TAR Napoli, sez. I, sentenza 2014-01-23, n. 201400500

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2014-01-23, n. 201400500
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201400500
Data del deposito : 23 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04901/2012 REG.RIC.

N. 00500/2014 REG.PROV.COLL.

N. 04901/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4901 del 2012, proposto da:
A M, R A, Antonio D'Errico, Francesco Dell'Aversana, F N, F P e Sofia D'Agostino, rappresentati e difesi dall'avv. L A, con domicilio eletto in Napoli, alla via del Parco Margherita 34, presso lo studio dell’avv. S C;

contro

Comune di Succivo, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. D T, con domicilio eletto in Napoli, alla via Domenico Cirillo 58, presso il dr. G B;

per l'annullamento

previa sospensiva

della delibera del Consiglio comunale di Succivo n.19 del 21 luglio 2012, avente ad oggetto la dichiarazione del dissesto finanziario dell’ente ai sensi degli artt. 244 e ss. del D. Lgs n. 267/2000, e degli atti presupposti ivi richiamati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Succivo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2014 il dott. Pierluigi Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con atto notificato il 13 novembre 2012 e depositato il giorno 22 seguente, i ricorrenti – i primi sei (A M, R A, Antonio D'Errico, Francesco Dell'Aversana, F N e F P) nella duplice veste di consiglieri comunali di minoranza e di residenti nel Comune di Succivo mentre la settima (Sofia D'Agostino) quale semplice cittadina – hanno impugnato la dichiarazione di dissesto finanziario dell’ente, culminata nella delibera di consiglio comunale n.19 del 21 luglio 2012, e tutti gli atti posti a base della stessa, ivi richiamati.

A sostegno della domanda di annullamento del provvedimento hanno dedotto quattro motivi così rubricati:

1) violazione dell’art. 246 del T.U.E.L. n. 267/2000;

2) violazione dell’art. 10 del Regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale;

3) violazione dell’art. 246 del T.U.E.L. n. 267/2000 – eccesso di potere per sviamento, assenza dei presupposti di fatto e di diritto, errore, inesatta istruttoria, perplessità;

4) violazione dell’art. 186 del T.U.E.L. n. 267/2000 – eccesso di potere per sviamento – assenza dei presupposti di legge per mancata approvazione del consuntivo 2011.

Si è costituito in resistenza il Comune di Succivo, che ha preliminarmente eccepito l’irricevibilità del gravame per tardività, l’inammissibilità dello stesso per difetto di legittimazione attiva e mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti di almeno un controinteressato e, limitatamente al terzo e quarto motivo, per insindacabilità delle scelte di merito, concludendo comunque con richiesta di rigetto per l’infondatezza delle censure formulate. La difesa dell’ente ha successivamente eccepito anche l’improcedibilità dell’azione per la mancata impugnazione dei provvedimenti sopravvenuti (in particolare, nomina della commissione straordinaria per la liquidazione ed atti adottati dalla stessa nonché approvazione del bilancio stabilmente riequilibrato).

Le parti hanno depositato memorie e documenti insistendo nelle rispettive richieste.

Alla pubblica udienza del 15 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Nell’odierno giudizio viene in trattazione il gravame proposto avverso la dichiarazione di dissesto finanziario del Comune di Succivo.

Il Collegio reputa di poter prescindere dalle eccezioni sollevate in rito dalla resistente amministrazione in quanto il ricorso si palesa infondato nel merito alla stregua delle considerazioni che seguono.

2. Giova rammentare che il D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il “ Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali ”, disciplina espressamente – nella parte II (“ Ordinamento finanziario e contabile ”), al titolo VIII (“ Enti deficitari e dissestati ”) – la fattispecie del dissesto finanziario, fornendone la definizione, precisandone le conseguenze e descrivendo minuziosamente l’intero procedimento di risanamento. In particolare, l’articolo 244, al comma 1, stabilisce che “ Si ha stato di dissesto finanziario se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’art. 193, nonché con le modalità di cui all’art. 194 per le fattispecie ivi previste ”.

