.04.2015.

7.1 Ed invero, innanzitutto, alla nota in parola - proveniente da un soggetto “politico” non abilitato ad impegnare all’esterno la volontà dell’ente - ha fatto seguito un riscontro negativo da parte dei ricorrenti i quali, con la nota del 6 agosto 2015, prot. n. 65196, hanno inequivocabilmente subordinato ogni soluzione transattiva, cui avrebbe fatto seguito la rinuncia alle azioni in corso, alla revoca in autotutela del provvedimento di ritiro della concessione edilizia n. 27/C/2003.

7.2 In ogni caso, a prescindere da ciò, rileva il Collegio come manchi in atti la prova dell’intervenuta stipula, da parte dell’amministrazione comunale, di un vero e proprio accordo transattivo, in forza del quale, in luogo dell’integrale ripristino dello status quo ante, per come ingiunto con l’ordinanza n. 71/2008, i ricorrenti sarebbero stati legittimati a demolire soltanto le parti dell’edificio emergenti dal piano di campagna, così mantenendo in essere l’interrato da “utilizzare” quale parte integrante di un nuovo proposito edificatorio, per la realizzazione del quale, per un verso, avrebbero acquisito i reliquati stradali di cui alla delibere di Giunta n. 22/2018 e n. 43/2018 e, per altro verso, avrebbero proposto un progetto planivolumetrico del comparto H, connotato da una più ridotta volumetria, approvata con delibera di Giunta n. 131/2018.

Non vi è traccia, in atti, di un accordo transattivo di tal fatta, i cui termini sarebbero inconciliabili con la persistenza dell’obbligo di procedere al ripristino dello stato dei luoghi, per come ingiunto con l’ordinanza n. 71/2008.

Lo stesso “ percorso conciliativo ” descritto in ricorso risulta caratterizzato dall’intervenuta adozione di provvedimenti della Giunta - tra cui la n. 43 del 13.03.2018, con cui è stato autorizzato il trasferimento, in favore dei ricorrenti, di quell’area del Comparto H (particella 1544) che, a seguito della sistemazione definitiva della viabilità di zona, aveva ormai perso la sua “ funzione originaria di sede stradale ” – il cui deliberato non prevede affatto l’esonero dall’obbligo di procedere alla demolizione integrale del fabbricato assentito con la concessione edilizia annullata.

In mancanza di tale espresso ed inequivocabile esonero, quale parte integrante di un nuovo disegno pianificatorio del comparto H, cristallizzato in una rinnovata convenzione urbanistica – della cui esistenza non vi è prova, in atti – non è possibile, dunque, condividere l’obiezione secondo cui gli effetti ripristinatori dell’ordinanza n. 71/2008 sarebbero stati, per così dire, superati dal mero “percorso conciliativo” descritto in ricorso.

8. Parimenti infondate si appalesano le censure secondo cui, a fronte della S.C.I.A. presentata in data 6.04.2018, avente ad oggetto la demolizione “spontanea” dei pilastri del piano rialzato e del solaio del primo piano del fabbricato in contestazione, il Comune avrebbe provveduto, d’ufficio, all’integrale demolizione dell’edificio, in violazione dei termini di cui all’art. 19 comma 3 l. n. 241/90 ed in assenza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela.

L’apprezzamento dell’inconsistenza di siffatte censure risulta evidente in considerazione del carattere dovuto e vincolato dell’attività demolitoria ingiunta con l’ordinanza n. 71/2008, per la doverosa esecuzione della quale i ricorrenti avrebbero dovuto presentare una mera comunicazione di inizio lavori, cd. C.I.L.A.

Ritiene il Collegio che la scelta di produrre una segnalazione certificata di inizio attività (cd. S.C.I.A.) in luogo di una C.I.L.A., presentata dagli interessati in assenza dei relativi presupposti legittimanti, non possa essere invocata, in modo del tutto strumentale, al fine di subordinare alle previsioni di cui all’art. 19 L. n. 241/90, il doveroso esercizio del potere amministrativo, che invece non è assoggettato ad alcun limite temporale, consistendo nel mero accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza n. 71/2008 onde legittimare la demolizione d’ufficio del fabbricato in esame, comportante una spesa legittimamente approvata con la delibera di Giunta n. 185/2019 (oggetto del ricorso principale) ed il cui rimborso risulta essere stato altrettanto legittimamente disposto, a carico dei ricorrenti, con la determina dirigenziale n. 40/2021 (oggetto del terzo ricorso per motivi aggiunti).

