TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-06-05, n. 201706522
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Pubblicato il 05/06/2017
N. 06522/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00826/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 826 del 2014, proposto da:
Avv. Y C L, rappresentato e difeso “in proprio” ex art. 22, comma 3, c.p.a., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dell'Orso, 84;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
G S e G S, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione,
del provvedimento con il quale il ricorrente, a seguito dell’espletamento delle prove scritte del concorso per la nomina a 150 posti da Notaio indetto dal Ministero della Giustizia, con D.D. del 27 dicembre 2011, è stato escluso dalla procedura e per l’effetto non è stato ammesso alle prove orali, provvedimento noto a seguito della pubblicazione della graduatoria dei candidati ammessi alle prove orali avvenuta il 22 ottobre 2013;
dei verbali della Commissione esaminatrice del 17 aprile 2013 n. 181 con il quale la commissione ha esaminato gli elaborati del ricorrente dichiarandolo non idoneo;
di ogni altro presupposto, conseguenziale e/o comunque connesso, ivi compreso il bando del concorso del 27 dicembre 2011, nonché i criteri generali di valutazione delle prove di concorso individuati dalla Commissione con verbale di data 23 novembre 2012 n. 8, il provvedimento successivo alla graduatoria di fissazione delle prove orali, nella parte in cui non è stato inserito il nominativo del ricorrente, nonché di ogni altro ulteriore provvedimento, allo stato ignoto di approvazione della graduatoria e/o degli esiti concorsuali allo stato della procedura.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Vista l’ordinanza cautelare della Sezione Terza di questo Tribunale n. 1111/2014 del 10.3.2014;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 24 maggio 2017 il dott. Ivo Correale e udito per la parte resistente il difensore, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, l’avv. Y C L, premesso di aver partecipato al concorso per esame a 150 posti di notaio, indetto con decreto direttoriale del 27 dicembre 2011, ha impugnato, tra gli altri indicati in epigrafe, il provvedimento di mancata ammissione alle prove orali del concorso medesimo.
Il ricorrente, quindi, esponendo, in fatto, di essere stato dichiarato “non idoneo” dalla Commissione esaminatrice a seguito della lettura del primo dei tre elaborati, relativo all’atto “inter vivos” di diritto civile, ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/2006, deduceva le seguenti censure.
“ 1. Verbalizzazione dei lavori della Commissione: violazione di legge in relazione al principio costituzionale di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione, violazione del principio del giusto procedimento;eccesso di potere sotto i profili della violazione dei criteri di correzione delle prove scritte posti dalla commissione nel verbale del 23 novembre 2013 n. 8, dell’illogicità manifesta, della contraddittorietà e dell’irragionevolezza e della disparità di trattamento, nonché del difetto di motivazione, errata interpretazione di norme di legge”.
Il ricorrente rilevava che nella seduta di correzione del 17 aprile 2013 risultava descritto nel relativo verbale che furono prelevate due buste (nn. 389 e 390), che furono numerati i fogli contenuti nella busta corrispondente a ciascuna prova scritta, letta e valutata, unitamente alla busta piccola con il cartoncino di identificazione, che furono apposti su ogni foglio il timbro ministeriale con la firma del Segretario e del Presidente della Sottocommissione ma anche che, al termine dei lavori, le due buste, di cui la n. 390 (che non era quella contenente l’elaborato dell’avv. Lettera), quest’ultima “ancora chiusa”, furono riposte in cassaforte.
Da ciò, il ricorrente rilevava una contraddizione, dato che, dapprima, era descritto che le prove erano state lette e, poi, che una busta era ancora chiusa, con violazione dei principi di buon andamento e di corretta motivazione.
“ 2. Giudizio valutativo verbalizzato dalla Commissione esaminatrice: manifesta disparità di trattamento, violazione dei criteri di valutazione, irragionevolezza del giudizio” .
Il ricorrente rilevava che comunque, nell’esprimere il giudizio di “non idoneità” derivante dalla correzione del suo elaborato (atto “inter vivos” di diritto civile), la Commissione era incorsa in errore di fatto e di diritto, laddove aveva osservato che risultava l’omessa previsione della riserva di proprietà a favore della società dei corrispondenti spazi per parcheggio, con conseguente possibile ricaduta nelle parti comuni ex art. 1117 c.c., anche in considerazione del contenuto della clausola contrattuale di cui all’art. 11.
