TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2017-07-03, n. 201707668
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 03/07/2017
N. 07668/2017 REG.PROV.COLL.
N. 10389/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10389 del 2007, proposto da:
Soc. Azienda Agricola Alberti F.Lli Ss , Az Agr Bazzoli Giacomo, Az Agr Bianchini Alberto e Mauro, Az Agr Bicelli Frncesco &Perani Giuliana, Az Agr Bonatti Angelo, Az Agr Gallina Bruno, Az Agr Gallina Renato, Az Agr Golini Silvio, Az Agr Maffei Tarcisio, Az Agr Orsini Giovanni, Az Agr Rosa Maria Ved Berselli di Berselli Enrico e Eugenio, Azienda Agricola Battaglia Giovanni, Azienda Agricola Fenilazzo di Cavaliere A e Figli, Azienda Agricola Foschetti Eugenio e Angelo, Azienda Agricola Rezzola Michelangelo, Azienda Agricola Rolfi Emilio e Luigi, Azienda Agricola Rongoni Maria, Azienda Agricola Rossi Giordano e Pierino, Azienda Agricola Sandrini Graziano e Faustino, Azienda Agricola Savoldi Gianpietro e Figlio Giuliano, Azienda Agricola Tellaroli Angelo, Azienda Agricola Tomasoni Mirko e Gabriele, Azienda Agricola Treccani Mauro, Azienda Agricola Valente Bruno, Azienda Agricola Vezzoli Giulio, Azienda Agricola Vezzoli Giuseppe e Giancarlo, Azienda Agricola Zanoletti Antonio, Soc Az Agr Albini Armando Giorgio e Leonardo Ss, Soc Az Agr Baronchelli Pasquale Alessandro e Carlo Ss, Soc Az Agr Bianchini Pasquale Ss, Soc Az Agr Bosio Aldo e Francesco Ss, Soc Az Agr Canobbio Renzo Mauro Alberto e Franco Ss, Soc Az Agr Crotti Palmiro e Giuseppe Ss, Soc Az Agr Ferronato Battista e Fabio Ss, Soc Az Agr Gallina Sereno e C Ss, Soc Az Agr Gatti Giovanni e Gianpaolo Ss, Soc Az Agr Lisioli F.Lli Ss Agricola, Soc Az Agr Maccagnola Francesco e Attilio G Ss, Soc Az Agr Mangiavini F.Lli Giovanni e Antonio Ss, Soc Az Agr Migliorati Sergio e Albino Ss, Soc Az Agr Moscardi Guido &C Ss, Soc Az Agr Panato Lino e Figlio Enzo Ss, Soc Az Agr Pelizzari Giorgio e Angiolino Ss, Soc Az Agr Pezzaioli Giulio Roberto e Gabriele Ss, Soc Az Agricola Vezzoli Giuseppe e Piergiulio Ss, Soc Azienda Agricola Donzelli Flli Ss Agricola, Soc Azienda Agricola Costa Flli di Angelo e Luigi Ss, Soc Azienda Agricola Mason e Bertagna Ss Agricola, Soc Azienda Agricola Nicolini Bortolo e Flli Ss, Soc Azienda Agricola Panelli Giacomo Ss, Soc Azienda Agricola Ragnoli Bruno e C Ss, Soc Azienda Agricola Saetti Mario e Manuel Ss, Soc Azienda Agricola Zuin Lionello Luigi e Mario Ss in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avvocati Fabrizio Tomaselli, Amedeo Tonachella, con domicilio eletto presso lo studio Daniele Manca Bitti in Roma, via Luigi Luciani, 1;
contro
Agea - Agenzia Per Le Erogazioni in Agricoltura, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali non costituiti in giudizio;
nei confronti di
Soc. Esatri Spa (Ora Equitalia Servizi di Riscossione), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati P B, M R V, con domicilio eletto presso lo studio P B in Roma, piazza Cola di Rienzo, 69;
e con l'intervento di
ad opponendum
:
Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati F T, R A M S, V M, con domicilio eletto presso lo studio F T in Roma, Largo Messico, 7;
per l'annullamento
delle cartelle esattoriali relative agli importi del prelievo complessivamente da versare da ciascuna di esse per l’annata indicata in cartella,
nonché,
per il risarcimento danni.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soc. Esatri Spa (Ora Equitalia Servizi di Riscossione);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2017 il cons. G R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Le ricorrenti, aziende agricole produttrici di latte vaccino, impugnano le cartelle esattoriali relative agli importi del prelievo complessivamente da versare da ciascuna di esse per l’annata indicata in cartella.
Dopo aver ricostruito la normativa comunitaria e nazionale sul regime delle c.d. “quote latte”, del prelievo supplementare delineato dalla disciplina comunitaria, del sistema di gestione e controllo del regime comunitario delle quote-latte e degli effetti retroattivo dei decreti legge n. 440 e 562 del 1996, esse deducono vizi sostanziali in relazione alla violazione del diritto e dei principi di matrice comunitaria nonchè del diritto interno, anche alla luce dei pronunciamenti della Corte Costituzionale, per violazione del diritto di difesa, degli obblighi di informazione e del principio di parità di trattamento.
Si sono costituite in giudizio la regione Lombardia, AGEA ed Equitalia Esatri (poi confluita per atto di fusione per incorporazione in Equitalia Nord s.p.a.).
Con ordinanza n. 391/2008 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione degli atti impugnati.
Con sentenza interlocutoria n. 6748/2008, sono stati disposti incombenti, adempiuti da AGEA e Regione Lombardia rispettivamente con depositi datati 8/10/2008 e 18/9/2008.
Nel corso del giudizio ed in prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato documenti e memorie difensive.
Alla pubblica udienza del 20 giugno 2017, il Collegio ha trattenuto le cause in decisione.
Il ricorso è infondato.
La sua infondatezza consente di prescindere dalle eccezioni inammissibilità (per genericità delle censure a fronte della diversità soggettiva delle posizioni delle singole aziende ricorrenti) sollevate dalla regione Lombardia.
Giova premettere, che le questioni sollevate con il ricorso in esame sono state oggetto di approfondimento con la sentenza della Sezione del 6 luglio 2011, n. 5975 (ed altre dello stesso tenore: in particolare, cfr TAR Lazio, sez. II Ter, 4 maggio 2012, nn. 4014 e 4016;Tar Lazio, sez. II ter, n. 4673 del 23 maggio 2012;C.d.S. sez. III, 21 giugno 2012, n. 3665) con cui sono state, altresì, richiamate ulteriori pronunce della giurisprudenza amministrativa che, nel tempo, ha avuto modo di affrontare le questioni riguardanti la complessa vicenda delle c.d. "quote latte" e dei prelievi supplementari.
Nel merito della vicenda, trattandosi di questioni analoghe affrontate con le sopra citate sentenze (le cui argomentazioni sono state, di recente, integrate nell'ambito di altre pronunce: v. Tar Lazio, sez. II ter n. 11376/2008, n. 10584/2010, n. 10588/2010, n. 5975/2011, n. 6184/2011;n. 3805/2012, n. 4426/2012, n. 4718/2012;26 maggio 2012, n. 4786 e 29 maggio 2012, n. 4866 nonché C.d.S. sez. III, 21 giugno 2012, n. 3665;C.d.S., sez. VI, 26 giugno 2006, n. 4081) e da ultimo, tutte le precedenti decisioni rese in argomento dalla Sezione nelle udienze tenutesi nel 2013 e nel 2014), il Collegio, non avendo motivi di discostarsene, si richiama integralmente alle argomentazioni ivi contenute.
