TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2018-12-18, n. 201812282

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2018-12-18, n. 201812282
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201812282
Data del deposito : 18 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/12/2018

N. 12282/2018 REG.PROV.COLL.

N. 10058/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10058 del 2014, proposto da:
R C, rappresentato e difeso dagli avvocati A F e L F, con domicilio eletto presso lo studio del primo di essi in Roma, via Girolamo Da Carpi, 1;

contro

Asl 106 - Rm/F, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato S E M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittorio Veneto, 108;

per il risarcimento

dei danni subiti a causa della illegittima decadenza dalla graduatoria in cui il ricorrente era risultato vincitore per un posto di primario di laboratorio di analisi presso l'Ospedale di Civitavecchia.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Asl 106 - Rm/F;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre 2018 il dott. M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente partecipava all’avviso di mobilità del 30 settembre 1995 bandito dalla ASL Roma F per un posto di Primario di Laboratorio Analisi di Civitavecchia e ne risultava vincitore. Al momento della domanda prestava servizio presso l’Ospedale di Ronciglione (VT).

L’Azienda sanitaria Roma F invitava il ricorrente a prendere servizio in data 1° gennaio 1996.

Il ricorrente stesso chiedeva di poter posticipare la immissione in servizio al successivo 1° marzo 1996.

La ASL adottava invece provvedimento di decadenza che veniva impugnato dinanzi a questo TAR il quale, con sentenza n. 9618 del 2013, accoglieva il ricorso ed annullava il suddetto provvedimento di decadenza per plurime violazioni di legge.

In seguito al passaggio in giudicato della predetta sentenza la parte ricorrente agiva dunque nuovamente dinanzi a questo Tribunale amministrativo, ai sensi dell’art. 30 c.p.a., per chiedere il ristoro integrale dei danni patiti, ossia il lucro cessante derivante dalle differenze stipendiali non percepite (retribuzione fissa, variabile e di risultato) tra la data in cui non era stato a suo tempo immesso in servizio presso l’Ospedale di Civitavecchia (1° marzo 1996) e quella in cui – ad inizio 1999 – ottenne poi l’incarico di primario presso l’Ospedale di Viterbo (struttura questa analoga sul piano organizzativo e funzionale rispetto a quella di Civitavecchia ma superiore rispetto all’altra di Ronciglione).

Si costituiva in giudizio l’intimata amministrazione sanitaria per chiedere il rigetto del gravame.

Alla pubblica udienza del 27 novembre 2018 la causa veniva infine trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso osserva preliminarmente il collegio che, per giurisprudenza costante, il risarcimento del danno imputato alla Pubblica amministrazione non può mai essere conseguenza automatica dell’annullamento di un atto amministrativo, ma necessita dell’ulteriore positiva verifica circa la ricorrenza dei vari presupposti richiesti dalla legge tra cui quello della colpevole condotta antigiuridica della stessa;
in particolare, affinché sussista il requisito della colpa è necessario verificare se l’emanazione e l’esecuzione dell’atto impugnato siano avvenuti in violazione delle regole della imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l’esercizio della funzione pubblica deve costantemente attenersi (T.A.R. Lecce, sez. II, 10 agosto 2017, n. 1404).

Più in particolare, per «danno ingiusto» risarcibile ai sensi dell'art. 2043 c.c. si intende non qualsiasi perdita economica ma solo la perdita economica ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto;
ne consegue quindi la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l’equivalente economico (Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2017, n. 3392).

Deve inoltre sussistere il doppio rapporto di causalità tra il provvedimento lesivo ed il danno evento e tra quest’ultimo ed il danno conseguenza, in base ai principi della causalità giuridica (Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4195).

In sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo il privato danneggiato può infine limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, mentre resta a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante dalla sussistenza di contrasti giurisprudenziali, di incertezza del quadro normativo di riferimento o di particolare complessità della situazione di fatto, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento (T.A.R. Basilicata, sez. I, 19 giugno 2017, n. 451;
T.A.R. Napoli, sez. V, 16 gennaio 2017, n. 387;
Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1347;
Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4195).

Tanto doverosamente premesso osserva il collegio che, nel caso di specie, quanto all’ an risarcitorio:

a) sussiste la condotta antigiuridica dal momento che la sentenza di questo TAR ha chiaramente messo in evidenza una serie di incongruenze nonché alcune vere e proprie disapplicazioni normative (nell’ordine: art. 82 del DPR n. 384 del 1990, art. 11 del medesimo DPR n. 384 del 1990 e art. 20 del DM 30 gennaio 1982) tali da avere determinato l’amministrazione – nel caso di specie – ad adottare un provvedimento di decadenza del tutto ingiustificato e dunque illegittimo (cfr. pagg. 3 e 4 della sentenza n. 9618 del 12 novembre 2013);

b) sussiste pacificamente la spettanza del bene della vita atteso che, in assenza di una siffatta illegittima decisione, senz’altro il ricorrente avrebbe potuto prendere servizio come primario di Laboratorio Analisi all’interno dell’Ospedale di Civitavecchia già dal mese di marzo 1996, considerata innanzitutto la posizione dallo stesso ricoperta nella relativa graduatoria di mobilità (primo posto) e tenuto conto che soltanto il diaframma costituito dall’annullato provvedimento della intimata azienda sanitaria ha de facto impedito al ricorrente di ottenere quanto legittimamente anelato;

c) sussiste chiaramente il doppio rapporto di causalità tra il provvedimento lesivo ed il danno evento e tra quest’ultimo ed il danno conseguenza, in base ai principi della causalità giuridica, e ciò dal momento che il provvedimento di decadenza in data 11 marzo 1996 ha impedito al ricorrente di assumere l’incarico presso l’Ospedale di Civitavecchia e che tale impedimento, a sua volta, ha determinato l’impossibilità per il ricorrente di riscuotere più alti guadagni almeno sino al trasferimento presso l’Ospedale di Viterbo. Ai sensi dell’art. 51 del

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