TAR Napoli, sez. I, sentenza 2020-05-12, n. 202001712

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2020-05-12, n. 202001712
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202001712
Data del deposito : 12 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/05/2020

N. 01712/2020 REG.PROV.COLL.

N. 05132/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5132 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Il Poggio Società Cooperativa A.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F E, N S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. N S in Napoli, piazza Matteotti n. 7 e con recapito digitale come da PEC dei Registri di giustizia;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11 e con recapito digitale come da PEC dei Registri di giustizia;

nei confronti

M I, non costituito in giudizio;

per l'annullamento:

A) quanto al ricorso introduttivo, notificato il 15 dicembre 2017 e depositato il successivo 20:

1) del decreto del MISE – Direzione Generale per la vigilanza sugli Enti, Divisione VI - registro ufficiale E.U. 0285234 del 10 luglio 2017, avente ad oggetto “d.d. 13 giugno 2017 n. 116/SAA/2017 di scioglimento d’ufficio ai sensi dell’art. 2545 septiesdecies c.c., con nomina di commissario liquidatore, della Cooperativa il Poggio società cooperativa A.R.L., con sede in Torre del Greco (NA);

2) del decreto direttoriale n. 116/SAA/2017, allegato all’atto sub1);

3) di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e comunque connessi.

B) Quanto al ricorso per motivi aggiunti, notificato il 27 dicembre 2017 e depositato il 22 gennaio 2018:

4) del decreto del MISE – Direzione Generale per la vigilanza sugli Enti, Divisione IV, prot. n. 207/SAA/ 2017 del 13 ottobre 2017, notificato il successivo 30 novembre, di nomina del Commissario liquidatore;

5) di tutti gli atti presupposti preparatori e conseguenti.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del MISE;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. Gianmario Palliggiano all’udienza pubblica del 22 aprile 2020, svolta da remoto, ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del D.L. n.18/2020 e dell’art. 5 del D.P. n.14/2020/Sede, mediante l’utilizzo del software Microsoft Teams, individuato nelle indicazioni impartite dal Segretario Generale della G.A. e dal Servizio per l’Informatica della G.A.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- La società ricorrente, Il Poggio società cooperativa a r.l., è stata costituita nel 1975 allo scopo di “acquistare terreni per costituire sia direttamente in economia che concedendo cottimi ed appalti, case popolari ed economiche e di acquistare case già costruite, da assegnare in proprietà individuale ai soci con ammortamento rateale, facendo tutte le operazioni mobiliari, immobiliari e finanziarie inerenti alla scopo sociale.”.

Lo Statuto sociale consente alla cooperativa di:

- “costruire a piano terra e nei sottosuoli locali destinati ad uso diverso delle abitazioni che potranno essere locati o venduti nelle forme ed allo scopo di cui agli articoli 8 e 9 del T.U. sull’edilizia popolare ed economica nr 1165 del 28.04.1936.”;

- “per un migliore conseguimento dello scopo sociale, consorziarsi ad altre società che perseguano uguale fine.”;

- “acquisire uno o più apprezzamenti di terreno sui quali costruire uno o più fabbricati sociali, potrà infine la società amministrare i beni comuni dei condomini.”

2.- Riferisce la società ricorrente che, nel periodo dal 1989 al 1995, il Presidente all’epoca in carica, Vi. An. An., pose in essere una serie di atti estranei al mandato conferitogli, d’intesa con il costruttore, No. Cr., come risulta anche sulla base dei procedimenti penali instaurati a loro carico.

Le illegittime intese intercorse tra l’allora Presidente ed il costruttore comportarono, oltre all’istaurazione di numerosi giudizi in sede civile e penale, la rimozione forzata del primo dalla carica di Presidente nonché dei componenti dell’allora Consiglio di amministrazione, per intervento del Ministero del Lavoro, con decreto del 29 maggio 1995.

Con lo stesso decreto, il Ministero nominò il dott. L A P quale Commissario governativo, per un periodo di 11 mesi, prorogato fino al 1997, in attesa della nomina del nuovo Presidente.

Il Commissario governativo, dopo avere ripianato le irregolarità poste in essere, indisse l’assemblea dei soci che, nella seduta del 2 novembre 1997, nominò il nuovo presidente, nella persona del Dott. L R, ed i nuovi membri del Consiglio di amministrazione.

La cooperativa ricorrente procedette quindi, a far data dal febbraio 1998, ad assegnare ai soci gli immobili della cooperativa.

In seguito ad una delle ispezioni, previste dalla normativa di settore, il MISE richiedeva alla cooperativa ricorrente una serie di modifiche statutarie.

In ottemperanza a quanto richiesto, il dott. Russo Luigi, in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione, indisse un’assemblea straordinaria dei soci, per modificare lo Statuto riguardo a:

1) definizione dei requisiti della mutualità necessari per svolgere, ai sensi dell’art. 2514 cod. civ., l’attività sociale;

2) applicazione alla cooperativa delle norme del codice civile relative alla società a responsabilità limitata.

