TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-07-15, n. 202414331
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Testo completo
Pubblicato il 15/07/2024
N. 14331/2024 REG.PROV.COLL.
N. 07037/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7037 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Annalisa Guano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
del provvedimento del Ministero dell’Interno n. K10/-OMISSIS- del 19 febbraio 2020, notificato al ricorrente il 19 maggio 2020, con il quale è stata respinta la domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata dall’odierno ricorrente in data 20 gennaio 2015, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 12 luglio 2024 il dott. Enrico Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe si contesta la legittimità del provvedimento del Ministero dell’Interno n. K10/-OMISSIS- del 19 febbraio 2020, con il quale è stata respinta la domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata dall’odierno ricorrente in data 20 gennaio 2015, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, essendo emersi sul suo conto un decreto penale di condanna reso dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Emilia in data 29 marzo 2011, per il reato di violazione delle norme sull’ispettorato del lavoro ex art. 4 della legge n. 628/1961 (commesso in Reggio Emilia il 19 aprile 2010), non riportato nel modulo di richiesta della cittadinanza italiana, appositamente predisposto per consentire all’istante di autocertificare, ai sensi dell’art. 46 del d.P.R. 28.12.2000, n. 445, la propria posizione giudiziaria.
Con unico motivo di diritto, parte ricorrente eccepisce avverso il provvedimento impugnato i vizi di eccesso di potere, carenza di motivazione ed illogicità, “in quanto unicamente fondato su un decreto penale di condanna risalente al 2012 e oggetto di estinzione, originato da un fatto di lieve entità, cui ha fatto seguito una condotta immediatamente partecipativa e riparatrice del reo, che ha pure pagato la pena pecuniaria” .
Riferisce inoltre il ricorrente che il reato contestato ( “Violazione delle norme sull’ispettorato del lavoro” ) non rientra in alcune delle ipotesi ostative di cui all’art. 6, comma 1, della legge. n. 92/1991.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio contestando le censure ex adverso svolte e concludendo per il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 6426 del 14 ottobre 2020 è stata respinta la domanda cautelare proposta con il ricorso, avendo il provvedimento impugnato ad oggetto l’acquisizione di uno status rispetto al quale il ricorrente non ha allegato alcuno specifico danno, connotato dai requisiti della gravità ed irreparabilità.
Con memoria in data 26 giugno 2024, il ricorrente ha rappresentato, a sostegno di quanto sostenuto nel ricorso introduttivo, di aver sempre tenuto, dopo la presentazione dell’impugnazione, un comportamento improntato alla legalità, sia sotto il profilo penale che sotto il profilo fiscale.
All’udienza di smaltimento dell’arretrato del giorno 12 luglio 2024, la causa è passata in decisione.
Il ricorso è infondato e va respinto.
Osserva sul punto il Collegio, alla luce della giurisprudenza in formatasi in materia di concessione della cittadinanza, di recente sintetizzata dalla Sezione (T.A.R. Lazio, Roma, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2947, 3018, 3471, 5130 del 2022), che l’acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone un’amplissima discrezionalità in capo all’Amministrazione, come si ricava dalla norma, attributiva del relativo potere, contenuta nell’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, ai sensi del quale la cittadinanza “può” essere concessa.
Tale discrezionalità si esplica, in particolare, in un potere valutativo in ordine al definitivo inserimento dell’istante all’interno della comunità nazionale, in quanto al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti – consistenti, sostanzialmente, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consente, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si chiede di entrare a far parte), e nella possibilità di assunzione di cariche pubbliche – ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo; si tratta infatti di determinazioni che rappresentano un’esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (cfr. Consiglio di Stato, AG, n. 9/1999 del 10.6.1999; sez. IV n. 798/1999; n. 4460/2000; n. 195/2005; sez, I, 3.12.2008 n. 1796/08; sez. VI, n. 3006/2011; Sez. III, n. 6374/2018; n. 1390/2019, n. 4121/2021; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012; n. 3920/2013; 4199/2013).
L’interesse dell’istante a ottenere la cittadinanza deve quindi necessariamente coniugarsi con l’interesse pubblico a inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale e se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura “composita”, in quanto teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell’identità nazionale, è facile dunque comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell’agire del soggetto (il Ministero dell’Interno) alla cui cura lo stesso è affidato.
In questo quadro, pertanto, l’Amministrazione ha il compito di verificare che il soggetto istante sia in possesso delle qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprima integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.
La concessione della cittadinanza rappresenta infatti il suggello, sul piano giuridico, di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione