TAR Roma, sez. 2Q, sentenza breve 2018-09-25, n. 201809557

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza breve 2018-09-25, n. 201809557
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201809557
Data del deposito : 25 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/09/2018

N. 09557/2018 REG.PROV.COLL.

N. 08903/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 8903 del 2018, proposto da
M I B, rappresentata e difesa dall'avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Bernardo Blumenstihl n. 71;

contro

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- della nota MIBACT–SS-ABAP–RM TUTELA prot. 0009735 del 28.05.18, con la quale la Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma ha riesaminato il parere prot. 16292 del 17.10.12 inerente la realizzazione di un ascensore nel cortile interno del Condominio sito in Roma, Via dei Pettinari n. 84, rimanendo “disponibile alla valutazione di un montascale in luogo dell'ascensore”;

- di ogni altro atto a questa annesso, connesso e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2018 la dott.ssa C A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso è stata impugnata la nota della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Comune di Roma del 28 maggio 2018, con cui, riesaminando il parere negativo del 17 ottobre 2017 – annullato con sentenze del Tar Lazio n. 2346 del 2013 e del Consiglio di Stato n. 4824 del 2017- ha espresso la disponibilità alla valutazione di un montascale, in ordine alla richiesta presentata per la realizzazione di un ascensore nel cortile interno dell’immobile sito in Roma via dei Pettinari 84 ( immobile vincolato con decreto ministeriale del 24 maggio 1955), sulla base della “dimensione del cortile, nel quale si intenderebbe porre l’ascensore, le aperture insistenti in esso e le tracce di graffito”.

Avverso tale atto sono stati proposti i seguenti motivi di censura:

- violazione e falsa applicazione della legge n. 13 del 1989;
del d.m. 236 del 1989;
della legge n. 104 del 1992;
del d.lgs. n. 42 del 2004;
eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare per difetto di motivazione;
illogicità, irrazionalità, travisamento dei fatti, e sviamento di potere.

Nessuno si è costituito per l’Amministrazione intimata.

Alla camera di consiglio del 12 settembre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione per una pronuncia in forma semplificata stante la completezza della documentazione istruttoria e la evidente fondatezza delle censure, alla luce della pronuncia del Consiglio di Stato n. 4824 del 2017 che aveva disposto il riesame del parere.

Il ricorso è fondato.

La presente vicenda trae, infatti, origine dalla domanda presentata il 31 luglio 2012 per la realizzazione di una ascensore nel cortile dell’immobile di via dei Pettinari n. 84, sottoposto a vincolo con D.M. del 24 maggio 1955, rispetto alla quale la Soprintendenza ha comunicato il preavviso di rigetto il 30 agosto 2012, a seguito del quale la signora B ha presentato con le osservazioni un nuovo progetto anch’esso respinto con il parere negativo del 17 ottobre 2012 ritenendole le opere “non compatibili con la tutela dell’edificio”.

Tale parere negativo è stata annullato con la sentenza del Tar Lazio n. 2346 del 5 maggio 2013 riformata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4824 del 18 ottobre 2017, che ha però accolto l’appello incidentale della ricorrente avverso la sentenza di primo grado. Il giudice d’appello ha espressamente affermato, sulla base del proprio orientamento giurisprudenziale relativo agli articoli 4 e 5 della legge n. 13 del 1989, la prevalenza dell’interesse alla protezione della persona svantaggiata di fronte alla tutela del patrimonio artistico, interesse che può soccombere solo in casi eccezionali;
da tale prevalenza deriva per l’Amministrazione “un onere motivazionale particolarmente intenso circa il serio pregiudizio per il bene storico-artistico derivante dall’intervento di eliminazione delle barriere architettoniche”. Inoltre, sotto il profilo soggettivo, “la normativa di favore di cui alla legge n. 13 del 1989 si applica anche quando si tratti di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie. La legge in questione infatti, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata, esprime il principio secondo il quale i problemi delle persone affette da una qualche specie di invalidità devono essere assunti dall'intera collettività, e in tal senso ha imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili, trattandosi comunque di garantire diritti fondamentali” (Consiglio di Stato n. 4824 del 18 ottobre 2017)”.

Sulla base di tali principi la sentenza ha annullato il parere negativo, “dato che la sua motivazione non tiene conto della circostanza, non contestata in causa, per cui la ricorrente appellante incidentale era ultrasettantenne già all’epoca della domanda, e quindi poteva con ogni verosimiglianza beneficiare della disciplina di favore di cui all’art. 4 commi 4 e 5 della l. 13/1989…. L’amministrazione, nel riesaminare la pratica, dovrà allora tenere conto delle circostanze suindicate, ovvero della situazione personale dell’istante e della conseguente applicabilità delle norme della l. 13/1989”.

Richiamando tale orientamento giurisprudenziale espresso dal Consiglio proprio nella presente vicenda e già seguito dal Tribunale in casi analoghi, ritiene il Collegio la fondatezza delle censure formulate nel ricorso.

La legge n. 13 del 9 gennaio 1989, "Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati", all’art. 1 indica espressamente le opere considerate necessarie per favorire il superamento o eliminare tali barriere (da realizzare obbligatoriamente nella costruzione di nuovi edifici e nella ristrutturazione di interi edifici), tra cui, alla lettera d), “l'installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini”.

