TAR Bari, sez. II, sentenza 2022-11-29, n. 202201610
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Pubblicato il 29/11/2022
N. 01610/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01086/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1086 del 2019, proposto dallo Studio medico-radiologico Morella s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Azienda sanitaria locale di Barletta-Andria-Trani, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. V Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
- della nota dell'A.S.L. BT, prot. n. 8263 I-12 del 31 gennaio 2019, di diniego del rimborso richiesto dallo studio radiologico Morella s.r.l., per la trattenuta del 2% effettuata, ai sensi dell’art. 1, comma 796, lett. o) , della legge 27 dicembre 2006 n. 296, nelle annualità 2009-2010-2011 e 2013 (fino al mese di maggio compreso);
- nonché di ogni e qualsiasi altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso e/o conseguente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda sanitaria locale di Barletta-Andria-Trani;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2022 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori l'avv. A C, per la ricorrente, e l'avv. V Z, per l'Azienda sanitaria;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica del 28 maggio 2019, la società ricorrente impugnava la nota di risposta (prot. n. 8263 I-12 del 31 gennaio 2019) dell’A.S.L. di Barletta-Andria-Trani alla propria istanza di rimborso della definita, in via assertiva, “ indebita trattenuta ” del 2%, in applicazione dell’art. 1, comma 796, lett. o) , della legge 27 dicembre 2006 n. 296, effettuata sulle tariffe da corrispondersi per gli “accordi contrattuali”, ex art. 8- quinquies d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, sottoscritti per le annualità 2009-2010-2011 e anche per il periodo da gennaio a maggio 2013.
In particolare, la deducente affermava che, a seguito della sentenza della Corte cost. 2 aprile 2009 n. 94, che ha statuito la portata temporalmente limitata per il triennio 2007-2008-2009 dell’art. 1, comma 796, lett. o) , della legge 27 dicembre 2006 n. 296, l’Azienda sanitaria in parola non potesse proseguire nel tempo ad applicare simili decurtazioni anche negli anni seguenti e segnatamente fino al mese di maggio 2013. Richiedeva quindi in pagamento, per i periodi in contestazione, la somma differenziale pari alla quantificazione di parte di €. 46.411,78, oltre interessi legali.
2.- L’A.S.L., con atto di opposizione, notificato in data 26 luglio 2019, chiedeva la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale, ai sensi dell’art. 10 d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, riservandosi di esporre in tale sede le argomentazioni in fatto e in diritto.
3.- Indi, con atto notificato, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 10 del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 e 48 c.p.a., parte ricorrente si costituiva in giudizio per il prosieguo della controversia in sede giurisdizionale.
4.- Con memoria difensiva di costituzione, la difesa dell’A.S.L., in via preliminare, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, inferendo la natura negoziale della controversia, avente riguardo la regolazione di diritti patrimoniali tra le parti, in esecuzione di “accordi contrattuali” ai sensi del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502.
Nel merito, ribadiva la legittimità del provvedimento gravato motivato in riferimento all’applicazione delle disposizioni normative ivi richiamate, cui sono seguite delibere regionali e atti esecutivi mai impugnati, fino alla sottoscrizione dei contratti in questione incontestati prima della sottoscrizione, ai quali è poi soggiunta l’odierna impugnativa a invero oltre due anni dalla esecuzione degli stessi. Veniva altresì evidenziato come la società ricorrente abbia in realtà mal interpretato il dictum della Corte costituzionale, richiamato a sostegno del proposto ricorso.
5.- Alla fissata camera di consiglio, l’istante rinunciava alle richieste misure cautelari.
6.- Scambiati ulteriori documenti e memorie, alla fissata udienza pubblica, dopo breve discussione, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.- In via preliminare, va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso proposto, che inerisce – perlomeno stando alla causa petendi azionata nell’odierna causa – la modalità stricto sensu di determinazione delle tariffe nella sede pubblicistica, cui è conseguita, in via di applicazione, la sottoscrizione degli “accordi contrattuali”, ai sensi dell’art. 8- quinquies del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502. In base alla tesi della parte ricorrente, le tariffe de quibus dovevano essere determinate, alla luce del contenuto della sentenza della Corte cost. del 2 aprile 2009 n. 94, con riguardo alle annualità in contestazione (2009-2010-2011 e 2013 fino al mese di maggio), predicandosene l’inapplicabilità della disposta decurtazione del 2%. Non vengono dunque in evidenza questioni concernenti la mera esecuzione dei predetti accordi contrattuali.
Pertanto, l’eccezione di difetto di giurisdizione opposta da parte resistente va rigettata.
2.- Nel merito, parte ricorrente lamenta, al primo punto di ricorso, la violazione dell’art. 1, comma 796, lett. o) , della legge 27 dicembre 2006 n. 296, in combinato disposto con la omessa applicazione del “dettato” della sentenza della Corte cost. 2 aprile 2009 n. 94, nonché l’ingiustizia manifesta. Al secondo punto di ricorso, invece, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 10- bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, l’ingiustizia grave e manifesta e la violazione del principio di partecipazione al procedimento.
A più riprese, lo studio radiologico ricorrente si duole dell’applicazione della decurtazione del 2% delle tariffe nella misura in cui non sarebbe rimasta contenuta alle sole annualità 2007-2008-2009, in quanto la Corte costituzionale, nella sentenza richiamata, ne avrebbe evidenziato “ nello scrutinio di ragionevolezza” il “carattere transitorio della norma ” limitata a quel solo triennio. Ragion per cui – a detta della società ricorrente – nell’azione amministrativa dell’intimata A.S.L., vi sarebbe stata una “ applicazione di una norma transitoria oltre il termine di scadenza della sua efficacia ”.