8.1 Quanto all’ulteriore motivo di gravame secondo cui la determina n. 40/2021 (oggetto del terzo atto per motivi aggiunti) sarebbe, comunque, viziata dalla mancata allegazione del computo metrico e dei S.A.L. afferenti alle spese da rimborsare, lo stesso non risulta condivisibile, in ragione della possibilità, per i ricorrenti, di esperire un accesso agli atti al fine di reperire la documentazione in questione (cd. motivazione per relationem ).

9. Passando all’esame del primo ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto la delibera di Giunta Comunale n. 51 del 30.04.2021, lo stesso è inammissibile per carenza di interesse.

Per come, del resto, ammesso dagli stessi ricorrenti, con la delibera in parola la Giunta si è limitata a verificare la fattibilità tecnico-economica dell’opera pubblica, denominata “Rotatoria Piazza Madonnella”, senza tuttavia procedere all’approvazione del relativo progetto e, men che meno, all’inserimento dell’opera in parola nell’ambito del cd. Piano Triennale delle opere pubbliche. Trattasi, quindi, di un atto endo-procedimentale, come tale, ex se , inidoneo, a ledere in via immediata e diretta la sfera giuridica dei ricorrenti.

10. Il secondo ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto la delibera di Giunta comunale n. 60 del 14.05.2021, relativa alle conseguenze acquisitive al patrimonio comunale derivanti dall’inottemperanza alle statuizioni ripristinatorie di cui all’ordinanza di demolizione n. 71/2008, è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Tale delibera risulta, invero, superata dalla successiva delibera n. 4 del 4.01.2022 (impugnata con il quarto atto per motivi aggiunti), con cui la Giunta Comunale, a valle delle statuizioni cautelari di cui all’ordinanza collegiale n. 6460 del 17.02.2022, ha ritenuto di dover precisare:

- le prescrizioni urbanistiche in concreto applicate per l’individuazione dell’area ulteriore, rispetto a quella di sedime del fabbricato demolito, da incamerare al patrimonio pubblico, corrispondente a quella necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive;

- l’interesse pubblico all’incameramento dell’area “ulteriore” in parola.

11. Il successivo ed ultimo ricorso per motivi aggiunti è, complessivamente, infondato in quanto affidato a censure, in parte tardive, e, nella restante parte, non condivisibili.

12. Più precisamente, è irricevibile, per tardività, la censura secondo cui il Comune, annullata la concessione edilizia n. 27/C/2003, non avrebbe potuto ingiungere la demolizione del fabbricato e, quindi, in mancanza, procedere alle acquisizioni al patrimonio pubblico di cui all’art. 31 comma 3 D.P.R. n. 380/2001, dovendo piuttosto, in via preventiva, verificare la possibilità di una fiscalizzazione dell’abuso, ai sensi dell’art. 38 D.P.R. n. 380/2001.

Ed invero, la doglianza in questione avrebbe dovuto essere proposta in sede di impugnazione dell’ordinanza di demolizione n. 71/2008, con la quale il Comune, per come è dato evincere dal relativo impianto motivazionale, dopo aver puntualmente ricostruito la vicenda amministrativa e contenziosa a decorrere dall’adozione e, successivo, annullamento della concessione edilizia in parola - la cui legittimità era stata accertata dal TAR con la sentenza n. 5755/2007, non sospesa dal giudice d’appello, giusta ordinanza cautelare di rigetto n. 841/2008 – ha esercitato, de plano, il potere sanzionatorio di cui all’art. 27 D.P.R. n. 380/2001, in luogo di valutare i presupposti della cd. fiscalizzazione dell’abuso di cui all’art. 38 citato D.P.R.

I ricorrenti, pur avendo impugnato l’ordinanza in parola (ricorso n. 6265/2008), hanno successivamente dichiarato di non avere più interesse al relativo annullamento giurisdizionale, con ciò determinandone il relativo consolidamento (sentenza T.A.R. di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse n. 1134/2020).

Da qui l’impossibilità di contestare, in questa sede, l’ an dell’esercizio dei poteri demolitori ed acquisitivi al patrimonio comunale, derivanti dall’inottemperanza - puntualmente rappresentata ai ricorrenti, con la nota prot. n. 11328 del 22.01.2020 (in atti) - alle statuizioni ripristinatorie di cui all’ordinanza n. 71/2008.

