TAR Cagliari, sez. I, sentenza 2014-08-01, n. 201400681
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00681/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00019/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 19 del 2013, proposto da:
N P, rappresentata e difesa dagli avv. P S, G D, M G, con domicilio eletto presso P S in Cagliari, piazza del Carmine n. 22;M P B, rappresentata e difesa dagli avv. G D, P S, M G, con domicilio eletto presso P S in Cagliari, piazza del Carmine n. 22;
contro
Comune di Villamar, rappresentato e difeso dall'avv. G M, con domicilio eletto presso G M in Cagliari, viale Diaz 29;
per l'annullamento
- dell’ordinanza n. 31/2012 del 18.10.2012, con la quale il Sindaco del Comune di Villamar ha ordinato “l’immediata messa in sicurezza e l’adozione di tutte le misure indispensabili atte ad evitare pericolo alla pubblica sicurezza e incolumità con l’eliminazione dello stato di pericolo e precarietà delle parti pericolanti del fabbricato sito in Villamar nella Piazza Pratza De Santu Pedru, n. 5”;
- dell’ordinanza n. 33/2012 del 13.11.2012, con la quale il Sindaco del Comune di Villamar ha affidato all’architetto Gabriele Manca l’incarico di predisporre gli elaborati necessari per la realizzazione di opere provvisionali a protezione dell’immobile di proprietà dei ricorrenti ed all’impresa il Concio l’incarico di eseguire in via d’urgenza i relativi lavori di messa in sicurezza;
- per quanto occorrer possa, della nota del Sindaco del Comune di Villamar del 9.11.2012;
- sempre per quanto occorrer possa, della relazione tecnica redatta dal responsabile del servizio Ufficio Tecnico del Comune di Villamar, ing. Valentina Onnis, in quanto presupposto delle ordinanze n. 31 e 33 del 2012;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, ivi compreso il progetto redatto dall’arch. Manca, attualmente non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Villamar;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2014 il dott. Gianluca Rovelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espongono le ricorrenti di essere comproprietarie di un immobile sito in Villamar, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico con D.M. del 22 maggio 1976, che necessita di interventi di consolidamento strutturale e di messa in sicurezza.
Con ordinanza n. 10/2010 il Sindaco del Comune di Villamar, ordinava alle proprietarie di adottare “tutte le misure indispensabili atte ad evitare pericolo alla pubblica sicurezza e incolumità con l’eliminazione dello Stato di pericolo e precarietà delle parti pericolanti dei resti del fabbricato suddetto, da eseguirsi (…) sotto la direzione e responsabilità di un tecnico abilitato” ed imponeva, contestualmente, il divieto di demolire “l’edificio o parti di esso senza la preventiva autorizzazione del Ministero per i beni e le Attività culturali- Direzione Regionale per i beni Culturali e paesaggistici della Sardegna - Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed Etnoantropologici per le Province di Cagliari e Oristano”.
A seguito dell’ordinanza, l’area antistante l’edificio è stata transennata al fine di impedire il passaggio pedonale.
Nel settembre 2012 l’Ufficio tecnico del Comune di Villamar rendeva nota telefonicamente la necessità di un intervento finalizzato alla rimozione degli elementi distaccatisi dall’edificio nonché alla messa in sicurezza di elementi pericolanti e imponeva che tale intervento fosse realizzato dalle proprietarie nell’immediato.
Le ricorrenti provvedevano alla messa in sicurezza del muro di recinzione ma non della facciata dell’edificio, sottoposta a vincolo paesaggistico.
Le stesse nel frattempo avevano provveduto ad affidare ad un tecnico specializzato l’incarico di predisporre un progetto di consolidamento strutturale e di messa in sicurezza dell’immobile, presentato al competente ufficio del Comune il 12.10.2012, unitamente alle richieste di autorizzazione edilizia e di autorizzazione paesaggistica.
Con ordinanza n. 31/2012 il Sindaco ingiungeva alle ricorrenti “l’immediata messa in sicurezza del fabbricato e l’adozione di tutte le misure indispensabili atte ad evitare pericolo alla pubblica sicurezza ed incolumità”, assegnando il termine di 15 giorni, decorrenti dalla notifica dell’ordinanza, entro il quale le opere avrebbero dovuto essere realizzate.
Ritenendo il termine assegnato per la realizzazione delle opere eccessivamente ridotto, con lettere del 30.10.2012 le Sig. re P e B invitavano l’amministrazione comunale ad astenersi dall’avvio di qualsiasi iniziativa che potesse rivelarsi per loro pregiudizievole.
Il 5.11.2012 il Servizio di tutela Paesaggistica della Regione Autonoma della Sardegna comunicava l’improcedibilità della domanda di autorizzazione edilizia e paesaggistica a causa della mancata trasmissione, da parte dell’amministrazione comunale, dell’attestazione di conformità urbanistica dell’immobile oggetto dell’intervento.
Con nota prot. 7638 del 9.11.2012 il Sindaco comunicava alle ricorrenti che le “opere oggetto dell’ordinanza n. 31 del 18.10.2012 riguardavano interventi di tipo provvisionale” finalizzate a “garantire condizioni transitorie di sicurezza nelle strutture lesionate, in attesa dell’intervento di consolidamento”.
Con ordinanza del 13.11.2012 n. 33 il Sindaco conferiva all’architetto Gabriele Manca l’incarico “di predisporre tempestivamente gli elaborati necessari all’impresa per la realizzazione delle opere provvisionali” e ordinava alla ditta il Concio Costruzioni e Restauri Soc. Coop. “di eseguire in via d’urgenza i lavori di messa in sicurezza indicati negli elaborati redatti dall’Arch. Manca”.
Ritenendo ingiusti i provvedimenti citati, meglio specificati in epigrafe, le ricorrenti propongono il presente ricorso deducendo le seguenti censure:
1) illegittimità dei provvedimenti impugnati per falsità del presupposto, difetto di istruttoria e carenza di motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del d.lgs 267/2000;
2) illegittimità dei provvedimenti impugnati per falsità del presupposto, nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del d.lgs 267/2000;
3) eccesso di potere per falsità del presupposto, difetto assoluto di istruttoria e omessa motivazione;
4) eccesso di potere per falsità del presupposto;
5) eccesso di potere per difetto di istruttoria;
6) eccesso di potere per falsità del presupposto;
7) eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza, illogicità ed ingiustizia manifesta;
8) eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa.
Concludono per l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Si è costituita l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.
Alla udienza pubblica del 14.05.2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Deve preliminarmente essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per originaria carenza di interesse sollevata dal Comune resistente.
Il Comune di Villamar afferma che il ricorso è inammissibile poiché le ricorrenti hanno omesso di impugnare l’ordinanza sindacale n. 10/2010 con la quale il Sindaco ha ordinato alle ricorrenti, già a far data dal 12 aprile 2010, l’immediata messa in sicurezza dell’edificio e rispetto alla quale l’ordinanza 31/2012 sarebbe meramente confermativa.
L’eccezione deve essere disattesa.
L’ordinanza 31/2012 è stata adottata a seguito di una nuova valutazione dello stato dei luoghi effettuata dall’ingegnere responsabile del Servizio dell’Ufficio tecnico del Comune di Villamar.
Dalle indagini condotte dall’ingegnere incaricato è emerso che le Signore P e B avevano omesso di ottemperare all’ordine impartito con ordinanza n. 10/2010, con la quale, precisamente, era stata loro ingiunta l’adozione di misure provvisionali indispensabili per la messa in sicurezza dell’immobile.
E’ inoltre emerso che proprio a causa di tale inerzia l’immobile ancora versa in uno stato di “forte disagio strutturale” tale da richiedere l’urgente adozione di misure indispensabili al fine di evitare il verificarsi di gravi pericoli a cose e persone.
La rivalutazione dei fatti che già costituirono oggetto di altro provvedimento, nel caso di specie dell’ordinanza n. 10/2010, costituisce invero nuovo e diverso esercizio del medesimo potere;ne consegue che l’ordinanza impugnata non ha contenuto meramente confermativo del provvedimento in precedenza adottato, ma costituisce un nuovo provvedimento, autonomamente impugnabile.
Tanto trova conferma nella stessa pronuncia del Consiglio di Stato citata dal Comune resistente nella propria memoria difensiva (pag. 10) a sostegno dell’eccezione in esame.
Il Supremo Consesso ha infatti chiarito, in questa come in altre pregevoli pronunce, che “il provvedimento amministrativo ha natura confermativa quando, senza acquisizione di nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova valutazione, tiene ferme le statuizioni in precedenza adottate;invece, se viene condotta un’ulteriore istruttoria, anche per la sola verifica dei fatti o con nuovo apprezzamento di essi, il mantenimento dell’assetto degli interessi già disposto ha carattere di nuovo provvedimento, poiché esprime un diverso esercizio del medesimo potere;è dunque necessario affinché possa escludersi che un atto sia meramente confermativo del precedente , che la sua formulazione sia preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco ed un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può dar luogo ad un atto confermativo in grado, come tale, di dar vita ad un provvedimento diverso dal precedente, e quindi, suscettibile di autonoma impugnazione” (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2014 n. 1805).