La Sezione, come anticipato, si è già occupata della questione relativa all’assegnazione (retroattiva) dei QRI ai singoli produttori con numerose pronunce succedutesi dal 2008 in poi (per le meno recenti, TAR Lazio, sez. Seconda Ter, 15 dicembre 2008, n. 11376 e 10 maggio 2010, n. 10588).
In quelle sedi, dopo aver richiamato (una tra tutte) la propria precedente sentenza n. 10345/2000 con cui aveva sollevato, sul punto dell’assegnazione in via retroattività delle QRI, questione di pregiudizialità dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità europea (anche CGCE), la Sezione ha dato atto che, con decisione del 25 marzo 2004 C-480, la CGCE ha fornito una serie di indicazioni che sono utili per rispondere alle censure proposte con il ricorso in esame.
A tale riguardo, è necessario richiamare, anche per comodità espositiva, la (chiara) ricostruzione normativa del regime delle quote latte, come riportata nella predetta sentenza della Sezione n. 10345/2000.
Il problema dell’eccesso di produzione nel settore lattiero-caseario si pose, a livello comunitario, nel 1968 con il Regolamento n. 804/68 CEE del 27 giugno che istituì una organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;dapprima venne previsto un sistema di premi per la non commercializzazione del latte e la riconversione delle mandrie bovine con il Regolamento 1078/77 CEE del 17 maggio 1977, ed un prelievo di corresponsabilità gravante, in maniera uniforme, sull’insieme dei quantitativi di latte consegnati alle latterie con il Regolamento di pari data n. 1079/77 CEE;considerato però che nonostante detto prelievo l’aumento della raccolta del latte continuava a ritmi tali da creare difficoltà al mercato comune, si ritenne di individuare il sistema migliore per equilibrare domanda ed offerta, pur non nascondendosi le difficoltà amministrative di applicazione, nell’instaurazione di un prelievo supplementare, per un periodo di cinque anni, sui quantitativi di latte raccolto oltre un limite, detto di garanzia, fissato per la produzione dell’intera Comunità, da suddividere per ogni singolo stato, con l’assegnazione ad ognuno di un quantitativo globale garantito (QGG). Detto sistema venne introdotto con il regolamento n. 856/84 CEE del 31 marzo 1984 che, integrando il precedente regolamento n. 804/68, aggiunse l’articolo 5 quater con il quale si stabilirono le quote globali garantite per ogni stato membro, i periodi di produzione entro i quali verificare l’eventuale eccedenza, dal 1 aprile al 31 marzo dell’anno successivo, due formule alternative di prelievo, A e B, a seconda che questo fosse dovuto dal produttore o dall’acquirente, nonché la necessità di individuare quote di riferimento individuale per ogni produttore e relative ad ogni campagna, la somma delle quali era pari al quantitativo globale garantito allo Stato annualmente. La normativa comunitaria introdusse anche il sistema delle compensazioni, che prevedeva appunto la possibilità di compensare produzioni inferiori alla quota assegnata con produzioni superiori, talchè il prelievo era dovuto solo sull’eccedenza risultante dall’effettuata compensazione.
Il primo concreto tentativo di dare attuazione a detto sistema in Italia può essere individuato nell’approvazione della legge 2 novembre 1992 n. 468.
Per quanto qui interessa, detta legge istituì i bollettini provinciali recanti l’elencazione dei produttori titolari di quote latte;suddivise le quote individuali in due parti: la quota A pari alla indicazione produttiva assegnata nel periodo 1991-92, corrispondente alla quantità di prodotto commercializzata nel periodo 1988-89;la quota B pari alla maggiore quantità commercializzata dai produttori titolari della quota A nel periodo 1991-92, rispetto al periodo 1988-89;per quelli entrati in produzione successivamente alla campagna 1988-89 veniva attribuita una quota B pari alla quantità di prodotto commercializzato nel periodo 1991-92. La mancata produzione per un periodo di 12 mesi, elevabili a 24 in casi di forza maggiore o impossibilità sopravvenuta, comporta la perdita della quota che confluisce nella riserva nazionale. Alle regioni viene affidato il controllo sulla produzione effettiva. Alle associazioni di produttori può essere affidata la gestione unitaria delle quote latte dei produttori aderenti. L’Italia sceglie la formula A di cui al regolamento comunitario n.804/68, con prelievo gravante sul produttore. Agli acquirenti è affidato il compito di effettuare le compensazioni tra minori e maggiori produzioni consegnate, rispetto alle quote individuali assegnate, e di operare il dovuto prelievo supplementare. La compensazione a livello nazionale è invece affidata all’A.I.M.A. L’articolo 9 prevede poi la misura del prelievo per la produzione eccedente le quote A e B per il periodo 1 gennaio 31 marzo 1993 , pari a £ 54.305 per ogni 100 chilogrammi di prodotto in eccesso. La quota-latte può essere, a determinate condizioni, ceduta, totalmente o parzialmente, anche per singole annate, senza alienare l’azienda agricola.
Un mese dopo l’approvazione della legge nazionale n. 468/92 il Consiglio della CE approvava un nuovo regolamento, istitutivo di un prelievo supplementare per sette periodi consecutivi di dodici mesi a decorrere dal 1 aprile 1993, pari al 115% del prezzo indicativo del latte (Regolamento n. 3950/92 del 28 dicembre 1992). Veniva assegnato all’Italia un più elevato quantitativo globale e veniva stabilito, all’articolo 4, che il quantitativo di riferimento individuale doveva essere pari al quantitativo disponibile in azienda al 31 marzo 1993, con eventuali adattamenti per i periodi successivi in modo che la somma dei quantitativi di riferimento individuali non fosse superiore al quantitativo globale. Veniva peraltro prevista la possibilità di chiedere ed ottenere un aumento della quota, in presenza di determinate circostanze, da attingere dalla quota di riserva nazionale nella quale confluiscono le quote dismesse.
Il successivo regolamento della Commissione, di attuazione di quello del Consiglio, n.536/93 del 9 marzo 1993 disciplina dettagliatamente, all’articolo 3, gli adempimenti degli acquirenti, ai quali è demandato il compito di controllare la corrispondenza del prodotto consegnato rispetto a quello assegnato, e di effettuare, entro tempi prestabiliti, sia le comunicazioni all’Autorità di controllo che i prelievi supplementari dovuti;l’articolo 7 disciplina le attività di controllo sempre rimesse agli acquirenti, responsabili delle relative contabilizzazioni, e gli obblighi di conservazione dei documenti. Per le vendite dirette dei produttori, non tramite gli acquirenti, dispone l’articolo 4 che prevede dichiarazioni dei produttori stessi in ordine alle quantità vendute.
