TAR Roma, sez. II, sentenza 2024-07-09, n. 202413886

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2024-07-09, n. 202413886
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202413886
Data del deposito : 9 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/07/2024

N. 13886/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00213/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 213 del 2024, proposto da
I s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A M P, con domicilio digitale in atti;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A A, con domicilio digitale in atti;

nei confronti

Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore , non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- del provvedimento prot. n. NA/23443 del 17 ottobre 2023, comunicato a mezzo p.e.c. in pari data, emesso da Roma Capitale, Dipartimento Ciclo dei Rifiuti, Prevenzione e Risanamento degli Inquinamenti, Direzione Ciclo dei Rifiuti e Risanamento Ambientale, Servizio Autorizzazione Impianti di gestione rifiuti e Attività Estrattive, con il quale è stata disposta l'archiviazione dell'istanza di rinnovo, ai sensi dell'art. 30, comma 4, della l.r. Lazio n. 17/2004 e ss.mm.ii., dell'autorizzazione all'attività estrattiva sita in Roma, località “ Castelmalnome ”, denominata “ C15_I Castelmalnome Sud ”, presentata dalla società ricorrente ed acquisita agli atti dell'ufficio con nota prot. QL12584 del 21 febbraio 2022 ed è stato, altresì, disposto che la ricorrente non potesse proseguire l'attività estrattiva in oggetto se non dopo aver ottenuto una nuova autorizzazione;

– della nota prot. NA14150/2022 del 31 ottobre 2022, con la quale sono stati trasmessi i moduli da compilare per l’istanza di rinnovo;

– della nota prot. NA5552/2023 del 13 marzo 2023, con le quali sono state richieste integrazioni alla documentazione prodotta;

– della nota prot. NA11519/2023 del 25 maggio 2023, con la quale è stata chiesta copia del titolo di disponibilità dell’area per l’intero periodo, maggiorato di tre anni, nonché della comunicazione della proroga del contratto di locazione all’Agenzia delle Entrate e degli estremi del pagamento della relativa imposta;

– della nota prot. NA13091 del 12 giugno 2023, con la quale è stata chiesta la completa compilazione del modello 1/A e, in particolare, l’inserimento degli estremi della registrazione del contratto di affitto e l’indicazione del proprietario;

– della nota prot. n. NA19763 del 1° settembre 2023, con la quale veniva sollecitato il riscontro alla nota prot. NA13091/2023;

– di ogni altro atto presupposto e conseguente, ancorché ignoto alla ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2024 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame, I s.r.l. (nel prosieguo “I” o “Società”) – già autorizzata con determinazione dirigenziale del Dipartimento X del Comune di Roma n. 689 del 6 luglio 2007, poi prorogata fino al 5 luglio 2022 giusta determinazione dirigenziale n. 386 del 3 marzo 2022, all’esercizio di un’attività estrattiva nell’area sita in Roma, località “ Castelmalnome ”, denominata “ C15_I Castelmalnome Sud ” – impugna l’archiviazione dell’istanza di ulteriore rinnovo di tale autorizzazione da costei avanzata il 21 febbraio 2022 ai sensi dell’art. 30, comma 4, della l.r. n. 17/2004 e ss.mm.ii., e dell'art. 16-bis, comma 2, lettera a), del regolamento regionale n. 5/2005 e ss.mm.ii di attuazione di tale l.r. n. 17/2004 (d’ora innanzi semplicemente “Regolamento”), per il completamento del relativo piano di recupero dell’area, già eseguito su circa il 70% dell’area estrattiva originaria, con variante del piano medesimo in relazione alla necessità di utilizzare terre e rocce da scavo di provenienza esterna ai sensi degli artt. 214-216 del d.lgs. n. 152/2006.

In particolare, tale diniego è stato adottato da Roma Capitale sul presupposto (in tesi erroneo) che l'istanza di rinnovo non fosse stata “ regolarmente presentata ” ai sensi del citato art. 16-bis, comma 4, del Regolamento, atteso che “ non è stato prodotto il titolo di disponibilità dei terreni di cui al foglio 744 particelle 57 e 69 ” e che “ il titolo di disponibilità doveva essere prodotto unitamente all'istanza di rinnovo con variante di cui al prot. QL12584 del 21.02.2022 ”, con la conseguenza che “ l'autorizzazione all'attività estrattiva in oggetto, stante la presente archiviazione, deve considerarsi scaduta. Pertanto, la Società I S.r.l. non può proseguire l'attività se non dopo aver ottenuto una nuova autorizzazione ”. Segnatamente, l’amministrazione contestava a I che due dei contratti al riguardo trasmessi dalla Società sarebbero scaduti e che il terzo contratto di comodato sarebbe stato irrilevante.