Nel merito il ricorso è infondato.
Una breve ricostruzione in fatto si impone ai fini della soluzione della controversia.
Con ordinanza n. 10/2010 il Sindaco del Comune di Villamar aveva ingiunto alle signore B e P, proprietarie di un immobile gravato da vincolo paesaggistico, l’adozione di misure provvisionali funzionali a mettere in sicurezza l’edificio in evidente stato di degrado, allo scopo di garantire la pubblica incolumità.
Contestualmente il Sindaco vietava alle ricorrenti di demolire l’edificio o parti di esso senza la previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.
La suddetta ordinanza non è stata mai eseguita dalle ricorrenti.
A distanza di due anni, precisamente nel settembre 2012, a seguito di sollecito telefonico dell’Ufficio tecnico del Comune di Villamar (doc. n. 4 produzioni delle ricorrenti) l’area antistante l’edificio veniva transennata ma alcuna opera provvisionale veniva realizzata.
Il mese successivo le ricorrenti depositavano presso l’ufficio competente un progetto di consolidamento strutturale e di messa in sicurezza dell’edificio la cui realizzazione era subordinata alla autorizzazione della Sopraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici.
Il citato progetto aveva ad oggetto la realizzazione di interventi di carattere definitivo finalizzati al recupero integrale dell’immobile, soggetti ad un iter autorizzativo incompatibile col carattere urgente degli interventi richiesti dal Comune con la citata ordinanza del 2010.
A conferma di ciò, le stesse ricorrenti, con nota del 30 ottobre 2012, significavano all’amministrazione l’impossibilità di procedere alla realizzazione delle opere richieste in assenza delle autorizzazioni delle amministrazioni competenti.
Data la persistenza dello stato di pericolo, accertata con rinnovata istruttoria condotta dal tecnico del competente ufficio del Comune, il Sindaco ha adottato dapprima l’ordinanza n. 31 e, a seguito della protrarsi dell’inerzia delle ricorrenti, l’ordinanza n. 32 con la quale è stato ordinato all’architetto Gabriele Manca e alla ditta Il Concio Costruzioni e Restauri Soc. Coop. di eseguire in via d’urgenza i lavori di messa in sicurezza dello stabile.
Col primo motivo le ricorrenti lamentano l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per falsità del presupposto, difetto di istruttoria e carenza di motivazione oltre che per violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del d.lgs 267/2000.
Analoghe censure sono mosse coi motivi 2, 3, 4 , 5, e 6.
Data l’omogeneità delle censure dedotte è possibile esaminarle congiuntamente.
I motivi sono infondati e non meritano accoglimento per le ragioni che si va ad esporre.
Le ricorrenti affermano che tanto l’ordinanza n. 31 del 2012 quanto l’ordinanza n. 33 del 2012 sarebbero illegittime, sostanzialmente, per tre ordini di ragioni.
Le signore B affermano innanzitutto che: a) la gravità e l’attualità del pericolo non emerge in modo certo dalla relazione redatta dall’ingegnere incaricato dell’istruttoria, il quale descrive soltanto come probabile il verificarsi di eventi dannosi direttamente connessi allo stato di manutenzione dell’immobile;b) il pericolo grave non sussiste in quanto le misure dalle stesse predisposte per evitare danni alle cose e alle persone, consistenti nel transennamento dall’area antistante l’edificio, adottate nel settembre 2012 su sollecito dell’Ufficio tecnico, sarebbero sufficienti a garantire, nell’immediato, l’incolumità pubblica (pag. 11 del ricorso);c) l’amministrazione avrebbe inoltre errato nel ritenere le ricorrenti inerti rispetto all’ordine ingiunto con ordinanza n.10/2010, non solo perché, come detto sopra, nel settembre 2012 hanno provveduto a transennare l’area antistante l’edificio, ma anche e soprattutto perché nell’ottobre del medesimo anno è stato dalle stesse depositato presso il competente ufficio del Comune un progetto per il consolidamento dell’edificio, la cui esecuzione è stata impedita soltanto dalla mancanza delle necessarie autorizzazioni di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali.
Le censure non sono suscettibili di positivo apprezzamento.
Con riguardo all’argomentazione sub a) si osserva quanto segue.
Ai sensi dell’art. 54 T.U.E.L., l’emanazione di un’ ordinanza sindacale contingibile ed urgente richiede la sussistenza di una situazione di effettivo pericolo di danno grave ed imminente per l’incolumità pubblica, debitamente motivata a seguito di approfondita istruttoria.