Alla stregua della disciplina contenuta negli artt. 244 e ss. del T.U. n. 267/2000, la dichiarazione di dissesto finanziario costituisce un evento di carattere eccezionale e patologico della vita dell’ente locale, con la conseguenza che alla stessa può farsi luogo solo all’esito dell’accertamento – da parte degli stessi organi ordinari dell’ente o in via eccezionale, nell’ipotesi di cui all’art. 247, da parte del commissario ad acta – dei presupposti sopra delineati, i quali sono peraltro autonomi fra loro, per cui non vi è bisogno che coesistano necessariamente (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 14 ottobre 2010, n. 32825). Come chiarito dalla giurisprudenza, la decisione di dichiarare lo stato di dissesto finanziario non è pertanto frutto di una scelta discrezionale dell’ente, rappresentando piuttosto una determinazione vincolata (ed ineludibile) in presenza dei presupposti di fatto fissati dalla legge (cfr., per tutte, Consiglio di Stato, Sez. V, 16 gennaio 2012, n. 143). Tali osservazioni trovano del resto conferma nelle peculiari e gravi conseguenze che il legislatore riconnette alla dichiarazione di dissesto: infatti i pregiudizievoli effetti economici negativi che si ripercuotono immediatamente sui terzi creditori dell’ente (quali, tra l’altro, l’impossibilità di intraprendere o proseguire azioni esecutive ed il blocco della produzione di interessi e rivalutazione monetaria dei debiti insoluti e delle somme già erogate per anticipazioni di cassa) sui suoi dipendenti (per la procedura di mobilità che può interessare quelli eccedenti il nuovo fabbisogno organico) ed eventualmente sull’intera collettività dei residenti (per la prevedibile riduzione dei servizi pubblici e/o l’aumento delle tariffe e delle imposte), escludono che la dichiarazione di dissesto possa essere il frutto di una valutazione discrezionale degli organi dell’ente, avendo il legislatore fissato direttamente, ed in modo vincolato, i presupposti di fatto che la giustificano, così che essa in realtà, sotto altro angolo visuale, rappresenta il giusto contemperamento degli opposti interessi in gioco, pubblici e privati.

Da ciò discende poi che il sindacato giurisdizionale sulla delibera di dichiarazione di dissesto dell’ente locale è necessariamente incentrato sulla verifica del corretto esercizio del potere (di azione) in ordine all’accertamento dei presupposti di fatto previsti dalla legge, non potendo consentirsi al giudice amministrativo alcuna valutazione sul merito delle scelte operate (ovvero non operate) per eliminare o ridurre i servizi non essenziali ovvero per evitare o limitare lo stato di deficit finanziario (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 17 maggio 2006, n. 2837). Da quanto sopra deriva anche che le censure meramente formali e di ordine procedimentale assumono carattere recessivo, essendo insufficienti a consentire l’accoglimento del ricorso tutte le volte in cui non è revocabile in dubbio la sussistenza delle condizioni che determinano il dissesto rendendo vincolata la relativa declaratoria di cui al citato art. 244.

3. Ciò posto e venendo all’odierna fattispecie, il Collegio è dell’avviso che non possa ragionevolmente dubitarsi della legittimità della delibera n. 19 del 21 luglio 2012, con cui è stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario del Comune di Succivo.

3.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 246 del T.U.E.L. n. 267 del 2000 perla mancata acquisizione della relazione conclusiva del revisore dei conti.

La censura non merita condivisione.

Il citato articolo, al primo comma, stabilisce che “ La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell’ente locale nelle ipotesi di cui all’art. 244 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile. Alla stessa è allegata una dettagliata relazione dell’organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto ”;
al comma 2, primo periodo, aggiunge quanto segue: “ La deliberazione dello stato di dissesto è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero dell’Interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell’organo di revisione.”

