TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2023-07-17, n. 202301042
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Pubblicato il 17/07/2023
N. 01042/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01209/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA IALIANA
IN NOME DEL POPOLO IALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1209 del 2022, proposto da
J G, rappresentato e difeso dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di Lungro, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
a. del Decreto Dirigenziale della Regione Calabria n. 6213 dell'08/06/2022, notificato a mezzo PEC, con nota prot. n. 270391 del 09/06/2022, con cui veniva disposto il rigetto dell'Istanza di rinnovo dell'Autorizzazione rilasciata ai sensi dell'art. 208 D. lgs. 152/2006 e ss. con ODC n. OCD973/2000 e n. 6377/2007, per il “Centro di stoccaggio, raccolta, demolizione, rottamazione, recupero di parti e materiali da veicoli a motore, rimorchi e simili”, nonché la chiusura dell'impianto di autodemolizione in oggetto e il conseguente ripristino dello stato dei luoghi;
b. del parere n. 146147 del 24/03/2022, con cui la Struttura Tecnica di Valutazione VIA (STV) confermava l'improcedibilità della valutazione dell'istanza di screening di VIA già espressa con il parere di cui al punto che segue;
c. del parere d'improcedibilità n. 98305 del 24/02/2022 reso dalla STV;
d. di ogni altro atto connesso e/o presupposto e/o consequenziale, ancorché ignoto alla ditta ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2023 il dott. Domenico Gaglioti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1- Con atto ritualmente notificato l’8.9.2022 e depositato l’1.10.2022 Grillo Javres, titolare dell’omonima ditta di autodemolizione, ha esposto:
-) egli è titolare dell’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 con ordinanza del Commissario straordinario per l’emergenza ambientale n. 973/2000 e quindi con ordinanza n. 6377/2007 per il “ Centro di stoccaggio, raccolta, demolizione, rottamazione, recupero di parti e materiali da veicoli a motore, rimorchi e simili ” (A.U.);
-) il 2.6.2017 egli domandava il rinnovo della suddetta autorizzazione unica;
-) il 28.6.2017 il Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria chiedeva integrazioni documentali e il 15.12.2017 adottava preavviso di rigetto per tardivo riscontro a tale richiesta;
-) il 9.4.2018 veniva indetta la Conferenza di servizi, che si svolgeva in più sedute, con plurime richieste di integrazione documentali e chiarimenti;
-) in particolare, nella seduta n. 6 veniva acquisita l’autorizzazione provvisoria allo scarico delle acque industriali nella rete fognaria comunale n. 3/2019 rilasciata dal Comune di Lungro l’11.11.2019 e nella seduta n. 7 il parere favorevole per lo svolgimento di attività di impianto di ammasso e trattamento carcasse auto–rimorchi e simili, rilasciato dal Comune di Lungro il 16.1.2020 “nelle more dell’avvio del procedimento di declassamento dell’area in oggetto da R3 a R2 del PAI Calabria”, con prescrizione di costante monitoraggio del sito mediante installazione di n. 2 piezometri e di n. 2 inclinometri;
-) l’1.2.2020, in attesa della conclusione del suddetto procedimento, egli richiedeva la proroga dell’A.U., accolta dalla Regione il 4.2.2020 e alla quale facevano seguito altre proroghe semestrali fino al 6.6.2021;
-) a seguito di istanza presentata il 3.6.2021, con nota del 21.7.2021 la Regione rilevava la necessità di sottoporre l’impianto in oggetto alla verifica di assoggettabilità a VIA di cui all’art. 19 del D.lgs. 152/2006;
-) l’8.9.2021 il ricorrente presentava alla Regione la corrispondente istanza e, con nota del 30.9.2021, la Struttura Tecnica di Valutazione VIA (STV) riteneva necessario acquisire parere dell’Autorità di Bacino Distrettuale (ABD) sulla possibilità di riclassificazione del rischio frana e chiedeva integrazioni documentali;
