TAR Catania, sez. I, sentenza 2016-10-07, n. 201602462
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Testo completo
Pubblicato il 07/10/2016
N. 02462/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02439/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2439 del 2014, proposto da:
Hightel Towers s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A S I, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G R in Catania, piazza Ludovico Ariosto, n. 13;
contro
Comune di Messina, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato E A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. S C in Catania, viale Regina Margherita, n. 2/D;
Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana - Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria per legge in Catania, via Vecchia Ognina, n. 149;
per l'annullamento
- della nota prot. n. 151421 del 24 giugno 2014 del Comune Città di Messina - Dipartimento Politiche del Territorio - Servizio Valutazioni di Incidenza Ambientale, relativo alla “ Realizzazione di un impianto di comunicazioni per la diffusione di un servizio di connettività alla banda di internet tramite tecnologia Hiper-Lan, da realizzarsi nel Comune di Messina, in località Capo Italia, nella frazione Monte Carbonaro, foglio 57, particella 65. Valutazione di incidenza ”, con cui si comunica che la relativa domanda di rilascio dell’autorizzazione avanzata dalla società ricorrente il 17 giugno 2014 (prot. 146376) “ non potrà essere istruita ” in quanto non presentata in formato informatico e sottoscritta con firma digitale, specificando che “ il progetto in argomento, trasmesso in formato cartaceo viene sospeso e per il procedimento ad esso connesso non decorrono i termini previsti dalla legge ”;
- della presupposta deliberazione della Giunta Municipale n. 1132 del 6 dicembre 2010;
- della nota prot. n. 2931/VII-3382-14-U del 14 maggio 2014, con cui la Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Messina ha espresso parere contrario al rilascio di una precedente e diversa istanza di autorizzazione paesaggistica, già rinunciata dalla ricorrente, in quanto l’area interessata, individuata al punto 1F (Paesaggio dei Crinali) dell’art. 44 della normativa del Piano Territoriale Paesaggistico Ambito 9 “ Area della Catena Settentrionale (Monti Peloritani)” adottato con D.D.G. n. 8470 del 4 dicembre 2009, è soggetta a tutela di livello 3 che non consente l’installazione di tralicci, antenne ed impianti similari;
- della successiva nota prot. n. 4748/VII-5221-14-i del 28 luglio 2014, ricevuta successivamente al 2 settembre 2014,con cui la Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Messina ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di autorizzazione paesaggistica avanzata con riferimento all’impianto per cui è causa perchè incompatibile con il citato strumento di tutela paesaggistica “ accertato che l’intervento interessa la medesima area del precedente progetto ”;
- nonché di ogni altro atto o provvedimento presupposto, preparatorio, connesso, conseguenziale e/o esecutivo degli atti suindicati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Messina e dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana - Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Messina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2016 la dott.ssa E M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe, la società ricorrente, operatore di comunicazioni elettroniche, impugnava il provvedimento con cui il Comune di Messina - con riferimento all’istanza, avanzata da tale società il 17 giugno 2014 (prot. n. 146376), volta ad ottenere l’autorizzazione per l’installazione di infrastrutture per impianti di comunicazioni elettroniche ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003, da realizzarsi in Messina, in località Capo Italia, nella frazione Monte Carbonaro, foglio 57, particella 65 – sospendeva il relativo procedimento, specificando che “ non decorrono i termini previsti dalla legge ”, in ragione dell’applicazione della deliberazione della Giunta Municipale n. 1132 del 6 dicembre 2010 (anch’essa impugnata), per effetto della quale la domanda sarebbe dovuta essere presentata in formato informatico e sottoscritta con firma digitale.
La medesima società impugna, altresì, anche la successiva nota del 28 luglio 2014 (prot. n. 4748/VII-5221-14-i), con cui la Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Messina, relativamente al medesimo progetto, comunicava i motivi ostativi all’accoglimento della relativa istanza di autorizzazione paesaggistica, rappresentandone la contrarietà al Piano Territoriale Paesaggistico Ambito 9 “ Area della Catena Settentrionale (Monti Peloritani) ” adottato con D.D.G. n. 8470 del 4 dicembre 2009, attesa la sottoposizione dell’area interessata - individuata al punto 1F “ Paesaggio dei Crinali ” del relativo art. 44 - a tutela di livello 3, che non consente l’installazione di tralicci, antenne ed impianti similari.