Sistemi di riduzioni delle quote, previsti nei regolamenti in relazione alla mancata produzione, vengono disciplinati dalla normativa nazionale, sia con il DPR 23 dicembre 1993 n. 569, che assegna alle regioni il compito di verificare la rispondenza della quantità di prodotto commercializzata alla quota assegnata a ciascun produttore e individua criteri per la riassegnazione ridotta, sia con il decreto legge 23 dicembre 1994 n.727, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 1995 n.46, che all’articolo 2 disciplina i sistemi di riduzione sia della quota A che della quota B, per quantitativi non in produzione, da effettuarsi entro il 31 marzo 1995 e con effetto a partire dal periodo 1995-1996. L’articolo 2 bis prevedeva la possibilità per i produttori di autocertificare la propria produzione ai sensi della legge 4 gennaio 1968 n.15, in ogni caso di contestazione e nelle more dell’accertamento definitivo: detta disposizione risulta abrogata a decorrere dallo stesso periodo 1995-96 dall’articolo 2 del d.l. 23 ottobre 1996 n. 552 convertito in legge 20 dicembre 1996 n.642.
Proprio a partire dalla campagna agricola 1995-96 cominciano, anche in relazione alle suddette vicende normative riguardanti l’autocertificazione delle produzioni ed il riscontrato superamento del quantitativo globale assegnato all’Italia, a verificarsi serie difficoltà di accertamento delle effettive produzioni che, in base al sistema normativo vigente, costituivano elemento essenziale per la determinazione della quota individuale di riferimento. La Corte Costituzionale, con una prima sentenza del 28 dicembre 1995, n. 520, ha dichiarato illegittimo l’articolo 2 primo comma del decreto legge n. 727/94, convertito in legge n. 46/95, nella parte in cui, nella determinazione delle riduzioni delle quote individuali dei produttori di latte, escludeva la partecipazione, quanto meno nella forma della richiesta di parere, delle regioni interessate.
Anche la successiva norma, contenuta nella legge finanziaria 23 dicembre 1996 n. 662, all’articolo 2, comma 168, che stabilisce i criteri per l’effettuazione delle compensazioni, veniva annullata dalla Corte Costituzionale con sentenza 11 dicembre 1998 n. 398, nella parte in cui non prevedeva la previa acquisizione del parere delle Regioni e delle Province autonome.
Appare evidente che l’annullamento di norme sulla base delle quali erano state effettuate le riduzioni delle assegnazioni delle quote e le compensazioni, ha comportato necessariamente un ritardo nella procedura ordinaria, in quanto il Parlamento è stato costretto a ridisciplinare la materia “ora per allora”.
Invero anche l’incertezza in ordine alle effettive produzioni, in parte causata dal sistema dell’autocertificazione rimasto in vigore per un certo periodo e poi ritenuto normativamente inaffidabile, come sopra detto, ha contribuito alla determinazione legislativa di ridisciplinare la materia, partendo dalla istituzione di una commissione governativa d’indagine in materia di quote latte, prevista nell’articolo 1 comma 28 del decreto legge 31 gennaio 1997 n.11, come sostituito dalla legge di conversione 28 marzo 1997 n.81. A tale commissione veniva affidato il compito di “accertare la sussistenza di eventuali irregolarità nella gestione delle quote da parte di soggetti pubblici e privati, nonché di eventuali irregolarità nella commercializzazione di latte e prodotti lattieri da parte dei produttori o nella relativa utilizzazione da parte degli acquirenti…., anche in relazione all’effettiva produzione nazionale, e l’efficienza dei controlli svolti dalle amministrazioni competenti”. Sulla base delle risultanze dei lavori della commissione l’A.I.M.A. avrebbe dovuto provvedere alla rettifica degli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995-96 e ad operare i conseguenti conguagli in sede di compensazione nazionale per il periodo 1996-97 (comma 35 del citato art.1).
Per rendere esaustiva la procedura di accertamento della produzione lattiera relativa alle campagne 1995-96 e 1996-97 e coinvolgere maggiormente le regioni e le province autonome, secondo le indicazioni della Corte Costituzionale, interviene altro decreto legge, 1 dicembre 1997 n.411, convertito in legge con modificazioni dall’articolo 1 comma 1 della legge 27 gennaio 1998 n. 5, il quale all’articolo 2 dispone che l’A.I.M.A. “sulla base della relazione della commissione governativa d’indagine, delle risultanze delle rilevazioni straordinarie dei capi bovini da latte effettuata ai sensi del decreto legge 19 maggio 1997 n. 130, convertito con modificazioni dalla legge 16 luglio 1997 n. 228, delle dichiarazioni di contestazione di cui al decreto 15 maggio 1997 del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali… dei controlli effettuati e già comunicati dalle regioni e dalle province autonome, degli altri elementi in suo possesso e dell’attività del comitato di coordinamento delle iniziative in materia di gestione delle quote latte di cui al decreto 16 settembre del Ministro per le politiche agricole nonché dei modelli L1 pervenuti entro la data di entrata in vigore del presente decreto, determina gli effettivi quantitativi di latte prodotto e commercializzato nei periodi 1995-96 e 1996-97…..”;ai sensi del comma 5 dello stesso articolo l’A.I.M.A. comunica ai produttori entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge i quantitativi di riferimento individuali assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato, accertati nei modi precedentemente indicati;avverso detti accertamenti è dato ricorso di riesame avanti le regioni e le province autonome, che devono decidere entro ottanta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione del ricorso. Il comma 11 dispone quindi che “In esito agli accertamenti effettuati ed alle decisioni dei ricorsi di riesame, l’A.I.M.A. apporta le conseguenti modifiche alle risultanze dei modelli L1 e ai quantitativi di riferimento individuali, ai fini delle operazioni di compensazione nazionale e del pagamento del prelievo supplementare.”
Definite le operazioni di accertamento della produzione lattiera per i periodi 1995-96 e 1996-97, il Governo italiano comunica all’Unione europea l’esatta produzione per la rettifica dei prelievi dovuti;i risultati delle compensazioni sono trasmessi alle regioni ed alle province autonome, che le comunicano agli acquirenti, responsabili dei versamenti dovuti a titolo di saldo e di prelievo e delle eventuali restituzioni ai produttori per le somme trattenute in eccedenza.
L’articolo 4 bis, introdotto dalla legge di conversione n. 5 del 1998, istituisce infine una commissione di garanzia, composta di esperti, con il compito di “verificare la conformità alla vigente legislazione delle procedure e delle operazioni effettuate per la determinazione della quantità di latte prodotta e commercializzata nei periodi 1995-96 e 1996-97 e per l’aggiornamento dei quantitativi di riferimento spettanti ai produttori per i periodi previsti nel presente decreto”.
Quindi, il decreto ministeriale 17 febbraio 1998 detta le modalità di comunicazione ai produttori dei quantitativi di riferimento individuali assegnati e delle quantità commercializzate, disciplinando le motivazioni relative alle singole anomalie riscontrate nelle operazioni complessive di accertamento;regola poi la procedura dei ricorsi di riesame davanti alle regioni ed alle province autonome.