Parte ricorrente chiede, dunque, l’annullamento di tale determinazione, evidenziando quanto segue:

i) che la produzione del “ titolo comprovante la disponibilità dell’area sulla quale si intende svolgere l’attività di coltivazione corredato da certificati e cartografie catastali ” prescritto all’art. 4 del Regolamento trova applicazione solo per le istanze di rinnovo di cui alla lettera b), dell’art. 16-bis del Regolamento medesimo, inerenti l’estensione dell'attività autorizzata e (in tesi) “ estranee al caso che ci occupa” , atteso che la domanda di rinnovo disattesa riguarderebbe la sola cubatura residua del piano di coltivazione ed il recupero ambientale senza modifiche del progetto approvato e senza estensione dell’attività estrattiva di cui alla precedente lett. a) del medesimo art. 16-bis;

ii) che era già stata fornita, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del Regolamento, in sede di rilascio dell’autorizzazione originaria dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la disponibilità “ per il periodo compreso fra la data odierna e l’anno 2028 ” dei terreni in questione;

iii) che l’atto sarebbe stato adottato senza consentire il contraddittorio con la ricorrente sulla validità dei titoli prodotti e senza inviare la comunicazione dei motivi ostativi prima della emissione del provvedimento, sicchè I non sarebbe stata posta in condizione di controdedurre ai rilievi dell’amministrazione sui titoli di disponibilità inviati;

iv) che il termine di 15 giorni concesso alla Società per la produzione di tali titoli non consentiva alla ricorrente, che pure aveva la disponibilità delle aree, di adeguarsi alle richieste dell’amministrazione, ove necessario, d’intesa con i proprietari;

v) che in ogni caso “ i terreni di cui al foglio 744, particelle 57 e 69 ”, in relazione ai quali Roma Capitale contesta l’assenza di titoli di disponibilità, non sarebbero inclusi nel progetto in questione.

Roma Capitale si costituiva in giudizio, diffusamente argomentando sulla legittimità dell’avversata determinazione di revoca nella considerazione che, pur rientrando la fattispecie nell’ipotesi di rinnovo di cui alla lett. a) dell’art. 16 bis del Regolamento, la disponibilità dell’area costituirebbe comunque un presupposto necessario per il rinnovo.

La Sezione con ordinanza n. 468/2024 accoglieva l’istanza cautelare, sospendendo, nelle more della definizione della presente controversia, l’efficacia del gravato provvedimento, “ Ritenuto che le censure formulate dalla parte ricorrente richiedano un approfondimento non compatibile con la sommarietà della presente fase cautelare ” e “ Considerato che, nel necessario bilanciamento tra i contrapposti interessi, debba ritenersi prevalente sotto il profilo del periculum in mora quello vantato dalla ricorrente alla prosecuzione dell’attività completamento del piano di recupero dell’area ”.

In vista dell’udienza pubblica per la trattazione nel merito del ricorso, I insisteva per l’accoglimento delle censure proposte, anche in relazione al contratto di comodato sottoscritto con il sig. Pica il 5 dicembre 2023, inerente la porzione di terreno distinta in catasto al foglio 746, particelle 58-63-504 (le prime due comprese nell’autorizzazione per cui è causa) per il completamento del progetto di attività estrattiva e di recupero ambientale, per la durata di 4 anni dal rilascio dell’autorizzazione “ e comunque fino al completamento dei lavori di recupero secondo i progetti approvati, fino alla scadenza delle autorizzazioni ”, con eventuale proroga di ulteriori tre anni rispetto ad esse, registrato presso l’Agenzia delle Entrate di Roma 3 il 12.01.2024-Serie 3X, n. 122 (in atti).

All’udienza pubblica del 22 maggio 2024, la causa veniva trattata e, quindi, trattenuta in decisione.

Il ricorso è infondato.

Il Collegio, innanzi tutto, non condivide, la tesi di parte ricorrente volta a negare la necessità, ai fini del rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio di un’attività estrattiva, che l’istante disponga dell’area interessata dal relativo piano di recupero, dandone evidenza ove richiesto dall’amministrazione.

