TAR Potenza, sez. I, sentenza 2018-11-05, n. 201800725
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Pubblicato il 05/11/2018
N. 00725/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00448/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 448 del 2017, proposto da
R S, rappresentata e difesa dall'avvocato G A, con domicilio eletto presso lo studio di questi in Melfi, via S. Sofia, 16 e domicilio digitale alla PEC avv.giuseppe.albano@pec.it;
contro
Comune di Rapolla, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato B D B, con domicilio eletto presso lo studio di questi in Rapolla, via Sasso, 24 e domicilio digitale alla PEC avvbiagiodibenga@pec.giuffre.it;
nei confronti
M D L non costituita in giudizio;
per l'annullamento
della Determina Dirigenziale n. 000080 del 23.05.2017 del Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Rapolla, notificata in data 30 maggio 2017, avente ad oggetto l’annullamento in sede di autotutela del permesso di costruire n. 06 del 11.03.2015.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Rapolla;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2018 il dott. Paolo Mariano e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. In data 11 giugno 2015 il Comune di Rapolla rilasciava alla sig.ra S Rosa il permesso di costruire n. 06 per la edificazione di un fabbricato per civile abitazione.
1.1. A seguito di invito all’autotutela del confinante sig. D L Mauro in data 13 giugno 2016, l’Ufficio tecnico comunale, dopo aver tempestivamente disposto la sospensione dei lavori di edificazione in data 20 giugno 2016, annullava il permesso a costruire con la determina in epigrafe, datata 23 maggio 2017.
1.2. Il provvedimento era motivato in considerazione del fatto che “ al momento del suo rilascio, lo stato di fatto e di diritto del terreno interessato dal costruendo fabbricato non corrispondeva a quello rappresentato in planimetria dall’arch. B A, con la richiesta di rilascio del permesso di costruire da parte della sig.ra S, contravvenendo alle vigenti disposizioni normative del Piano Regolatore Generale e del Regolamento Edilizio sulle distanze dai confini e tra le fronti ”.
1.3. In particolare, “ dagli ultimi sopralluoghi effettuati e, in particolare, dall'ultimo esperito in data 06/03/17 nonché dagli atti pervenuti a questo Ufficio Tecnico da parte del geom. M S (tecnico della famiglia D L) e dall'arch. B A (tecnico della sig.ra S Rosa), è risultato che tra il fabbricato degli eredi D L e quello in costruzione della sig.ra S insiste una fascia di terreno di forma rettangolare della quale una metà circa, di forma triangolare con vertice su via Foscolo, è risultato facente parte della particella n° 1240 di proprietà della sig.ra S;l'altra metà, pure di forma triangolare, ma con vertice su via U. Saba, è in contestazione tra le due parti in quanto il geom. S M ritiene essere di proprietà esclusiva degli eredi D L, mentre l'arch. B A assume essere di proprietà condominiale ”.
2. La sig.ra S è insorta avverso il provvedimento comunale, deducendo molteplici illegittimità:
- Violazione di legge, con riferimento all’art. 21 nonies comma 1 L. 241/90
L’annullamento sarebbe intervenuto oltre il limite temporale di 18 mesi previsto dall’art. 21-nonies, co. 1, legge n. 241/1990.
- Violazione di legge per difetto di presupposti legali, con riferimento alla carenza di interesse pubblico.
Il provvedimento comunale non avrebbe indicato alcuna ragione di interesse pubblico a giustificazione dell’autotutela.
- Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti .
Non vi sarebbe alcuna difformità tra lo stato di fatto e di diritto del terreno interessato dall’attività edificatoria e quanto rappresentato in planimetria dal progettista, posto che questi avrebbe correttamente indicato come la porzione di terreno esistente fra le proprietà S e D L fosse appartenente solo per metà alla sig.ra S, mentre la restante parte sarebbe da considerarsi condominiale.
- Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, con riferimento al pactum fiduciae.
Tra i sigg.ri S e D L esisterebbe un pactum fiduciae relativo all’utilizzo della porzione di terreno condominiale.
