TAR Roma, sez. II, sentenza 2020-11-24, n. 202012430

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2020-11-24, n. 202012430
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202012430
Data del deposito : 24 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/11/2020

N. 12430/2020 REG.PROV.COLL.

N. 15043/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15043 del 2018, proposto da -OMISSIS--OMISSIS-per la -OMISSIS-della -OMISSIS-e dell'-OMISSIS- - -OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati R G A, M G, M C con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in atti;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- della determinazione dirigenziali di Roma Capitale - Municipio Roma XII - Servizio amministrativo servizi educativi e scolastici n. rep cq/1377/2018 del 05.10.2018, n. prot cq/10828/2018, notificata in data 17.10.2018, recante ad oggetto “ Riacquisizione forzosa dell’immobile di proprietà capitolina sito in Roma, -OMISSIS-–-OMISSIS-” ;

- della deliberazione n. 140 del 30 aprile 2015 della Giunta Capitolina.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, disciplinante le udienze da remoto;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2020 il dott. L I e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso indicato in epigrafe, la ricorrente ha impugnato il provvedimento di ri-acquisizione dell’immobile di proprietà comunale che è stato concesso in uso a seguito della deliberazione del Consiglio Comunale n. 25 del 3 febbraio 1995 e, prima ancora, in virtù di un verbale di consegna in custodia dell’immobile del 2 agosto 1991. Ha formulato nei confronti del provvedimento gravato un unico motivo di ricorso in cui si espongono plurime censure ed in particolare: a) la mancata considerazione delle ragioni originarie che hanno condotto alla concessione in uso dell’immobile ossia della “specifica collaborazione nelle attività sociali ed assistenziale svolte dalla ricorrente con le istituzioni pubbliche”;
b) il “mancato svolgimento da parte dell’Amministrazione di ogni opportuna e doverosa attività finalizzata al perfezionamento delle procedure previste per il rinnovo della concessione” originaria;
c) l’illegittima sottrazione dei beni inseriti nel circuito solidaristico dalla loro destinazione che potrebbe avvenire unicamente “attraverso un formale provvedimento che ne modifichi la destinazione stessa” e comunque nella comparazione degli vari interesse in gioco;
d) la contraddittorietà nella parte in cui l’amministrazione ha concesso all’associazione nel 2014 “l’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento della casa famigli per disabili adulti”;
e) la contraddittorietà rispetto alle disciplina sul riordino dei beni da affidare e porre in concessione (deliberazioni della Giunta Capitolina 30 aprile 2015, n. 40 e 22 febbraio 2017, n. 19;
Direttiva di Giunta Capitolina del 9 giugno 2017) e la violazione della disciplina recata dal decreto legge 95 del 2012 in merito alla concessione di beni demaniali o patrimoniali indisponibili;
f) la carenza di potere dell’amministrazione trattandosi di immobile appartenente al patrimonio disponibile;
g) la violazione dell’art. 68 della deliberazione del Consiglio Comunale n. 10 del 1999, sul regolamento per il decentramento amministrativo, che radica la competenza in materia di “cessione in locazione o in concessione di immobili” nel Consiglio Municipale anziché nel “dirigente municipale”;
h) la violazione della delibera del Consiglio Comunale del 27 settembre 1983 n. 5625 (“Regolamento delle concessioni di beni immobili appartenenti al demanio e Patrimonio indisponibile comunale”), ai sensi della quale (art. 2) le competenze relative alle concessioni sarebbero riservate all’organo consiliare con delega ai consigli circoscrizionali (gli attuali Consigli Municipali), “ossia sempre ad organi con finalità e poteri di indirizzo politico amministrativo”.

In data 2 ottobre 2019, la ricorrente si è costituita in giudizio con un nuovo collegio difensivo in sostituzione dei procedenti difensori.

Con atto rubricato “memoria di costituzione”, notificato in data 25 febbraio 2020, la ricorrente ha formulato, mediante altro difensore, ulteriori censure nei confronti del provvedimento impugnato.

Quindi con memoria del 31 marzo 2020, ha contestato, per il tramite dei difensori costituiti in data 2 ottobre 2019, la sussistenza dei presupposti posti a fondamento della ri-acquisizione, quali: a) la mancanza di titolo concessorio, che, invece, risulterebbe per tabulas;
b) la scadenza della concessione nel qual caso il Comune avrebbe l’obbligo di applicare le Delibere della Giunta Capitolina 140 n. del 2015 e n. 19 del 2017 concedendo la prosecuzione delle attività, senza dovere interrompere il pubblico servizio che viene svolto, fino all’emanazione del nuovo regolamento e del nuovo bando;
c) la decadenza per morosità in quanto sarebbe stato sempre offerto il pagamento previa quantificazione del canone con adeguata compensazione dei lavori fatti;
d) l’asserita omessa realizzazione/rendicontazione dei lavori da parte della deducente, che invece sarebbe stata costantemente effettuata;
e) il mancato svolgimento dell’attività di assistenza dei disabili e l’asserito abbandono del fabbricato, in quanto risulterebbe provata lo svolgimento della propria attività istituzionale.

