TAR Parma, sez. I, sentenza 2021-12-01, n. 202100287
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Pubblicato il 01/12/2021
N. 00287/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00308/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 308 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Conad Centro Nord Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Parma, borgo S. Brigida, 1;
contro
Comune di Parma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati S C, L M D, F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio L M D in Parma, Str Repubblica n.1;
nei confronti
Immobiliare Gioia S.r.l. in Liquidazione, Immobiliare Emiliana S.r.l., Provincia di Parma, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento, per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
della delib. n.2019-53 del 22.7.2019 del Comune di Parma con la quale è stata approvata definitivamente la variante generale al PSC del Comune medesimo e contestualmente adottata variante relativamente all'area di proprietà della ricorrente declassificandola prevedendone la destinazione a parchi urbani e periurbani in previsione;
di ogni altro atto antecedente, conseguente e comunque connesso, ancorchè non conosciuto, inclusa la determinazione dirigenziale di adeguamento cartografico del PSC.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da CONAD CENTRO NORD SOCIETÀ COOPERATIVA il 19\10\2020, per l’annullamento:
della delib. C.C. 13/7/2020 n. 32, il Comune, dopo aver acquisito l'intesa della Provincia di Parma, ha definitivamente approvato la variante al PSC riguardante l'area della ricorrente;
della determinazione n. 84 del 30/4/2020 con la quale la Provincia di Parma ha decretato l'Intesa, ritenendo non necessaria la VALSAT,
di tutti gli atti del procedimento, inclusa la delib. C.C. 9/3/2020 n. 11 di approvazione delle controdeduzioni e riserve).
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Parma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2021 il dott. C B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente espone di essere proprietaria, a seguito di subingresso alla Società Immobiliare Villa Negri srl, di un’area che, in base al precedente PSC del Comune di Parma, era inserita nel sub-ambito 22S11 denominato “Residenziale Via Emilia Est”;sulla stessa successivamente l’Amministrazione iniziava l’iter approvativo del nuovo PSC riclassificandola (tav. CTP 1.1, foglio 07) come area destinata a “Parco urbano e suburbano in previsione”.
In particolare con la delibera consiliare n. 13/2017 del 14.02.2017 veniva adottata la Variante Generale al PSC sul presupposto dell’ormai intervenuta scadenza del POC e con essa della cessazione dell’efficacia delle previsioni non realizzate in esso contenute, ivi comprese quelle relative al sub-ambito 22S11;in relazione ad essa, respinta la richiesta di revoca dell’archiviazione del PUA, il relativo giudizio era respinto con sentenza di questo Tar n. 45/2019 che, in parte qua, veniva appellata da CONAD con causa tuttora pendente avanti il Consiglio di Stato RG n. 6234/2019,
Altersì espone che con il ricorso RG n. 365/2017 si adiva questo Tar “…per l’accertamento della perdurante inclusione dell’area nel POC del Comune di Parma, anche a seguito della presentata domanda di revoca dell’archiviazione a suo tempo disposta”.
Con sentenza n.51/2019 (appellata in tale capo al Consiglio di Stato con ricorso anch’esso tutt’ora pendente) questo Tar, accolta la sola domanda di ripetizione dell’indebito proposta in via subordinata, in parte qua respingeva la domanda impugnatoria.
Con distinto gravame recante RG n. 10/2019, deciso contestualmente al presente nella medesima udienza, la società ricorrente – avendo presentato osservazioni alla D.C.C. n. 13/2017 di adozione della Variante Generale al PSC che venivano respinte con la deliberazione in epigrafe indicata di C.C. n. 64 del 23/07/2018 di approvazione delle controdeduzioni – chiede l’annullamento di quest’ultima, unitamente al pedissequo decreto presidenziale, deducendo vizi di violazione di legge e di eccesso di potere.
Le medesime contestazioni venivano anche reiterate nel presente giudizio, asseritamente da valere anche quale motivi aggiunti rispetto al pregresso segmento processuale, poiché quelli qui impugnati sono gli atti terminali del procedimento pianificatorio che ha portato alla declassificazione dell’area di proprietà della ricorrente
Si è costituita l’amministrazione comunale deducendo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso.
All’udienza del 17.11.2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni che seguono.