Assume, in particolare, parte ricorrente l’illegittimità del provvedimento del Comune, sostanzialmente, in ragione della contrarietà all’art. 87 del d.lgs. n. 259/2000, norma speciale che, nel disciplinare in maniera compiuta il rilascio di autorizzazioni per impianti di telefonia mobile e relative antenne, assorbirebbe in sé anche ogni relativo aspetto urbanistico – edilizio, a cui, invece, la presupposta delibera della Giunta Municipale si riferirebbe nel prescrivere l’inoltro della domanda esclusivamente e necessariamente in formato digitale.
La ricorrente sostiene, inoltre, l’illegittimità del preavviso della Soprintendenza di parere negativo al rilascio della relativa autorizzazione paesaggistica in ragione dell’inefficacia dell’invocato Piano Territoriale Paesaggistico in quanto non ancora definitivamente approvato – bensì solo adottato – con conseguente sua inidoneità a precludere la realizzazione dell’impianto per cui è causa e dell’essere stato il provvedimento emesso al di fuori della procedimento unitario del citato art. 87, che imporrebbe che il dissenso venga necessariamente espresso nell’ambito di una relativa conferenza di servizi con i rappresentanti delle amministrazioni interessate.
Sia la Soprintendenza che l’amministrazione comunale resistente si costituivano in giudizio, quest’ultima preliminarmente eccependo il difetto di legittimazione attiva della società ricorrente in quanto non destinataria degli impugnati provvedimenti, invece rivolti alla Higtel s.p.a..
La Sezione, con ordinanza cautelare n. 805/2014, fissava la sollecita trattazione del giudizio nel merito, ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm..
All’udienza pubblica del 6 ottobre 2016 la causa veniva trattata e, dunque, passata in decisione.
Deve essere, innanzi tutto, preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva, formalmente sollevata dal Comune, in ragione del contenuto dell’atto di conferimento di ramo d’azienda del 6 agosto 2014 (anteriore dunque, alla proposizione del presente ricorso), depositato da parte ricorrente il 22 luglio 2016, per effetto del quale l’odierna ricorrente è divenuta titolare del bene della vita leso dagli atti impugnati, con conseguente trasmissione della posizione afferente al patrimonio giuridico incisa dal potere amministrativo di cui agli impugnati provvedimenti.
Passando ad esaminare il merito del ricorso, sono infondate le censure sollevate da parte ricorrente nei confronti del provvedimento con cui la Soprintendenza ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di autorizzazione paesaggistica per incompatibilità del progetto con l’art. 44 del Piano Territoriale Paesaggistico Ambito 9 “ Area della Catena Settentrionale (Monti Peloritani) ” (adottato con D.D.G. n. 8470 del 4 dicembre 2009), attesa l’immediata vigenza delle prescrizioni dettate da tale strumento di tutela paesaggistica - pur se soltanto adottato e non ancora approvato - relativamente alle zone già sottoposte a vincolo paesaggistico (in tal senso, questo T.A.R., sezione II, n. 1692/2014).
L’art. 143, nono comma, d.lgs. n. 42/2004 stabilisce, infatti, che “ a far data dall’adozione del piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all’art. 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso ” e che “ a far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici ”.
Ne consegue, pertanto, come a seguito dell’adozione del Piano siano immediatamente vigenti le sole norme prescrittive di tale strumento riferite ai “ beni paesaggistici ” elencati all’art. 134 d.lgs. n. 42/2004, quali: “ a) gli immobili e le aree di cui all’articolo 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141;b) le aree di cui all’articolo 142;c) gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell'articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156 ”.
In altri termini, dunque, per effetto della mera adozione del Piano, le relative “ clausole di salvaguardia ” troveranno immediata applicazione solo relativamente a quelle aree che siano, quindi, già sottoposte a vincolo direttamente per legge o in forza di provvedimento amministrativo dichiarativo del notevole interesse pubblico.
Orbene, per quel che riguarda il caso di specie, risulta incontestato come la zona in questione sia sottoposta a vincolo paesaggistico ex art. 142, comma 1, lett. c. del d.lgs. n. 42/2004 “ Aree tutelate per legge ”, ovvero si tratti di area vincolata già anteriormente all’adozione del Piano in questione per effetto di previsioni della normativa primaria (in tal senso, l’impugnata nota della Soprintendenza non oggetto di censura sotto tale profilo).