-) con nota n. 523672 del 2.12.2021 la Regione archiviava la pratica ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 152 del 2006 per la mancata tempestiva produzione delle integrazioni richieste;
-) tuttavia, in data 27.12.2021, l’ABD dell’Appennino Meridionale riscontrava nel senso che “ ai fini del perfezionamento del procedimento autorizzatorio de quo, non è necessario alcun declassamento […] ma solo il monitoraggio costante del sito ”;
-) con nota del 13.1.2022 il Comune di Lungro, adeguandosi al chiarimento dell’ABD cassava la riserva, contenuta nel parere del 16.1.2020, di avvio del procedimento di declassificazione da R3 a R2, mantenendo la prescrizione del solo monitoraggio;
-) nonostante che in data 10.1.2022 la ricorrente rendesse noto all’Autorità regionale il suddetto riscontro dell’Autorità di Bacino producendo relazione geomorfologica, con nota dell’11.1.2022 la Regione non teneva conto del parere dell’Autorità stessa, quantunque richiamato, confermando la valutazione della situazione di rischio R3/R4 e l’archiviazione;
-) nelle more, con nota del 12.1.2022 la Regione concludeva la Conferenza dei Servizi con esito sfavorevole per la ricorrente sulla base delle prescrizioni della nota del 16.1.2020 e sull’archiviazione disposta dalla STV;
-) seguiva presentazione di memoria partecipativa ex art. 10 bis della L. 241/90 con trasmissione di documentazione (Certificato di destinazione Urbanistica, dichiarazione sostitutiva di notorietà, Istanza Usi Civici) e con nota prot. n. 66484 del 10.2.2022 la Regione riapriva i lavori della Conferenza di Servizi e richiedeva alla STV del Dipartimento la definizione dell’istanza di verifica di assoggettabilità a VIA;
-) il 28.2.2022, la Regione inviava alla ricorrente nuova comunicazione di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza per la verifica di assoggettabilità a VIA, fondato sul parere pronunciato dalla STV nella seduta del 23.2.2022.
-) il successivo 10.3.2022 il ricorrente presentava osservazioni contestando quanto asserito dalla Regione;
-) con nota del 9.6.2022 veniva notificato al ricorrente il decreto dirigenziale della Regione Calabria n. 6213 dell’8.6.2022, recante rigetto dell’istanza di rinnovo dell’autorizzazione nonché la chiusura dell’impianto di autodemolizione e il ripristino dello stato dei luoghi.
2- Ritenendo illegittimo il suddetto provvedimento regionale, con l’epigrafato ricorso se ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi:
I. VIOLAZIONE E/O FALSA E/O ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 29 D.LGS. N. 152/2006. CARENZA ASSOLUTA DEL 13 PRESUPPOSTO DELLE RIPERCUSSIONI NEGATIVE SULL’AMBIENTE.
I.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 19.2.5. DEL PIANO REGIONALE GESTIONE RIFIUTI DELLA REGIONE CALABRIA.
II. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. ILLOGICIÀ ED IRRAGIONEVOLEZZA PER OMESSA VALUTAZIONE DI ELEMENTO RILEVANTE. ARBIRARIETA’, CONTRADDITORIETA’ E INCONGRUENZE MANIFESTE.
II.1. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI COLLABORAZIONE E BUONA FEDE, DI BUON ANDAMENTO, DEL GIUSTO E CORRETTO PROCEDIMENTO, DI NON AGGRAVAMENTO DEL PROCEIMENTO, DI ECONOMICIA’, EFFICACIA, EFFICIENZA E SEMPLIFICAZIONE EX ART. 97 COST. E ART. 1 DELLA L. 241/1990. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL LEGITIMO AFFIDAMENTO.
III. MANCATA ANALISI COMPARATIVA. OMESSA PONDERAZIONE DEGLI INTERESSI IN GIOCO. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALIA’.
IV. PERPLESSIÀ. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI RAGIONEVOLEZZA E DI PROPORZIONALIÀ. INGIUSTIZIA MANIFESTA. SVIAMENTO DAL FINE.
Le censure vengono così articolate.