Con il primo motivo di censura (omessa e/o errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione dei principi generali. ingiustizia, iniquità ed irrazionalità manifesta) parte ricorrente – premesso che l’area in questione deve ancora ritenersi regolata dalle previsioni del POC, ritiene sostanzialmente illegittimo il rigetto della domanda di revoca dell’archiviazione del PUA presentato nel 2010 (ed archiviato il 3/5/2013);parimenti illegittima viene stimata la previsione del PSC qui impugnato che si fonda sull’erroneo presupposto che l’area non sia più inclusa nel POC con il conseguente consolidamento dei relativi diritti edificatori, opinandosi nel senso che invece l’area è ancora soggetta alle previsioni del POC ex art. 30, comma 1, L.reg. n. 20/2000 poiché l’istanza di revoca dell’archiviazione costituiva sostanziale ripresentazione del PUA, il che era circostanza idonea e sufficiente (ex art. 30, comma 1, lett. a, L.reg. n. 20/2000) per il mantenimento dell’efficacia delle previsioni del POC) – conclude nel senso dell’illegittimità delle assunte determinazioni per aver omesso di considerare la reale condizione giuridica dell’area e comunque aver omesso di puntualmente motivare sulle prevalenti ragioni che hanno indotto il Comune alla sostanziale declassificazione (o comunque alla mancata conferma della precedente classificazione).
Tale doglianza non appare suscettibile di favorevole considerazione.
Per un verso, s’osserva come, in senso contrario, sinteticamente depongano le duplici circostanze costituite dall’intervenuta scadenza dei termini di efficacia del POC e dalla mancata presentazione di un PUA conforme a quanto prescritto dal POC;più analiticamente il Collegio, in ogni caso, trattandosi della riproposizione dei medesimi rilievi già eccepiti nel richiamato pregresso giudizio, integralmente condivide le argomentazioni al riguardo formulate nella citata sentenza n.45/2019, laddove si precisa che la richiesta di revoca dell’archiviazione era stata dunque fondata su un’interpretazione errata dell’accordo in precedenza sottoscritto dalle parti, e il termine entro il quale il Comune avrebbe dovuto concludere il procedimento, anche qualora si volesse considerare la richiesta in questione alla stregua della presentazione di un nuovo PUA, non era ancora decorso alla data di scadenza dei termini di validità del POC.
Conseguentemente, non solo non è ravvisabile alcun vizio di natura sostanziale nella condotta tenuta dall’amministrazione, ma al contrario, dopo l’archiviazione del PUA su istanza di Conad, era stato lo stesso Comune convenuto a chiedere alla ricorrente, in data 18 giugno 2014, proposte per il nuovo POC, stante l’imminente scadenza di quello vigente (prevista per il successivo 26 agosto), e che tale richiesta era stata riscontrata da Conad soltanto in data 31 luglio 2014, con suggerimento di generiche soluzioni non conformi a quanto prescritto dal POC vigente, cui seguiva, in data 7 luglio [agosto] 2014, una richiesta di revoca della precedente archiviazione, non meglio motivata.
Donde la condivisa conclusione per cui “è dunque possibile sostenere senza tema di smentite che la detta richiesta di revoca non poteva essere assimilata alla presentazione di un nuovo PUA – il quale non sarebbe stato comunque conforme a quanto prescritto dal POC vigente, in relazione al diverso accordo sottoscritto dalle parti – e che, conseguentemente, il Comune convenuto non aveva alcun obbligo di comunicare il preavviso di diniego, trattandosi di mero procedimento di valutazione della sussistenza dei presupposti per un intervento in autotutela”.