La prospettazione difensiva della Società è fondata sul solo dato formale che il riferimento alla necessità che sia prodotto il “ titolo comprovante la disponibilità dell’area sulla quale si intende svolgere l’attività di coltivazione corredato da certificati e cartografie catastali ”, contenuto all’art. 4 del Regolamento, rubricato “ Documentazione da allegare alla domanda concernente il rilascio della autorizzazione per l’attività di coltivazione di materiali di cava e torbiera ”, sia richiamato dall’art. 16-bis dello stesso Regolamento, rubricato “ Presentazione della domanda, della relativa documentazione e procedure per il rinnovo dell’autorizzazione per la coltivazione di cave e torbiere ”, solo con riferimento alle istanze di rinnovo riguardanti “ lo sviluppo del piano di coltivazione e di recupero ambientale precedentemente autorizzato nei limiti del giacimento residuo ” di cui alla lett. b) di tale art. 16-bis e non anche quelle di cui alla precedente lett. a) riguardanti invece “ La cubatura residua del piano di coltivazione e di recupero ambientale precedentemente autorizzato ”, tra le quali rientra l’istanza disattesa (circostanza non contestata da Roma Capitale).

Ebbene, il Collegio è dell’avviso che la circostanza che il Regolamento espliciti la necessità – come ovvio - che detto titolo sia allegato alle istanze volte ad ottenere un’estensione dell’attività su un’area più ampia rispetto a quella individuata in sede di primo rilascio (“ sviluppo ”) non valga ad impedire all’amministrazione - nel caso in cui il rinnovo (come nel caso di specie) non preveda l’estensione territoriale ma la sola proroga temporale dell’autorizzazione sulla medesima area - di richiedere all’istante di comprovarne la perdurante disponibilità, dovendo tale requisito comunque permanere per tutto il periodo in cui la relativa attività verrà svolta e, quindi, anche per il periodo di rinnovo, anche se, come nel caso di specie, già fornito in sede di primo rilascio per una durata sufficiente a coprire l’intero relativo periodo.

Se, infatti, risulta per tabulas che I in sede di prima domanda di rilascio abbia già reso, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del Regolamento, relativa dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la disponibilità “ per il periodo compreso fra la data odierna e l’anno 2028 ” dei terreni in questione (quelli censiti in catasto al foglio 746, particelle n. 69 e 57) mediante il riferimento al “ contratto di affitto ” con la “ proprietà Turetta ” (in tal senso, la nota prot. 351 del 29.11.2022, acquisita da Roma Capitale con prot. NA/16516 del 30.11.2022, in atti), ciò non toglie che l’amministrazione ai sensi dell’art. 71 del d.P.R. n. 445/2000 sia tenuta – tanto più in sede di rinnovo del titolo – a compiere ulteriori indagini volte ad appurare la veridicità della dichiarazione sostitutiva di atto notorio già resa dall’interessato, anche richiedendo all’istante l’esibizione del relativo titolo, soprattutto laddove, come nella fattispecie, “ sussistano concreti elementi per metterne in dubbio il contenuto ”, emergendo dalla documentazione versata in atti dalla stessa Società che, con riferimento ad altra autorizzazione relativa ad un’area limitrofa a quella per cui è causa, la relativa disponibilità fosse già venuta meno (in tal senso, T.A.R. Toscana, sez. III, 11/12/2017, n.1536).

Come noto, del resto, la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ha valore certificativo e probatorio nei confronti dell'amministrazione solo fino a contraria risultanza, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 75 del d.P.R. n. 445/2000, qualora dal controllo delle dichiarazioni sostitutive rese dal privato il contenuto delle stesse non risulti confermato, il dichiarante non potrà certamente ottenere i benefici eventualmente conseguenti al provvedimento da emanarsi sulla base della dichiarazione risultata non (più) veritiera o comunque attuale (in senso tal senso, T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 04/03/2019, n. 223 nonché T.A.R. Abruzzo, sez. I, 12/10/2015, n. 387).

Ugualmente infondata è la censura volta a contestare il termine da ultimo assegnato alla ricorrente per la produzione di nuovi titoli nella nota di “ sollecito produzione documentale ” del 1° settembre 2023, atteso che già in precedenza si era chiarita la necessità di fornire tale documentazione, richiedendola alla Società e che il requisito di disponibilità doveva, come visto, comunque esistere e poter essere comprovato già al momento della domanda nonchè persistere ininterrottamente per tutto il periodo di svolgimento dell’attività e coprire, quindi, anche il periodo di rinnovo.