[I] Il ricorrente rileva che la c.d. VIA “postuma” non può rimettere in discussione ab imis le opere e le attività esistenti e già autorizzate con le ordinanze commissariali del 2000 e del 2007 rispetto ad un impianto non modificato in senso più impattante per l’ambiente ma anzi depotenziato con riduzione dell’accumulo di rifiuti.
Inoltre, non sussisterebbe la dedotta incoerenza dell’impianto con la tutela ambientale avendo egli rispettato l’art. 177, comma 4, d.lgs. n. 152/2006, richiamato dal successivo art. 208 in tema di impianti di smaltimenti e di gestione dei rifiuti. In particolare, l’area ove insiste l’impianto è a destinazione industriale (come da certificazione urbanistica del Comune di Lungro), mentre le relazioni tecniche versate nel procedimento (relazione di compatibilità geomorfologica) dimostrerebbero l'idoneità del sito per lo svolgimento dell’attività in questione senza rischi per l’ambiente, mentre egli stesso, onde prevenire rischi, aveva impiantato un disoleatore per separare gli idrocarburi, grassi e altri residui, dalle acque di prima pioggia. Infine, dallo studio di impianto acustico prodotto nel procedimento risulterebbe da escludere alcun danno acustico.
[I.1.] Il ricorrente richiama, a sostegno dell’asserita insussistenza di un obbligo di valutazione ambientale per gli impianti esistenti e non modificati anche il par. 19.2.5 del Piano Regionale Gestione Rifiuti della Regione Calabria, che, nell’individuare i criteri di localizzazione dei nuovi impianti ha stabilito che “ tutti gli interventi che riguarderanno la realizzazione di nuovi impianti e/o la modifica sostanziale degli impianti esistenti, qualora mostrassero interferenza anche parziale con aree a rischio o pericolo idraulico frana o interessate da pericolo inondazione dovranno assoggettarsi agli strumenti di pianificazione aggiornati in tema di dissesto idrogeologico, e quindi alle nuove Norme di Attuazione e Misure di Salvaguardia (NAMS), ottenendo il rispettivo parere di compatibilità ”, ribadendo che anche sotto tale aspetto non sussistono le condizioni per l’attivazione del procedimento non trattandosi di nuovo impianto, di un suo ampliamento o di modifica sostanziale quale “variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell'impianto, dell'opera o dell'infrastruttura o del progetto che, secondo l'autorità competente, producano effetti negativi e significativi sull'ambiente o sulla salute umana” (art. 5, comma 1, lett. l bis).
[II. - II.1] Il ricorrente contesta la sussistenza, nell’area di ubicazione dell’impianto, di una situazione di instabilità profonda, erroneamente ritenuta esistente unicamente sulla base in uno studio condotto prima del 2017 e su una zona posta a valle dell’area occupata dall’impianto.
Peraltro, dal parere della STV del 24.3.2022 (v. passaggio in cui “ l’episodio franoso che ha interessato recentemente l’impianto […] deve essere considerato come manifestazione di instabilità superficiale di una piccola area interamente collocata in un ampio settore di versante interessato da zona franosa profonda attiva le cui velocità di spostamento (maggiori di un metro all’anno) sono state accertate da un monitoraggio di lungo periodo […] ”) si evincerebbe che l’area è stata interessata da un solo evento franoso e questo è stato causato dalla mancata regimentazione delle acque piovane e sarebbe irrilevante in quanto superficiale e comunque risolto con la canalizzazione delle aliquote idriche senza ulteriori fenomeni, pertanto indipendenti dall’instabilità profonda evidenziata dall’Amministrazione. Tale conclusione sarebbe confermata dalla relazione di compatibilità geomorfologica del 20.7.2022 ed in particolare delle campagne di misurazioni del 4.10.2021, 5.1.2022, 7.3.2022, 21.4.2022 e 19.7.2022), da cui si evincerebbe la stabilità dell’area dell’impianto.