Ciò in considerazione del carattere dovuto e vincolato tanto della demolizione d’ufficio quanto degli effetti acquisitivi alla mano pubblica connessi alla suddetta inottemperanza, rispetto ai quali l’omessa attivazione delle garanzie partecipative così come l’eventuale riferimento, da parte della p.a., a fattori giustificativi ulteriori e diversi dal fatto storico della mancata demolizione risultano priva di efficacia invalidante (cfr. T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 20/10/2022, n. 1391).

13. Parimenti infondata si appalesa la censura afferente al quomodo dell’esercizio del potere acquisitivo in contestazione, secondo cui il Comune, nell’individuazione dell’area da incamerare, ex art. 31 comma 3 D.P.R. n. 380/2001, avrebbe erroneamente considerato la cubatura assentita con la concessione edilizia annullata e non anche quella effettivamente realizzata, così disponendo effetti acquisitivi in misura maggiore rispetto a quelli corrispondenti all’applicazione dell’indice di edificabilità di zona di natura “premiale” (pari, effettivamente, a 2 metri cubi di volume realizzabile per ogni metro quadrato di area disponibile, assegnato dal Comune con la delibera n. 38 del 6.03.2022, a condizione che i ricorrenti cedessero le aree interessate dall’intervento di riqualificazione complessiva del nodo viario “La Madonnella”, ovvero la particella 86, subalterno n. 508, di fatto trasferito con il rogito del 9.05.2003, a fronte del quale nessuna domanda di risoluzione risulta essere stata spiegata nel corso del giudizio).

13.1 Ed invero, l’amministrazione, nel computare la superficie occorrente “ per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive ”, ex art. 31 comma 3 T.U.E., ha correttamente preso in considerazione non già, per come sostenuto dai ricorrenti, l’edificio assentito con la concessione edilizia annullata (mc. 2.414,58 e mq. 695,94) bensì, esclusivamente, le opere di fatto realizzate in forza del titolo annullato, per come descritte in occasione del verbale di sopralluogo del 30.05.2033 prot. n. 980 (in atti), allorquando è stata accertata la realizzazione di un piano emergente, per 40 cm., dal piano di campagna, delle dimensioni di mt. 16,50 di larghezza per 15,60 di lunghezza, per una superficie complessiva di mq. 257, 40.

Siffatta superficie complessiva, pari a mq. 257,40 è stata, dunque, nella sua interezza, correttamente posta a base del computo delle aree da acquisire e ciò in ragione del carattere seminterrato del piano realizzato dai ricorrenti, determinante la creazione di volumi e superfici utili, ovvero rilevanti sotto il profilo del carico urbanistico (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 09/12/2011, n. 9646).

Tenuto, dunque, conto dell’altezza del piano in questione, non contestata dai ricorrenti, pari a 4,20 metri, l’opera abusiva di fatto realizzata e successivamente demolita dal Comune, presentava un volume di 1.081,08 metri cubi (mq. 257,40 x 4,20 h).

Ciò posto, applicando l’indice di edificabilità di zona, pari a 2 metri cubi per ogni metro quadrato disponibile, per la realizzazione di 1.081,08 metri cubi, concretamente edificati in forza del titolo annullato, i ricorrenti avrebbero dovuto avere la disponibilità di un lotto avente una superficie di almeno 540,54 mq. (257,40 mq *4,20/2).

Tuttavia, per come accertato dallo stesso Consiglio di Stato con la sentenza n. 3660 del 19.08.2016 (di conferma della sentenza T.A.R. n. 5755/2007), resa inter partes con efficacia di giudicato esterno, il lotto complessivamente speso dai ricorrenti per la richiesta del titolo edilizio, distinti in Catasto alla particella 86, subalterni 507, 511 e 512 è pari a complessivi 451 mq.

Così, infatti, è dato leggere al capo 4.2) della sentenza del Consiglio di Stato:

« Con rogito notarile n. 16195 di raccolta e n. 35799 di repertorio in data 21 gennaio 2003, i coniugi R A e B Carrai hanno poi asservito le sub particelle 507 di mq. 230 e 510 di mq. 182, quest'ultima divenuta poi sub particella 511 nonché la particella 512 di mq. 39, acquistata dai coniugi R-A con atto in corso di registrazione, e quindi la complessiva estensione di mq. 451 alla realizzazione dell'intervento edilizio (cfr. atto di asservimento esibito al n. 10 della produzione documentale degli appellanti)

4.2) È altresì certo, incontestato e comprovato documentalmente che nella domanda di concessione edilizia e nella perizia giurata del 6 marzo 2003, integrativa della medesima domanda, si sia fatto riferimento invece alla maggior superficie di mq. 1230 corrispondenti all'estensione dell'intera originaria particella 1230, anteriore ai frazionamenti e quindi alle consistenze di suolo effettivamente acquistate e di proprietà degli interessati.