In base alle direttive assembleari, con atto notarile erano modificati nel senso di cui sopra gli articoli 1 e 24 dello Statuto, specificando che la società cooperativa cambiava denominazione in “Il Poggio Società Cooperativa a r.l.”.

Seguivano ulteriori verifiche, con segnalazioni alla società da parte degli organi competenti del Ministero, che, sostiene la ricorrente, di volta in volta venivano recepite e risolte.

Accadeva tuttavia che il MISE, Direzione Generale per la vigilanza sugli Enti, Divisione VI, emetteva il decreto E.U. 0285234 del 10 luglio 2017, col quale disponeva lo scioglimento per atto d’autorità, ai sensi dell’articolo 2545-septiesdecies c.c., e nominava il commissario liquidatore.

3.- La società ricorrente ha impugnato il predetto decreto davanti al Tar Lazio – Roma, con ricorso R.G. n 10397/2017, notificato il 9 ottobre 2017.

In sede cautelare, il TAR Lazio, con ordinanza n. 11723 del 24 novembre 2017, ha declinato la propria competenza, ai sensi dell’art. 15, comma 1, c.p.a. in favore di questo TAR, trattandosi di ricorso avente ad oggetto un atto “i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede”.

La Cooperativa ricorrente ha quindi riassunto il giudizio davanti a questo TAR, con atto riproduttivo di quello proposto davanti al TAR Lazio, notificato il 15 dicembre 2017 e depositato il successivo 20.

Nel frattempo, in data 30 ottobre 2017, con decreto prot. n. 207/SAA/2017, il MISE – Direzione Generale per la Vigilanza sugli Enti, Divisione VI, ha nominato quale nuovo commissario liquidatore il dottor M I.

La Cooperativa ha impugnato il predetto provvedimento con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 27 dicembre 2020 e depositato il successivo 22 gennaio.

Si è costituito in giudizio il MISE, con memoria depositata il 16 febbraio 2018 per chiedere il rigetto del ricorso e dei relativi motivi aggiunti, in quanto infondati;
in data 20 febbraio 2020 ha depositato documenti.

La causa è stata inserita nel ruolo dell’udienza pubblica del 22 aprile 2020. La relativa udienza si è svolta da remoto - ai sensi dell’art. 84, comma 6, del D.L. n.18/2020 e dell’art. 5 del Decreto del Presidente del TAR Campania, Napoli, n.14/2020 - mediante l’utilizzo del software Microsoft Teams, individuato nelle indicazioni impartite dal Segretario Generale della Giustizia amministrativa e dal Servizio per l’Informatica della Giustizia amministrativa.

Il ricorso è stato quindi introitato per la decisione.

DIRITTO

1.- La società ricorrente, col ricorso introduttivo e, per derivazione, col ricorso per motivi aggiunti ha dedotto le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 2545-septiesdecies cod. civ.;
degli artt. 2 e 3 della L. n. 241/1990;
eccesso di potere per erroneità dei presupposti;
illogicità e irrazionalità;
difetto d’istruttoria e motivazione.

L’adozione dei provvedimenti impugnati si fonderebbe su presupposti che non trovano riscontro nella disciplina legislativa in materia, in particolare l’art. 2545 septiesdecies cod. civ., quali la circostanza insussistente dello scioglimento della cooperativa ricorrente.

2) difetto di motivazione e d’istruttoria.

Dalla lettura del provvedimento, non si comprende in quale ipotesi, sanzionata dall’art. 2545 septiesdecies cod. civ., sarebbe incorsa la cooperativa ricorrente.

Con riferimento alle contestate cessioni dalla Cooperativa in favore di terzi, estranei alla compagine sociale, queste non sarebbero state eseguite in contrasto con i fini mutualistici, ma sarebbero in linea con quanto previsto dall’art. 9 del contratto d’appalto il quale prevede espressamente la facoltà della Cooperativa di pagare le opere eseguite, per la sistemazione delle aree esterne, mediante la cessione di beni all’appaltatore.

Sul punto, come chiarito dalla Suprema corte di Cassazione (per tutte, la ricorrente cita: Cass. civ., 27 febbraio 2004, n. 4021;
25 settembre 1999, n. 10622), le richiamate cessioni di beni al costruttore non realizzerebbero alcuna violazione dello scopo mutualistico della cooperativa, attesa la mancanza evidente del fine speculativo e di lucro perseguita.

Ed invero, la cessione di beni residuali, (quali locali cantinati e boxes) in favore del costruttore in luogo del prezzo convenuto, non fu eseguita per fini speculativi, bensì per mancanza di liquidità, e proprio allo scopo di perseguire i fini istituzionali dell’ente, ovvero per la costruzione degli edifici sociali ed il pagamento del corrispettivo dovuto al costruttore.

Queste circostanze troverebbero in ogni caso conferma nelle pronunce della Corte d’Appello di Napoli e della Corte di Cassazione, nell’ambito del giudizio promosso dal costruttore dell’epoca contro la cooperativa con il quale il costruttore chiedeva disporsi la condanna di quest’ultima al pagamento della ulteriore somma di £. 6.043.168.000, oltre rivalutazione monetaria, interessi e revisione prezzo, avendo ricevuto acconti per £. 5.816.832.000.

2.- Il ricorso introduttivo ed i relativi motivi aggiunti sono infondati.

2.1.- In materia di società cooperative, l’art. 2545 septiesdecies, comma 1, cod. civ. dispone che “L’Autorità di Vigilanza, con provvedimento da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale e da iscriversi nel registro delle imprese, può sciogliere le società cooperative e gli enti mutualistici che non perseguono lo scopo mutualistico o non sono in condizione di raggiungere gli scopi per cui sono stati costituiti o che per due anni consecutivi non hanno depositato il bilancio di esercizio o non hanno compiuto atti di gestione.”.

Il comma 2 prevede inoltre che: “Se vi è luogo a liquidazione, con lo stesso provvedimento sono nominati uno o più commissari liquidatori”.

L’articolo descritto - inserito nel corpo del codice civile, nel contesto della Riforma del diritto societario a decorrere dal 1° gennaio 2004, dall’art. 8 d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (Riforma delle società), successivamente modificato dal d. lgs. 6 febbraio 2004 n. 37 (Correttivo riforma delle società) e dal d. lgs. 28 dicembre 2004, n. 310 (Nuovo correttivo riforma delle società), contempla un’ulteriore ipotesi di scioglimento della cooperativa, per atto dell’autorità governativa, che si aggiunge a quelle previste dagli artt. 2545 duodecies e 2545 terdieces cod. civ.

Rispetto al precedente art. 2544 cod. civ. è stata espressamente introdotta un’ulteriore causa di scioglimento, coincidente col mancato perseguimento dello scopo mutualistico.

2.2.- Il provvedimento impugnato trova il suo perno motivazionale proprio in questa ipotesi, essendo testualmente rilevato il “mancato perseguimento dello scopo mutualistico poiché la cooperativa ha assegnato a terzi beni immobili, pur in assenza di tale previsione nello statuto”.

Il MISE, infatti, in esito alle verifiche ispettive condotte, aveva osservato che la cooperativa ricorrente non perseguisse più alcuno scopo mutualistico, avendo ceduto cospicue porzioni immobiliari a terzi non soci, e che, comunque, non fosse più in grado di raggiungere la propria missione sociale, in quanto la stessa si sarebbe già in pratica esaurita con l’assegnazione degli immobili ai soci.

Ciò anche in considerazione della circostanza che, come accertato in sede di ispezione straordinaria, la cooperativa non aveva provveduto a sanare le irregolarità gestionali emerse negli anni e puntualmente rilevate dal Ministero.

2.3.- Ad avviso della ricorrente, la cessione dei beni sarebbe legittima in quanto dettata da un’ipotesi eccezionale di carenza di liquidità della cooperativa.

La circostanza non è rilevante e non attenua la portata dell’inosservanza agli scopi mutualistici, posto che, nel caso di specie, la cessione a terzi non solo ha riguardato parti cospicue degli immobili sociali (piani box e cantine), ma è risultata anche oggetto di successive liti giudiziarie proprio con i terzi cessionari.

Non determinante anche la circostanza che la cessione di beni a terzi era prevista dall’art. 9 del Contratto d’appalto, posto che siffatta previsione contrattuale non è da sola sufficiente a giustificare la cessione, in considerazione del contrasto con le previsioni statutarie.

Ne consegue, per ciò solo, il venire meno del perseguimento dello scopo mutualistico, con conseguente correttezza del provvedimento di scioglimento della cooperativa ricorrente, anche sotto il profilo della motivazione, chiara ed intellegibile su questo aspetto, e della relativa istruttoria.

2.4.- Come chiarito, sul punto, da condivisa giurisprudenza, è legittimo il decreto emesso dal MISE con cui si dispone lo scioglimento d'ufficio di una cooperativa ai sensi dell'art. 2545 septiesdecies c.c. per il mancato perseguimento dello scopo mutualistico. In questo caso, peraltro, a nulla vale che, nel periodo successivo a quello considerato nel Decreto ministeriale i soci della cooperativa siano stati regolarmente impiegati per il raggiungimento di attività proprie dell'oggetto sociale: difatti, il decreto di scioglimento può essere emanato anche se le irregolarità si sono concentrate in un determinato periodo e non anche in altri (cfr. T.A.R. Bari, sez. III, 29 ottobre 2015, n. 1388).

3.- Per quanto sopra, il ricorso ed i relativi motivi aggiunti vanno respinti.

Si ravvisano comunque le eccezionali ragioni per compensare le spese del giudizio, salvo il contributo unificato a carico della ricorrente, in considerazione della particolarità della vicenda, nella quale il compimento di atti e condotte che hanno portato allo scioglimento della cooperativa risalgono ad un’epoca precedente quella dell’insediamento degli ultimi organi sociali.

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