TAR Palermo, sez. III, sentenza breve 2020-09-25, n. 202001952

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza breve 2020-09-25, n. 202001952
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202001952
Data del deposito : 25 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/09/2020

N. 01952/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01259/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1259 del 2020, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato ex art. 9 della l. n. 103/1979 e dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, siti in Palermo, via Valerio Villareale n. 6, sono per legge domiciliati;

contro

la Presidenza della Regione Siciliana, in persona del Presidente pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Ggi M. Amico, Daniela Maria Cellauro e Giuseppa Mistretta, dell’Ufficio Legislativo e Legale della Presidenza della Regione Siciliana, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e con domicilio fisico eletto presso la sede dell’Ufficio Legislativo e Legale della Presidenza della Regione Siciliana, sito in Palermo, via Caltanissetta, n.2/e;

e con l'intervento di

ad opponendum :
dell’Associazione articolo 32-97, Associazione Italiana per i diritti del malato e del cittadino, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dal prof. avv. Carlo Rienzi e dall’avv. Paolo Di Stefano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e con domicilio fisico eletto presso lo studio del secondo difensore in Palermo, Via G. Campolo n. 92;

per l'annullamento

dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Regione Siciliana n. 33 del 22 agosto 2020;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista l’istanza cautelare presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto il decreto cautelare n. 842/2020;

Visto l’atto di intervento ad opponendum dell’Associazione articolo 32-97, Associazione Italiana per i diritti del malato e del cittadino;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza della Regione Siciliana, con le relative deduzioni difensive e la documentazione;

Viste le memorie depositate da tutte le parti in vista della camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli articoli 55 e 60 cod. proc. amm.;

Relatore il consigliere dottoressa Maria Cappellano;

Uditi, alla camera di consiglio del giorno 18 settembre 2020, i difensori delle parti, anche ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., come indicato a verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

A. – Con il ricorso in esame, notificato e depositato in data 26 agosto 2020, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno hanno impugnato l’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Regione Siciliana n. 33 del 22 agosto 2020, avente validità fino al 10 settembre 2020 compreso, con la quale il predetto: a) ha ordinato l’immediato sgombero – entro le ore 24 del 24 agosto 2020 – degli hotspot e dei Centri di accoglienza dei migranti e il trasferimento dei predetti in altre strutture fuori dal territorio della Regione Siciliana (art. 1);
b) ha disposto il divieto di ingresso, transito e sosta nel territorio della Regione Siciliana di ogni migrante che raggiunga le coste siciliane con imbarcazioni di grandi e piccole dimensioni, comprese quelle delle O.N.G. (art. 2).

La parte ricorrente ha dedotto avverso tale provvedimento le censure di 1) violazione degli artt. 2, comma 1, e 3, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19. Violazione dell’art. 1, commi 3 e 4, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33. Incompetenza. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di proporzionalità, irragionevolezza e travisamento dei fatti ;
2) eccesso di potere per violazione del principio di leale collaborazione ;
chiedendo l’adozione di misure cautelari, anche monocratiche, e l’annullamento dell’ordinanza, vinte le spese.

B. – Con decreto n. 842 del 27 agosto 2020 è stata accolta l’istanza di misure cautelari monocratiche.

C. – Con atto notificato e depositato in data 8 settembre 2020 ha spiegato intervento ad opponendum l’Associazione articolo 32-97, Associazione Italiana per i diritti del malato e del cittadino, chiedendo il rigetto del ricorso, anche con sentenza in forma semplificata.

D. – Si è costituita in giudizio la Presidenza della Regione Siciliana, deducendo sulle censure mosse dalla parte ricorrente e chiedendo una pronuncia nel merito, anche con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. amm., limitatamente all’accertamento dei presupposti dell’atto impugnato, ormai non più produttivo di effetti;
con vittoria di spese.

