TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2022-10-24, n. 202201844

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2022-10-24, n. 202201844
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 202201844
Data del deposito : 24 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/10/2022

N. 01844/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00064/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 64 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Catanzaro, domiciliataria ex lege in Catanzaro, via G.Da Fiore, 34;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n.-OMISSIS- del -OMISSIS- del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare, con il quale è stato disposto il rigetto dell'istanza di rimborso delle spese di patrocinio legale


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 16 settembre 2022 il dott. A U e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – L’odierno ricorrente, -OMISSIS-, ha impugnato il provvedimento con cui l’Amministrazione ha rigettato l’istanza, formulata ex art. 18, D.L. n. 67/1997, conv. in L. n. 135/1997, di rimborso delle spese legali sostenute nell’ambito di un procedimento penale dallo stesso subito.

2. – Il ricorrente è stato, infatti, sottoposto a procedimento penale avanti al Tribunale di-OMISSIS-, per le ipotesi di reato di seguito indicate:

a) detenzione illegale di armi e falsa dichiarazione circa la detenzione e la denuncia di un fucile come arma antica ( artt. 2 e 7 L. 895/1967;
artt. 47, 76 DPR n. 445/2000 e 476, 479 61 n. 2 c.p.
);

b) omessa denuncia del reato commesso da altro soggetto, consistito nel non aver denunciato il ritrovamento di un’arma, ed aver successivamente acquistato la medesima arma ad un prezzo non congruo, con la consapevolezza dell’illecita provenienza dell’arma stessa ( artt. 319, 648, 361 co. 2, c.p. );

c) induzione (con abuso della qualità di Pubblico Ufficiale) di altro soggetto a consegnare munizioni per armi da fuoco, adducendo quale pretesto una modifica normativa che avrebbe determinato irregolarità della detenzione delle suddette munizioni da parte del soggetto passivo, non redigendo il verbale del relativo sequestro (art. 317 c.p.);

2.1. – Con riferimento alle fattispecie di reato indicate sub a) , il GUP del Tribunale di-OMISSIS- ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti del ricorrente “ perché il fatto non sussiste ” (sentenza n.-OMISSIS-).

2.2. – Con riferimento alle fattispecie di reato indicate sub b) , il Tribunale di-OMISSIS- ha assolto il ricorrente “ perché il fatto non sussiste ” (sentenza n.-OMISSIS-).

2.3. – Con riferimento alla fattispecie di reato indicata sub c) , il Tribunale di-OMISSIS- ha dichiarato il ricorrente colpevole del reato di cui all’art. 640, comma 2, n. 2, e 61, n. 9 c.p., così riqualificando l’originaria imputazione ex art. 317 c.p. (sentenza n. -OMISSIS- citata).

2.4. – La Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato assolto il ricorrente dall’imputazione di cui all’art. 640, comma 2, n. 2, e 61, n. 9 c.p. “ perché il fatto non sussiste ” (sentenza n-OMISSIS-).

3. – A seguito di quest’ultima sentenza di assoluzione, il ricorrente ha presentato istanza di rimborso delle spese legali.

4. – L’istanza è stata rigettata dall’Amministrazione sul presupposto che “ i fatti generatori della vicenda penale in argomento non risultano essere connessi con l’espletamento del servizio e con l’assolvimento di obblighi istituzionali, poiché i reati contestati (in materia di armi) non risultano riconducibili all’interesse della Istituzione ” ( cfr. preavviso di rigetto istanza, richiamato in provvedimento impugnato).

5. – Il ricorrente ha impugnato il provvedimento di rigetto, svolgendo un unico, articolato motivo di censura, deducendone l’annullabilità per violazione e falsa applicazione dell’art. 18, D.L. n. 67/97, nonché per eccesso di potere sotto il profilo della illogicità manifesta, traviamento dei fatti, carenza di istruttoria e di motivazione, nonché per violazione del principio del giusto procedimento.

Sostiene, in sintesi, il ricorrente che alcuni dei fatti ascrittigli in sede penale avrebbero avuto una stretta connessione con lo svolgimento del servizio. Di conseguenza, essendo intervenuta sentenza favorevole nei suoi confronti, egli avrebbe titolo per ricevere il rimborso delle spese legali ex art. 18, D.L. n. 67/1997, conv. in L. n. 135/1997.

Il provvedimento impugnato sarebbe, pertanto, illegittimo, nella parte in cui, non operando alcuna distinzione tra i vari addebiti penali rivolti al ricorrente, ha rigettato in toto l’istanza di rimborso, anziché riconoscere il rimborso con riferimento all’imputazione di corruzione, poi derubricata in truffa aggravata ex art. 640 c.p., per la quale il ricorrente è stato infine assolto.

Tale condotta, infatti, sarebbe stata posta in essere nell’esercizio delle sue funzioni di servizio e, quindi, in pieno adempimento degli obblighi demandati dall’Amministrazione.

6. – Si è costituita in causa l’Amministrazione per chiedere il rigetto nel merito del ricorso.

7. – La causa è stata discussa e tratta in decisione all’udienza pubblica del 16 settembre 2022, svolta in modalità telematica secondo le previsioni dell’art. 25, comma 2 d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, conv. con mod, dalla l. 18 dicembre 2020 n. 176.

8. – Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.

9. – Preliminarmente deve essere specificato l’oggetto del ricorso e il perimetro dell’impugnazione con esso svolta.

L’istanza ex art. 18, D.L. n. 67/1997, conv. in L. n. 135/1997, presentata dal ricorrente all’Amministrazione, aveva ad oggetto tutte le spese legali sostenute nel corso del procedimento penale sopra descritto.

Con il ricorso in esame è stato, invece, censurato il provvedimento di rigetto della suddetta istanza solamente nella parte in cui non riconosce il rimborso per le spese sostenute con riferimento all’imputazione di reato concussione, poi derubricato in truffa aggravata ( supra indicato al punto 2, sub c).

Ciò si desume dal fatto che nell’atto introduttivo il ricorrente:

- innanzitutto, ha precisato di essere “ stato investito da diverse fattispecie penali, non tutte legate da un unico evento o momento ” (pag. 7, ricorso);

- ha lamentato, poi, il fatto che “ l’Ente, non procedendo ad una analisi puntuale delle diverse circostanze che avevano determinato gli addebiti penali … non ha potuto (o voluto) cogliere la ricorrenza di situazioni che certamente legittimavano la pretesa del Sig. -OMISSIS-e ne avrebbero imposto la quantificazione e la relativa liquidazione nei limiti delle stesse ” (pag. 8, ricorso);

- ha chiarito successivamente che “ Una analisi specifica dei citati episodi … permette di cogliere che se nei primi due casi, indicati con le lett. (i) e (ii), i fatti costitutivi delle accuse possono non risultare connessi al servizio espletato dallo -OMISSIS-, o avere con lo stesso un rapporto di occasionalità … al contrario tale connessione appare oggettiva in ordine ai fatti inerenti l’ultimo episodio citato, indicato con la lett (iii) ”, ossia ai fatti di presunta concussione/truffa aggravata;

- ha incentrato, infine, tutte le sue difese unicamente nella dimostrazione che tali ultime condotte siano state poste in essere in esecuzione delle funzioni di servizio.

Deve precisarci, dunque, che il provvedimento di rigetto del rimborso delle spese di giudizio sia stato impugnato in parte qua , ossia con riferimento alla parte in cui non riconosce il rimborso delle spese legali sostenute per difendersi dagli addebiti di concussione/truffa aggravata.

10. – Ciò precisato con riferimento all’oggetto del giudizio, deve aggiungersi che non è controverso tra le parti in causa quale sia la normativa applicabile al caso concreto, né quale sia l’interpretazione consolidata che di essa fornisce la giurisprudenza amministrativa.

Entrambe le parti riconoscono infatti che, ai fini del rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente, l’art. 18 D.L. 67/1997, convertito in L. 23 maggio 1997 n. 135, richieda non solo (i) una pronuncia che espressamente escluda la responsabilità del dipendente stesso, ma anche (ii) la sussistenza di una stretta connessione tra i fatti e gli atti oggetto del giudizio e l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali.

L’art. 18 citato, incidendo sulla spesa pubblica, è norma di stretta applicazione e si applica quando il dipendente sia stato coinvolto nel processo “per aver svolto il proprio lavoro”, ossia quando sia rinvenibile un nesso di strumentalità tra l’adempimento del dovere ed il compimento dell’atto o del comportamento (e dunque quando l’assolvimento diligente dei compiti specificamente lo richiedeva), e non anche quando la condotta oggetto della contestazione sia stata semplicemente posta in essere “in occasione” dell’attività lavorativa ( cfr . Cons. Stato, Sez. IV, 28 settembre 2020, n. 5655;
Cons. Stato, Sez. IV, 28 novembre 2019, n. 8146).

È necessario, quindi, che l’azione compiuta, che ha condotto alla sottoposizione a procedimento penale, risulti pienamente conforme al modello di condotta richiesto per l’adempimento dei doveri istituzionali ( cfr . Cons. Stato, Sez. I, 22 novembre 2021, n. 1796).

11. – Il punto controverso del presente giudizio attiene, così, alla valutazione se le condotte di (asserita) corruzione, poi derubricate in (asserita) truffa aggravata, poste in essere dal ricorrente, possano - o meno - essere riconducibili all’adempimento dei suoi doveri di ufficio.