In ogni caso - così confutandosi anche le relative censure - il doveroso ri-esercizio, nel diverso contesto pianificatorio, del potere di programmazione urbanistica (nella specie si è avuta la contestuale approvazione della Variante Generale al PSC e la ri-adozione, con Variante Specifica, delle previsioni relative all’area per cui è causa in ossequio al dictum della citata sentenza n. 51/2019 ed al rilievo dell’intervenuta scadenza del POC ai sensi dell’art. 30 della L.R. 20/2000 con conseguente cessazione dell’efficacia delle previsioni del POC non attuate;ne discende altresì la non condivisibilità delle prospettazioni di parte ricorrente per cui, essendoci a seguito degli artt. 3 e 4 L. n. 24/2017 una parziale ultrattività della normativa di cui alla L. reg. n. 20/2000, il relativo obbligo di partecipazione procedimentale non sarebbe stato rispettato) - per un verso, risulta orbitare all’interno dell’ampio perimetro definito dalla precedete statuizione giurisdizionale, con insussistenza di ogni paventato profilo di violazione od elusione dello stesso, ivi non emergendo un puntuale e specifico dovere previsionale, ma un lato ed elastico potere sia pure all’interno dell’effetto conformativo sub specie di adeguatezza istruttorio-motivazionale;per altro verso, proprio a seguito di tale rinnovato esercizio, dagli atti del procedimento emergono con nettezza ed adeguatezza – a fronte della sola evidente illogicità e manifesta irragionevolezza entro cui può operare il sindacato giurisdizionale con riguardo a scelte ampiamente discrezionali quali quelle qui in contestazione - le coerenti valutazioni giuridico-fattuali sottese all’opzione pianificatoria operate dall’ente locale: in particolare, la nuova destinazione urbanistica, come emerge dalle indicazioni soprattutto versate nell’Allegato M della D.C.C. n.53/2019, riposano fondamentalmente nella duplice circostanza per cui, per un verso, trattasi di area posizionate ai margini del territorio urbanizzato con ragionevole e forte vocazione a fungere da cuscino ambientale tra il territorio urbanizzato e le infrastrutture (elettrodotto, ferrovia e tangenziale) ivi presenti;per altro verso, caratterizzata dalla ulteriore presenza di pregnanti vincoli di tutela di fontanili e corsi d’acqua ivi insistenti, con conseguente oggettiva difficoltà della sua trasformazione in prospettiva immobiliare.
Complessivamente emerge un livello di sufficiente adeguatezza e congruenza istruttorio-motivazionale dietro la scelta di riconduzione dell’area alla precedente vocazione rurale (dovendosi pertanto concludere anche nel senso che nessun vincolo espropriativo è stato apposto con il PSC in assenza di uno specifico e peculiare effetto di privazione di utilità dell’area de qua), in linea con la previsione dei precedenti strumenti pianificatori, ponendosi la diversa prospettazione di parte ricorrente come una inammissibile sovrapposizioni di personali opzioni rispetto a scelte (non affette da evidente irragionevolezza) di merito dell’amministrazione.
In tal senso, la non abnorme considerazione per cui la specifica area de qua deve essere individuata come rurale non insistendo specificamente nel territorio urbanizzato (cfr. la prodotta tavola CTP3 della Variante Generale di PSC) elide di pregnanza anche la censura volta a sostenere asserite disparità di trattamento rispetto agli altri proprietari delle aree della zona.
La particolare collocazione a margine del territorio urbanizzato e la mancanza di tessuto consolidato al suo interno caratterizza l’area stessa nella sua configurazione a vocazione prevalentemente rurale in un ambito periurbano e di consistente valore paesaggistico ambientale
Ne discende altresì la logica coerenza - anche in ottica di economia procedimentale e di non aggravamento dell’iter amministrativo (art. 1, comma 2, L. 241/1990, anche alla luce della recente innovazione costituita dalla regola canonizzata, a seguito del DL 76/2020 convertito con modifiche nella legge 120/2020, nel nuovo comma 2-bis per cui i rapporti tra cittadino ed amministrazione devono essere improntati ai principi di lealtà, collaborazione e buona fede) - sia della contestata scelta procedimentale di riferirsi al Documento preliminare ed alla Valsat prodotti in occasione della Variante Generale, avendo correttamente l’ente stimato che il contesto fattuale-conoscitivo di riferimento risulta sostanzialmente definito nella cornice non mutata in sede di procedimento di Variante Specifica;sia dell’opzione sostanziale nel senso di attuare la perequazione prioritariamente in forma urbanistica attraverso la formazione, in sede di POC, di comparti di perequazione urbanistico-ambientale costituiti da aree riceventi capacità edificatoria (Sub-ambiti di trasformazione, di riqualificazione e Distretti funzionali) unitamente ad aree cedenti capacità edificatoria (Parchi Urbani e Suburbani ovvero Aree di Mitigazione).
In conclusione il ricorso, per infondatezza di tutte le censure ivi spiegate, va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue.