TAR Catania, sez. IV, sentenza 2018-10-02, n. 201801875

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2018-10-02, n. 201801875
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201801875
Data del deposito : 2 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/10/2018

N. 01875/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00183/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 183 del 2015, proposto da
S M, rappresentato e difeso dall'avvocato La Rosa Giuseppe, con domicilio eletto presso lo studio Criscione Giuseppe in Catania, viale XX Settembre, 40;

contro

Commissione Centrale Esami di Avvocato (Sessione 2013) presso il Ministero della Giustizia, in persona del suo Presidente p.t.;

Commissione Esami di Avvocato (Sessione 2013) presso la Corte di Appello di Catania, in persona del suo Presidente p.t.;

IV^ Sottocommissione Esami di Avvocato (Sessione 2013) presso La Corte di Appello di Catania, in persona del suo Presidente p.t.;

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, ed ivi domiciliati in via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

-del verbale del 26-11-2014 e dell'allegato n. 3 della IV Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Catania, recante il giudizio di non idoneità del candidato ricorrente;

- del verbale n. 8 del 3 luglio 2014 della Commissione per gli esami di avvocato presso la Corte d'Appello di Catania;

- del verbale n. 6 del 14 gennaio 2014 della Commissione per gli esami di avvocato presso la Corte d'Appello di Catania;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Commissione Centrale Esami Avvocato (Sessione 2013) presso il Ministero della Giustizia, della Commissione Esami Avvocato (Sessione 2013) presso la Corte di Appello di Catania, della IV^ Sottocommissione Esami di Avvocato (Sessione 2013) presso la Corte di Appello di Catania e del Ministero della Giustizia.

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2018 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il Dott. S M affrontava con successo le prove scritte per l’esame di l’abilitazione all’esercizio della professione forense anno 2013 presso la Corte d’Appello di Catania, e veniva di conseguenza ammessa a sostenere le successive prove orali, il cui esito (dinnanzi alla IV^ Sottocommisione costituita presso la Corte d’Appello di Catania) risultava però non altrettanto fausto per lo stesso, che si vedeva attribuito il punteggio finale di 170 punti, inferiore di 10 punti rispetto a quello minimo necessario per poter essere dichiarato idoneo.

Non persuaso della correttezza del giudizio negativo espresso dalla predetta IV^ Sottocommissione costituita presso la Corte d’Appello di Catania, il Dott. S M lo impugnava con ricorso trasmesso per la notifica il 09/01/2015, notificato il 15/01/2016 e depositato presso gli uffici di segreteria del giudice adito il 28/01/2015, ivi contestando la violazione di plurime norme relative allo svolgimento delle prove orali relative all’esame di l’abilitazione all’esercizio della professione ed alla motivazione del provvedimento che ne compendi l’esito, nonché profili di illegittimità per violazione dell’art. 12 del D.P.R. n. 487/1994 in quanto le domande poste nello svolgimento delle prove orali non sono state formulate sulla base di quesiti predeterminati dalla Commissione ed estratti a sorte dalla candidata.

Si costituiva in giudizio per l’Amministrazione intimata la Difesa Erariale, con deposito di atto di costituzione in segreteria il 07/02/2015.

La domanda cautelare proposta dal ricorrente veniva accolta con ordinanza n. 122/2015.

In data 20/09/2018 si svolgeva l’udienza pubblica per l’esame del ricorso in epigrafe, che veniva trattenuto in decisione.

I – con il primo motivo di ricorso il ricorrente – indipendentemente dalla più ampia prefigurazione di censure in rubrica – si duole della violazione dell’art. 12 D.P.R. n. 487/1994, della inosservanza dei criteri di cui al verbale del 02/12/2013 della Commissione Centrale esami Avvocato e dei principi di imparzialità, trasparenza e parità di trattamento nella conduzione della sostenuta prova orale.

Dall’esame del verbale del 26/11/2014 risulta che, come da affermazione del ricorrente, l’esame orale dello stesso si è svolto senza la previa estrazione a sorte delle domande da rivolgergli.

Nondimeno, in relazione alla decisione da assumere, il Collegio ritiene – anche alla luce di una più attenta considerazione del quadro giurisprudenziale attualmente prevalente – di doversi discostare da propri plurimi precedenti, secondo i quali “ il mancato previo sorteggio tra domande preparate dalla Commissione, oltre a violare l'art. 12 D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, contrasta con i principi di trasparenza e di parità di trattamento dei candidati che presiedono allo svolgimento delle procedure concorsuali ”( TAR Sicilia – Catania, Sez. IV. Sent. 17 marzo 2017, n. 553;
TAR Sicilia – Catania, Sez. IV. Sent. 11 luglio 2013, n. 1994).

Il principio di parità di trattamento, infatti, non può essere invocato a prescindere dalla considerazione delle esigenze specifiche che ne determinano il rango nell’ambito dei pubblici concorsi. Lì, infatti, quel principio deve essere massimamente guarentigiato perché il pubblico concorso è lo strumento mediante il quale, attraverso il reclutamento dei soggetti più capaci, viene strumentalmente garantito “ che (ne) sia (no) assicurat (o) il buon andamento ” degli uffici pubblici – e quindi e di conseguenza, della pubblica amministrazione più in generale. Nel caso delle procedure di abilitazione all’esercizio della professione forense, però, non si va alla ricerca – così come invece, del tutto legittimamente, secondo quello che la Costituzione richiede ed impone in materia di pubblici concorsi – di un optimum : bensì di uno standard minino, al di sotto del quale non possono scendere le capacità e le competenze di chi voglia esercitare professionalmente una attività a supporto della tutelabilità in sede giurisdizionale della posizione giuridica di soggetti terzi;
salvo poi lasciare al “mercato” delle professioni legali l’implicito giudizio sul minor o maggior valore di ciascuno dei soggetti abilitati ad operare in quello stesso ambito. In questa rinnovata valutazione delle relative problematiche, il Collegio ritiene di poter trovare altresì supporto nel precedente che si enuncia a seguire: “ la normativa dettata in materia di pubblici concorsi, che prevede il sorteggio delle domande orali da porre ai candidati, è applicabile ai concorsi pubblici per assunzione di pubblici dipendenti, ma non alla diversa procedura di abilitazione per la professione forense, stante l'oggettiva diversità di ratio sottesa alle suddette procedure;
la prima è, infatti, volta alla selezione dei migliori tra i candidati in relazione ad un numero definito di posti messi a concorso;
l'altra è destinata alla selezione di professionisti per l'esercizio di una libera professione in modo che il livello di professionalità accertato sia idoneo a tutelare gli utenti nell'ambito di un mercato in cui viene in rilievo l'esercizio di diritti tutelati dalla Costituzione, come l'agire e il difendersi in giudizio;
se, dunque, l'elemento comune della selezione ha due diverse finalità, tale diversità può legittimamente fondare una diversa declinazione delle scelte del legislatore nel garantire i principi di trasparenza amministrativa, imparzialità e parità di trattamento tra i candidati, presidiati dall'art. 97 Cost., e valevoli per ogni selezione: come, nei concorsi pubblici al criterio dell'anonimato degli elaborati scritti corrisponde, per la prova orale, il criterio dell'estrazione a sorte di domande predeterminate, allo stesso modo nelle selezioni per l'accesso alla professione al criterio dell'anonimato delle prove scritte può corrispondere un diverso criterio, quale quello della libera espressione di ciascun commissario nella formulazione delle domande da porre al candidato nell'ambito del programma di esame;
nella seconda ipotesi, come nella prima, a garantire l'imparzialità oggettiva e la parità di trattamento è sempre la sorte che, nei concorsi, è affidata all'estrazione, mentre, negli esami per l'accesso alle professioni, è affidata alla casualità delle domande che possono provenire dai commissari, non conoscibili, neanche astrattamente, rispetto a tutti i componenti della commissione esaminatrice
”(T.A.R. Emilia-Romagna - Bologna, sez. I, sent. 3 aprile 2018, n. 291).

Tanto premesso il Collegio, re melius perpensa , esclude la possibilità di estendere la operatività dell'art. 12 D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 oltre l’ambito suo proprio (ovvero: quello relativo allo svolgimento di concorsi pubblici), sino a ricomprendere le procedure relative agli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense;
uniformandosi quindi sul punto a quello che sembra essere, allo stato, il prevalente orientamento giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. III, Sent. 12 febbraio 2018, n. 153;
T.A.R. Lombardia - Brescia Sez. I, Sent., 1 febbraio 2017, n. 138;
T.A.R. Sardegna, sez. I, sent. 11 agosto 2016, n. 694;
T.A.R. Sicilia - Palermo, sez. III, sent. 16 aprile 2015, n. 922)

Per quanto invece riguarda il postulato vizio di inosservanza dei criteri di cui al verbale del 02/12/2013 della Commissione Centrale esami Avvocato, il Collegio osserva quanto segue.