E. – A seguito della comunicazione di cortesia del Presidente della Sezione in ordine alle misure di contenimento in relazione all’emergenza sanitaria Covid-19, le parti hanno chiesto di discutere la causa e hanno ulteriormente argomentato, insistendo nelle rispettive conclusioni.

F. – Alla camera di consiglio del giorno 18 settembre 2020, presenti i difensori delle parti, come indicato a verbale, il Presidente del Collegio ha dato avviso in ordine alla possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60, cod. proc. amm.;
ha indicato i profili della possibile improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, dell’incompetenza assoluta anche per territorio, e dell’ammissibilità dell’intervento ad opponendum ;
nonché, ha rilevato il profilo della tardiva produzione documentale della Presidenza della Regione Siciliana del 16 settembre 2020, con richiesta della difesa della Presidenza di autorizzazione al deposito oltre il termine di legge, e conseguente opposizione della difesa di parte ricorrente.

Quindi, la causa è stata discussa ed è stata posta in decisione.

G – Ritiene preliminarmente il Collegio che il giudizio può essere definito con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. e adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione delle istanze cautelari, sussistendone tutti i presupposti;
possibilità, questa, espressamente evidenziata dalle parti e indicata alle predette dal Presidente del Collegio (v. verbale di udienza).

Sempre in via preliminare va esaminata la richiesta, formulata in udienza dalla difesa della Presidenza della Regione, di autorizzazione al deposito di un documento datato 16 settembre 2020 e depositato oltre il termine di legge.

Tale istanza non può trovare accoglimento, in quanto:

a) il difensore della parte ricorrente si è opposto a tale tardivo deposito (v. verbale di udienza);

b) il documento è stato depositato oltre i termini perentori stabiliti dall’art. 55, co. 5, cod. proc. amm. (due giorni liberi prima della camera di consiglio);

c) non sussistono le condizioni per l’applicazione del comma 8 dello stesso art. 55, cod. proc. amm., secondo cui “ Il collegio, per gravi ed eccezionali ragioni, può autorizzare la produzione in camera di consiglio di documenti, con consegna di copia alle altre parti fino all'inizio della discussione .”, non essendo stata evidenziata alcuna grave ed eccezionale ragione, neppure in relazione all’intervenuta formazione dell’atto in data prossima alla camera di consiglio (per la perentorietà dei termini, tra le tante: Consiglio di Stato, Sez. II, 18 luglio 2019, n. 5075).

Ne consegue, pertanto, l’inutilizzabilità, ai fini della definizione della controversia, del documento depositato dalla difesa della Presidenza della Regione in data 16 settembre 2020.

H. – Va ora esaminata l’eccezione, sollevata dalla difesa della parte ricorrente, di inammissibilità dell’intervento ad opponendum .

L’eccezione è fondata.

Deve osservarsi che – sebbene dallo statuto prodotto in atti, si evinca, quale fine perseguito dall’Associazione, quello di tutelare i diritti e gli interessi dei consumatori e degli utenti, con particolare attenzione a quelli dei servizi di assistenza sanitaria pubblica e privata e del servizio farmaceutico, nel perseguimento dell’obiettivo principale di prestare la migliore tutela possibile al diritto alla salute – l’interveniente non ha specificato, neppure a seguito della suddetta eccezione pregiudiziale, quale interesse, sussistente in modo omogeneo in capo agli associati, l’intervento sarebbe teso a tutelare.

Sotto tale profilo, viene peraltro in rilievo, in senso ostativo all’ammissibilità di tale intervento, l’interesse degli associati radicati fuori del territorio della Regione Siciliana, opposto a quello (incolumità e salute dei cittadini siciliani) che, dichiaratamente, il provvedimento impugnato mirava a tutelare, anche attraverso la misura del trasferimento dei migranti in altre strutture fuori dal territorio della Regione Siciliana;
sicché non potrebbe escludersi un contrasto “interno” tra i potenziali interessati (v. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 20 febbraio 2020, n. 6).