Ai fini della sussistenza di siffatto presupposto non rileva la circostanza che questo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero ad un evento nuovo ed imprevedibile, occorrendo soltanto la necessità e l’urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi pubblici da tutelare.
Nel caso di specie, la circostanza che lo stato di pericolo fosse esistente già a far data dal 2010, non esclude di per sé solo la necessità dell’intervento sindacale.
Giova a tal proposito sottolineare che la giurisprudenza è concorde nel ritenere che “il decorso del tempo non consuma il potere di ordinanza, perché ciò che rileva è esclusivamente la dimostrazione dell’attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a provi rimedio, sicché l’immediatezza del provvedimento urgente va rapportata all’effettiva esistenza di una situazione di pericolo al momento dell’adozione dell’ordinanza”( T.A.R. Piemonte, sez. II, 17.04.2014 n. 657).
L’esistenza di siffatto presupposto emerge dalla motivazione dell’ordinanza n. 31/2012 nella parte in cui il Sindaco, nel richiamare un passo della relazione tecnica redatta dall’Ufficio competente, afferma che “allo stato attuale l’edificio si trova in una situazione di forte disagio strutturale, per la presenza di murature il cui tenore statico già risulta particolarmente compromesso per gli effetti dei dissesti o semplicemente per la loro vetustà aggravata dall’assenza di manutenzione (…)” (circostanza peraltro risultante in modo evidentissimo dalla documentazione fotografica agli atti di causa).
Quanto alle argomentazioni sub b) e c) si svolgono le seguenti osservazioni.
Tanto l’ordinanza n. 31 del 2012, quanto la n. 33/2012 si basano non soltanto sull’accertata persistenza dello stato di degrado in cui versa l’immobile, bensì anche sulla rilevata inerzia delle ricorrenti, proprietarie dell’immobile oggetto degli interventi richiesti.
Con le ordinanze impugnate è stata richiesta la realizzazione di “opere provvisionali aventi lo scopo di bloccare in modo provvisorio nel tempo, ma stabile negli effetti, l’evoluzione dinamica dei dissesti. Opere di pronto intervento in attesa delle vere e proprie opere definitive di consolidamento, (…)”.
Tale adempimento, richiesto già a far data dal 2010, non può ritenersi soddisfatto per il tramite del transennamento dell’area antistante l’edificio, stante l’inidoneità di siffatta misura ad impedire “l’evoluzione dinamica dei dissesti”.
Giova peraltro sottolineare che tale intervento è stato realizzato con notevole ritardo rispetto all’adozione dell’ordinanza n. 10/2010, peraltro solo a seguito di sollecito dell’Ufficio Tecnico.
Tantomeno può valere a qualificare come operoso il comportamento delle ricorrenti attuato con il deposito del progetto per il consolidamento dell’edificio.
Le esigenze di celerità sottese all’adozione delle ordinanze contingibili e urgenti non sono suscettibili di trovare soddisfacimento per il tramite di interventi la cui realizzazione richiede un iter procedimentale articolato.
Lo stesso Sindaco, con nota protocollo 0007530 del 9.11.2012 (doc. n. 27 produzioni del Comune resistente) indirizzata all’Avv. G B, precisava che “le opere oggetto dell’ordinanza n. 31 del 8.10.2012 riguardano interventi di tipo provvisionale, necessari e di estrema urgenza, atti ad evitare pericoli per la pubblica incolumità. Tali interventi hanno lo specifico compito di impedire che il già aggravato dissesto si sviluppi ulteriormente, portando l’edificio verso pericolosi stati di equilibrio indifferente che preludono al crollo, parziale o totale, della struttura”.
Data la persistente inerzia delle proprietarie dell’immobile, il Sindaco ha legittimamente esercitato il proprio potere extra ordinem anche con riguardo all’ordinanza n. 33/2012, adottata in ossequio a quanto disposto dal comma 7 dell’art. 54 del T.U.E.L.
Sono altresì infondati i motivi 7 e 8 coi quali le ricorrenti lamentano l’illegittimità del provvedimento in quanto affetto da eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza, illogicità ed ingiustizia manifesta, nonché per violazione del principio di proporzionalità.
Al riguardo occorre rilevare che la scelta dell’amministrazione di provvedere a porre rimedio alla obiettiva situazione di pericolo per l’incolumità pubblica, poiché impinge nel merito dell’azione amministrativa, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo a meno che non risulti manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà ed irragionevolezza, oltre che da travisamento dei fatti” (Cons. Stato, sez. V, 28.9.2009 n. 5807), che nel caso di specie non si ravvisano.
In definitiva il ricorso deve essere respinto.
Le spese, stante la particolarità della controversia, possono essere compensate tra le parti in causa.