Le difficoltà di accertamento relative alla produzione del latte nei periodi in questione comportarono l’impossibilità di rispettare i termini previsti dalla suddetta normativa per l’esame dei ricorsi e per le comunicazione agli interessati delle quote di riferimento individuale e delle compensazioni, talché i termini vennero differiti con l’articolo 45 comma 27 della legge 23 dicembre 1998 n. 448, che considerò ricevibili le decisioni di riesame pervenute all’A.I.M.A. entro il 10 gennaio 1999.
Ritenuti quindi acquisiti tutti gli elementi necessari, il Governo ha emanato il decreto legge 1 marzo 1999 n.43 (convertito in legge con modificazioni dalla legge 27 aprile 1999 n. 118) che assegna alla stessa A.I.M.A. il termine di sessanta giorni per effettuare le compensazioni nazionali per i periodi di produzione lattiera 1995-96 e 1996-97 (articolo 1 comma 1): “L’esubero complessivo nazionale, sul quale è calcolato il prelievo da ripartire tra i produttori, è costituito dalla differenza tra il quantitativo nazionale garantito ed il latte complessivamente prodotto e commercializzato in ciascun periodo”, i risultati delle compensazioni devono essere comunicati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge ai produttori, agli acquirenti ed alle regioni e province autonome.
Il comma 12 afferma solennemente che i risultati delle compensazioni nazionali effettuati ai sensi della nuova normativa sono finalmente definitivi ai fini del pagamento del prelievo supplementare, dei relativi conguagli e della liberazione delle garanzie. Gli acquirenti, ricevuta la comunicazione dall’A.I.M.A. dei prelievi da effettuare per le campagne 1995-96 e 1996-97, devono provvedere entro trenta giorni a versare gli importi trattenuti, nella misura complessivamente dovuta, ed a restituire eventuali eccedenze, dandone comunicazione alle regioni ed alle province autonome (comma 15). Può essere disposta una rateizzazione per il pagamento del prelievo (comma 16). Il comma 17 disciplina quindi una procedura di verifica da parte degli acquirenti degli accertamenti effettuati, nel caso siano difformi dalle dichiarazioni di commercializzazione da essi presentate, sempre per i periodi 1995-96 e 1996-97;se confermano i dati accertati, modificando quindi le dichiarazioni a suo tempo rese, restano esenti dalle sanzioni amministrative e dalla revoca del riconoscimento come acquirente. “In ogni caso, gli accertamenti effettuati e le decisioni dei ricorsi di riesame costituiscono a tutti gli effetti modifica delle risultanze dei modelli L1 a suo tempo inviati, ferme le procedure sanzionatorie previste dalla legge”.
Con tre decreti ministeriali, 21 maggio 1999 n.159, 15 luglio 1999 n.309 e 10 agosto 1999 n.310, infine, il competente Dicastero delle politiche agricole ha dettato disposizioni regolamentari per le procedure di riesame effettuate dalle regioni e dalle province autonome, riguardanti fattispecie specifiche.
3.2 Emerge, in particolare, dalla predetta ricostruzione che, a fronte della difficoltà di avvio del regime delle quote latte nello Stato italiano (sia per l’assenza di dati certi che per il mancato coinvolgimento delle Regioni nell’accertamento e nelle procedure di riduzione dei QRI da assegnare ai produttori), il legislatore nazionale ha dovuto introdurre una serie di misure, reiterate più volte, per accertare i dati di produzione e commercializzazione del latte, unitamente alla possibilità per gli interessati di proporre istanze di riesame in caso di controversie sul punto.
In particolare, tale attività di accertamento, seppure nella parte in cui erano state riscontrate anomalie (con riferimento, ad esempio, al contenuto formale e sostanziale dei modelli L1 sottoscritti dai produttori e dagli acquirenti), è stata reiterata più volte, prima con la legge n. 5 del 1998 (attuata dal DM 17 febbraio 1998) e poi dalla legge n. 118 del 1999 e dai successivi decreti ministeriali di attuazione (i citati DD.MM. 21 maggio 1999 n.159, 15 luglio 1999 n.309 e 10 agosto 1999 n.310).
Ciò premesso, come si è poi avuto modo di rilevare nella citata sentenza della Sezione n. 11376/2008, la Corte di Giustizia della Comunità europea, sul punto della compatibilità comunitaria delle norme nazionali che prevedono l’assegnazione retroattiva delle QRI, ha dato, in termini di legittimità, risposta positiva con sentenza del 25 marzo 2004 C-480, con statuizioni che, come noto, costituiscono un vincolo per il giudice nazionale.
Ed invero, la Corte di Giustizia CE, con la citata pronuncia, ha chiarito che gli artt. 1 e 4 del regolamento n. 3950/92, che istituiscono il regime del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, nonché gli artt. 3 e 4 del regolamento n. 536/93, che stabiliscono le modalità di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro, a seguito di controlli, rettifichi i quantitativi di riferimento individuali attribuiti ad ogni produttore e conseguentemente ricalcoli, a seguito di riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, i prelievi supplementari dovuti successivamente al termine di scadenza del pagamento di tali prelievi per la campagna lattiera interessata.
La Corte europea è arrivata a tale conclusione dopo aver ricostruito la ratio del regime di prelievo supplementare sul latte, finalizzato a ristabilire l’equilibrio fra domanda e offerta sul mercato lattiero, caratterizzato da eccedenze strutturali, limitandone la produzione;tali misure si iscrivono nell’ambito delle finalità di sviluppo razionale della produzione lattiera e di mantenimento di un tenore di vita equo della popolazione agricola interessata, contribuendo ad una stabilizzazione del reddito di quest’ultima.
Da ciò consegue – ha spiegato la Corte - che il prelievo supplementare non può essere considerato come una sanzione analoga alle penalità previste negli artt. 3 e 4 del regolamento n. 536/93, che stabiliscono le modalità di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Infatti, il prelievo supplementare sul latte costituisce una restrizione dovuta a regole di politica dei mercati e di politica strutturale.
Peraltro, come risulta dall’art. 10 del regolamento CE n. 3950/92, il prelievo supplementare fa parte degli interventi intesi a regolarizzare i mercati agricoli ed è destinato al finanziamento delle spese del settore lattiero. Ne consegue che, oltre al suo obiettivo manifesto di obbligare i produttori di latte a rispettare i quantitativi di riferimento ad essi attribuiti, il prelievo supplementare ha anche una finalità economica, in quanto mira a procurare alla Comunità i fondi necessari allo smaltimento della produzione realizzata dai produttori in eccedenza rispetto alle loro quote.
Venendo alla situazione nazionale del regime delle “quote latte”, la Corte di Giustizia ha poi rilevato che i quantitativi di riferimento individuali inizialmente attribuiti dalle autorità italiane contenevano numerosissimi errori, dovuti in particolare al fatto che la produzione effettiva in base alla quale tali quantitativi erano stati attribuiti era stata certificata dai produttori stessi (tra gli errori rilevati, si rammenta che la commissione governativa d’indagine ha accertato, in particolare, che più di 2000 aziende agricole avevano dichiarato di produrre latte senza che risultasse il possesso di mucche).