Deve anzitutto precisarsi in punto di fatto che l’organo unico di revisione aveva già descritto la grave situazione finanziaria dell’ente in occasione del rendiconto per l’esercizio finanziario 2010 (cfr. relazione del 29.2.2012), confermando successivamente la sussistenza di gravi squilibri strutturali in grado di provocare il dissesto finanziario (cfr. nota del 19.3.2012 e relazione del 27.4.2012). Inoltre, a seguito della deliberazione di Giunta comunale (n. 27 del 20.6.2012), recante approvazione della proposta di deliberazione al Consiglio comunale per la dichiarazione di dissesto, il Sindaco espressamente richiedeva (con nota del 22.6.2012) la trasmissione della relazione di cui all’articolo 246 (nel termine di cinque giorni, tenuto conto dell’urgenza) al citato organo. Tuttavia quest’ultimo, pur ribadendo che l’ente “non è in grado di far fronte a debiti liquidi ed esigibili con le modalità di cui all’art. 193 del TUEL ”, reputava che le informazioni fornite dal responsabile dei servizi finanziari non fossero esaustive per la formulazione della relazione (cfr. nota del 27.6.2012), persistendo nella richiesta di ulteriori approfondimenti istruttori anche dopo la convocazione del Consiglio comunale per deliberare sull’oggetto (cfr. nota del 16.7.2012).

Tanto premesso, osserva il Collegio che, come anticipato nella parte introduttiva (al capo 2.), dal carattere vincolato della delibera in argomento discende che gli eventuali vizi procedimentali assumono carattere recessivo laddove sia accertata la sussistenza delle condizioni che determinano il dissesto, come nel caso di specie, alla stregua di quanto si dirà oltre nel capo (3.4.) dedicato a tali questioni, cui può pertanto farsi rinvio. Del resto, la gravità ed urgenza della situazione acclarata dalla Giunta (in data 20.7.2012, con la proposta di deliberazione da sottoporre al Consiglio) non tollerava ulteriori indugi o misure soprassessorie, tenuto conto anche di quanto disposto dall’art. 247 (“Omissione della delibera di dissesto”) del D. Lgs. 267/2000, laddove prevede che, in caso di inerzia dell’ente susseguente ad una specifica iniziativa officiosa dell’organo regionale di controllo, la dichiarazione di dissesto consegua alla nomina di commissario ad acta, con conseguente scioglimento dell’ente ai sensi dell’art. 141 dello stesso T.U.E.L..

E’ comunque dirimente osservare che, in presenza dei presupposti fissati dalla legge, la “ valutazione ” richiamata dal summenzionato articolo 246 riguarda soltanto le cause che hanno determinato la situazione di deficit finanziario economico e costituisce il presupposto logico-giuridico del procedimento di risanamento della riorganizzazione dell’ente e della corretta impostazione delle indispensabili analisi finanziarie ed organizzative per addivenire alla adeguata definizione del nuovo bilancio stabilizzato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 gennaio 2012, n. 143, già citata). In altri termini, la dichiarazione di dissesto finanziario consegue necessariamente al solo verificarsi della situazione di fatto indicata nell’art. 244 del T.U.E.L., indipendentemente dalle cause che l’hanno prodotta e dall’accertamento delle relative responsabilità da parte della Corte dei Conti (alla quale è trasmessa la deliberazione unitamente alla relazione dell’organo di revisione), che al riguardo potrà ovviamente disporre eventuali approfondimenti istruttori.

3.2. Con la successiva doglianza i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 10 del Regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale, per l’asserita mancata acquisizione del parere obbligatorio della III Commissione consiliare bilancio.

In disparte le considerazioni già svolte sull’irrilevanza nella materia de qua dei vizi dedotti in via meramente formale, rileva il Collegio che la censura è destituita di fondamento in fatto, atteso che dalla documentazione prodotta in giudizio si evince che nella riunione della Commissione, indetta per deliberare sulla questione (in data 6.7.2012), il Presidente (ossia l’odierno ricorrente F P) è stato messo in minoranza, essendo stati verbalizzati i voti favorevoli degli altri due componenti.

3.3. Non si palesa fondata neppure la doglianza con cui si prospetta la violazione dell’art. 186 del D. Lgs. n. 267 del 2000, per la mancata approvazione del consuntivo 2011 al momento (21.7.2012) dell’adozione della delibera impugnata.

Il menzionato articolo così recita: “ Il risultato contabile di amministrazione è accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso ed è pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi ”.

