TAR Torino, sez. I, sentenza 2024-04-11, n. 202400361
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Pubblicato il 11/04/2024
N. 00361/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00737/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 737 del 2019, proposto da
-ricorrente-, rappresentato e difeso dagli avvocati S M M, M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avvocato S M M in Torino, largo Migliara 16;
contro
Ministero dell'Interno, Questura Torino, nelle persone del Ministro e del Questore
pro-tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Torino, via dell'Arsenale, 21;
per l'annullamento
1) del provvedimento emanato in data -OMISSIS- dal Questore di Torino, notificato in data 6 maggio 2019, con il quale si avvisa il ricorrente a tenere una condotta conforme alla legge, avvertendolo che, essendo lo stesso già stato condannato per delitti non colposi con sentenza passata in giudicato, gli è imposto il divieto di possedere o utilizzare una serie specifica di oggetti;
2) di tutti gli atti presupposti, antecedenti, consequenziali, successivi e comunque connessi del procedimento che hanno dato l’adozione del provvedimento sopra indicato, anche di portata e contenuto sconosciuti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Torino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2024 il dott. Raffaele Prosperi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi a questo Tribunale il 5 luglio 2019 -ricorrente- impugnava, chiedendone l’annullamento, il provvedimento emanato il -OMISSIS- dal Questore di Torino, notificatogli il 6 maggio 2019, con il quale lo si avvisava di tenere una condotta conforme alla legge, avvertendolo che essendo lo stesso già stato condannato per delitti non colposi con sentenza passata in giudicato, gli era imposto il divieto di possedere o utilizzare una serie specifica di oggetti.
L’interessato esponeva in fatto che il provvedimento era scaturito da atti di ufficio dai quali risultava che lo stesso era stato deferito all’A.G. per falsità materiale commessa da privato in certificazioni, indebito utilizzo di carte di credito o pagamenti, sostituzione di persona, truffa, ricettazione, possesso ingiustificato di chiavi o grimaldelli e numerosi furti, che il -OMISSIS- era stato destinatario di ordinanza cautelare in un procedimento aperto dalla Procura della Repubblica di Milano per numerosi furti, che era solito frequentare persone di dubbia moralità, pregiudicate e comunque pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica ed in conclusione da ritenersi vivere abitualmente, pur se in parte, con i proventi di attività delittuose.
Il -ricorrente- deduceva in diritto:
1.Violazione degli artt. 1, 3 e 5 d. lgs. 159 del 2011, dell’art. 3 l. 241 del 1990, dell’art. 111 Cost., dei principi del contraddittorio, del giusto processo e del diritto di difesa;eccesso di potere per insufficienza, incongruità ed illogicità manifesta della motivazione;eccesso di potere per difetto di istruttoria;eccesso di potere per sproporzionalità ed ingiustizia manifesta;illegittimità costituzionale dell’art 3 co. 4 del d. lgs. 159/2011 in relazione agli artt. 2, 97 e 111 Cost.
2.Eccesso di potere per sproporzionalità ed ingiustizia manifesta, violazione degli artt. 2, 97 e 111 Cost., illegittimità derivata del provvedimento per incostituzionalità dell’art. 3 co. 4 d. lgs. 59/2011. Mentre le misure di prevenzione ordinarie possono essere irrogate solo dopo procedimento in contraddittorio, l’art. 3 co. 4 d. lgs. 159 del 2011 nulla prevede per l’avviso orale qualificato da cui ne deriva l’illegittimità costituzionale in relazione agli artt. 2, 97 e 111 Cost.: è sufficiente infatti rilevare che da tale provvedimento deriva la revoca della patente di guida per assenza dei requisiti morali e quindi una grave compressione per le libertà di movimento e di diritto al lavoro.
3.Eccesso di potere per motivazione perplessa e contraddittoria e per difetto di istruttoria, violazione dell’art. 3 l. 241 del 1990. L’assumere che il ricorrente è uso frequentare persone di dubbia moralità deve essere accompagnato da quanto rilevato in istruttoria;se poi tale frequentazione implica quella di soggetti con rapporti di parentela, questa non può essere portata a dimostrazione per l’emanazione del provvedimento adottato.
Il -ricorrente- concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Con ordinanza 13 settembre 2019 n. 329 questo Tribunale respingeva la domanda cautelare proposta, rilevando che le numerose condanne e le plurime segnalazioni del ricorrente all’Autorità giudiziaria per delitti contro il patrimonio o comunque determinati da motivi di lucro ed inoltre che la commissione dei predetti reati in concorso di persone e il deferimento all’Autorità giudiziaria per una fattispecie di tipo associativo rendono sufficiente la motivazione dell’Amministrazione in ordine alla sussistenza della frequentazione di persone di dubbia moralità, pregiudicate o comunque pericolose.