In questo ambito, le misure adottate dall'AIMA nel contesto di riferimento nazionale non sono state considerate sproporzionate rispetto al fine perseguito né lesive del principio di tutela del legittimo affidamento in quanto se il quantitativo di riferimento individuale che un produttore può pretendere corrisponde al quantitativo di latte commercializzato durante l’anno di riferimento, lo stesso operatore agricolo, che in linea di principio conosce il quantitativo che ha prodotto, non può nutrire un legittimo affidamento sul mantenimento di un quantitativo di riferimento inesatto.
Ha poi rilevato la Corte come non possa configurarsi un legittimo affidamento in ordine al mantenimento di una situazione manifestamente illegale rispetto al diritto comunitario (vale a dire la mancata applicazione del regime di prelievo supplementare sul latte) nel senso che i produttori di latte degli Stati membri non possono legittimamente aspettarsi di poter continuare a produrre latte senza limiti, dopo tanti anni dall'istituzione di tale regime.
Da qui, la conformità a diritto comunitario del regime introdotto dal legislatore nazionale.
Successivamente, anche la Corte Costituzionale, con decisione n. 272 del 7 luglio 2005, ha smentito la tesi secondo cui la rideterminazione sarebbe soggetta al vincolo della irretroattività.
Nella predetta pronuncia, si è, infatti, affermato che "non sono fondate le q.l.c. dell'art. 1 commi 3 e 4 d.l. 1 marzo 1999 n. 43, conv., con modificazioni, in l. 27 aprile 1999 n. 118, censurato, in riferimento agli art. 3, 5, 117 e 118 Cost., in quanto attribuirebbe ad AIMA il potere di aggiornamento dei quantitativi individuali in violazione delle competenze regionali e per di più con effetto retroattivo. Il potere di aggiornamento dei quantitativi individuali - attribuito in via transitoria ad AIMA - ai fini dell'esecuzione della compensazione nazionale, si giustifica, sul piano costituzionale, per l'esigenza di perseguire interessi territorialmente infrazionabili, mentre rientra nella discrezionalità del legislatore nazionale determinare le concrete modalità di gestione delle funzioni assegnate ad AIMA nei limiti in cui le stesse siano strettamente funzionali al raggiungimento delle suddette finalità, senza che assuma rilievo la natura retroattiva di talune previsioni, in quanto le stesse si giustificano, in ossequio alle prescrizioni comunitarie e di quanto già riconosciuto dalla Corte di giustizia, alla luce della necessità di adeguare i quantitativi individuali e il sistema di compensazione alle risultanze delle verifiche svolte dagli organi a ciò preposti".
È stato, poi, chiaramente affermato che "la rettifica della compensazione delle "quote-latte", disposta anche retroattivamente per il periodo precedente dal testo dell'art. 3, comma 1, del d.l. 31 gennaio 1997, n. 11, appare sorretta costituzionalmente, (e non contrasta con le competenze regionali), dalla normativa comunitaria come interpretata dalla Corte di giustizia europea, secondo cui si deve intendere consentito alle autorità nazionali di effettuare anche ex post le rettifiche necessarie a fare in modo che la produzione esonerata da prelievo supplementare di uno Stato non superi il quantitativo globale assegnato a tale Stato".
Con riguardo alla comunicazione in via individuale delle QRI di riferimento ai singoli produttori, va invece osservato che, prima della legge n. 5 del 1998 che ha introdotto le modalità di comunicazione individuale della QRI, l’informazione sulle quote individuali a disposizione dei singoli produttori avveniva sulla base di quanto previsto dall’art. 2 della legge n. 468 del 1992 ovvero in forma collettiva attraverso modalità di pubblicità differenziata (pubblicazione del decreto ministeriale del 1992 sulla GURI per i produttori non aderenti ad associazioni ovvero, per i produttori aderenti ad associazioni, attraverso la formazione di bollettini articolati per provincia e trasmessi alle regioni che li mettevano a disposizione degli operatori in ciascun capoluogo di Provincia).
A fronte di tale modalità di comunicazione “collettiva”, non può non osservarsi come la Corte di Giustizia CE, con la più volte citata sentenza del 25 marzo 2004, pur richiamando i principi di certezza del diritto e di affidamento, ha comunque concluso che la normativa nazionale in tema di assegnazione retroattiva delle QRI non è in contrasto con il diritto comunitario nella misura in cui ciò garantisca la corretta applicazione del sistema delle c.d. “quote latte”.
A ciò si aggiunga che la Corte di Giustizia della CE, proprio con riferimento al principio di “certezza del diritto”, ha avuto modo in più occasioni di affermare (per tutte, CGCE, Sez. II, 3 settembre 2009 – C 2/08) che tale principio (della certezza del diritto) non può ragionevolmente giustificare né comunque essere di ostacolo all’applicazione effettiva delle norme comunitarie poiché ciò dovrebbe essere considerato in contrasto con il principio di effettività, allo stesso modo di derivazione comunitaria.
Ciò posto, poi, con la citata sentenza della Sezione n. 11376/2008, si è altresì avuto modo di precisare che, per quanto riguarda la procedura di accertamento postuma introdotta dalla normativa nazionale, il D.M. 17 febbraio 1998 (adottato in applicazione del D.L. n. 411/97 convertito il legge n. 5/98) non autorizza AGEA a verificare in via presuntiva i dati sulla produzione e sulla commercializzazione del latte ma istituisce una procedura che, partendo dalla rilevazione incrociata delle informazioni riguardanti il livello di produzione dei singoli produttori, sottopone tale esito ad un contraddittorio con l’interessato attraverso il quale accertare, in via definitiva, l’effettiva produzione dell’azienda interessata (ciò anche al fine di rilevare l’intera produzione nazionale).
Da ciò consegue che AGEA non ha accertato la quota di produzione in via presuntiva, residuando questa ipotesi nel solo caso in cui l’interessato non si sia opposto alla determinazione del QRI (facendo così diventare definitivo quanto emerso con le risultanze incrociate, attraverso cioè il modello L1 e i rilievi dell’ASL) e, nel contempo, non siano state riscontrate anomalie nelle autodichiarazioni ovvero quando non si fosse a conoscenza di indagini (penali) conseguenti a dichiarazioni false inserite nei modelli di che trattasi da parte dei soggetti interessati.
Del resto, il mancato accertamento effettuato “a tappeto” da parte degli organismi amministrativi di controllo (in particolare, AIMA e Regioni) non può tradursi in un vizio di legittimità della procedura di accertamento della quota di produzione del latte in quanto questi devono poter fare affidamento sulle dichiarazioni dei produttori e dei primi acquirenti, salvo il riscontro di anomalie accertate sulla base di incongruenze ivi contenute ovvero di controlli incrociati di immediata verifica.
Non può, poi, non osservarsi come, in questo come in altri analoghi ricorsi, la parte ricorrente non adduce mai elementi dai quali poter evincere l’assoluta erroneità dei calcoli effettuati da AIMA ai fini dell’assegnazione del QRI alle interessate.
Nella documentazione allegata al ricorso, le istante non hanno infatti ricostruito la specifica vicenda che le ha riguardate dal momento dell’assegnazione della quota di riferimento individuale, in modo tale da mettere il Collegio nelle condizioni di poter valutare gli eventuali errori commessi dall’ente impositore nell’individuazione del QRI alla stessa attribuito.