I poteri attribuiti all’organo collegiale menzionato da ultimo nella individuazione dei criteri da osservarsi nella valutazione dei candidati che si presentino agli esami di abilitazione per l’esercizio della professione forense non sono configurati, né dal R.D.L. n. 1578/1933, né dal R.D. n. 37/1034, né dalla L. n. 247/2012, come di tipo normativo. Ciò posto, la inosservanza dei criteri di cui al verbale del 02/12/2013 della Commissione Centrale esami Avvocato non può essere lamentata come un vizio in sé del verbale n. 8 del 03/07/2014 della Commissione operante presso la Corte d’Appello di Catania, giacchè a venire in questione non è la violazione, da parte del secondo, di una regola posta da una superiore fonte normativa - e/o da atti che abbiano la capacità di integrane i precetti in base ad una specifica previsione da parte di quella -: sibbene un consilium che, per quanto autorevole, rimane suscettibile di non trovare accoglimento da parte del soggetto concretamente chiamato a provvedere, alla stessa stregua di quanto per una direttiva nell’ambito dei rapporti fra organi titolari di poteri di amministrazione attiva.

Poiché, com’è noto, è sempre possibile per gli organi di amministrazione attiva discostarsi motivatamente dalle indicazioni di una preesistente direttiva – ovvero e con più specifico riferimento alla materia di che trattasi, appunto per il loro “ carattere non vincolante ”, dai " suggerimenti" relativi alle modalità di svolgimento della prova orale dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato ” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV,15 aprile 2015, n. 1552;
Cons. Stato, Sez. IV 19 marzo 2014, n. 1199) -, il ricorrente non avrebbe quindi potuto limitarsi a evidenziare il sopra indicato contrasto fra il contenuto del verbale del 02/12/2013 della Commissione Centrale esami Avvocato e del verbale n. 8 del 03/07/2014 della Commissione operante presso la Corte d’Appello di Catania;
ma sarebbe invece stato onerato di sviluppare specifiche censure circa la intrinseca ragionevolezza della scelta operata dalla Commissione operante presso la Corte d’Appello di Catania e trasfusa nel verbale n. 8 del 03/07/2014 di non uniformarsi alle indicazioni contenute all’interno del verbale del 02/12/2013 della Commissione Centrale esami Avvocato, nella parte in cui “ si suggerisce che i componenti di ciascuna Sottocommissione predispongano, per ogni seduta, un congruo numero di argomenti per ogni materia, oggetto di prova. Da tale raccolta ogni candidato estrarrà le domande che gli saranno poste”. Nulla di tutto ciò avendo fatto il ricorrente, né essendo stata prodotta agli atti di causa una documentazione tale da rappresentare la esistenza di un autovincolo assunto Commissione operante presso la Corte d’Appello di Catania di uniformarsi pedissequamente a tutti i “suggerimenti” di cui al verbale del 02/12/2013 della Commissione Centrale esami Avvocato, deve quindi essere respinta la censura di inosservanza dei criteri di cui al verbale del 02/12/2013 della Commissione Centrale esami Avvocato.

II - Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente si duole che la fase di preliminare illustrazione dei propri elaborati si sia svolta, così come risulta dall’Allegato n. 3 al verbale del 26/11/2014, limitandosi a chiedere al candidato “ di esporre succintamente le prove scritte ”: così la Commissione incorrendo, a dire di quello, nella illegittima omissione “ di motivare sullo svolgimento di questa fase e di esprimere una valutazione ”, in violazione di quanto invece previsto dall’art. 17 bis del R.D. n. 37/1934.

Ritiene però il Collegio che la “fase” di illustrazione degli scritti nulla abbia a che fare con una attività valutativa della Commissione, tale da imporne alla stessa una analitica rappresentazione in punto di fatto, ed una compiuta argomentazione quanto al suo ritenuto valore (o disvalore…): giacche “ la illustrazione delle prove scritte da parte del loro autore non condiziona in alcun modo il giudizio finale sulla prova orale dell'esaminato, così come risulta in modo incontrovertibile dal combinato disposto dei commi 3 e 11 dell'art. 47 L. n. 247/2012. Costituiscono dunque oggetto di valutazione della prova orale soltanto le risposte date dall'esaminato nelle « materie di esame »;
mentre la previa illustrazione della prova scritta è un elemento di mera facilitazione psicologica per l'approccio alla prova orale
”( T.A.R. Sicilia - Catania, sez. IV, sent. 23 gennaio 2017, n. 131;
parimenti per la non indispensabilità della fase di illustrazione degli scritti, T.A.R. Sicilia - Palermo, sez. III, sent. 12 febbraio 2015, n. 434 e Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 10 novembre 2006, n. 6641).