Il ricorrente rileva anche contraddizione tra l’assunto, contenuto nel provvedimento definitivo, per cui “ non ci sono le condizioni per dare corso ad ulteriori adempimenti istruttori, considerato che gli esiti del monitoraggio ambientale indicato dal Comune nella richiesta di rinvio sarebbero comunque incomparabili con le campagne di monitoraggio della letteratura scientifica di settore ” e l’osservazione dello stesso Ente resa in Conferenza di servizi per cui “ ogni ulteriore elemento istruttorio acquisibile dal monitoraggio ambientale indicato dal Comune nel richiesto rinvio […] richiederebbe comunque una nuova valutazione ambientale e, per l’effetto, l’attivazione di un nuovo procedimento ”.
Con il primo assunto l’Amministrazione avrebbe infatti precluso eventuali sviluppi istruttori richiamando apoditticamente studi di settore antecedenti al 2017 e non strettamente concernenti l’area in esame, mentre con il secondo assunto essa avrebbe invece ritenuto necessario attivare un nuovo procedimento per valutare eventuali ulteriori elementi istruttori. Da ciò violazione dei principi del giusto procedimento, di semplificazione, di collaborazione e buona fede, avendo in un primo momento l’Amministrazione richiesto -al fine del rinnovo- il monitoraggio del sito mediante l’installazione di n. 2 piezometri e n. 2 inclinometri per almeno sei mesi per poi ritenere irrilevante tale monitoraggio, nonostante il parere e l’istanza presentate dal Comune di Lungro partecipante alla Conferenza di servizi, menzionati ma non considerati nel provvedimento definitivo.
[III] Il ricorrente censura la correttezza del bilanciamento degli interessi coinvolti nel senso dell’individuazione della soluzione che, tra quelle più idonee a tutelare l’ambiente, arrechi il minor sacrificio agli altri interessi pubblici e privati coinvolti.
Nello specifico, la STV non avrebbe considerato l’interesse pubblico allo svolgimento dell’attività che consente lo smaltimento in sicurezza di carcasse di auto, l’interesse pubblico all’occupazione giovanile di cui si serve il ricorrente, l’interesse privato al mantenimento della localizzazione storica dell’impianto e oggetto di investimenti anche per mettere in sicurezza l’area e eliminare inconvenienti ambientali e acustici.
Tutto ciò a maggior ragione stante che, dall’inizio dell’attività, si è verificato un solo evento franoso in zona e, seppur non proprio a ridosso dell’impianto, ha portato il ricorrente a mettere in sicurezza l’attività riducendone le dimensioni e concentrandola nella sola area non soggetta a frana.
[IV] Viene contestata la ragionevolezza e la logicità della determinazione conclusiva della Conferenza di Servizi di rigetto dell’istanza di rinnovo.
Viene inoltre dedotta manifesta ingiustizia in ordine ai concetti di opportunità e convenienza, ove si consideri che il sacrificio richiesto al ricorrente di chiudere la sua unica fonte di reddito non è preordinato al soddisfacimento dell'interesse pubblico ambientale.
Si contesta altresì violazione del principio di proporzionalità, nel senso che la prevenzione della contaminazione ambientale e sanitaria derivante da un potenziale evento franoso sarebbe stata raggiungibile prescrivendo un costante monitoraggio dell’area attraverso i piezometri e gli inclinometri in uso per verificare la stabilità del sito.
3- Con atto depositato il 14.10.2022 si è costituita la Regione Calabria per resistere al ricorso.
4- Alla camera di consiglio del 19.10.2022, con ordinanza n. 568 pubblicata il 20.10.2022 è stata rigettata l’istanza cautelare, sul duplice rilievo che in effetti l’impianto risulta realizzato in area a rischio frana “elevato e molto elevato (rischio R3/R4)” in cui il Piano Regionale Rifiuti, sebbene risalante al 2016, esclude la realizzazione di impianti di trattamento di rifiuti e che, alla luce dei dati scientifici del 2017 evidenziati dalla STV tutt’ora non superati in base alle evidenze procedimentali, non sussistono, allo stato, i presupposti per la “riclassificazione dell’area ad almeno rischio PAI R2, condizione imprescindibile ai fini di ottenere la coerenza programmatica con il Piano Rifiuti”.