All’odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorrente rappresenta il fatto che l’art. 3 d. lgs. 159 del 2011 prevede due tipi di avviso orale: l’uno è un ammonimento emesso dal Questore del luogo di dimora dell’avvisato a tenere una condotta di vita conforme alla legge ed ha natura esclusivamente amministrativa senza alcuna sanzione connessa, l’altro, precisamente quello che è ora al centro della controversia, è l’avviso orale qualificato, da emettere in presenza di condanne per delitti non colposi passate in giudicato, da equiparare alla misura di prevenzione personale vera e propria che prevede, ad esempio, l’applicazione della sorveglianza speciale di P.S. al termine di un iter processuale sviluppatosi in contraddittorio tra le parti. Mentre dal primo scaturisce solo un’intimazione a tenere una condotta di vita conforme alla legge, dall’altro derivano per il destinatario vincoli di fare e di non fare che ne limitano, in qualche modo, la libertà personale.
Ma l’emissione di un avviso orale qualificato è connessa alla sussistenza di una serie di presupposti che nel caso non si rilevano: non si rinviene il requisito dell’abitualità del vivere mediante proventi di provenienza illecita, poiché i precedenti penali sono risalenti a 15 anni prima tranne uno tra l’altro ancora pendente concernente due furti e quindi da condanne così lontane non si può ritenere che le attività delittuose siano mezzi abituali di sostentamento: per cui da un lato non appare esserci una pericolosità attuale e dall’altro non vi è condanna passata in giudicato utile ritenere ciò. Il difetto di istruttoria appare evidente.
Il motivo è infondato.
La realtà dei fatti acquisiti in corso di causa dimostra un complesso di eventi che giustifica l’adozione del provvedimento qui impugnato.
Non ci si trova di fronte solamente di fronte a due lontane condanne penali rispettivamente del 2003 e del 2004, condanne irrogate per furti in abitazioni, uso illecito di carte di credito e falsità materiali, ma dinanzi ad un seguito di eventi che senza dubbio mettono a repentaglio un giudizio sulla condotta di vita dell’interessato;questi infatti risulta denunciato nel 2014 per gli stessi reati oltre al possesso ingiustificato di grimaldelli, ancora denunciato per resistenza a pubblico ufficiale nel 2017 ed infine, nel 2018, arrestato e successivamente inviato agli arresti domiciliari per associazione finalizzata al furto con un articolato disegno di truffe ai danni di persone anziane, un’associazione per delinquere notevolmente strutturata denominata Progetto Medusa con numerosi aderenti, il che giustifica il richiamo nel provvedimento dell’accompagnamento con persone di dubbia moralità – da cui deriva l’infondatezza del motivo sub 3 concernente la critica sulle asserzioni di cattive frequentazioni.
Ora la giurisprudenza del giudice amministrativo ha evidenziato che il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto “avvisato” non richiede la sussistenza di prove compiute (poste a base di una sentenza penale) sulla commissione di reati, essendo sufficienti anche risultanze fattuali tali da indurre l'Autorità di polizia a ritenere sussistenti le condizioni di pericolosità sociale, che possono dar luogo all’applicazione delle misure di prevenzione, prima ancora che si verifichi se le condotte abbiano rilevanza penale e siano tuttora punibili. Ne consegue che è legittimo procedere all'avviso orale anche in assenza di contestazioni sottoposte all'esame della autorità giudiziaria, purché emerga una situazione nel suo complesso rivelatrice di personalità incline a comportamenti antisociali, che ne fanno ragionevolmente ascrivere l’appartenenza ad una delle categorie di cui all'art. 1 d. lgs. 159 del 2011;in particolare, la misura di prevenzione dell'avviso può essere disposta anche qualora non sia possibile documentare che l'interessato vive dei proventi di attività delittuosa o è dedito a traffici illeciti o si associa con pregiudicati, qualora il modello comportamentale complessivo del soggetto presenti caratteristiche atte a fare non illogicamente presumere l’esistenza di una pericolosità sociale (per tutte Cons. Stato, III, 9 maggio 2016 n. 1859).