3. Si è costituito in giudizio il Comune di Rapolla deducendo l’infondatezza del ricorso.
4. Con ordinanza istruttoria n. 537 del 29 maggio 2018 è stato ordinato il deposito della domanda di permesso a costruire e di alcuni allegati tecnici.
5. All’udienza pubblica del 10 ottobre 2018, terminata la discussione tra le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Il ricorso è infondato.
7. Per comodità espositiva si procede al prioritario esame del terzo e del quarto motivo di ricorso.
8. Il terzo motivo è infondato.
8.1. Il provvedimento in contestazione è motivato in ragione della ritenuta difformità tra la rappresentazione planimetrica dell’intervento edilizio (curata dall’arch. Acucella, per conto della richiedente) e lo stato di fatto e di diritto del terreno interessato dall’edificazione. In particolare, come già esposto ( supra , par. 1.3.), il Comune esclude che l’intera area su cui insiste il permesso a costruire sia di proprietà esclusiva della sig.ra S (come risulterebbe, invece, dalla rappresentazione grafica dell’intervento), considerato che almeno una parte di essa è rivendicata a sé dagli eredi D L o, comunque, sarebbe di natura condominiale.
8.2. Tale profilo, contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, non ha valenza privatistica, poiché non attiene alla mera risoluzione di una lite proprietaria, ma piuttosto allo svolgersi del rapporto pubblicistico tra il privato richiedente e la pubblica amministrazione e, dunque, alla corretta formazione della volontà provvedimentale, che esige la veritiera, esatta e completa esposizione, da parte del richiedente, di tutte le circostanze di fatto e di diritto rilevanti ai fini del rilascio del permesso a costruire. In tale novero possono dirsi rientranti le questioni concernenti la proprietà delle aree oggetto di edificazione, non fosse altro per la necessità di verificare, in ottica certamente pubblicistica, la coerenza del titolo edilizio in formazione con le “ previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente ” (art. 12 dpr 6 giugno 2001, n. 380), ivi incluse quelle in materia di distanze tra confini ed edifici, la cui applicazione richiede, per definizione, l’esatta individuazione delle partite proprietarie interessate dall’intervento edilizio e di quelle confinanti (rileva, in tal senso, che l’annullamento in autotutela è stato motivato, in specie, con riferimento alla violazione delle “ vigenti disposizioni normative del Piano Regolatore Generale e del Regolamento Edilizio sulle distanze dai confini e tra le fronti ”).
8.3. La ricorrente conviene sull’esistenza di uno spazio condominiale, talché la circostanza non è realmente controversa, pur contestando la difformità rilevata dal Comune poiché il tecnico di fiducia avrebbe “ correttamente sviluppato il progetto indicando la porzione di terreno di forma rettangolare esistente fra le proprietà S e D L, appartenere per metà unicamente alla sig.ra S (part. 1240), mentre la restante parte da considerarsi condominiale ” (pagg. 4 e 5 del ricorso).
8.4. La tesi non è persuasiva, in quanto la non corretta rappresentazione della situazione proprietaria del terreno, oltreché risultante dalle tabelle progettuali che, a ben vedere, non contengono alcuna chiara evidenza di tale profilo, è indirettamente confermata dal contenuto dei documenti acquisiti in sede di istruttoria processuale (richiesta di permesso a costruire e relazione tecnica allegata), nei quali, per un verso non emerge alcuna affermazione riguardo all’esistenza di uno spazio condominiale, per altro verso è possibile rinvenire esplicite dichiarazioni, riguardanti la titolarità esclusiva dell’intervento edilizio e l’assenza di opere su parti comuni, prima facie contrastanti con l’asserto ricorsuale.
8.5. D’altra parte, dal punto di vista strettamente logico, non è data alcuna spiegazione del perché, se la situazione condominiale fosse stata effettivamente rappresentata agli uffici comunali e da questi correttamente compresa, non vi sia evidenza alcuna negli atti del procedimento di quell’accordo fiduciario che, nella comune prospettazione delle parti, costituisce elemento istruttorio essenziale ai fini dell’autorizzazione dell’intervento edilizio. La circostanza che il pactum fiduciae non sia stato prodotto dall’istante o richiesto dall’amministrazione è inequivoca dimostrazione che il connesso profilo della proprietà condominiale non sia confluito nel procedimento, alterando la completezza dello spettro valutativo funzionale alla corretta formazione della volizione attizia.