5- A seguito di gravame, con ordinanza n. 130 del 16.1.2023 il Consiglio di Stato ha accolto l’appello cautelare ai fini della sollecita trattazione del merito ex art. 55 comma 10 c.p.a. sul rilievo che la risoluzione delle questioni prospettate dalla parte appellante (in ordine alla qualificazione dell’area su cui insiste l’impianto come “area a rischio elevato di frana” R – 3, in base alle previsioni del Piano di Bacino, e in ordine all’applicazione delle preclusioni, di cui all’art. 19 del Piano regionale per la gestione dei rifiuti della Regione Calabria, anche alle ipotesi di rinnovo della autorizzazione de qua ) richiede necessariamente un approfondimento proprio della fase di merito del giudizio.
6- In data 13.4.2023 il ricorrente ha depositato memoria ex art. 73 c.p.a. sviluppando le argomentazioni esposte nella decisione cautelare di seconde cure e contestando i due assunti contenuti nel cautelare di primo grado.
In particolare, il ricorrente ha osservato che:
-) dagli elaborati cartografici del Piano stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico Calabria (PAI) e dalla Relazione sulla compatibilità geomorfologica redatta dal ricorrente e versati dapprima nel procedimento e quindi agli atti del processo si evincerebbe chiaramente che l’impianto insiste su un’area non rientrante nel suddetto ambito R3 o R4 del PAI 2001 e dunque estranea alle norme di salvaguardia e alle prescrizioni del Piano;
-) ciò sarebbe avvalorato dalla sovrapposizione della cartografia PAI con gli estratti di mappa catastale, atteso che solo una piccola porzione della particella in questione (porzione nella quale non insiste l’impianto controverso ma solo veicoli riconducibili ad un’attività di officina meccanica distinta dal primo) rientri in fascia R3, mentre nulla risulta quanto alla fascia R4, neppure confinante con l’area di intesse;
-) da ciò inesistenza della presupposta localizzazione dell’impianto in area a rischio frana elevato/molto elevato (R3/R4) con conseguente erronea applicazione del Piano Rifiuti ove esclude la realizzazione di impianti di trattamento di rifiuti in zone così classificate;
-) peraltro, prevedendo l’ultimo periodo del par. 19.2.5 del Piano Rifiuti che “ le aree interessate da fenomeni franosi, con livello di pericolosità P4 e P3 (…) rappresentano criteri escludenti per tutte le tipologie di impianto ” e in assenza di una fascia di rispetto ed essendo l’impianto collocato solo in area confinante con la fascia R3, esso non è interessato dal divieto;
-) ancora, riportandosi al passaggio del Piano Rifiuti già richiamato nel ricorso (censura [I.1]), esclusa l’applicabilità del divieto di insediamento non rientrando l’area in zona P3/P4 e non vertendosi in nuovo impianto o modifica sostanziale di impianto precedente, non potrebbe trovare applicazione neanche la possibile “interferenza anche parziale con aree a rischio […] frana”;tale conclusione troverebbe conferma nel parere dell’ABD del 27.12.2021 che ha ritenuto non necessario l’espressione di un parere in quanto rinnovo di impianto già esistente senza strutture aggiuntive, non essendo necessario alcun declassamento da R3/R4 a R2 -come invece dapprima prospettato dal Comune di Lungro- ai fini del perfezionamento del procedimento autorizzatorio;
-) gli studi scientifici del 2017 sarebbero inconferenti in quanto estranei all’area oggetto di controversia che, ove gravata da pericolo all’epoca di realizzazione dell’impianto e del PAI, sarebbe stata ricondotta nella perimetrazione di quest’ultimo già all’epoca dell’approvazione degli elaborati cartografici medesimi, mentre anche le successive campagne di rilevazione avrebbero confermato la stabilità del sito.
7- Da ultimo, il 12.5.2023 parte ricorrente ha depositato un’ulteriore elaborato avente ad oggetto una più recente campagna di rilevazione (maggio 2023), che confermerebbe la stabilità del sito medesimo.
8- All’udienza del 17.5.2023 il ricorso è stato spedito in decisione.
DIRITO
9- Il ricorso è infondato.
10- Viene scrutinato il motivo sub [I] .