Ciò perché la Commissione avrebbe dovuto valutare il contenuto del regolamento di condominio, che descriveva già le parti comuni dell’edificio, e soffermarsi sulla illustrazione della titolarità dei parcheggi come effettuata nell’elaborato in questione, che valorizzava il richiamo all’allegato contenuto nell’atto e faceva presumere che il candidato avesse ben presente quale fosse l’oggetto del negozio.
L’avv. Lettera, poi, si soffermava sul contenuto dell’elaborato per evidenziare la sua completezza su tale profilo e la validità della soluzione seguita, in osservanza dei criteri generali di cui al verbale n. 8 del 23 novembre 2012, che consentivano di valutare soluzioni non predeterminate e ciò anche in riferimento al richiamo alla clausola contrattuale di cui all’art. 11.
Inoltre, il ricorrente procedeva a un esame comparativo degli elaborati di numerosi altri candidati ammessi alla prova orale, che pure non facevano riferimento, sul punto, agli “spazi a parcheggio”, per dedurne una disparità di trattamento.
“ 3. Giudizio di valutazione sulla parte teorica”.
Sui gravi errori di diritto constatati dalla Commissione, relativamente a un improprio e generico orientamento del Consiglio Nazionale del Notariato sulla vendita di beni asseritamente usucapiti lecitamente effettuabile per beni di minima entità economica, il ricorrente riproponeva la parte di testo del suo elaborato che ne trattava, ritenendo che fosse sufficiente a smentire la conclusione della Commissione, come anche verificabile dalla lettura di recente dottrina civilistica che riportava.
Sulla riscontrata omessa trattazione degli strumenti alternativi per la realizzazione delle finalità valute dalle parti, il ricorrente osservava che, in realtà, la traccia faceva riferimento a strumenti “utilizzabili” e non “alternativi”, fermo restando che la giustificazione della soluzione adottata era presente nella descrizione dei passaggi logici da lui seguiti, come rilevabile in estratti dell’elaborato che riportava.
Anche in questo caso, l’avv. Lettera faceva riferimento agli scritti di altri candidati ammessi che avevano – a suo dire – prescelto la medesima soluzione, per evidenziare l’intervenuta disparità di trattamento.
Sulla rilevata trattazione “assolutamente superficiale” degli altri argomenti richiesti dalla traccia, essendosi il candidato limitato ad una mera ed incompleta parafrasi delle disposizioni normative, il ricorrente nuovamente riportava brani del suo elaborato per smentire tale conclusione e nuovamente richiamava il contenuto degli scritti di altri candidati ammessi per evidenziare una evidente disparità di trattamento.
Il Ministero della giustizia si costituiva in giudizio per resistere al ricorso, e ne domandava la reiezione nel merito in memoria per la camera di consiglio, ove insisteva sul rilievo della piena legittimità delle operazioni di correzione degli elaborati e della sufficienza, logicità e congruità della motivazione del giudizio negativo, insindacabile nel suo contenuto valutativo in questa sede.
Con l’ordinanza in epigrafe della Sezione Terza di questo Tribunale era respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.
In prossimità della pubblica udienza parte resistente depositava una ulteriore memoria illustrativa, rilevando anche l’improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione della graduatoria finale della procedura, nelle more approvata.
All’udienza di merito del 24 maggio 2017 la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio, preliminarmente, ritiene di poter prescindere dall’eccezione di improcedibilità del ricorso come sollevata in corso di causa dalla difesa erariale, considerata l’infondatezza del ricorso per quel che si va a illustrare.
Riguardo a quanto contestato nel primo motivo di ricorso, in ordine alle modalità di correzione degli elaborati, tra cui quello del ricorrente, nella seduta della Sottocommissione incaricata nella data del 17 aprile 2013, come già anticipato in sede cautelare, non si ravvisano gli estremi per condividere la censura proposta, sia perché l’eventuale irregolarità non riguarderebbe comunque la correzione dell’elaborato dell’interessato (TAR Lazio, Sez. I, n. 27500/10) sia perché la contraddittorietà non sussiste, in quanto appare chiaro, dalla stessa verbalizzazione (se intesa come “motivazione” secondo la ricostruzione del ricorrente) che la busta contraddistinta con il n. 390 è stata riposta “chiusa” in cassaforte e la descrizione delle operazioni come riportata deve essere logicamente riferita alla busta precedente, n. 389, dato che è indicato che le buste venivano aperte secondo l’ordine numerico e – appunto – la seconda rimaneva “chiusa”.
Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo di ricorso, in cui è sostanzialmente contestato il giudizio di merito espresso dall’organo valutante, il Collegio osserva che il vaglio giurisdizionale sollecitato con le proposte censure suggerisce di soffermarsi preliminarmente sull’ambito entro il quale lo stesso è consentito, al fine di parametrare specularmente l’ammissibilità delle doglianze sollevate avverso l’esercizio della discrezionalità valutativa, confluito nell’adozione del giudizio contestato.
Ebbene, in tal senso, occorre rammentare che, per giurisprudenza costante, il presente giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito Tribunale, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, dato che l'apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato “ab extrinseco” da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà evidenti.
Come più volte affermato, infatti, anche da questa Sezione (Tar Lazio, Sez. I, n. 2467/2012 e n. 26342/10), il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa e complessiva della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (v. anche: Tar Lazio, Sez. I, n. 4626/13 e Cons. Stato, Sez. IV, n. 172/06).
Deve, pertanto, ritenersi infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell’elaborato, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell'operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione.
La mancanza dei connotati della manifesta illogicità e irragionevolezza e l’assenza del “travisamento dei fatti” invocato dal ricorrente preclude quindi al Collegio di sindacare il merito della valutazione effettuata dalla Commissione, valutazione che peraltro appare al Collegio, nella sua sinteticità, ben motivata sotto ogni profilo contestato, con riferimento sia ai criteri di valutazione dalla stessa predeterminati sia alla gravità degli errori.
Il ricorrente non può quindi essere seguito laddove indirizza le sue censure avverso i dirimenti rilievi formulati dalla Commissione sull’elaborato esaminato, e ciò in quanto, pur denunciando un “travisamento” degli elementi forniti dal candidato, nel ricorso si viene, in realtà, a confutare nel merito i rilievi che il predetto organo ha sollevato in ordine alla interpretazione della traccia, alle tesi enunciate e alle soluzioni individuate dal candidato medesimo.
Il Collegio non può dunque prendere cognizione delle contestate valutazioni della Commissione, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di una piena attività valutativa e comparativa dell’elaborato del candidato e dei rilievi della Commissione, a tutta evidenza preclusa all’adìto Giudice.
A testimonianza di ciò, è sufficiente rilevare le osservazioni della difesa erariale, che tendono a illustrare – nel merito – i profili di criticità riscontrati, con evidente coinvolgimento del giudizio discrezionale suddetto, precluso in questa sede, ove il Collegio non può rileggere i passi dell’elaborato del ricorrente per formarsi una sua opinione sull’aderenza alla traccia, in assenza di travisamento evidente della stessa da parte della Commissione.
Per quanto riguarda, infine, la reclamata disparità di trattamento, il Collegio non può che richiamare la propria giurisprudenza sul punto, evidenziando che la Commissione ha proposto tracce che prevedevano non già soluzioni predeterminate in astratto, bensì più soluzioni possibili in concreto, purché correttamente costruite sul piano giuridico ed adeguatamente motivate;ne consegue che qualsiasi richiamo ad elaborati di altri candidati che abbiano astrattamente utilizzato gli stessi istituti giuridici non risulta in sé conferente, essendo di contro necessario verificare la concreta applicazione dell’istituto nel singolo atto e, di conseguenza, gli effetti che nel caso concreto ne derivano, oltre che l’enunciazione delle ragioni giuridiche che ne giustificavano l’impiego (TAR Lazio, Sez. I, n. 5987/17).
A ciò si aggiunga che un giudizio favorevole reso alla prova scritta di altro candidato non servirebbe a sanare le gravi criticità in cui è incorso il ricorrente (tra le ultime: TAR Lazio, Sez. I, n. 10870/16 e n. 12704/15).
Alla luce di quanto precede, il ricorso non può trovare accoglimento.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.