La parte ricorrente si limita, in maniera del tutto generica e senza riportare alcun dato numerico, a censurare le modalità di individuazione e di assegnazione delle QRI a livello nazionale (con riferimento cioè a tutti i produttori) ma nulla dice con riferimento ad errori commessi nella determinazione della quota ad esso assegnata.
La Sezione, tuttavia, è consapevole del fatto che l’avvio del sistema delle quote latte ha ingenerato non poche difficoltà di accertamento da parte degli organismi di controllo nonché nell’organizzazione imprenditoriale degli stessi produttori (in particolare, di quelli che hanno fedelmente dichiarato la quota effettiva di produzione).
Il Collegio è, altresì, consapevole delle difficoltà di coloro che, nei primi anni di avvio del regime di che trattasi, non sapevano con precisione, all’inizio dell’annata lattiera, l’esatta quantità di latte che erano autorizzati a produrre, in disparte il fatto che dopo la prima assegnazione i produttori, per le annate successive, pur in assenza della preventiva comunicazione della QRI, potevano comunque far riferimento al dato storico della quota precedentemente attribuita (cfr, per tutte, Cons. Stato, sez. VI, n. 3487/2009).
Le predette difficoltà di carattere oggettivo non consentono, tuttavia, di arrivare a ritenere inapplicabile nello Stato italiano il regime comunitario delle “quote latte”, posto che le censure proposte con il ricorso in esame (come in altri analoghi), basate sul fatto che i dati sulla produzione sono inattendibili e i controlli avrebbero dovuto essere svolti in concreto (attraverso accertamenti in loco, effettuati concretamente in ogni singola azienda), tendono a “scardinare” l’intero sistema, posto che tali dati possono comunque essere accertati con margini di approssimazione come dimostrano anche le due Commissioni di indagine istituite in passato che, in sintesi, si sono limitate a rilevare una serie di incongruenze ma mai si sono spinte a chiarire (e fornire) i dati effettivi della produzione nazionale di latte vaccino.
Tanto più che gli accertamenti istruttori disposti dalla Sezione hanno fatto chiarezza sul meccanismo delle operazioni di restituzione per la campagna 2004/2005, che hanno portato alla imputazione finale di prelievo nei confronti di 1.222 aziende (vedi relazione tecnica del 16/9/2008).
Ed invero, pur nella consapevolezza (rilevata anche da due Commissioni di indagine sul sistema) dell’esistenza di incongruenze nei dati relativi alla produzione del latte, lo Stato italiano ha adottato una serie di misure volte all’accertamento di tali elementi (le procedure richiamate dalla legge n. 5/98, dal D.M. 17 febbraio 1998 e quelle successive della legge n. 118/99 e dei decreti attuativi).
Ora, ritenuta legittima l’assegnazione retroattiva delle QRI (secondo quanto ribadito dalla CGCE del 2004), ritenere che l’unica forma di accertamento valida è quella svolta in concreto su tutte le aziende interessate (in modo tale da verificare la produzione della singola azienda e, di conseguenza, l’intera produzione nazionale nel tentativo, peraltro, di provare che la capacità produttiva delle aziende agricole non è in grado di sforare il quantitativo globale assegnato allo Stato membro), oltre a non trovare rispondenza nella normativa comunitaria, si rivela una tesi non condivisibile nella misura in cui, sulla base della documentazione acquisita e delle anomalie riscontrate, gli organismi competenti hanno effettuato i dovuti accertamenti.
Ritenere, invero, necessaria l’effettuazione di controlli “a tappeto” su tutti i produttori per i quali non sia stata riscontrata da AIMA-AGEA alcuna anomalia non costituisce un obbligo che discende dalla normativa comunitaria né appare legittimo porre unicamente a carico dello Stato membro tale incombente quando non emergono elementi in ragione dei quali dubitare della veridicità dei modelli L1, sia perché non sono emersi contenuti falsi, accertati (ad esempio) in sede penale, sia perché non sono state rilevate incongruenze rispetto a quanto autocertificato, contestualmente, dai produttori e dai primi acquirenti.
Ciò che si vuole dire è che l’accertamento di che trattasi (che dovrebbe estendersi in modo capillare su tutto il territorio) non può prescindere da una collaborazione di tutti i produttori e degli organismi di categoria interessati che si è manifestata attraverso la redazione delle autocertificazioni.
Ora, sul punto, a prescindere dalla scoperta di situazioni patologiche che potranno e dovranno essere oggetto di accertamento da parte dell’Autorità giudiziaria competente, lo Stato italiano deve poter fare affidamento, fuori dai casi in cui siano state riscontrate anomalie, sulle dichiarazioni degli operatori del settore per poter far funzionare l’intero sistema delle quote latte.
In sintesi, in assenza di accertamenti da parte della Autorità giudiziaria su false dichiarazioni rese nei modelli L1 ovvero di anomalie riscontrate da AIMA nelle predette autodichiarazioni sulla base di riscontri e controlli incrociati (con le modalità individuate nei DD. MM. 17 febbraio 1998, n. 151/1999 e nn. 309 e 310/1999), non è irragionevole – né incompatibile con la normativa comunitaria - la norma nazionale che non abbia imposto controlli “a tappeto” su tutta la produzione nazionale.
Con riferimento, invece, all’accertamento della produzione delle singole aziende, oltre a valere quanto da ultimo riferito, non può non ritenersi sufficiente il sistema di verifica attuato dalle normativa di settore, reiterate nel tempo (legge n. 5/98, D.M. 17 febbraio 1998, legge 118/99 e DD.MM. n. 151/99 e nn. 309 e 310/99), considerato, peraltro, che, anche in questa sede, nulla è stato dedotto con riferimento alla assoluta erroneità dei dati sulla produzione aziendale ovvero alla discriminazione effettuata nel taglio della produzione in sede di assegnazione, anche retroattiva, del QRI di riferimento.
Da ultimo, con riferimento alla problematica dell’inattendibilità dei dati utilizzati da AIMA sia per l’assegnazione delle QRI sia per l’accertamento dell’effettiva produzione lattiera (sulla base del quale calcolare il prelievo supplementare a carico dei produttori), giova richiamare la conclusione sintetizzata nella relazione del Comando Carabinieri delle Politiche Agricole e Alimentari dell’aprile 2010 con riferimento alla congruenza dei dati dichiarati nei modelli L1 e l’esito dell’indagine condotta dalla Commissione amministrativa sul tenore di materia grassa nel latte, istituita con decreto ministeriale del 25 giugno 2009.
Con riferimento all’indagine condotta dalla Commissione amministrativa sul tenore di materia grassa nel latte, la Sezione si è già espressa in passato con varie pronunce (per tutte, TAR Lazio, sez. II Ter, 17 febbraio 2010, n. 2373) ritenendo che le risultanze anche retrospettive dell’indagine della Commissione non possono che valere per il futuro in quanto i calcoli sul tenore di materia grassa non si prestano ad essere rielaborati per il passato con riferimento ad ogni singolo produttore.
Del resto, ciò si evince dalla stessa relazione della Commissione dalla quale emerge che “non è oggettivamente possibile effettuare delle contro analisi ora per allora” ed anche se si è dato atto della diversità di posizioni in ordine alla correttezza o alla attendibilità dei dati utilizzati per il calcolo della materia grassa ciò che si può tuttavia desumere è che le risultanze non sono state comunque in grado di smentire i calcoli effettuati nel tempo per calcolare l’effettiva produzione nazionale di latte e, di conseguenza, l’ammontare del prelievo supplementare richiesto ai singoli produttori.