10.1- Le censure sono infondate.
10.2- Si rileva anzitutto che:
-) l'art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006, rubricato " Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti ", prevede che " I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio (…). Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini ... " (comma 1), stabilendo che " Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi: a) procede alla valutazione dei progetti;b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall'articolo 177, comma 4;c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione " (comma 4);
-) il richiamato art. 177, comma 4, del medesimo d.lgs. n. 152/2006 afferma, in particolare, che " I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente ";
-) ancora, l’art. 29 dispone che “ I provvedimenti di autorizzazione di un progetto adottati senza la verifica di assoggettabilità a VIA o senza la VIA, ove prescritte, sono annullabili per violazione di legge ”.
10.3- Da quanto ora osservato discende che la compatibilità urbanistica ed ambientale dell'impianto costituisce presupposto per ottenere l'autorizzazione di cui all'art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, ivi facendosi espresso riferimento all'esigenza di documentare la conformità del progetto di impianto alla normativa urbanistica ed alla valutazione, in sede di conferenza dei servizi, della compatibilità dello stesso con le esigenze ambientali e territoriali, sicché, ove tale compatibilità manchi, il titolo autorizzatorio non potrà essere rilasciato (in senso conforme, ex multis , T.A.R. Lazio, Roma, sentenze n. 14082/2019 e n. 1985/2000).
10.4- Tanto premesso, passando alle argomentazioni a supporto della doglianza si osserva anzitutto che l’enfatizzata posteriorità del d.lgs. n. 152 del 2006 all’autorizzazione commissariale dell'anno 2000 non costituisce un argomento centrato ed efficace, stante che -da quanto allegato in atti- l’impianto risulta autorizzato con ordinanze n. 973/2000 e n. 6377/2007, dunque in epoca successiva alla normativa ambientale di riferimento che ha introdotto la VIA (prima direttiva VIA -Direttiva 85/337/CEE- entrata in vigore il 3 luglio 1988 e peraltro recepita con l. n. 349 del 1986) e, quanto all'ordinanza n. 6377/2007, anche successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 142 del 2006.
10.5- Si rileva infatti, a tal proposito, che la Corte costituzionale inquadra il limite della rimessione in discussione delle localizzazioni degli impianti esistenti in caso di VIA “postuma” nell’ottica di evitare l'applicazione retroattiva di “ standard di valutazione divenuti obbligatori per tutti i progetti successivi al 3 luglio 1988, data di scadenza del termine di attuazione della suddetta direttiva, già definita "spartiacque" dalla sentenza n. 120 del 2010 di questa Corte " (Corte cost., sentenza n. 209 del 2011), esigenza che, stante la lunga posteriorità del primigenio provvedimento all’entrata in vigore degli standard di valutazione, non si pone nel caso controverso.
10.6- Peraltro, neanche è decisivo il richiamo alla pregressa autorizzazione dell’impianto con ordinanza commissariale del 2000, quindi rinnovata nel 2007 -che, pur non essendo depositate in atti, sono ricostruibili dalle premesse del provvedimento impugnato e sulle quali il ricorrente nulla osserva di specifico- stante che:
-) l’originaria autorizzazione commissariale n. 973 del 20.3.2000, nel fissare in anni 5 la durata della stessa, stabiliva che, trascorso detto tempo, l’impianto avrebbe dovuto essere rilocalizzato in aree destinate ad insediamenti industriali ed artigianali o in ulteriori aree a diversa destinazione urbanistica individuate ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. 22/97, secondo criteri di compatibilità ambientale;
-) la successiva ordinanza commissariale n. 6377 del 7.12.2007 (anche in questo caso non depositata e ricostruibile mediante il provvedimento impugnato) veniva rilasciata dopo autorizzazioni provvisorie e proroghe (OO.CC.DD. n. 3830 dell’8.11.2005, n. 5333 del 25.1.2007, n. 6112 del 5.9.2007) in seguito all’acquisizione della nota del Comune di Lungro del 6.11.2007 inerente alla variazione della destinazione urbanistica da agricola ad industriale dell’area, ma senza esperire una vera e propria procedura di compatibilità ambientale.