In particolare la perizia giurata assevera che la superficie reale dell'appezzamento di terreno sito in

Fiumicino, località Isola Sacra, posto alla confluenza tra Via della Scafa e Via Coni Zugna e confinante con proprietà Ca., è complessivamente pari mq. 1230 circa.

È con riferimento a tale maggiore superficie, non corrispondente a quella di mq. 451 nella disponibilità giuridica dei coniugi R-A e B-Carrai, che è stato sviluppato il calcolo di superfici e volumetria dell'intervento edilizio secondo l'i.e. di 2 mc/mq, come poi assentito con la concessione edilizia n. 27/C/2003 dell'11 marzo 2003.

4.3) Non può quindi revocarsi in dubbio che gli elaborati progettuali e la perizia giurata contenessero indicazioni equivoche e fuorvianti in ordine all'effettiva superficie atta a esprimere la volumetria sviluppata secondo l'i.e.».

14. Rebus sic stantibus , per la realizzazione di opere analoghe al piano seminterrato edificato dai ricorrenti, avente una volumetria di 1.081,08 mc., vi sarebbe stato bisogno di una superficie di almeno 540,54 mq., di certo superiore a quella complessiva del lotto oggetto dell’intervento assentito con il titolo annullato, distinto in Catasto alla particella 86, sub. 507, 511 e 512 (mq. 451,00).

Da qui la legittimità dell’acquisizione del lotto in questione, nella sua interezza, disposta dalla Giunta Comunale con la delibera n. 4 dell’4.01.2022, previa individuazione dell’interesse pubblico all’apprensione coincidente con la realizzazione della “Rotatoria Piazza Madonnella” (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 02/02/2022, n. 744).

Con la delibera in parola, infatti, l’amministrazione, dopo avere, nella parte motiva, descritto i criteri utilizzati per l’individuazione dell’area da acquisire al patrimonio comunale, nella parte dispositiva, ha dato mandato « al Dirigente dell’Area Strategia del Territorio di trascrivere al patrimonio disponibile dell’Ente dell’intero lotto individuato in Catasto al foglio 1061, allegato n. 248 particella n. 86 sub 507 – 509 (successivamente soppressa e frazionata in particelle 511 e 512) presso i pubblici registri », così, di fatto, circoscrivendo siffatte aree a quelle corrispondenti all’originario lotto oggetto di intervento, della superficie complessiva di mq. 451,00.

15. Da ultimo, risulta infondata anche la censura secondo cui dell’area in questione, mancherebbe il preventivo frazionamento, giacché i subalterni catastali che la contraddistinguevano – sub. 507, 511 e 512 – non sarebbero più esistenti, essendo state incorporati nella più ampia particella catastale n. 1546.

Ed invero, il frazionamento in parola è richiesto dalla giurisprudenza amministrativa, anche di questo Tribunale, quale condizione legittimamente il provvedimento acquisitivo ex art. 31 T.U.E., ai fini di garantire la certezza degli effetti acquisitivi in parola (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 02/02/2022, n. 1215).

Nella specie, siffatta certezza non può essere revocata in dubbio giacché la Giunta, con la delibera n. 4/2022, ha espressamente circoscritto l’area da acquisire alla mano pubblica, a quella esattamente corrispondente ai subalterni 507, 511 e 512, sicché sarà cura del Dirigente dell’Area Strategia del Territorio, a ciò espressamente delegato dalla Giunta, far precedere la materiale trascrizione dell’atto acquisitivo al necessario frazionamento catastale delle aree in parola, corrispondenti agli ex subalterni 507, 511 e 512, così da scorporarle dalla più ampia superficie catastale della particella 1546.

16. In conclusione, il ricorso principale, per come integrato dai motivi aggiunti depositati in data 22.10.2022 e 21.01.2022, sono infondati e, come tali, devono essere rigettati.

Il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 14.07.2021 è inammissibile, per carenza di interesse;
il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 20.07.2021 è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

16.1 Alla indimostrata illegittimità di tutti gli atti impugnati con i ricorsi e motivi aggiunti come sopra esaminati consegue, de plano, l’infondatezza della domanda risarcitoria.

17. Le spese, avuto riguardo alla peculiarità della res controversa, possono essere integralmente compensate tra le parti.

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