Ai sensi degli articoli 4 e 5 della medesima legge, qualora la realizzazione di tali interventi avvenga su immobili soggetti a vincolo, la competente soprintendenza è tenuta a provvedere entro centoventi giorni dalla presentazione della domanda, anche impartendo, ove necessario, apposite prescrizioni;
la mancata pronuncia nel termine equivale ad assenso;
l'autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato;
il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l'opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall'interessato.

“In una valutazione comparativa fra diversi interessi di forte rilevanza sociale, il legislatore ha ritenuto che gli interventi di natura edilizia volti a favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche, negli edifici privati che sono sottoposti a disposizioni di tutela per il loro particolare interesse paesaggistico o storico artistico, possono essere non consentiti, dalle amministrazioni cui spetta l'esercizio delle funzioni di tutela, solo se recano un serio pregiudizio al bene tutelato. Per effetto delle indicate disposizioni può essere, pertanto, anche ammesso un pregiudizio ad un bene che è tutelato, per il suo particolare valore paesaggistico o storico-artistico, tenuto conto del rilievo sociale che assumono (anche) le opere necessarie ad eliminare le barriere architettoniche, purché tale pregiudizio non sia serio e quindi non comprometta in modo rilevante il bene tutelato. Alle amministrazioni che esercitano le funzioni di tutela spetta quindi il delicato compito di valutare la rilevanza del pregiudizio che il bene tutelato potrebbe subire per effetto dell'intervento edilizio progettato al fine di eliminare le barriere architettoniche. Tale attività valutativa si connota peraltro di una sua peculiarità rispetto alle valutazioni che sono da tali amministrazioni normalmente compiute nell'esercizio del loro potere/dovere di tutela, perché, quando l'intervento edilizio è progettato al fine di eliminare le barriere architettoniche, le amministrazioni di tutela possono ritenere possibili anche interventi in grado di arrecare un pregiudizio (purché non sia rilevante) al bene tutelato e consentire, quindi, anche una parziale alterazione di un bene che altrimenti non potrebbe essere alterato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 marzo 2016, n. 905)”.

Anche questa Sezione ha già affermato in casi analoghi che il legislatore, “nel bilanciamento degli interessi in gioco inerenti da una parte alla tutela del patrimonio storico ed artistico nazionale e dall'altra alla salvaguardia dei diritti alla salute ed al normale svolgimento della vita di relazione e socializzazione dei soggetti in minorate condizioni fisiche - espressamente tutelati dagli artt. 3, comma 2, e 32 della Costituzione - ha inteso dare prevalenza ai menzionati diritti della persona relegando il diniego dell'autorizzazione ai soli casi di accertato e motivato serio pregiudizio del bene vincolato. Se da un lato non vige un principio di superabilità e derogabilità assoluta e automatica dei vincoli posti a tutela del patrimonio culturale, da un altro le valutazioni negative devono farsi carico della presenza del serio pregiudizio, da rapportare alle concrete caratteristiche del bene protetto. Ne consegue che l'Amministrazione, per dar luogo a una pronuncia negativa della domandata autorizzazione, deve identificare ed esternare gli elementi che caratterizzano il pregiudizio e la sua serietà, in concreto rapporto alle caratteristiche proprie del bene culturale in cui l'intervento andrebbe a collocarsi” (Tar Lazio, II quater, 25 luglio 2017, n. 8928;
2 marzo 2018 n. 2343).

Applicando tali principi giurisprudenziali al caso di specie, emerge la illegittimità del provvedimento impugnato, che, adottato in sede di riesame a seguito dell’annullamento del precedente parere negativo, non ha operato alcun contemperamento tra le esigenze di tutela della richiedente e la “serietà” del pregiudizio arrecato al bene tutelato. Il provvedimento impugnato è basato solo su un generico riferimento alle dimensioni del cortile, alle aperture insistenti e alle tracce di graffito presenti, senza neppure specificare se tali elementi siano direttamente interessati dal progetto dell’ascensore, e, comunque, senza alcuno specifico esame del particolare e rilevante pregio di tali elementi dell’edificio rispetto alla situazione personale della ricorrente, secondo quanto era stato indicato dal giudice d’appello.

Infatti, in base all’orientamento giurisprudenziale sopra citato, il pregiudizio al bene tutelato non conduce di per se’ al diniego di autorizzazione, ma deve essere specificamente valutato in relazione alle esigenze di tutela poste a base della richiesta di rimozione delle barriere architettoniche con l’analisi del singolo intervento, “contestualizzata con riferimento al complesso edilizio entro il quale l’opera si colloca” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 aprile 2017, n. 1878, in un caso in cui l’ascensore era posizionato in un cortile secondario;
VI 28 dicembre 2015, n. 5845;
7 marzo 2016, n. 905, con riferimento alla collocazione di ascensori in cortili interni non visibili dalla pubblica strada, pronunce richiamate anche dalla sentenza n. 4874 del 2017 che ha disposto il riesame nel caso di specie).

Quanto poi alla possibilità della soluzione alternativa prospettata nel parere, ovvero la collocazione dell’impianto montascale, si deve tenere presente che anche sul piano normativo, tale impianto non è considerato integralmente sostitutivo delle funzionalità dell’ascensore, tenuto conto che, ai sensi delle norme tecniche di cui all’art.

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