TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2021-08-04, n. 202109248
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Pubblicato il 04/08/2021
N. 09248/2021 REG.PROV.COLL.
N. 14907/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14907 del 2019, proposto da
S D G, rappresentato e difeso dall'avvocato P P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati E L, A D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio E L in Roma, via Cesare Beccaria, 29;
per l'ottemperanza
della sentenza emessa dal Tar Lazio, III ter, in data 14 novembre 2017, n. 11303.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’I.N.P.S.;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2021, tenutasi in modalità da remoto, la dott.ssa F R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il presente ricorso, notificato il 18 novembre 2019 e depositato il successivo 3 dicembre, parte ricorrente agisce per l’esecuzione della sentenza del Tar Lazio, III ter, 14 novembre 2017, n. 11303, passata in giudicato e notificata, con formula esecutiva, all’INPS in data 15 aprile 2019.
2. La sentenza su indicata ha condannato l’amministrazione intimata al pagamento, in favore del ricorrente, per il cessato servizio quale Assistente ordinario, delle somme dovute per:
a) la riliquidazione dell’indennità di buonuscita, già liquidata con mandato n. 508 del 2 aprile 1996, dovendosi computare nella medesima anche l’indennità integrativa speciale prevista dall’art. 3, comma 1, l. n. 87/1994;
b) la liquidazione, sull’indennità così ricalcolata, degli interessi legali e della rivalutazione monetaria maturati nel periodo dall’1 novembre 2011 al 19 febbraio 1995.
3. Si è costituito in giudizio l’INPS sostenendo che al prof. De Gregorio sia stato già liquidato ogni compenso a lui spettante in conseguenza alla cessazione dal servizio.
Più in particolare, l’amministrazione afferma di aver pagato l’indennità di buonuscita, relativa all'intero periodo di servizio svolto presso l'Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (per il periodo 01/08/1984 - 31/10/2009), dapprima come assistente ordinario e poi come professore associato, su una base di calcolo comprensiva dell’indennità integrativa speciale nella misura del 60%, in quanto il calcolo della prestazione fatto senza indennità integrativa speciale negli anni novanta è stato comunque eseguito nuovamente nel 2009 sulla base di una retribuzione nettamente superiore a quella utilizzata nei 1992, includente anche il 60% dell'indennità integrativa speciale, ai sensi dell'art. 1 della legge 87/1994 citata.
La sede territorialmente competente non avrebbe, peraltro, fatto corretta applicazione dell’art. 4, d.p.r. n. 1032/1972, ai sensi del quale "al dipendente statale, che abbia conseguito il diritto all'indennità di buonuscita e venga riassunto, spetta la riliquidazione dell'indennità per il complessivo servizio prestato, purché il nuovo servizio sia durato almeno due anni continuativi. La riliquidazione viene effettuata sull’ultima base contributiva. Dal nuovo importo viene detratto quello dell’'indennità già conferita e dei relativi interessi composti al saggio annuo del 4,25 per cento per il periodo, computato in anni interi per difetto, intercorrente tra la prima attribuzione e quella definitiva”, pagando la prestazione di fine servizio senza detrarre, come previsto dalla norma, l'indennità lorda in precedenza erogata, né tantomeno gli interessi.
Al ricorrente sono stati liquidati, per 50 anni utili, 211.657,69 euro lordi quando invece sarebbe lui spettata un'indennità di fine servizio pari a € 161.280,05 lordi (pari alla differenza tra € 211.657,69 e € 50.377,64 già erogati).
4. All’esito della camera di consiglio del 4 marzo 2020, con ordinanza collegiale n. 7589/2020, “ rilevato che l’Inps ha rappresentato, nelle proprie difese, di aver corrisposto al ricorrente una nuova indennità di buonuscita “su una base di calcolo comprensiva dell’indennità integrativa speciale nella misura del 60%”, senza tuttavia fornire alcuna prova di quanto affermato ”, sono stati chiesti all’amministrazione documentati chiarimenti in ordine all’esatta esecuzione della sentenza de qua , attraverso la produzione in atti dei relativi mandati di pagamento.