A ciò si aggiunga come, a parere del Collegio, l’intervento per cui è causa - consistente nella realizzazione di un traliccio dell’altezza di trenta metri e delle relative apparecchiature tecnologiche di supporto nonché di altre consistenti opere accessorie - non possa non assumere una sostanziale rilevanza paesaggistica, in relazione, non solo all’ingombro fisico, ma, innanzi tutto, all’impatto di non modesta entità in grado di determinare sul territorio, impatto reso evidente anche dalla documentazione fotografica depositata da parte ricorrente volta a rappresentare, con una simulazione post operam , l’incidenza della struttura sull’intera zona circostante (in senso conforme, la pronuncia del Consiglio di Stato, sezione III, n. 6138/2014, per l’appunto relativa ad un impianto di telefonia cellulare assimilabile per caratteristiche fisiche a quello in questione, anch’esso ricadente in un’area sottoposta a specifica tutela paesaggistica).
Ne discende, pertanto, l’applicazione del divieto di installazione di cui all’art. 44, punto 1F, del Piano, legittimamente invocato dalla Soprintendenza a sostegno dei motivi ostativi al proprio parere favorevole all’accoglimento dell’istanza di autorizzazione paesaggistica.
Osserva, infine, il Collegio come non possano essere accolte nemmeno le doglianze con cui la società ricorrente lamenta l’espressione del dissenso al di fuori della conferenza di servizi di cui all’art. 87, comma 6, prevedendo tale disposizione che essa venga convocata a cura dell’amministrazione comunale (atteso che la censura è - invece - mossa esclusivamente nei confronti della Soprintendenza) nonché, comunque, solo “ nel caso una Amministrazione interessata abbia espresso motivato dissenso ”, ovvero, successivamente all’adozione di un parere negativo, nella specie ancora non definitivamente espresso.
Alle considerazioni fin qui svolte, consegue l’infondatezza del ricorso anche relativamente all’impugnazione della sospensione del procedimento autorizzatorio disposta dal Comune, atteso l’orientamento della Sezione secondo cui, ove - come nel caso di specie - l’area sia sottoposta ad un vincolo paesaggistico, la presenza del parere favorevole della preposta autorità sulla compatibilità paesaggistica, nel configurarsi come un presupposto di validità dell’autorizzazione, appare necessaria anche ai fini della decorrenza del citato termine di cui al comma 9 dell’art. 87 per la formazione del silenzio assenso (in tal senso, sent. n. 1293/2015).
Rileva, infatti, a tal proposito il Collegio come - se è vero, come sostenuto da parte ricorrente, che il citato 87, nel disciplinare il rilascio dell’autorizzazione all’installazione di impianti di telefonia mobile, prevede un procedimento autorizzatorio tendenzialmente unico, capace di assorbire ogni giudizio di conformità urbanistica, assolvendo anche alle funzioni del relativo titolo abilitativo edilizio - è altrettanto vero che tale autorizzazione, proprio perché efficace anche ai fini edilizi, non possa essere rilasciata a prescindere da ogni valutazione della compatibilità del relativo progetto con il vincolo paesaggistico eventualmente.
Non solo, infatti, tali norme fanno espressamente sempre salve le diposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali, oggi contenute nel d.lgs. n. 42/2004 (in tal senso, Consiglio di Stato, sez. VI, n. 7944/2009), ma la necessità della preventiva acquisizione del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico emerge, infatti, chiaramente, a contrario, anche dallo stesso dato normativo rilevabile dal citato art. 87, commi 6 e seguenti, che, nel prevedere espressamente che il parere contrario (c.d. “ motivato dissenso ”) dell’amministrazione preposta alla tutela ambientale impedisce la formazione del silenzio assenso, postula, evidentemente, la necessità che un parere venga comunque espresso (in tal senso, T.A.R. Toscana, sez. III, n. 558/2010 e T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, n. 3454/2006).
In conclusione, quindi, il ricorso deve essere rigettato.
Sussistono giusti motivi, valutata la complessiva considerazione delle concrete modalità di svolgimento della vicenda, per compensare integralmente fra le parti le spese di giudizio.