10.7- In sostanza, non solo la legge ma anche lo stesso provvedimento commissariale richiamava la necessità di svolgere comunque le opportune verifiche di compatibilità ambientale.
10.8- In conclusione, lo screening imposto dalla Regione era teso a “sanare” un’omissione che il ricorrente avrebbe dovuto colmare sin dall’origine –ragionevolmente dal 2000 ma senza dubbio in sede di rinnovo del 2007- e mai effettivamente posta in essere, stante che, a fronte di un’originaria autorizzazione (quella rilasciata nell’anno 2000) che prescriveva la successiva rilocalizzazione in aree compatibili secondo criteri di compatibilità ambientale, la successiva autorizzazione (anno 2007) ha mantenuto la localizzazione nella medesima area non a seguito di verifiche di compatibilità ambientale ma in virtù del mero mutamento della destinazione urbanistica dell’area disposto dal Comune.
10.9- Stando così le cose, non sono applicabili i limiti –asseritamente invalicabili in base all’assunto del ricorrente- in ordine alla stessa messa in discussione dell’ an dell’autorizzazione, come d’altronde è dato evincere:
-) sia alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia per cui, in caso di omissione di una valutazione di impatto ambientale di un progetto “ il diritto dell’Unione, da un lato, impone agli Stati membri di rimuovere le conseguenze illecite di tale omissione e, dall’altro, non osta a che una valutazione di tale impatto sia effettuata a titolo di regolarizzazione, dopo la costruzione e la messa in servizio dell’impianto interessato, purché: le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non offrano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto dell’Unione o di disapplicarle;la valutazione effettuata a titolo di regolarizzazione non si limiti alle ripercussioni future di tale impianto sull’ambiente, ma prenda in considerazione altresì l’impatto ambientale intervenuto a partire dalla sua realizzazione ” (Corte di giustizia UE, 28 febbraio 2018, causa C- 117/17;Corte di giustizia UE, 26 luglio 2017, cause riunite C-196 e C- 197;Corte di giustizia, 17 marzo 2011, causa C-275/09, cd. VIA postuma);
-) sia in relazione alla giurisprudenza nazionale, per la quale, se è vero che di norma «il giudizio di compatibilità ambientale riguarderà, il progetto di modifica o di ampliamento dell'impianto (e non si estenderà pertanto all'intera opera), sempre che ne ricorra il presupposto positivamente contemplato dalla disciplina vale a dire la possibilità che si verifichino “notevoli ripercussioni negative sull'ambiente”» (Tar Campania, n. 3086/2020) è anche vero che il medesimo arresto soggiunge che: «Nondimeno, è naturale che, per giudicare l'impatto ambientale della modifica operata, non potrà̀ non tenersi conto anche dell'impianto preesistente, ove ciò̀ si renda necessario, perché, ad es., gli effetti di quanto progettato si possono apprezzare soltanto tenendo conto dell'intera struttura e dell'intero processo produttivo» (sempre Tar Campania, n. 3086/2020;v. anche T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 24/12/2019, n. 2254).
10.10- Solo per completezza, l'osservazione del ricorrente per cui il procedimento verterebbe sul mero rinnovo di un’autorizzazione per l’impianto tal quale era stato originariamente autorizzato in concreto non risulta efficace stante che, come desumibile dalle allegazioni delle parti, l’impianto oggetto di controversia ha subito, nel tempo, una riduzione (che, pur non comportante un ampliamento, comunque costituisce una modifica rispetto alla conformazione originaria dell’impianto stesso) e, secondariamente, detta modifica riduttiva è collegabile proprio ad un evento franoso che aveva lambito parte dell’area su cui insisteva l’impianto, comportando di fatto la necessità di una sua modifica in senso riduttivo.
10.11- Da ultimo, è da notare che, a fronte dell’imposizione di uno specifico onere procedimentale a carico del ricorrente nell’atto del 21.7.2021, con sostanziale valenza di arresto procedimentale, quest’ultimo ha comunque dato corso al procedimento, ragion per cui ogni contestazione ex post circa l’inesistenza di tale obbligo è da ritenersi superata alla luce dell’operato del ricorrente stesso.