Nel caso di specie poi si deve rilevare che le verifiche svolte sulla situazione reddituale dell’interessato, effettuate dall’Ufficio procedente tramite le banche dati dell'Agenzia delle Entrate e dell'INPS, hanno permesso, altresì, di accertare l'assenza totale della percezione di redditi e di versamenti contributivi, circostanze idonee, unitamente ai precedenti penali e/o di polizia citati, a generare il legittimo sospetto che il ricorrente vivesse abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose, ex art. I, comma l lett. b) del d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159. L’inciso "vive abitualmente anche in parte", posto dal Legislatore, lascia, infatti, chiaramente intendere che percepire un reddito derivante da fonte lecita non è a priori causa di esclusione dall'assoggettabilità all'avviso orale, in quanto anche “soggetti che percepiscono redditi leciti possono essere legittimamente ritenuti persone socialmente pericolose per altre considerazioni di portata giuridica rilevante e generica, essendo sufficienti anche meri sospetti “su elementi di fatto, circostanze di portata generale e di significato tendenziale, contesti che nel loro complesso sono significativi denotando una personalità incline a comportamenti asociali o antisociali" (TAR Puglia 30 maggio 2001 n. 2024, in senso conforme TAR Catanzaro 25 novembre 1998 n. 10409, TAR Puglia 11 marzo 1996 n. 165, TAR Friuli Venezia Giulia 318/22).
La struttura ed il ruolo del provvedimento così come configurato dalla legge ed interpretato dalla giurisprudenza configura quindi uno scopo essenzialmente cautelare al pari delle interdittive antimafia, laddove la P.A. non agisce solamente in conseguenza automatica di condanne penali, ma anche e soprattutto con fini cautelari laddove si rinviene un comportamento che secondo il criterio “del più probabile che no”, ha un ruolo di prevenzione di probabili illeciti con gravi conseguenze sociali, tramite una somma di ammonimenti e di privazione di una serie di mezzi come il divieto di possesso di determinate vetture oppure di potenti mezzi di trasmissione.
Né possono sollevarsi questioni di legittimità costituzionale che appaiono manifestamente infondate, visto il tipo di atto che si inquadra in una serie provvedimentale deputata a essenzialmente a prevenire la commissione di illeciti a fronte di comportamenti di vita che danno adito a sospetti del tutto oggettivi.
Altrettanto infondato appare il secondo motivo, con cui si lamenta che l’art. 3 co. 4 d. lgs. 159 del 2011 non prevede una procedimentalizzazione per l’emissione di un avviso orale qualificato da cui deriverebbe l’illegittimità costituzionale in relazione agli artt. 2, 97 e 111 Cost.: è sufficiente infatti rilevare che da tale provvedimento deriva la revoca della patente di guida per assenza dei requisiti morali e quindi una grave compressione per le libertà di movimento e di diritto al lavoro.
Da un lato la Corte costituzionale ha ristretto la portata delle conseguenze dell’avviso orale – si veda la dichiarazione di illegittimità costituzionale del possesso di telefoni cellulari (sent. n. 2 del 2023) – e dall’altro è sufficiente richiamare quella giurisprudenza amministrativa per la quale "l’avviso orale ex art. 3 del d.lgs. 159/2011 costituisce, (...), un atto avente natura ed efficacia monitoria e non richiede la previa comunicazione ex art. 7, l. n. 241/1990, poiché il presupposto giuridico dell'avviso orale è costituito da una condotta del destinatario del provvedimento tale da far ritenere che lo stesso, ove non modifichi il proprio comportamento, possa commettere ulteriori e più gravi condotte pericolose, ovvero commettere reati. Condivisibile giurisprudenza di merito (T.a.r. Firenze, sez. II, 7 dicembre 2020, n. 1613) ha infatti osservato che dalla stessa piattaforma fattuale su cui si fonda il provvedimento in oggetto consegue che “ l'intervento dell'autorità di Pubblica Sicurezza, consistente nell'invito a cambiare condotta, deve essere considerato urgente e tale quindi da giustificare ex se l'omissione contestata ” (Cons. Stato, II, 22 novembre 2021, n. 7767).
Sicché - si ribadisce - l'avviso orale emesso nei confronti del ricorrente sfugge ai vizi denunciati con i motivi scrutinati, appalesandosi i presupposti per la sua adozione nel pieno rispetto della disposizione di legge che assume rilievo, vieppiù che il Consiglio di Stato ha anche di recente osservato che " è legittimo procedere all'avviso orale anche in assenza di contestazioni sottoposte all'esame della autorità giudiziaria, purché emerga una situazione nel suo complesso rivelatrice di personalità incline a comportamenti antisociali, che ne fanno ragionevolmente ascrivere l'appartenenza ad una delle categorie di cui all'art. 1 del d. lg. 159 del 2011 ” (Cons. Stato, III, n. 1859/2016 cit.).
Per le considerazioni finora esposte il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.