9. Il quarto motivo è infondato.
9.1. Si è già argomentato in merito alle ragioni che inducono a ritenere estranea al procedimento l’eventuale esistenza tra i condomini di un pactum fiduciae diretto a consentire l’utilizzabilità da parte della S dello spazio comune (par. 8.5.).
9.2. In aggiunta a tali considerazioni, è sufficiente rilevare che neanche nella presente sede di tale accordo è data alcuna effettiva dimostrazione, sia pure in termini di principio di prova ex art. 64, co. 1, cod. proc. amm.. Né rilevano a tal fine le circostanze di fatto dedotte dalla ricorrente (costruzione in aderenza dei Di Leo;identità del tecnico, etc), per la dirimente considerazione che i presunti paciscenti D L hanno negato qualsiasi intesa, tenendo un comportamento incompatibile con la sua esistenza, attraverso la formale contestazione dell’intervento edilizio. D’altra parte, tali circostanze si riferiscono a fatti che non hanno alcuna diretta attinenza, in termini di contestualità e di connessione, con l’intervento edificatorio in evidenza e, quindi, si palesano inidonee a fornire prova rappresentativa o indiretta dell’asserito pactum .
10. Il primo motivo è infondato.
10.1. Preliminarmente, si chiarisce che è convinzione di questo Collegio che l’art. 21- nonies , co. 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, modificato dall'art. 6, co. 1, lett. d), n. 1), della legge 7 agosto 2015, n. 124, è applicabile anche ai provvedimenti di primo grado adottati anteriormente al 28 agosto 2015, data di entrata in vigore della riforma recata dalla legge n. 124/2015 (T.A.R. Basilicata, 04 aprile 2018 n. 232), con l’avvertenza che in tali casi il termine massimo di diciotto mesi per l’esercizio dell’autotutela comincia a decorrere dalla predetta data, con scadenza, dunque, il 28 febbraio 2017 ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. V, 19/01/2017, n. 250).
10.2. Il Collegio ritiene, inoltre, che il comma 2- bis dell’art. 21- nonies cit. debba essere interpretato nel senso di consentire il superamento del termine di diciotto mesi, oltre che nel caso in cui vi sia stata una falsa attestazione inerente i presupposti per il rilascio del provvedimento ampliativo (occorrendo all’uopo un accertamento definitivo in sede penale), anche qualora l’erroneità dei ridetti presupposti risulti comunque non imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’Amministrazione, ed imputabile, per contro, esclusivamente alla malafede o alla negligenza della parte.
In tal caso, non essendo ragionevole pretendere dall’incolpevole Amministrazione il rispetto di una stringente tempistica nella gestione della iniziativa rimotiva (non dovuta ad un ripensamento o ad errori dell’apparato), si dovrà esclusivamente far capo al canone di ragionevolezza per apprezzare e gestire la confliggente correlazione tra gli opposti interessi in gioco (Consiglio di Stato, sez. V, 27 giugno 2018, n. 3940), fermo restando che la scorretta rappresentazione delle circostanze in fatto e in diritto da parte del privato esclude o comunque attenua fortemente la configurabilità, in suo favore, di una posizione di affidamento legittimo (Consiglio di Stato, ad. plen., 17 ottobre 2017, n. 8).