L’atto di intervento dell’Associazione articolo 32-97, Associazione Italiana per i diritti del malato e del cittadino deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

I. – Sempre in rito, si premette che:

- nel giudizio amministrativo l'interesse al ricorso, in quanto condizione dell'azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, che al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificare la persistenza della predetta condizione in relazione a ciascuno di tali momenti;

- l’individuazione della fattispecie di sopravvenuta carenza di interesse deve essere effettuata con criteri rigorosi e restrittivi per evitare che la preclusione dell’esame del merito della controversia si trasformi in un’inammissibile elusione dell’obbligo del giudice di provvedere sulla domanda.

Ciò premesso, come rilevato dal Collegio in sede di discussione, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Deve precisarsi che, a fronte di tale rilievo d’ufficio in relazione alla sopravvenuta cessazione degli effetti del provvedimento impugnato, le parti hanno confermato la persistenza dell’interesse a una pronuncia nel merito e, in particolare:

- la difesa di parte ricorrente – convenendo con la difesa di controparte in ordine alla sopravvenuta inutilità della pronuncia cautelare in relazione a un provvedimento che “ha fisiologicamente esaurito i propri effetti” (cfr. memoria del 15 settembre) – in sede di discussione ha tuttavia ribadito la persistenza dell’interesse alla decisione nel merito in considerazione della rilevanza della questione di principio oggetto del contenzioso e invocando al fine il consolidato orientamento giurisprudenziale sulla rilevanza dell’interesse strumentale e soprattutto morale ai fini della decisione nel merito;

- allo stesso modo, la difesa della Presidenza della Regione, già con la memoria di costituzione depositata in data 11 settembre 2020, ha evidenziato l’interesse a una pronuncia nel merito attesa la portata degli interessi in gioco e le competenze in atto contestate, nonché, considerati i possibili pregiudizi e responsabilità oltre alle ulteriori iniziative attivabili dalla parte resistente anche in relazione a una conseguenziale azione risarcitoria;
chiedendo, quindi, la declaratoria volta ad accertare la legittimità del provvedimento adottato;

Ritiene il Collegio di non potere aderire a tale prospettazione.

A tal fine, è necessario richiamare:

- l’art. 34, co. 2, prima parte, cod. proc. amm., a tenore del quale “ In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati .”;

- il comma 3 della stessa disposizione, secondo cui “ Quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori ”;

- l’art. 35, co. 1, lett. c), cod. proc. amm., secondo cui “ il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso (...) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione ”.

E’ stato a tal proposito rilevato che si perviene a tale declaratoria (tra l’altro) quando l’atto amministrativo impugnato ha cessato di produrre i suoi effetti per il mutamento della situazione di fatto o di diritto presente al momento della proposizione del ricorso, che faccia venir meno l’effetto del provvedimento impugnato, in maniera tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza (cfr., ex plurimis Consiglio di Stato, Sez. IV, 1° settembre 2015, n. 4098;
vedasi anche, su precedenti ordinanze del Presidente della Regione Siciliana in materia di contenimento del rischio sanitario da Covid-19, il cui termine di efficacia era scaduto al momento dell’esame collegiale dell’istanza cautelare: T.A.R. Sicilia, Sez. I, sentenze brevi 22 maggio 2020, n. 1044 e 11 maggio 2020, n. 921).

Come già accennato, il provvedimento impugnato ha cessato di produrre effetti in data 11 settembre 2020, in quanto, in base all’art. 3 della gravata ordinanza, la stessa era valida dal 23 agosto 2020 e fino al 10 settembre 2020 compreso.

Poiché il provvedimento ha cessato di produrre effetti, nessuna utilità potrebbero ricavarne le parti dall’annullamento o, più correttamente, dalla declaratoria di illegittimità dell’atto stesso.

Corre l’obbligo di precisare che, con riferimento all’interesse palesato dalla parte ricorrente – la quale, per vero, non ha fatto lealmente alcun riferimento a un residuo interesse risarcitorio, ex art. 34, co. 3, cod. proc. amm. – non si ravvisa alcun interesse giuridicamente meritevole di tutela, astrattamente individuabile nell’indicazione, in sostanza, di una linea di condotta per procedimenti simili.

Vi osta, al riguardo, sia, la richiamata disposizione contenuta nell’art. 34, co. 2, cod. proc. amm., la quale non consente di adottare una pronuncia di merito i cui contenuti siano destinati a riverberarsi su un’attività amministrativa futura (in tal senso, v. C.G.A. in sede giurisd., 5 febbraio 2015, n. 97 su provvedimenti ciclicamente adottati con cadenza annuale);
sia, la natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, la quale trova un temperamento nello specifico caso di deferimento all’Adunanza Plenaria, in considerazione della funzione nomofilattica esercitata dal massimo organo della giurisdizione amministrativa (v. art. 99, co. 5, cod. proc. amm., secondo cui “ 5. Se ritiene che la questione è di particolare importanza, l'adunanza plenaria può comunque enunciare il principio di diritto nell'interesse della legge anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l'estinzione del giudizio. In tali casi, la pronuncia dell'adunanza plenaria non ha effetto sul provvedimento impugnato .”).

E’, pertanto, inammissibile il motivo di ricorso “ che tende ad ottenere una pronuncia di principio, che possa essere fatta valere in un futuro giudizio con riferimento a successivi comportamenti dell'amministrazione, atteso che la tutela di un interesse strumentale deve aderire in modo rigoroso all'oggetto del giudizio, con carattere diretto ed attuale ” (cfr., Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3365;
idem, 22 novembre 2011, n. 6151;
vedasi anche Consiglio di Stato, Sez. I, Adunanza di Sezione del 10 dicembre 2014, parere n. 196 del 26 gennaio 2015) e, analogamente, è inidoneo a sorreggere la richiesta di definizione nel merito del giudizio.

Per le stesse ragioni non può trovare ingresso l’interesse evidenziato dalla parte resistente sempre con riguardo ai comportamenti futuri dell’Amministrazione.

Per quanto attiene, invece, all’interesse di natura risarcitoria palesato dalla difesa della Presidenza della Regione, deve in primo luogo osservarsi che l’interesse ai fini risarcitori dovrebbe fare capo al soggetto destinatario del provvedimento impugnato, e non già all’organo amministrativo che lo ha adottato, sicché un tale residuo interesse alla verifica della legittimità/illegittimità dell’atto avrebbe potuto esprimerla la parte ricorrente, ai sensi del su riportato art. 34, co. 3, cod. proc. amm..

In secondo luogo, l’interesse risarcitorio evidenziato dalla Regione risulta anche genericamente prospettato, con ciò ponendosi non in linea anche con il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa in ordine all’obbligo (per vero, in capo a chi aveva proposto azione di annullamento) di allegare gli elementi che provino, almeno in parte, il danno ingiusto (v., tra le tante, C.G.A., 22 maggio 2020, n. 306;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 maggio 2020, n. 3221).

Conclusivamente, il ricorso in esame deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

L. – Per quanto attiene al regime delle spese di giudizio, deve rilevarsi che:

- la declaratoria d’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse non esime il Collegio dal verificare, alla stregua del criterio della soccombenza virtuale, le ragioni della parte che abbia visto soddisfatta la sua pretesa solo dopo l’introduzione del giudizio, attraverso una (sia pur sommaria) delibazione nel merito della pretesa stessa (Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 aprile 2019, n. 2208;
18 marzo 2019, n. 1766;
Sez. III, 13 novembre 2018, n. 6371);

- nell’odierna controversia, del resto, le parti hanno insistito anche sotto il profilo delle regolazione delle spese di lite.