Con riferimento, invece, alla relazione del Comando Carabinieri del mese di aprile 2010, va osservato quanto segue:
- nella predetta relazione, i militari dell’Arma, nel segnalare alcune situazioni di non piena compatibilità tra le banche dati ufficiali (Banca dati nazionale bovina - BDN dell’Istituto zooprofilattico di Teramo e quello dell’Associazione italiana allevatori – AIA) e quelle utilizzate da AGEA (SIAN) con particolare riferimento alla consistenza del patrimonio bovino nazionale e, di conseguenza, al quantitativo di latte prodotto annualmente, hanno concluso per la necessità di operare, comunque, ulteriori approfondimenti;
- al riguardo, AGEA ed il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali hanno svolto ulteriori approfondimenti (come risulta dalla documentazione depositata in giudizio in esecuzione dell’ordinanza istruttoria del 2010) dai quali è emerso, in sintesi, che esiste una coerenza tra la BDN ed il SIAN di AGEA dovuta al fatto che le due banche dati “colloquiano” in modo costante in modo tale da garantire l’allineamento delle informazioni ivi contenute. È stato altresì evidenziato che il patrimonio bovino nazionale, sulla base della produzione media di una mucca da latte, è coerente con l’intera produzione nazionale registrata nelle varie annate e, comunque, non è in grado di far emergere fattori di anomalia tali da mettere in discussione l’affidabilità dell’intero sistema delle “quote latte”;
- con riferimento, poi, alla individuazione delle aziende produttrici di latte, è stato chiarito che la banca dati SIAN contiene dati assoggettati ad un processo di accertamento “valicato” dall’Unione europea (in quanto coerente con il Reg. CE n. 73/2009 in materia di sistema integrato di gestione e controllo - SIGC) e che, allo stesso modo, le predette informazioni “incrociate” con quelle contenute nelle banche dati dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia del territorio, il che consente, tra l’altro, un continuo monitoraggio delle aziende produttrici di latte esistenti nel territorio nazionale;
- dagli approfondimenti sopra riferiti, è risultato quindi che i dati presenti nella banca dati del SIAN sono compatibili con le produzioni dichiarate nel tempo dagli agricoltori e che il patrimonio nazionale bovino, oltre ad essere coerente con gli elementi ricavabili dalla BDN, è altresì congruente e, comunque, non incompatibile con le produzioni commercializzate nelle varie annate lattiere;
- al riguardo, non può non evidenziarsi che lo stesso Comando Carabinieri, a fronte di una richiesta della Procura della Corte dei Conti della Lombardia, ha ribadito che gli elementi emersi nella relazione dell’aprile 2010 comportano la necessità di svolgere ulteriori ed approfonditi accertamenti prima di addivenire a considerazioni concludenti.
- allo stato, poi, a fronte di notizie di indagini in corso di svolgimento da parte di varie Procure della Repubblica, non si ha notizia di accertamenti che hanno stabilito la sussistenza di ipotesi di reato tali da far dubitare della veridicità delle dichiarazioni rese nel tempo dai produttori e dai primi acquirenti (in particolare, modelli L1) riguardanti le produzioni commercializzate nelle varie annate lattiere e tali, di conseguenza, da mettere in discussione l’affidabilità dell’intero sistema delle “quote latte”.
Ciò posto con riferimento particolare alla relazione del Comando Carabinieri e all’indagine sul tenore di materia grassa, il Collegio ritiene utile anche in questa sede ribadire che tali risultanze (riguardanti l’attendibilità dei dati utilizzati nel tempo da AIMA) non sono in grado di scardinare l’intero sistema nazionale delle c.d. “quote latte” né sono sufficienti per far ritenere assolto in capo ai produttori e quindi alla ricorrente l’onere probatorio in modo tale da spostare sulla parte resistente l’obbligo di provare la bontà e la stessa veridicità dei dati utilizzati per l’assegnazione della QRI di riferimento e, di conseguenza, il prelievo supplementare da imputare in caso di sforamento della quota attribuita.
Ciò che si vuole ribadire è che, a fronte dei dubbi sull’attendibilità dei dati su cui continua a concentrarsi la difesa di parte ricorrente, rimane tuttavia il fatto che, nel tempo, sono state introdotte, a livello normativo ed amministrativo, una serie di procedure che avevano l’obiettivo di accertare, anche attraverso controlli a campione dei modelli L1 e riesami richiesti dai singoli produttori, i dati reali sulla produzione lattiera.
L’esito di tali procedure di accertamento e di controllo hanno, in sintesi, portato alla redazione di documentazione ufficiale, riversata nella banca dati di AGEA, la cui veridicità, come detto, non è stata ancora smentita dalle autorità (giudiziarie) preposte, dal che deriva che i dubbi sulla attendibilità di dati possono essere considerati indizi non qualificati che non consentono di mettere in discussione l’affidabilità dell’intero sistema nazionale delle c.d. “quote latte”.
Del resto, è sulla base della predetta documentazione ufficiale, basata peraltro su dati certificati dal produttore e dal primo acquirente e assoggettati al controllo di AGEA, che è stato determinato il livello di produzione lattiera;dati che, fino ad oggi, come detto, non sono stati mai stati smentiti in via definitiva o, comunque, non sono mai stati confutati in modo tale da mettere in discussione l’intero sistema.
Con riguardo alle restanti censure, il Collegio dà atto che sussistono i presupposti per pronunciare, ai sensi dell'art. 74 del D.Lvo n. 104 del 2010, una sentenza in forma semplificata in quanto tutte le questioni sollevate con il ricorso in esame sono state oggetto di approfondimento, sebbene con riferimento alle annate 1995/96 e 1996/97, con la sentenza della Sezione del 6 luglio 2011, n. 5975 (ed altre dello stesso tenore: in particolare, cfr TAR Lazio, sez. II Ter, 4 maggio 2012, nn. 4014 e 4016;Tar Lazio, sez. II ter, n. 4673 del 23 maggio 2012;C.d.S. sez. III, 21 giugno 2012, n. 3665) con cui sono state, altresì, richiamate ulteriori pronunce della giurisprudenza amministrativa che, nel tempo, ha avuto modo di affrontare le questioni riguardanti la complessa vicenda delle c.d. "quote latte".
Il Collegio, tuttavia, ritiene opportuno svolgere le seguenti, ulteriori considerazioni al fine di una più complessiva ed esaustiva trattazione della questione relativa al regime delle quote latte, anche con riferimento specifico al periodo in contestazione.
La rettifica dei quantitativi di riferimento individuali nonché il ricalcolo dei prelievi supplementari dovuti dai produttori in esubero, è stata ritenuta legittima, dalla giurisprudenza sia comunitaria che nazionale, anche dopo il termine di scadenza di ciascuna campagna lattiera (v. Tar Lazio, II ter n. 10584/2010;n. 5975/2011;sentenza 25 marzo 2004 C-480 della C.G.C.E.;Corte Cost. sentenza n. 272/2005).