Viene pertanto respinto il secondo motivo di ricorso.

III - Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente si duole che la Commissione, nella conduzione della prova orale, si sia discostata dai criteri stabiliti dalla Commissione Centrale Esami Avvocato nel verbale n. 4 del 04/04/2014, alla cui stregua “ la valutazione dei candidati deve tenere conto dei seguenti criteri … capacità di applicazione pratica ”: con ciò inverando il ricorrere dei postulati vizi di violazione del primo comma dell’art. 20 del R.D. n. 37/1934 e dei criteri posti dalla Commissione Centrale Esami Avvocato con verbale n. 4 del 04/04/2018, nonchè di eccesso di potere per contraddittorietà, erroneità nei presupposti e difetto di istruttoria.

Il ricorrente trae fondamento per le predette doglianze dalla seguente motivazione della (negativa) valutazione della propria prova orale, posta a compendio dell’allegato n. 3 al verbale del 26/11/2014: “Insufficiente conoscenza degli istituti giuridici trattati. Esposizione orale imprecisa ed utilizzo di termini giuridici inappropriati. Insufficiente livello di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale con riferimento agli istituti giuridici trattati ”.

Il Collegio non concorda con la prospettazione di parte ricorrente.

E’ infatti evidente che la “ capacità di applicazione pratica ” è strettamente condizionata dal – e si risolve (quantomeno in parte) anche nel - grado di “ aggiornamento legislativo e giurisprudenziale con riferimento agli istituti giuridici trattati “. E le manchevolezze evidenziate in proposito dal (poi) ricorrente sono più che sufficienti, a parere del Collegio, a sostenere il giudizio negativo della Commissione circa la “ capacità di applicazione pratica ” da parte di quello.

IV - Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente si duole del “ clima di forte ostilità” che avrebbe caratterizzato lo svolgersi della propria prova orale, in particolare con riguardo alla mancata osservanza dell’ordine stabilito per l’esame dei diversi candidati ed il superamento del numero massimo di domande proponibili a ciascun candidato nell’ambito della materia prescelta.

Osserva però il Collegio che doglianze relative al “ clima” che avrebbe caratterizzato lo svolgersi della prova pratica del (poi) ricorrente, od allo stato di ansia che il mancato rispetto del prestabilito ordine di esame dei più candidati avrebbe ingenerato nello stesso, sono, nel primo caso, troppo generiche per potere attivare il potere di sindacato del giudice adito, e nel secondo, assolutamente prive di un riscontro probatorio tale da far comprendere se ciò abbia determinato l’insorgere di qualcosa di diverso da un semplice – e giuridicamente irrilevante – stato di disagio emotivo nel (poi) ricorrente.

Per quanto infine attiene al superamento del numero massimo di domande proponibili a ciascun candidato nell’ambito della materia prescelta, osserva il Collegio che erra il ricorrente nel rinvenire nel verbale n. 8/2014 della Commissione un rigido autovincolo che essa stessa avrebbe violato nel porne invece in numero di tre al (poi) ricorrente nelle materie Diritto Costituzionale e Deontologia e Ordinamento Forense. Il predetto verbale si limita infatti a stabilire che “ al candidato dovranno preferibilmente essere poste al massimo due domande sulla stessa materia di esame, salvo gli ovvi approfondimenti”. E’ quindi ovvio come, a fronte di lacune particolarmente gravi evidenziatesi nella preparazione dei candidati nell’ambito di ciascuna materia, la Commissione ben spenda la propria discrezionalità allontanandosi dal numero di domande che è “preferibile”, implementandolo sino a poter comunque essere in grado di esprimere con un voto numerico le proprie valutazioni. Il che corrisponde esattamente a quanto avvenuto nel caso di specie, in considerazione della votazione non esaltante conseguita dal (poi) ricorrente nella materie Diritto Costituzionale (27) e Deontologia e Ordinamento Forense (25).

Viene pertanto respinto anche il presente motivo di ricorso.

V - Il Collegio, definitivamente pronunciando, rigetta pertanto il ricorso in epigrafe. Tenuto conto del mutamento della propria giurisprudenza in ordine alla rilevanza della mancata estrazione a sorte delle domande da porre ai partecipanti agli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense, il Collegio ritiene che ciò costituisca un giustificato motivo per disporre la totale compensazione delle spese di lite fra le parti.

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