Nel costituirsi in giudizio, l’amministrazione resistente ha replicato in modo puntuale alle censure della ricorrente ed ha chiesto il rigetto del ricorso.

2. All’udienza del 18 novembre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Il ricorso non è fondato.

In via preliminare, va dichiarata l’irricevibilità del gravame rubricato “memoria di costituzione”, notificato in data 25 febbraio 2020 e depositato in data 6 aprile 2020, in quanto il mezzo è stato sia notificato che depositato oltre i termini di decadenza stabiliti, rispettivamente, in sessanta (art. 41 c.p.a.) e in trenta giorni (art. 45 c.p.a.).

Nel merito, occorre innanzitutto chiarire la natura giuridica dell’immobile in questione poiché la stessa ricorrente da un lato afferma che si tratterebbe di un bene appartenente al patrimonio disponibile (da cui poi deduce la carenza di potere dell’amministrazione procedente) e dall’altro lato invece deduce essere un bene patrimoniale indisponibile (da cui fa conseguire gran parti delle censure sollevate).

L’immobile di-OMISSIS-(ex -OMISSIS-–-OMISSIS-”) fa parte del patrimonio indisponibile di Roma Capitale posto che il manufatto è stato formalmente destinato dall’amministrazione, in virtù della deliberazione del Consiglio Comunale n. 25 del 95, al pubblico servizio rappresentato dallo svolgimento di attività socio sanitarie ed assistenziali e che tale immobile è stato effettivamente utilizzato per tali tipi di attività. Sussistono dunque, come evidenziato dall’amministrazione resistente, sia il requisito soggettivo che quello oggettivo indispensabili per inquadrare l’immobile tra quelli appartenenti alla categoria dei beni patrimoniali indisponibili.

Sulla base della predetta qualificazione giuridica dell’immobile, appartenente al patrimonio indisponibile dell’ente locale, occorre ora esaminare le censure sollevate nei confronti del provvedimento gravato che si pone quale esercizio del potere di autotutela esecutiva riservato al proprietario del bene (art. 823 c.c.).

Il provvedimento impugnato si caratterizza per avere una motivazione c.d. plurima in quanto la ri-acquisizione dell’immobile è fondata su vari presupposti tra loro autonomi.

Sotto il profilo sostanziale, la motivazione c.d. plurima del provvedimento comporta che il rigetto dell’impugnativa proposta contro una delle ragioni del diniego - idonea di per sé “ a sostenerne ed a comprovarne la legittimità ” - lascia in vita l’atto impugnato. Sotto il profilo processuale, la conservazione dell’atto giustifica l’assorbimento delle censure proposte nei confronti delle altre ragioni di diniego attesa la sopravvenuta carenza di interesse a coltivare il gravame (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 aprile 2015, n. 5).

Nel caso di specie l’atto di ri-acquisizione dell’immobile si fonda su di una serie di inadempimenti agli obblighi concessori a suo tempo assunti dalla ricorrente, nonché sulla scadenza, da molti anni, del termine d’uso dell’immobile concesso. A quest’ultimo riguardo, nel provvedimento impugnato si afferma che “comunque, anche sotto il profilo temporale la concessione di cui trattasi risulta ormai scaduta giusta il disposto di cui all’art. 15 del più volte citato Regolamento delle concessioni di beni immobili appartenenti al demanio e Patrimonio indisponibile comunale che fissa in n. 6 (sei) anni, rinnovabili alla scadenza con provvedimento espresso, la durata di una concessione” (Regolamento n. 5625 del 1983).

A fondamento dell’atto gravato vi sono quindi una pluralità di ragioni autonomamente idonee a mantenere in piedi l’atto.

Dalla documentazione versata in giudizio risulta che la ricorrente non ha più titolo per mantenere il possesso dell’immobile concesso a suo tempo in uso per le finalità indicate. Né invero la ricorrente ha dimostrato il contrario, come avrebbe potuto fare allegando un titolo idoneo che l’abiliti a mantenere l’uso dell’immobile a suo tempo legittimamente occupato. In proposito, non hanno fondamento gli assunti volti a contestare la legittimità della ri-acquisizione sotto il profilo della competenza funzionale e/o dei presupposti per la sua adozione. Sotto il primo profilo va osservato che il potere di amministrazione attiva - in cui rientra la gestione del patrimonio immobiliare dell’ente locale – spetta notoriamente, alla luce della disciplina ratio temporis vigente, alla dirigenza e non all’organo politico. Sotto il secondo profilo risulta essere sussistente il presupposto legittimante in concreto l’esercizio del potere di ri-acquisizione (scadenza del termine d’uso), senza che rilevi in proposito la disciplina sulla assegnazione e/o sulla destinazione degli immobili comunali in favore di terzi richiamata dal ricorrente.

In conclusione, ad oggi la ricorrente non ha titolo per mantenere il possesso di un immobile che appartiene al patrimonio indisponibile dell’amministrazione che può essere legittimamente destinato a finalità di pubblico interesse.

4. Il gravame va respinto in quanto è in parte irricevibile e in parte infondato.

La peculiarità della controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

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