Lo stesso è a dirsi per la doglianza con cui I lamenta di non essere stata posta in condizione di controdedurre ai rilievi dell’amministrazione sui titoli di disponibilità inviati, risultando dalla ricostruzione dei fatti proposta dalla stessa ricorrente come nel corso del procedimento, poi conclusosi con l’adozione del diniego avversato, sia intervenuta tra le parti, anche su tale specifico argomento, copiosa corrispondenza.

A ciò si aggiunga come, risulti confermato dal contenuto dei tre contratti prodotti da I all’amministrazione ai fini del rinnovo come essi siano in effetti tutti inidonei a dare prova della disponibilità dei terreni con riferimento ai quali la stessa risulta essere stata contestata da Roma Capitale – solo “i terreni di cui al foglio 744 particelle 57 e 69 ” – in quanto:

- il contratto di locazione stipulato con C M, E T e M T il 15 gennaio 2007 è relativo ad un’area che, seppur almeno in parte ricadente nell’autorizzazione di cui si discorre, non coincide con detti terreni, atteso il riferimento a “ l’immobile … distinto al N.C.T. del Comune di Roma al Foglio 746 particelle 57, 69, 89, 158e al Foglio 744 particella 95 ”, nonché la sua già intervenuta scadenza al momento della presentazione dell’istanza di rinnovo del 21 febbraio 2022, considerata la durata ivi stabilita (sei anni, tacitamente rinnovabili per ulteriori sei, artt. 2 e 3 del contratto);

- quello sottoscritto con L P il 5 marzo 2010, pur se relativo ad una delle particelle in questione (la 57 del foglio 744), era comunque anch’esso già scaduto al momento dell’istanza (avanzata il 21 febbraio 2022), attesa la previsione di un “ termine finale, equivalente a quello stabilito nel contratto di concessione vigente tra il Sig. Pica e la Inertars s.r.l., allegato alla presente scrittura e che forma parte integrante della presente ” (art. 4), a sua volta fissato in “ dieci anni a decorrere dall’inizio dei lavori di escavazione ” oltre il quale è previsto che “ alla scadenza … la I riconsegnerà il terreno al proprietario … salvo proroga richiesta dalla I per motivi di forza maggiore ”, proroga che la ricorrente non ha documentato sia intervenuta (artt. 3 e 4 dell’accordo di concessione in data 1° agosto 2005);

- tale contratto di concessione del diritto di scavo intervenuto sempre con L P il 1° agosto 2005, oltre che non più vigente, è comunque relativo ad altro terreno, in quanto riferito a “ la disponibilità del terreno … distinto nel N.C.T. del Comune di Roma, (foglio n. 746) particelle n. 88-58-70-63 ” (art. 2).

Lo stesso è a dirsi per l’accordo per la concessione in comodato gratuito di terreno stipulata da I con L P il 5 dicembre 2023, allegato il 10 aprile 2024 dalla Società, in quanto, oltre che comunque sopravvenuto, oltre che all’istanza, anche al provvedimento di diniego impugnato, in ogni caso anch’esso non riferito a tali terreni, bensì afferente la “ l’appezzamento di terreno … identificato al Catasto Terreni di Roma al Foglio 746 Part. 58, 63, 504 ”.

Parte ricorrente - ben consapevole di tali documentali – sostiene, poi, che “ i terreni di cui al foglio 744, particelle 57 e 69 ” di cui Roma Capitale contesta l’omessa prova della disponibilità, non sarebbero comunque inclusi nel progetto, che comprenderebbe le aree individuate nei citati contratti trasmessi dalla società con nota acquisita al prot. NA20062 del 6 settembre 2023.

Ebbene, anche tale prospettazione risulta smentita dalla documentazione agli atti di causa, atteso che sia l’autorizzazione originaria di cui si chiede il rinnovo (n. 689 del 6 luglio 2007) che la “ Planimetria Catastale ” allegata al relativo originario “ Progetto di coltivazione dell’area di cava sita in zona: Castelmalnome Sud ” (entrambi depositati in atti da I) includono espressamente anche tali particelle.

Peraltro è la stessa ricorrente a inserire tali particelle nella dichiarazione sostitutiva di disponibilità da costui al riguardo resa in sede di prima domanda, né la Società ha fornito alcuna prova che la proroga sia stata da costei richiesta solo con riferimento a una porzione di terreno differente, osservando il Collegio come l’istanza di rinnovo versata in atti (documento in allegato 6 al ricorso introduttivo) sia stata depositata priva dei relativi allegati.

In conclusione, per quanto fin qui detto, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono, comunque, giusti motivi, attesa la peculiarità delle circostanze, per compensare tra le parti le spese di lite.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi