TAR Catania, sez. III, sentenza 2020-02-04, n. 202000289
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Pubblicato il 04/02/2020
N. 00289/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00688/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 688 del 2019, proposto da
A A L, rappresentato e difeso dall'avvocato F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale Catania, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina 149;
nei confronti
A S, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento n. 33039 in data 19 marzo 2019 dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Catania, con cui è stata rigettata l’istanza di accesso trasmessa dal ricorrente in data 30 gennaio 2019;
e per la declaratoria
del diritto del ricorrente di accedere ai documenti richiesti con la menzionata istanza.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale Catania;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2020 il dott. D B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame, il ricorrente ha impugnato il provvedimento n. 33039 in data 19 marzo 2019 dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Catania, con cui è stata rigettata la sua istanza di accesso trasmessa in data 30 gennaio 2019, e ha chiesto l’accertamento del proprio diritto ad accedere agli atti ai quali tale istanza fa riferimento.
Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) la richiesta di cui trattasi era volta ad ottenere il rilascio in copia delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni della propria ascendente paterna;b) l’istanza è stata motivata con riferimento alla necessità di depositare nell’instaurando giudizio ex artt. 148, secondo comma, c.c. e 316-bis c.c. idonea documentazione fiscale al fine di comprovare la capacità reddituale dell’ascendente, tenuta in via sussidiaria al mantenimento del proprio nipote (cioè dell’odierno ricorrente);c) con nota del 19 marzo 2019 l’Amministrazione ha rigettato l’istanza di accesso sul rilievo che “il diritto di accesso agli altrui dati reddituali presuppone che il dato richiesto sia necessario e non meramente utile per la difesa del diritto che si intende far valere in un giudizio instaurato” e che “solo in presenza della rigida necessità il diritto all’accesso prevale su quello alla tutela della privacy e tale valutazione non potrà che essere effettuata dall’autorità giudiziaria adita”.
L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del gravame, osservando, in sintesi, quanto segue: a) il diniego dell'istanza è stato giustificato dalla carenza del requisito di concretezza e attualità dell'interesse, considerato che l’Ufficio non è a conoscenza della relazione di parentela tra l’'istante e la persona di cui si richiede di conoscere il contenuto delle dichiarazioni fiscali;b) secondo la giurisprudenza amministrativa “l’acquisizione di documenti e/o di documentazione nell’ambito di un processo tra privati è, peraltro assicurata dalle specifiche regole che lo disciplinano e la cui determinazione passa per il giudizio del soggetto proposto a decidere sull’ammissibilità o meno delle richieste delle parti contrapposte” (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 3461/2017).
Con memoria in data 15 gennaio 2020 il ricorrente ha ribadito le conclusioni già rassegnate.
Nella camera di consiglio in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
A giudizio del Collegio, il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
L’art. 316-bis, primo comma, c.c. stabilisce che “i genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo” che “quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli”.
Ne consegue che, indipendentemente da ogni valutazione sul merito della domanda che il ricorrente intende proporre innanzi al giudice ordinario nei confronti della propria ascendente (valutazione che, ovviamente, esula dall’oggetto del presente giudizio), lo stesso ha certamente un interesse qualificato ad accedere alla documentazione di cui si tratta al fine di esercitare i propri - effettivi o presunti - diritti e di coltivare le relative difese in giudizio.
Deve aggiungersi che il ricorrente ha documentato in giudizio l’esistenza del vincolo di parentela mediante produzione documentale in data 15 gennaio 2020.
Né possono trovare accoglimento le osservazioni difensive dell’Amministrazione in ordine al necessario esercizio dei poteri istruttori da parte del giudice competente a conoscere della controversia sostanziale e ciò per le ragioni di seguito illustrate.
Come già osservato nelle sentenze di questa stessa Sezione n. 1158/2019 dell’8 maggio 2019, n. 565/2019 del 15 marzo 2019 e n. 457/2019 del 7 marzo 2019, su questione parzialmente analoga a quella in esame e relativa alla richiesta di accesso ai documenti fiscali del coniuge si sono formati due orientamenti giurisprudenziali: il primo, avuto riguardo, in particolare, alle previsioni di cui agli artt. 210, 211, 213 e 492-bis c.p.c., nega (cfr., ad esempio, Consiglio di Stato, IV, n. 3461/2017) ed il secondo afferma l’esperibilità dell’accesso (cfr., tra le altre, le decisioni di questo Tribunale cui si è fatto riferimento).
Il Collegio ritiene di confermare le valutazioni già espresse nelle citate pronunce di questa stessa Sezione (alle cui motivazioni si rinvia, anche tenuto conto che la presente decisione deve essere redatta in forma semplificata ai sensi dell’art. 116, quarto comma, c.p.a.).
Oltre alle ragioni ivi indicate, il Collegio osserva che: a) seguendo la tesi di cui alla menzionata pronuncia del Consiglio di Stato, l’accesso dovrebbe essere negato in tutti i casi di lite, anche potenziale, nell’ambito della quale il giudice avesse facoltà di ordinare l’esibizione in giudizio di un documento da parte della Pubblica Amministrazione (estranea al giudizio) ex art. 210 c.p.c.;b) a ben vedere, in conformità all’indirizzo espresso in tale circostanza dal giudice di appello, l’accesso dovrebbe essere negato anche nei casi di lite fra privato e Amministrazione e di documento per il quale si richieda l’accesso nella disponibilità della Pubblica Amministrazione e che riguardi direttamente ed esclusivamente il privato che richiede l’accesso al fine di agire in giudizio o al fine di difendersi in un giudizio già instaurato, posto che anche in tale ipotesi si determinerebbe, per usare le parole del Consiglio di Stato, “una forma di singolare ‘aggiramento’ delle norme che governano l’acquisizione delle prove” - cioè dell’art. 210 c.p.c. - con conseguente “vulnus per il diritto di difesa dell’altra parte” e che “anche in tale ipotesi l’esigenza di tutela” risulta “già ampiamente assicurata attraverso i mezzi tipici previsti nel processo”);c) il diritto di difesa (in giudizio) della controparte non è minimamente compromesso dal riconoscimento dell’accesso all’interessato in sede amministrativa, atteso che i documenti versati in atti dalle parti processuali non sono automaticamente acquisiti al giudizio, ma devono essere previamente ritenuti ammissibili e rilevanti dal giudice che procede (ovviamente anche sulla scorta delle deduzioni difensive delle controparti);d) seguendo la citata tesi del Consiglio di Stato, dovrebbe ritenersi, ad esempio, che il coniuge non separato o non divorziato, il quale intendesse verificare - e, in ipotesi, lamentare in giudizio - il parziale assolvimento del marito o della moglie rispetto all’obbligo di assistenza materiale nell’interesse della famiglia (art. 143 c.c.), non potrebbe accedere alla documentazione fiscale della potenziale controparte, ma sarebbe costretto ad esperire un’azione giudiziale al buio in attesa dell’esercizio da parte del giudice dei poteri istruttori ad esso assegnati dalla legge, sostenendo pertanto le relative spese legali e ed essendo costretto, nell’ipotesi di soccombenza, a rifondere quelle della controparte.
Per le considerazioni che precedono il ricorso va accolto e, ai sensi dell’art. 116, quarto comma, c.p.a., deve ordinarsi all’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Catania, di consentire l’accesso alla documentazione di cui alla richiesta trasmessa in data 30 gennaio 2019 entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ovvero dalla sua notifica su istanza di parte se anteriore, previa interlocuzione con il soggetto cui i documenti in questione si riferiscono.
Le spese di lite devono essere compensate in ragione dei non univoci orientamenti giurisprudenziali su questione analoga a quella controversa.
Deve, in ultimo, osservarsi che, con atto depositato in data 20 gennaio 2010, il difensore del ricorrente ha rilevato che nell’ordinanza istruttoria n. 5/2020 del 3 gennaio 2020 era stato erroneamente contemplato anche l’originario procuratore (ormai sostituito dall’attuale difensore) e ha, quindi, chiesto procedersi alla correzione del provvedimento.
Al riguardo il Collegio osserva che risulta sufficiente dare atto dell’intervenuto errore materiale in questa sede, intendendosi revocata “in parte qua” la menzionata decisione istruttoria, senza che sia necessario procedere alla formale correzione dell’ordinanza, trattandosi di atto in ogni momento revocabile, anche parzialmente.