5. L’Inps, in esecuzione dell’ordine istruttorio, tuttavia, si è limitata a produrre in giudizio il mandato di pagamento del 12 gennaio 2010 già oggetto di valutazione da parte del primo giudice, all’esito della quale sono state messe le statuizioni di cui alla sentenza oggetto della presente ottemperanza, ormai passata in giudicato.
6. Alla camera di consiglio del 3 febbraio 2021 la causa è passata, infine, in decisione.
7. Il presente ricorso in ottemperanza è fondato e merita accoglimento in quanto risulta accertato che:
- la sentenza di cui si domanda l’esecuzione è passata in giudicato;
- sono decorsi 120 giorni dalla notifica del detto titolo, risultando così rispettato il termine dilatorio previsto ex lege per le esecuzioni nei confronti delle Amministrazioni dello Stato;
- l’amministrazione non ha fornito alcuna prova dell’avvenuta esecuzione della sentenza n. 11303/2017, in virtù di mandati di pagamento successivi alla sua pubblicazione.
8. Conseguentemente, deve essere ordinato alla resistente amministrazione di dare esecuzione al titolo in epigrafe entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione ovvero dalla notifica della presente sentenza a cura di parte.
9. Si nomina sin d’ora, in caso di infruttuosa scadenza del termine per adempiere su assegnato, il commissario ad acta in persona del Direttore generale dell’Ispettorato generale per gli Affari economici della Ragioneria generale dello Stato o suo delegato, che provvederà nel termine di giorni trenta, con spese da porre a carico dell’amministrazione soccombente, a dare piena ed integrale esecuzione all’ordinanza di cui in epigrafe.
Il compenso per il commissario ad acta verrà determinato e liquidato successivamente ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
10. Deve essere, altresì, accolta la domanda di parte ricorrente diretta alla condanna al pagamento delle cd. penalità di mora di cui all'art. 114 comma 4, lettera e), c.p.a..
Quest'ultima disposizione, come da ultimo modificata dall'art. 1, comma 781, lett. a), L. 28 dicembre 2015, n. 208, nel disciplinare i poteri del giudice in caso di accoglimento del ricorso, stabilisce che lo stesso, "salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato;tale statuizione costituisce titolo esecutivo. Nei giudizi di ottemperanza aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, la penalità di mora di cui al primo periodo decorre dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza;detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali ".
L'indicata novella ha, quindi, espressamente sancito il principio, in realtà già acquisito in via giurisprudenziale (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 giugno 2014, n. 15), secondo cui la penalità di mora è dovuta anche per le condanne al pagamento di somme di denaro, atteso che l'istituto assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volto a riparare il pregiudizio cagionato dalla non esecuzione della sentenza, ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento. Ha, altresì, indicato come non possa considerarsi manifestamente iniqua un’astreinte qualora sia stabilita in misura pari agli interessi legali.
La quantificazione della relativa penalità di mora deve pertanto essere effettuata in una misura percentuale rispetto alla somma di cui alla condanna, prendendo a riferimento il tasso legale di interesse (in tal senso, già prima della legge di stabilità 2016, cfr. T.A.R. Lazio, Roma Sez. II, 16 dicembre 2014 n. 12739;T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 15/01/2015, n. 629).
L’astreinte verrà calcolata, nella misura indicata dell'interesse legale, sulla somma di cui alla condanna, in aggiunta agli interessi dovuti in base al titolo esecutivo, stante la funzione sanzionatoria della stessa (e non compensativa del danno subito), che deve anche costituire un elemento di coazione indiretta all'adempimento.
L’astreinte così calcolata è dovuta, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e, c.p.a., dal giorno in cui l’ordine di pagamento contenuto nella sentenza di ottemperanza è stato notificato all’intimata amministrazione sino al giorno di avvenuto soddisfacimento del credito o, in alternativa, di insediamento del commissario ad acta come sopra individuato.
11. Si ravvisano giustificati motivi per compensare le spese di lite.