L’affidamento riposto nel mantenimento di un quantitativo di riferimento inesatto non appare meritevole di tutela siccome fondato su presupposti illegittimi rispetto alla fonte comunitaria, strumentali, invero, alla produzione di latte senza limiti nel tempo.
La questione relativa alla attendibilità dei dati relativi alla produzione lattiera è stata affrontata in più occasioni dalla Sezione con le sentenze - tra le tante - sopra citate (cit. TAR Lazio, sez. Seconda Ter, 6 luglio 2011, n. 5975, 4 maggio 2012, nn. 4014 e 4016), con conseguente giudizio di infondatezza di tali censure dal quale il Collego non ravvede motivi per cui discostarsene.
In particolare, i dati sulla produzione e sulla commercializzazione sono assistiti da una procedura caratterizzata dalla rilevazione incrociata delle informazioni relative a livello di produzione dei singoli produttori il cui esito è sottoposto al contraddittorio con l’interessato: circostanza, questa, che fa ragione anche sulla correttezza degli accertamenti in ordine ai medesimi dati utilizzati da AIMA.
Va soggiunto che, con l'art. 1 del D.L. 15 giugno 1998, n. 182 è stata abrogata la disposizione contenuta nell'art. 4, comma 2, della legge n. 5 del 1998 secondo cui i modelli L1 (contenenti, tra l'altro, i dati della produzione lattiera delle singole aziende), compilati in maniera non conforme a quanto ivi previsto, avrebbero dovuto essere considerati "irricevibili" da parte degli organismi competenti.
Sempre in merito all'assenza di contrasto con la disciplina comunitaria –con riguardo specifico alle modalità dettate dall'art. 1 del d.l. n. 43 del 1999, convertito nella legge n. 118 del 1999, per l'effettuazione delle operazioni di compensazione nazionale - il Consiglio di Stato si è già pronunziato con decisioni della Sezione VI, n. 2491 del 27 aprile 2011, n. 3978 del 4 luglio 2011, n. 3100 del 20 maggio 2009, n. 323 del 25 gennaio 2012 nonché della Sezione III, 21 giugno 2012, n. 3665 dalle cui conclusioni il Collegio non ravvisa regioni per cui doversene discostare;le medesime argomentazioni valgono con riguardo alle successive disposizioni normative di cui all’art. 1, c. 1, L. n. 79/2000.
Con riguardo, invece, più in generale all’assegnazione retroattiva dei QRI, alle modalità di applicazione del prelievo nonché alla rettifica dei QRI attribuiti ad ogni produttore ed al conseguente ricalcolo dei QRI inutilizzati - questa Sezione si è già pronunciata nel senso della compatibilità del sistema normativo nazionale con il diritto comunitario sulla scia della sentenza 25 marzo 2004 C-480 della C.G.C.E. (v. Tar Lazio, sez. II ter, 10584/2010;5975/2011;6184/2011;nonché Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2491 del 27 aprile 2011 e n. 3978 del 4 luglio 2011, sez. III, 21 giugno 2012, n. 3665 cit.).
In base al Reg. CE n. 3950 del 1992, lo Stato membro ha la facoltà e non l’obbligo di procedere sia alla ripartizione delle quote non utilizzate prima di chiedere il versamento del prelievo che ad una restituzione del prelievo in eccesso, mentre ha in obbligo di ripartire il prelievo tra i produttori che hanno contribuito al superamento della quota nazionale;pertanto, lo Stato può riscuotere per intero il prelievo dovuto dai singoli produttori anche attraverso l’obbligo di trattenuta in capo agli acquirenti, per poi restituire ai produttori, in tutto o in parte, le somme eccedenti il prelievo dovuto alla UE.
Sulla compatibilità comunitaria della normativa interna di settore, il Collegio richiama, altresì, la giurisprudenza della CGCE di cui alle sentenze 25 marzo 2004 e 14 maggio 2009 (procedimenti riuniti C-231/00, C-303/00, C-451/00, C-34/00).
La legittimità costituzionale della rideterminazione delle quote latte da parte di AIMA non è, peraltro, contestabile alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale con decisione n. 272 del 7 luglio 2005, i cui principi appaiono applicabili anche con riguardo alla presente fattispecie (v. anche C.d.S. 3 luglio 2012, n. 3872;Tar Lazio, sez, II ter, 2 marzo 2010, n. 3270).
In ordine al taglio della quota B), la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che solo la diminuzione del quantitativo di latte imputabile alla quota A) deve essere adeguatamente giustificata (C.d.S., sez. VI, n. 3847/2009;Tar Lazio, sez. II ter, n. 6184/2011).
Il sistema della compensazione basato sull’applicazione di un prelievo a prescindere dalla prova della effettiva produzione lattiera, non è stato ritenuto arbitrario dalla giurisprudenza amministrativa sul presupposto che si tratta di una forma di prelievo scelta dal legislatore nazionale nell’esercizio della sua discrezionalità politica (cfr C.d.S., sez. III, n. 4428/2013).
Il prelievo supplementare – come precisato anche dalla C.G.U.E. - non rappresenta, infatti, una sanzione bensì costituisce una restrizione che origina da precise regole di dinamica politica dei mercati;ebbene, essendo stati accertati numerosissimi errori con riferimento ai QRI originariamente attribuiti dalle autorità italiane, si è resa necessaria la rettifica dei QRI attribuiti ad ogni produttore, ed al conseguente ricalcolo che ha generato i prelievi supplementari: il regime introdotto dal legislatore nazionale non s’appalesa, pertanto, in contrasto con il diritto comunitario né può fondare un legittimo affidamento in ordine al mantenimento di un QRI inesatto.
Il sospetto di iniquità del criterio di ripartizione delle quote latte tra gli Stati membri della C.E. (in quanto privo di qualsivoglia riferimento al carattere “deficitario” della produzione nazionale o “eccedentario”) è stato, altresì, fugato dalla Corte di Giustizia Ce con sentenza 14 maggio 2009, causa C-34/2008.
Riguardo al D.M. 19 aprile 2001, con il quale sono state disciplinate le modalità di applicazione delle disposizioni normative primarie in materia di quote latte, il Collegio ha già avuto modo di evidenziare il carattere della generalità del provvedimento ma non anche quello dell’astrattezza (sul punto, vedi anche C.d.s. , sez. VI, n. 3777/2007;Tar Lazio n. 6184/2011 con riguardo al precedente, analogo D.M. 17/2/199 attuativo delle previsioni contenute nell’art. 2, c. 10, del D.L. n. 411/1997).
Ne consegue, che il D.M. 19 aprile 2001 non è atto normativo soggetto alle disposizioni che disciplinano l’iter formativo dei regolamenti ministeriali (id est, art. 17 della L. n. 400 del 1988).
Tutte le dedotte censure - volte talune a dimostrare in linea generale l’illegittimità della complessiva azione amministrativa, ma non formulate con specifico riferimento alla posizione individuale della singola ricorrente – sono, quindi, infondate.
Il ricorso, pertanto, va respinto.
Le spese del giudizio possono essere compensate in ragione dell’esito complessivo della controversia ed in coerenza con la citata giurisprudenza della Sezione.