Giova premettere in fatto che con delibera giuntale n. 19 del 12.6.2012 era stato già approvato lo schema di rendiconto riferito all’esercizio finanziario 2011 e che il Consiglio comunale ha comunque successivamente approvato lo stesso documento con delibera n. 25 del 31.10.2012.

Ciò posto e considerato che non vi è incertezza sui principali dati economico-finanziari, osserva il Collegio che la segnalata circostanza è irrilevante e non è pertanto suscettibile di invalidare il provvedimento oggetto del presente giudizio in quanto nella specie sussistono i presupposti fattuali che legittimano la declaratoria di dissesto finanziario di cui all’art. 244 del T.U.E.L. nei termini qui di seguito precisati.

3.4. Invero, passando ai profili sostanziali della controversia, affrontati con il residuo terzo motivo, il Collegio osserva che dalle relazioni dei responsabili dei servizi finanziari del Comune di Succivo e dalla complessiva documentazione posta a base del provvedimento si evince la sussistenza dei seguenti elementi di fatto:

a) l‘ente risulta strutturalmente deficitario e non ha rispettato il patto di stabilità, avendo riportato un disavanzo della gestione di competenza, rispettivamente di € 154.896,24 e di € 568.211,18 per gli anni 2010 e 2011, e un disavanzo di amministrazione pari a € 3.544.159,81 nel 2011;

b) al 31.12.2011 risulta una massa passiva ammontante a € 7.976.000,00, nella quasi totalità per debiti certi, liquidi ed esigibili, ai quali l’ente non poteva fare validamente fronte, atteso che gli elementi attivi ammontano a € 6.344.000,00 e nella maggior parte dei casi (recupero e riscossione di imposte, tasse ed oneri concessori) si tratta di crediti di difficile e non pronta esecuzione;

c) è accertata la presenza di debiti fuori bilancio per € 1.855.500,00 ai quali non può validamente farsi fronte per la mancanza di idonee risorse economiche e finanziarie;

d) vi è una rilevante quantità di decreti ingiuntivi divenuti esecutivi, che hanno determinato pignoramenti in tesoreria per € 1.220.000,00;

e) in diversi casi si è avuta la mancata o ritardata corresponsione degli stipendi al personale dipendente ed il mancato pagamento di servizi telefonici;

f) si è registrato il mancato introito delle somme poste a base d’asta (€ 2.367.600,00) per l’alienazione di beni immobili comunali, atteso che i bandi (2007-2011) sono andati deserti (ad eccezione di un solo cespite);

g) è stato accertato il ricorso costante alle anticipazioni di tesoreria effettuate attraverso l’utilizzo in termini di cassa di circa € 2.000.000,00 destinati ai servizi sociali ex L. 328/2000, accreditati dalla Regione Campania sul conto di tesoreria comunale, e non più ripianati.

Ad avviso del Collegio, non può fondatamente dubitarsi che, alla stregua dei complessivi dati sopra riportati, l’ente locale versava nelle condizioni di dissesto finanziario per la contemporanea presenza di debiti liquidi ed esigibili di terzi ai quali non poteva far validamente fronte, di debiti fuori bilancio ai quali non poteva dare copertura per mancanza di adeguate risorse, di uno squilibrio nella gestione dei residui attivi e passivi, di una insufficienza grave delle disponibilità di cassa nonché di una grave difficoltà per l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili.

Tali elementi di fatto integrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, la fattispecie prevista dall’articolo 244, comma 1, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che impone, come si è visto senza alcun margine di discrezionalità, la dichiarazione di dissesto.

In tale prospettiva si palesano come inammissibili le doglianze – che fanno eco ai rilievi critici mossi dall’organo di revisione – laddove si lamenta la mancata tempestiva adozione delle misure atte a correggere le criticità segnalate (ad esempio, nella gestione dei beni immobili), che costituivano significativi sintomi di una situazione di squilibrio, poi aggravatasi nel corso del tempo, essendo precluso al giudice amministrativo la valutazione nel merito delle scelte operate (ovvero non operate) per evitare o limitare lo stato di deficit finanziario.

4. In conclusione, alla stregua delle osservazioni fin qui svolte, il ricorso deve essere respinto.

La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio, fermo restando che il contributo unificato resta a carico della parte soccombente.

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