TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-03-31, n. 202305562
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 31/03/2023
N. 05562/2023 REG.PROV.COLL.
N. 09451/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9451 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gisella Mesoraca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
per l'annullamento
del decreto di rigetto della domanda di cittadinanza italiana (-OMISSIS-);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 10 marzo 2023 il dott. Gianluca Verico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- In data 8.8.2014 il ricorrente ha presentato istanza per la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma primo, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Il Ministero dell’Interno, previa comunicazione del preavviso di diniego ex art. 10- bis Legge n. 241/1990, con decreto del 14.03.2018 ha respinto la domanda dell’interessato ritenendo che non vi fosse coincidenza tra l’interesse pubblico e quello della richiedente alla concessione della cittadinanza, sulla base delle seguenti vicende penali emerse a carico dell’istante:
- 24.11.2004, notizia di reato dei Carabinieri di -OMISSIS- (RE) all’Autorità Giudiziaria, per violazione dell’art. 186 comma 2 lett. c del D.L.vo 285/1992 (guida in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche);
- 14.01.2015, notizia di reato della Sottosezione Polstrada di -OMISSIS- (RE) all’Autorità Giudiziaria, per violazione dell’art. 186 comma 2 lett. c del D.L.vo 285/1992 (guida in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche);
- 03.06.2016, decreto penale del GIP del Tribunale di -OMISSIS-, per violazione dell’art. 186 comma 2 lett. c del D.L.vo 285/1992 (guida in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche);
- 12.03.2014, con le generalità di -OMISSIS-, decreto penale del GIP del Tribunale di -OMISSIS-, esecutivo il 09/05/2014 per il reato di lesione personale di cui agli artt. 582, 585 c.p.
Inoltre, nella motivazione del diniego è stato anche rilevato che il richiedente, all’atto della presentazione della domanda, ha autocertificato di non aver mai riportato condanne penali.
Avverso il predetto decreto di rigetto ha quindi proposto ricorso l’interessato, deducendone l’illegittimità per violazione degli artt. 6 e 8 della legge n. 91/1992 e per difetto d’istruttoria e difetto di motivazione.
Il ricorrente lamenta, essenzialmente, il difetto di istruttoria e l'insufficienza di tali precedenti penali a sostenere, sotto il profilo motivazionale, il diniego impugnato, atteso che l’unico fatto di reato sarebbe costituito dal decreto penale di condanna per guida in stato d’ebbrezza, adottato il 3.3.2016 e ancora sub iudice in quanto opposto; trattandosi di reato colposo, non rientrerebbe nemmeno tra i reati ostativi di cui all’art. 6, comma 1, lett. b, l. n. 91 del 1992. Assume che, invece, sarebbe stato necessario un più approfondito giudizio circa la complessiva condotta tenuta nell'arco dell'intero periodo di permanenza sul territorio nazionale, essendosi ormai compiutamente e regolarmente integrato nel tessuto economico e sociale. Deduce, inoltre, che il diniego sarebbe comunque nullo perché adottato dopo il termine biennale previsto dall’art. 8, 2° comma, L. n. 91/1992. Infine, quanto alla dedotta falsità dell’autocertificazione, eccepisce che al momento della presentazione dell’istanza (8.8.2014) non era ancora intervenuta la ridetta pronuncia di condanna (3.3.2016).
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.
All’udienza straordinaria del 10 marzo 2023 la causa è passata in decisione.
2.- Per ragioni di ordine logico, occorre innanzitutto esaminare la doglianza relativa alla nullità del diniego sul presupposto che questo sarebbe stato adottato quando il potere si era ormai consumato per scadenza del termine perentorio biennale, a norma dell’art. 8, comma 2, della legge n. 91/1992, che così dispone: “ l’emanazione del decreto di rigetto dell’istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell’istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni ”.
La censura è destituita di ogni fondamento, in quanto il richiamo all’art. 8 è del tutto inconferente.
Invero, la menzionata disposizione (nel frattempo abrogata dal decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 1 dicembre 2018, n. 132) fa espresso riferimento al precedente articolo 7, ovvero alle istanze di acquisto della cittadinanza ai sensi dell’art. 5 della medesima legge presentate dal coniuge di cittadino italiano.
Tale norma, in altri termini, si applica alle sole istanze di attribuzione della cittadinanza “di diritto” per matrimonio con cittadino italiano e non anche alle domande di concessione per naturalizzazione, come quella presentata dall’odierno ricorrente.
Dalle considerazioni che precedono consegue che l’Amministrazione, allorché venga presentata un’istanza di concessione della cittadinanza per naturalizzazione ai sensi dell’art. 9, come nel caso in esame, conserva senza dubbio il potere di provvedere anche dopo la scadenza del termine, trattandosi di termine pacificamente ordinatorio e non perentorio, il cui inutile decorso, come ripetutamente chiarito anche da questa Sezione, può semmai legittimare il richiedente a proporre il ricorso avverso il silenzio illegittimamente serbato dall’Amministrazione ex artt. 31 e 117 c.p.a. (TAR Lazio, sez. V bis, n. 3620/2022, 5130/2022, 6604/2022, 6254/2022, 16216/2022) nonché, eventualmente, un’azione di risarcimento per il danno da ritardo, chiaramente in presenza di tutte le altre condizioni a tal fine necessarie.
D’altronde, la costante giurisprudenza (cfr., ex multis, Consiglio di Stato sez. IV, 06/06/2017, n.2718) ha precisato che un termine procedimentale non può rivestire carattere perentorio - tale, cioè, da determinare la consumazione del potere di provvedere in capo all'Amministrazione in caso di suo superamento - se non in presenza di una puntuale ed espressa previsione normativa ovvero di una evidente, manifesta ed univoca ratio legis in tal senso: detti presupposti non sono evidentemente ravvisabili nel caso in esame.
Sulla scorta dei suddetti rilievi, acclarata la conservazione del potere di provvedere in capo all’Amministrazione anche dopo la scadenza del termine ordinatorio previsto dalla legge, la doglianza in esame va disattesa.
3.- Ciò posto, anche i restanti motivi di gravame, da esaminarsi congiuntamente perché strettamente connessi, non sono suscettibili di positiva valutazione.
3.1- Giova premettere un richiamo alla giurisprudenza formatasi in questa materia, ricostruita dalla Sezione in recenti pronunce (cfr., ex multis , TAR Lazio, Roma, Sez. V bis, n. 2943,