Tale valutazione deve essere compiuta “in concreto”.

È necessario, infatti, esaminare le concrete circostanze e la concreta condotta tenuta dal soggetto sottoposto a procedimento penale, per valutare se le stesse fossero funzionali al corretto ed efficace assolvimento del dovere d’ufficio ( cfr ., ex plurimis , Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2020, n. 6554).

11.1. – Ebbene, dall’analisi delle sentenze di primo e secondo grado inerenti la vicenda di cui è causa, si ricava che la condotta in concreto tenuta dal ricorrente – e di cui è stato chiamato a rispondere in sede penale – è consistita:

(i) nell’aver ricevuto la denuncia di un soggetto di aver acquistato un’arma;

(ii) nell’aver comunicato, in quella sede, a tale soggetto che non poteva più detenere alcune munizioni per un fucile calibro 12, essendo intervenuta una presunta (e invero inesistente) modifica normativa;

(iii) nell’essersi fatto consegnare da tale soggetto le munizioni, senza redigere apposito verbale.

Tale condotta è stata inizialmente qualificata come concussione e poi derubricata come truffa aggravata. Reato, quest’ultimo, per cui il ricorrente è stato condannato in primo grado.

La Corte di Appello di Catanzaro ha assolto il ricorrente dall’accusa di truffa aggravata, in quanto ha ritenuto non sussistenti nel caso concreto due elementi costitutivi del predetto reato, ossia l’ingiusto profitto e l’altrui danno.

La Corte d’Appello ha ritenuto, infatti, che “ trattandosi di cartucce già di per sé di basso costo e soprattutto risalenti nel tempo, il loro valore economico non può di certo ritenersi emergente ictu oculi, né tanto meno alcun accertamento è stato svolto in punto di funzionalità ”.

La sentenza della Corte d’Appello non ha, tuttavia, confutato la ricostruzione effettuata dalla sentenza di primo grado in merito alla condotta concreta tenuta dal ricorrente nel caso di specie.

Non è stato, quindi, smentito il fatto che il ricorrente, nella sua qualità di Carabiniere, nel ricevere un soggetto terzo intento a formalizzare una denuncia per acquisto di arma da fuoco, riferiva a quest’ultimo che non poteva più detenere le munizioni per effetto di un’intervenuta modifica normativa, con ciò inducendolo in errore nel compiere “ l’atto di disposizione patrimoniale consegnando le cartucce nel convincimento di dover eseguire un ordine dell’Autorità (art. 640, comma 2, n. 2, c.p.) ” (cfr. sentenza di primo grado, n. -OMISSIS- citata).

Né in appello è stato smentito il fatto che il ricorrente “ nel richiedere le 12 cartucce era ben consapevole della non necessarietà della restituzione ” (cfr. sentenza di primo grado, n. -OMISSIS- citata).

11.2. – Di conseguenza, dalla motivazione dell’assoluzione dal reato di truffa aggravata non si può dedurre che la condotta materiale posta in essere dal richiedente (per come accertata in sede processuale) denotasse quell’assolvimento di obblighi istituzionali che configura presupposto imprescindibile del diritto al rimborso delle spese legali.

L’aver indotto un soggetto terzo a consegnare delle munizioni, adducendo l’esistenza di un presunto obbligo giuridico di consegna delle stesse, senza redigere verbale di consegna, non può, infatti, essere considerata una condotta strumentale al regolare e diligente adempimento dei compiti istituzionali di servizio e all’adempimento dei doveri istituzionali.

Al contrario, tali doveri sono stati violati, perché un terzo è stato indotto a compiere una disposizione patrimoniale non dovuta.

La condotta in questione è stata, quindi, certamente tenuta dal ricorrente “in occasione” dell’attività lavorativa, ma non “al fine” di adempiere diligentemente i propri obblighi.

Alla luce di tali considerazioni, il Collegio ritiene che la condotta del ricorrente (così come accertata in sede processuale), seppure penalmente non rilevante, non risulta essere stata conforme ai parametri di diligenza richiesti nell’adempimento degli obblighi di servizio, condizione posta dall’articolo 18 citato a fondamento dell’eventuale rimborso delle spese legali.

12. – Neppure sussiste, nel caso di specie, il lamentato vizio di difetto di motivazione, in quanto il provvedimento di diniego risulta sufficientemente motivato, richiamando le ragioni per cui la condotta del ricorrente non è considerata compatibile con l’applicazione della disciplina di cui all’articolo 18, che consente il rimborso delle spese legali.

13. – In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

14. – La peculiarità della fattispecie di cui è causa giustifica la compensazione delle spese di lite.

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