TAR Catania, sez. III, sentenza 2013-09-26, n. 201302315

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2013-09-26, n. 201302315
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201302315
Data del deposito : 26 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01940/2011 REG.RIC.

N. 02315/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01940/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1940 del 2011, proposto da:
Giovanni -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Santi Delia e Raffaele Barbaro, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR Catania, in via Milano n. 42/a;

contro

Ministero della Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore , Comitato di Verifica delle Cause di Servizio del Ministero delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, Comando Regionale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina n.149;

per l'annullamento

del decreto 7.12.2010 di diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “gastroduodenite”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2013 il dott. Agnese Anna -OMISSIS- e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in esame, il sig. Giovanni -OMISSIS- ha chiesto l'annullamento del provvedimento indicato in epigrafe, con il quale è stato negato il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia ivi descritta, già diagnosticate dalla C.M.O. di Messina e comprovate anche da una perizia di parte.

Il ricorso è affidato ad un unico motivo, nel quale sono articolate censure di violazione dell’art. 3 della legge n. 241/21990 e del D.P.R. 461/2001. In particolare, il ricorrente ritiene che nel giudizio negativo non si sia ragionevolmente tenuto conto delle condizioni e degli ambienti di lavoro, e dei servizi particolarmente stressanti cui è stato costantemente esposto. Ha chiesto, quindi, previa ammissione di C.T.U. - l’annullamento del provvedimento impugnato e il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle patologie di cui è affetto, con il conseguente diritto all’equo indennizzo.

Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, controdeducendo puntualmente alle censure articolate in ricorso.

Con ordinanza collegiale istruttoria n. 1631/2012 è stata chiesta all’amministrazione integrazione documentale.

Con memoria depositata il 23/04/2013, il ricorrente, preso atto della produzione depositata dall’amministrazione, ha insistito nelle proprie difese, ritenendo confermati tutti gli specifici fatti di servizio che costituirebbero la causa dell’infermità contratta.

Alla Pubblica Udienza del 15 maggio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

La normativa di settore e, specificatamente, il D.P.R. n. 461/2001, ha operato una chiara e precisa ripartizione tra le competenze relative all’accertamento clinico della patologia riscontrata nei pubblici dipendenti, demandata alle Commissioni Mediche, e quelle inerenti alla verifica della dipendenza della patologia da causa di servizio, che è attribuita alla competenza del Comitato di verifica delle cause di servizio.

Detto Comitato è, sì, tenuto a fare riferimento all’accertamento eseguito dalla Commissione Medica, ma unicamente con riguardo alla diagnosi, rientrando invece nella sua esclusiva competenza emettere il giudizio definitivo circa la dipendenza o meno da causa di servizio delle patologie diagnosticate.

Da ciò scaturisce che, una volta accertata dalla Commissione Medica una determinata patologia, la mancata riferibilità a causa di servizio ad opera del Comitato di Verifica, non integra alcuna contraddittorietà (in termini, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, sent. n. 37911 del 21/12/2010;
per la compatibilità di tale sistema con vari principi costituzionali cfr. sent. Corte costituzionale, 21 giugno 1996, n. 209, resa in relazione al parere prevalente del C.P.P.O., ora sostituito dal Comitato di verifica).

Né, peraltro, sussiste obbligo per l’Amministrazione di puntualmente motivare in ordine alle ragioni espresse dai singoli organi consultivi al fine di esternare eventualmente il “dissenso” rispetto a quanto espresso dalla Commissione medica, per la ragione, già evidenziata, che unico organo deputato ex lege a verificare la dipendenza da causa di servizio, anche ai fini della concessione dell’equo indennizzo, è il Comitato di verifica, il cui accertamento costituisce tipica manifestazione di discrezionalità tecnica, sottratta, in linea di principio, al sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

Si richiama, a tale riguardo, il consolidato indirizzo giurisprudenziale in base al quale, il giudizio medico legale circa la dipendenza d’infermità da cause o concause di servizio si fonda su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale che, in quanto tali, sono sottratti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, "salvi i poteri di questi di valutarne ab externo l'irragionevolezza, l'incongruità e soprattutto l'eventuale carenza di esaustività" (cfr. ex multis , C.G.A., 27 marzo 2012, n. 341;
Cons. Stato, sez. VI, 1 dicembre 2009, n. 7516;
31 marzo 2009, n. 1889;
Sez. II, parere n. 5030 del 11 ottobre 2011;
Sez. III, sent. n. 3329 del 1 giugno 2011).

Ne discende che il giudice amministrativo non può sindacare il merito della valutazione riservata al Comitato di verifica per le cause di servizio, né tanto meno può sostituire la propria valutazione a quella del predetto comitato (cfr . ex multis , Cons. Stato sez. IV, 23 marzo 2010, n. 1702 e 16 ottobre 2009, n. 6352), ma può solo censurare la valutazione sul piano della carenza della motivazione ovvero del difetto d’istruttoria.

Premesso ciò, il Collegio ritiene che il parere del Comitato di verifica posto a sostegno dell’atto impugnato risulti congruamente articolato e motivato con riferimento al -OMISSIS-riportata e non contiene evidenti vizi logici, che soli potrebbero giustificare il sindacato di legittimità di questo Giudice.

Sotto altro aspetto, non si riscontra in esso parere alcuna manifesta irragionevolezza, avendo il Comitato analizzato le patologie di cui il ricorrente è affetto, valutando la riconducibilità delle affezioni riscontrate alle condizioni soggettive e personali del ricorrente. Né la motivazione fornita dal Comitato di verifica, di per sé esente da vizi logici, è incisa in qualche modo dagli argomenti dedotti dal ricorrente, il quale nel descrivere le modalità del servizio prestato, fa riferimento -OMISSIS-

Del resto, nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di “rischio ordinario” in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa e che, si ripete ancora una volta, costituiscono il “normale” svolgimento dei servizi nell’Arma dei Carabinieri.

Sul punto il Collegio può solo limitarsi a richiamare la giurisprudenza secondo la quale, in tema di riconoscimento della dipendenza d’infermità da causa di servizio, in caso di patologie aventi carattere comune, specie ad eziologia cosiddetta multifattoriale, il nesso di causalità fra l'attività lavorativa e l'evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto e ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e all'intensità della esposizione a rischio (T.A.R. Lazio sent. n. 4987 del 21 giugno 2006;
cfr. anche Cons. di Stato, sent. n. 895 del 17 febbraio 2010 - Sez. VI - secondo la quale, per accertare lo specifico collegamento fra l'evento lesivo e l'attività lavorativa svolta, non è sufficiente il rischio generico connesso a tale attività, ma occorre verificare l'esistenza di un rischio specifico alla stessa collegato necessariamente).

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese possono compensarsi tra parti in ragione della particolare natura della controversia, riguardante la tutela di diritti fondamentali.

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