10.12- Chiarita la legittimità dell’operato della Regione nei termini anzidetti, anche gli ulteriori profili di censura – involgenti il richiamo dell’art. 177, comma 4, d.lgs. n. 152/2006, nonché la ribadita compatibilità del sito con la sua destinazione urbanistica nonchè la sua idoneità, anche alla luce della sua conformazione geomorfologica, allo svolgimento dell’attività di autodemolizione senza rischi per l’ambiente, nonché l’avvenuta predisposizione di un impianto di un disoleatore che separi idrocarburi, grassi e altri residui dalle acque di prima pioggia e l'assenza di danni acustici come da apposito studio versato in procedimento – per un verso esorbitano dal thema decidendum sull’imprescindibilità dello screening (attenendo, piuttosto, alle censure di seguito esposte dal ricorrente) e comunque si esauriscono in una mera sovrapposizione di valutazioni di merito agli apprezzamenti tecnici dell'autorità procedente, peraltro caratterizzati – in tema di valutazione di impatto ambientale – da ampia discrezionalità.
11- In tale ottica, anche la censura sub [I.1] è priva di reale pregnanza.
11.1- Difatti, assodata la necessità della valutazione di compatibilità ambientale e considerato che essa, per sua natura, si estende a tutte le matrici ambientali ivi compreso il suolo (e ovviamente il sottosuolo) fa sì, a prescindere dal significato del passaggio del par. 19.2.5 del Piano rifiuti richiamato dal ricorrente, il suo richiamo non porta comunque a conclusioni diverse sulla sussistenza di un tale obbligo.
Peraltro, è da osservare che, come si evidenzierà meglio scrutinando la censura sub [II. – II.1], il focus su cui ruota il diniego non è dato dall’assenza di un incombente istruttorio costituito dalla carenza del parere di compatibilità idrogeologica ma, a monte, dalla radicale incompatibilità dell’area ove insiste l’impianto con le previsioni del Piano Regionale Rifiuti del 2016.
12- Viene quindi scrutinato il motivo sub [II. – II.1].
12.1- Il motivo è infondato.
12.2- Sul punto è opportuno anzitutto osservare che, dalla disamina complessiva del ricorso e della memoria depositata il 13.4.2023, il tenore delle censure è ricostruibile come segue:
i) erroneamente l’Amministrazione avrebbe considerato l’area pericolosa – nel senso di essere interessata da una frana profonda attiva le cui velocità di spostamento sarebbero maggiori di un metro all’anno – atteso che, dall’esame delle misurazioni all’esito delle campagne disposte dalla Regione, si desumerebbe che il settore di versante entro il quale ricade l’impianto risulta stabile dal punto di vista geomorfologico;peraltro, la zona non è affatto [censura II - II.1];
ii) l’impianto non insiste su un’area non rientrante nell’ambito R3 o R4 del PAI 2001, da cui travisamento fattuale ed inesistenza del presupposto del provvedimento sulla localizzazione dell’impianto in area a rischio frana elevato/molto elevato (R3/R4) con erronea applicazione del Piano Regionale Rifiuti ove esclude la realizzazione di impianti di trattamento di rifiuti in zone così classificate (memoria del 13.4.2023);
iii) in assenza di una fascia di rispetto ed essendo l’impianto collocato solo in area confinante con la fascia R3, l’impianto non è interessato dal divieto prevedendo l’ultimo periodo del par. 19.2.5 del Piano Rifiuti che “ le aree interessate da fenomeni franosi, con livello di pericolosità P4 e P3 (…) rappresentano criteri escludenti per tutte le tipologie di impianto ” (memoria del 13.4.2023).
12.3- Tanto chiarito, come già anticipato il provvedimento impugnato nega il rinnovo dell’autorizzazione per le motivazioni così compendiate:
-) l’ubicazione dell’impianto in un’area con perimetrazione di rischio molto elevato ed elevato (R4 -R3) è in contrasto con le previsioni del