E’, peraltro, opportuno precisare che “… le considerazioni svolte ai fini della valutazione della soccombenza virtuale per la liquidazione delle spese di lite, nell’ambito di una pronuncia di rito dichiarativa dell’improcedibilità, non sono idonee ad acquistare autorità di giudicato sul merito delle questioni oggetto della controversia (v. sul punto, ex plurimis, Cass. 31 agosto 2015, n. 17312) …” (cfr. Cons. Stato n. 1766/2019 cit.;
vedasi anche Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 settembre 2019, n. 6440).

Ciò premesso, e passando al sommario esame del ricorso ai suddetti limitati fini, ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato, per ritenuta fondatezza del primo motivo sia sotto il profilo della dedotta incompetenza, sia con riguardo alla denunciata violazione degli artt. 2, co. 1, e 3, co. 1, del d.l. n. 19/2020.

Come già chiarito, oggetto del giudizio è l’ordinanza contingibile e urgente n. 33 del 22 agosto 2020 del Presidente della Regione Siciliana, adottata (tra l’altro) ai sensi dell’art. 32 della l. n. 833/1978 e del d.l. n. 19/2020, con la quale sono state dettate misure di prevenzione del contagio con riferimento al pericolo di diffusione del virus Covid-19, derivante dall’incidenza del quotidiano sbarco dei migranti sul rischio concreto di diffusione del contagio.

Per quel che rileva in questa sede:

- l’art. 2 del d.l. 19/2020 (conv. dalla l. n. 35/2020) attribuisce al Presidente del Consiglio del Ministri il potere di adottare decreti aventi a oggetto le misure previste dall’art. 1 dello stesso d.l. – id est : “ Misure urgenti per contrastare la diffusione del COVID-19 ” – tra cui, per quanto qui di specifico interesse, “ limitazioni o divieto di allontanamento e di ingresso in territori comunali, provinciali o regionali, nonché rispetto al territorio nazionale” (cfr. art. 1, lett. c);

- tale disposizione – oltre a prevedere, nell’ottica della leale collaborazione tra Istituzioni, che il Presidente del Consiglio adotti tali decreti “ sentiti…i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni …” – contempla la possibilità che tali decreti siano adottati “ su proposta dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni …”;
e il comma 1 dello stesso art. 2, prevede, inoltre, che “ Per i profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità, i provvedimenti di cui al presente comma sono adottati sentito, di norma, il Comitato tecnico-scientifico di cui all’ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 32 dell’8 febbraio 2020 .”;

- il successivo comma 2 stabilisce che “ 2. Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 e con efficacia limitata fino a tale momento, in casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute le misure di cui all’articolo 1 possono essere adottate dal Ministro della salute ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 .”.

Tali norme rinvengono la loro base costituzionale: a) nell’art. 117, co. 2, lettera q), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di “profilassi internazionale”;
b) nel terzo comma dello stesso art. 117, che attribuisce allo Stato la competenza concorrente in materia di “tutela della salute” e “protezione civile”.

E’, pertanto, tale normativa emergenziale, di rango primario, che ha attribuito al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di individuare in concreto le misure necessarie ad affrontare un’emergenza sanitaria, la quale, come già rilevato, “ trova giustificazione nell’art. 118, comma 1 Cost.: il principio di sussidiarietà impone che, trattandosi di emergenza a carattere internazionale, l’individuazione delle misure precauzionali sia operata al livello amministrativo unitario”, con conseguente “attrazione in capo allo Stato della competenza legislativa, pur in materie concorrenti quali la «tutela della salute» e la «protezione civile» …” (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, 9 maggio 2020, n. 841);
attrazione della competenza legislativa, la quale è stata bilanciata da forme di leale collaborazione tra Stato e Regioni nel momento dell’esercizio della funzione amministrativa (cfr., Corte Cost., 22 luglio 2010, n. 278).