10.3. Ciò posto, il provvedimento in contestazione non si presenta tardivo in quanto:
- ricorre, per le ragioni evidenziate in precedenza (par. 8 e ss.), il presupposto dell’erronea rappresentazione da parte dell’istante di una rilevante circostanza in diritto (la situazione dominicale dell’area su cui insiste l’attività edificatoria);
- rileva, secondo quanto precisato, non una falsa dichiarazione resa ai sensi del dpr n. 445/2000 (per la quale il superamento del termine dei diciotto mesi esige il previo giudicato penale di condanna), ma una scorretta rappresentazione dovuta quantomeno a negligenza della parte a fronte della quale, per le anzidette ragioni, l’esercizio dell’autotutela ultra diem deve ritenersi possibile a prescindere dalla pregiudiziale penale, in funzione dell’ordinato svolgimento dell’attività edificatoria e del rispetto dei canoni di lealtà, di clare loqui e di responsabilità che devono ispirare le relazioni tra i privati e l’amministrazione;
- tale circostanza espone la ricorrente alle conseguenze della negligenza che le è imputabile e, per converso, non può ridondare a pregiudizio dell’amministrazione comunale che ha subito incolpevolmente la menomazione di alcune delle sue prerogative di controllo sulla corretta formazione del titolo edilizio;
- l’autotutela si è estrinsecata in coerenza con il canone di ragionevolezza, in quanto l’amministrazione, una volta acquisito il fumus della possibile irregolarità (13/06/2016), ha immediatamente avviato i necessari approfondimenti in contraddittorio con la ricorrente (20/06/2016), adottando l’atto di annullamento in autotutela il 23/05/2017, a meno di tre mesi dalla scadenza del termine dei diciotto mesi (28/02/2017);
- l’annullamento è giustificato dalla necessità di assicurare il rispetto delle “ vigenti disposizioni normative del Piano Regolatore Generale e del Regolamento Edilizio sulle distanze dai confini e tra le fronti ”, concretamente vulnerate dalla localizzazione del manufatto su terreno parzialmente condominiale, che danno chiara evidenza agli interessi pubblici sottesi all’autotutela;
- in ottica di contemperamento delle posizioni contrapposte, si deve da un lato escludere, per le anzidette ragioni, il consolidamento in capo alla ricorrente di un qualsivoglia affidamento legittimo meritevole di tutela, dall’altro apprezzare come il tempo di reale efficacia del permesso a costruire, rilasciato in data 11/06/2015, si è comunque ridotto in concreto ad un anno, considerato che a far data dal 20/06/2016 l’attività edificatoria è stata sospesa previa ordinanza comunale.
11. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
11.1. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini dell’annullamento d'ufficio di un titolo edilizio ex art. 21- nonies legge n. 241/1990 occorre riscontrare un interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari (Consiglio di Stato, sez. IV, 07 settembre 2018 n. 5277). Tuttavia, deve escludersi che, in capo al privato che abbia scorrettamente prospettato le circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell'atto illegittimo a lui favorevole, possa formarsi una posizione di affidamento legittimo (Consiglio di Stato, ad. plen., 17 ottobre 2017, n. 8), talché l’interesse al mantenimento in vita del titolo edilizio risulta recessivo di fronte all'interesse pubblico al ripristino della legalità violata (T.A.R. Campania – Napoli, sez. VI, 10 aprile 2018, n. 2315).
In questi casi il Comune ha il dovere di verificare che le trasformazioni in atto siano conformi agli interessi generali sottesi al rispetto della pianificazione urbanistica e alla corretta rappresentazione dello stato di fatto e di diritto dei luoghi interessati, potendo soddisfare l'onere motivazionale concernente l’interesse pubblico dell’autotutela attraverso il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate.
11.2. Ciò posto, tenuto conto delle premesse da cui muove l’intervento in autotutela nel caso in esame, deve ritenersi che la rappresentazione dell’interesse pubblico ad esso sotteso sia certamente adeguata. Invero, come si evince dal provvedimento in contestazione, la difformità tra la rappresentazione planimetrica dell’opera e lo stato di fatto e di diritto del terreno ha consentito il conseguimento di un titolo edilizio in contrasto con le “ vigenti disposizioni normative del Piano Regolatore Generale e del Regolamento Edilizio sulle distanze dai confini e tra le fronti ”, con palese evidenziazione di interessi pubblici prima facie apprezzabili.
12. Conclusivamente il ricorso non è fondato in nessuna sua parte e, pertanto, va rigettato.
13. Tenuto conto della particolare complessità delle questioni affrontate, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.