Deve, inoltre, essere richiamato l’art. 3, co. 1, del d.l. n. 19/2020, rubricato “ Misure urgenti di carattere regionale o infraregionale ”, il quale stabilisce che “ 1. Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle attualmente vigenti, tra quelle di cui all’articolo 1, comma 2, esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale .”.

In tale delineato contesto di disposizioni dettate per la gestione dell’emergenza nazionale (e internazionale) da Covid-19, le Regioni possono, quindi, intervenire solo nei limiti delineati dall’art. 3, co. 1, su riportato, oltre che nel rispetto di quanto previsto dall’art. 120, co. 1, Cost. in ordine alla libera circolazione delle persone tra le Regioni.

Inoltre – poiché l’ordinanza è stata adottata in dichiarata applicazione dell’art. 32 della l. n. 833/1978 – va anche richiamato l’art. 3, co. 3, del d.l. n. 19/2020, il quale ribadisce che i limiti al potere di ordinanza del Presidente della Regione, come delineati dall’art. 3, co. 1 dello stesso d.l., valgono anche per tutti gli “ atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente ”.

Così delineato il quadro normativo statale che ha limitato e conformato il concorrente potere regionale, per quanto concerne il delicato settore dell’immigrazione va anche richiamato l’art. 117, co. 2, della Costituzione in ordine alle seguenti materie di competenza legislativa esclusiva statale: “immigrazione” (art. 117, co. 2, lett. b), Cost.), “diritto di asilo” e “condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea” (art. 117, secondo comma, lett. a), Cost.).

Va anche rammentato che sia gli hotspot (v. art. 10 ter del d. lgs. n. 286/1998, introdotto dal d.l. n. 13/2017 conv. dalla l. n. 46/2017), sia i centri di prima accoglienza rientrano nella competenza del Ministro dell’Interno, rispettivamente in base all’art. 2 del d.l. n. 451/1995 (conv. dalla l. n. 563/1995) e all’art. 9 del d. lgs. 142/2015, in quanto si tratta di strutture la cui finalità è quella di evitare la dispersione sul territorio dei migranti e consentire l’esecuzione di eventuali provvedimenti di espulsione;
e, pertanto, viene in rilievo, quale attività squisitamente di spettanza statale, quella di controllo dell’immigrazione.

Va anche richiamata, ai fini della definizione dei limiti della competenza regionale nella materia dell’immigrazione, la giurisprudenza costituzionale, secondo cui:

- seppure l’art. 1, co. 4, del d. lgs. n. 286/1998 riconosca la possibilità di interventi legislativi delle Regioni con riguardo al fenomeno migratorio, tali interventi non possono riguardare aspetti che attengono alle politiche di programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale (v. Corte Costituzionale, 15 aprile 2010, n. 134, la quale ha dichiarato costituzionalmente illegittima una norma regionale che aveva affermato la indisponibilità della Regione ad avere sul territorio strutture o centri in cui si svolgono funzioni preliminari di trattamento e identificazione personale dei cittadini stranieri immigrati);

- il potere di disciplinare l’immigrazione rappresenta un profilo essenziale della sovranità dello Stato, in quanto espressione del controllo del territorio;
potere, al quale si correla il controllo giuridico dell’immigrazione di esclusiva competenza dello Stato a presidio di valori di rango costituzionale e, inoltre, per l’adempimento di obblighi internazionali (v. Corte Costituzione, 8 luglio 2010, n. 250).

Osserva, pertanto, il Collegio che, pur sussistendo in astratto il potere del Presidente della Regione in ambito sanitario – avuto riguardo a quanto disposto sia dall’art. 32 della l. n. 833/1978, sia dall’art. 3 del d.l. n. 19/2020 – tale potere deve essere esercitato, in concreto, entro i limiti imposti dalla disciplina statale emergenziale e in coerenza con le attribuzioni delle regioni derivanti dalle norme costituzionali;
oltre che nel rispetto del principio di leale collaborazione, cui si ispira l’art. 2 del d.l. n. 19/2020.

Per contro, nella fattispecie in esame il potere extra ordinem astrattamente rientrante nelle competenze regionali in materia sanitaria, così come è stato concretamente esercitato con l’art. 1 della gravata ordinanza:

- ha inciso direttamente sulla gestione dei flussi migratori, finendo sostanzialmente per disciplinare gli hotspot e i centri di accoglienza in sovrapposizione alla competenza statale, di natura esclusiva nel campo del controllo dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale (v. anche art. 14 del d. lgs. n. 286/1998);

- ha esorbitato dai limiti correlati alla natura di ente territoriale esponenziale degli interessi della sottostante collettività (quali desumibili, altresì, dal richiamato art. 32 della l. n. 833/1978, che al comma 3 dispone che “ Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale … ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione ….”), in quanto il provvedimento era destinato a produrre effetti sul territorio di altre regioni, verso le quali il flusso migratorio avrebbe dovuto essere spostato una volta attuati i trasferimenti;
incidendo, in ultima analisi, oltre che sull’intero territorio nazionale, anche sulla libertà di circolazione fra le Regioni, materia sottratta alla competenza della singola Regione, la quale può esercitare il potere solo nel proprio territorio in quanto elemento costitutivo.

A identiche conclusioni si deve pervenire, a fortiori , con riferimento all’art. 2 dell’ordinanza, la quale, vietando l’ingresso, il transito e la sosta nel territorio della Regione Siciliana di ogni migrante che raggiunga le coste siciliane con imbarcazioni di grandi e piccole dimensioni, comprese quelle delle O.N.G., ha inciso:

- sulla regolamentazione dei flussi migratori e, in particolare, sulla disciplina dell’ingresso e della permanenza dei cittadini stranieri all’interno del territorio nazionale;

- sulla libertà di circolazione delle persone, nonostante nella stessa ordinanza sia stato esplicitamente richiamato l’art. 1, co. 4, del d.l. n. 33/2020 (conv. dalla l. n. 74/2020), il quale ha riservato allo strumento del D.P.C.M. qualsiasi intervento limitativo della circolazione delle persone da e verso l’estero, attraverso il rinvio all’art. 2 del d.l. n. 19/2020 e il significativo richiamo (oltre che ai principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico) al rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e degli obblighi internazionali.

Va, al riguardo, anche richiamato il comma 1 ter dell’art. 11 del d. lgs. n. 286/1998, il quale dispone che “ 1-ter. Il Ministro dell'interno, Autorità nazionale di pubblica sicurezza ai sensi dell'articolo 1 della legge 1° aprile 1981, n. 121, nell'esercizio delle funzioni di coordinamento di cui al comma 1-bis e nel rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia, può limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero quando si concretizzano le condizioni di cui all'articolo 19, paragrafo 2, lettera g), limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, resa esecutiva dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689. Il provvedimento è adottato di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri .”.

Ai fini della legittimità delle misure di cui agli artt. 1 e 2 dell’impugnata ordinanza, non giova alla difesa della Presidenza della Regione:

- il richiamo all’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 630 del 3 febbraio 2020 – che individua nel Presidente della Regione Siciliana il soggetto attuatore delle misure emergenziali connesse allo stato di emergenza dichiarato dal Consiglio dei Ministri – in quanto, come riferito dalla parte ricorrente e non contestato, con Decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile n.1287 del 12 aprile 2020, il Capo del Dipartimento libertà civili e immigrazione del Ministero dell’interno è stato nominato, ai sensi dell’art. 1, co. 1, della stessa Ordinanza n. 630/2020, Soggetto Attuatore per assicurare il rispetto delle misure cli isolamento fiduciario e di quarantena adottate per contrastare la diffusione epidemiologica da Covid-19, anche nei riguardi delle persone soccorse in mare, ovvero giunte sul territorio nazionale a seguito di sbarchi autonomi;

- il richiamo al principio di precauzione ex art. 191 del TFUE invocato dalla difesa del Presidente della Regione a fondamento dell’esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente, in quanto – a prescindere dalla circostanza per cui tale principio è stato declinato in relazione a possibili conseguenze dannose, per l’ambiente e la salute, dell’uso di determinate applicazioni scientifiche o tecnologiche in situazioni di incertezza – nessun esplicito richiamo è stato fatto nell’ordinanza, a fronte delle precise condizioni indicate dalla Commissione UE nella comunicazione del 2 febbraio 2000;
venendo, in ogni caso, in rilievo, un’inammissibile integrazione postuma della motivazione contenuta in atti defensionali.

Non è pertinente neppure il richiamo – effettuato anche in sede di discussione - all’art. 31 dello Statuto della Regione Siciliana, il quale, al primo comma stabilisce che “ 1. Al mantenimento dell'ordine pubblico provvede il Presidente della Regione a mezzo della polizia dello Stato, la quale nella Regione dipende disciplinarmente, per l'impiego e l'utilizzazione, dal Governo regionale. Il Presidente della Regione può chiedere l'impiego delle forze armate dello Stato .”.

Osserva invero il Collegio che:

- l’art. 31 fa riferimento, in ogni caso, al “mantenimento dell’ordine pubblico” che è ambito autonomo e distinto rispetto a quello della tutela della salute pubblica di cui all’art. 32 della l. n. 833/1978, la cui definizione normativa come istituto di diritto amministrativo è contenuta nell’art. 159, co. 2, del d.lgs. n. 112/1998;

- è discussa l’immediata attuabilità di tale disposizione, anche tenendo conto di quanto disposto dall’art. 43 dello stesso Statuto;

- a tale disposizione non ha fatto esplicito riferimento né il Presidente della Regione nella gravata ordinanza;
né la stessa difesa negli atti difensivi.

Va infine rilevata la fondatezza anche della denunciata carenza di istruttoria e della violazione del principio di leale collaborazione (secondo motivo).

Quanto a tale secondo motivo, non risulta che il Presidente della Regione, prima di adottare il provvedimento extra ordinem , abbia formulato un’apposita proposta di decreto ai sensi dell’art. 2 del d.l. 19/2020;
né dalla documentazione depositata in atti – peraltro in parte di data successiva all’adozione dell’ordinanza – risulta una specifica interlocuzione con il Presidente del Consiglio (fatta eccezione per una nota del 26 febbraio 2020 sulla situazione della Caserma “Gasparro Bisconte” di Messina): le note in atti sono riferite per lo più al tema specifico delle tensostrutture, sulle quali il Presidente della Regione ha adottato un’apposita ordinanza (v. il riferimento, a pag. 12 del ricorso, all’ordinanza n. 31 del 9 agosto 2020).

Per quanto appena osservato in ordine alla documentazione depositata, non risulta neppure che l’ordinanza impugnata sia stata preceduta da un’articolata istruttoria.

M. – Conclusivamente: va dichiarato inammissibile l’atto di intervento dell’Associazione articolo 32-97, Associazione Italiana per i diritti del malato e del cittadino;
e il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

N. – Per quanto attiene alla regolamentazione delle spese di giudizio, ritiene il Collegio che – ferma la soccombenza virtuale – ricorrono i presupposti per compensare tra le parti tali spese, in considerazione della complessità e della novità della questione trattata;
e avuto riguardo, altresì, alla natura pubblica della parte ricorrente e della parte resistente (v., per la compensazione delle spese anche nel caso di soccombenza virtuale, C.G.A. in sede giurisd., 1° giugno 2020, n. 369;
Consiglio di Stato, Sez. III, 12 marzo 2020, n. 1816;
Sez. IV, 26 settembre 2019, n. 6440).

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