Al contrario, l’amministrazione ha rimarcato come gli accordi contrattuali in controversia, sottoscritti da qualificato operatore del settore, abbiano previsto, expressis verbis , che: “ il valore da addebitare alla ASL, per le prestazioni erogate, dovrà essere quantificato in ossequio alla previsione dell’art. 1, comma 796, lett. o), legge 27.12.2006, n. 296, al netto del ticket riscosso dai cittadini ”.
In tal modo, il ricorrente ha accettato di operare nell’ambito del servizio sanitario nazionale, entro i limiti di contabilità pubblica e i principi di programmazione (e anche di contenimento della spesa), così come previsti da precise disposizioni normative e deliberati attuativi (Cons. St., Ad. plen., 12 aprile 2012 n. 3). Talché nulla può pretendersi a esecuzione contrattuale compiuta e peraltro ad alcuni anni di distanza, in senso contrario a principi di correttezza e buona fede (art. 1375 c.c.).
Il Collegio evidenza come le questioni poste richiedano una corretta esegesi normativa e come vada rettamente inteso il senso della pronuncia della Corte costituzionale, tutto nel quadro di inoppugnati atti applicativi della Regione Puglia (e della stessa A.S.L.), cui ha fatto seguito la sottoscrizione degli accordi contrattuali in contestazione.
L’art. 1, comma 796, lett. o) , della legge 27 dicembre 2006 n. 296 ha previsto che “ fatto salvo quanto previsto in materia di aggiornamento dei tariffari delle prestazioni sanitarie dall'articolo 1, comma 170, quarto periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 […], a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del Servizio sanitario nazionale, praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996 […] ”.
Tale disposizione normativa è stata giudicata costituzionalmente legittima dalla sentenza della Corte cost. 2 aprile 2009 n. 94, che ha dichiarato: “ non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 […], sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 32, 41, 97, 103, 113, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione ” da taluni Tribunali amministrativi regionali.
E, altresì, la Corte cost. ha dichiarato: “ non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, comma 2, della legge della Regione Puglia 16 aprile 2007 n. 10 […] nel testo sostituito dall'art. 2 della legge della stessa Regione 5 giugno 2007, n. 16 […] sollevata in riferimento agli artt. 24, 32, 41, 97 e 113 della Costituzione […] ”.
Ergo , la sentenza della Corte cost. 2 aprile 2009 n. 94, evocata dalla difesa ricorrente, non è affatto di accoglimento delle censure d’illegittimità costituzionale della legge, bensì di rigetto e, quindi, ha ritenuto legittime le disposizioni dell’art. 1, comma 796, lett. o) , della legge 27 dicembre 2006 n. 296.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 94, ha dunque qualificato – al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente – come legittime le predette norme, motivando in ragione della loro natura transitoria, anche in considerazione del peculiare contesto normativo sopravvenuto, volto al contenimento della spesa pubblica e alla sua prefigurata rimodulazione nel settore sanitario, in stretta correlazione all’art. 1, comma 796, lett. o) , della legge 27 dicembre 2006 n. 296.
In particolare, la Corte costituzionale rammenta i contenuti degli art. 8 (Piani di rientro, tariffe di prestazioni sanitarie e percorsi diagnostico-terapeutici) del decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248 conv., con mod., dalla legge 28 febbraio 2008 n. 31 e, segnatamente, dell’art. 79, comma 1- quinquies (Programmazione delle risorse per la spesa sanitaria) del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 conv., con mod., dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, che ha demandato alle Regioni la ridefinizione, anche in base a costi standard, delle tariffe riconoscibili ai vari prestatori di servizi sanitari.
Di conseguenza, le disposizioni di cui all’art. 1, comma 796, lett o) , legge 27 dicembre 2006 n. 296 (come anche quelle della legge della Regione Puglia del 16 aprile 2007 n. 10) vanno lette alla luce delle disposizioni collegate con la ridefinizione dei sistemi tariffari.
Per cui, il termine di tale decurtazione non può esser fatto coincidere con il mero decorso del tempo (ossia con la scadenza del triennio 2007-2008-2009), bensì la sua perdurante efficacia va ancorata alla nuova definizione del sistema tariffario a regime (T.A.R. Lazio, sez. III- quater , 19 dicembre 2013 n. 10976).
Invero, solo con il D.M. 18 ottobre 2012 (ritenuto legittimo dalla sentenza Cons. St., sez. III, 23 luglio 2014 n. 3917) sono state individuate le “ tariffe di riferimento ”, a livello nazionale, da applicarsi per le prestazioni, somministrate dagli erogatori in regime di ricovero ed ambulatoriale, con oneri a carico del servizio sanitario nazionale, che hanno sostituito le previgenti tariffe di cui al D.M. 22 luglio 1996.
Il nuovo sistema tariffario, in coerenza con il D.M. 18 ottobre 2012, è stato indi recepito dalla Regione Puglia, con la deliberazione di giunta del 13 maggio 2013 n. 951.
Successivamente, con la deliberazione di giunta del 9 luglio 2013 n. 1304 – nel cui preambolo viene precisato che il nuovo tariffario regionale (di cui alla delibera n. 951 cit.) è stato emanato anche nel rispetto delle statuizioni contenute nell’art. 2, comma 95, legge 2 dicembre 2009 n. 191, in materia di “ Piano di rientro ”, vincolante per la Regione Puglia – è stato deliberato: a) il recepimento del parere del Ministero della salute e del Ministero dell’economia e delle finanze del 2 luglio 2013 prot. n. 68; b) l’eliminazione della decurtazione del 2% in questione con decorrenza 1° giugno 2013.
Difatti, il predetto parere, senz’altro da condividersi, ha evidenziato come il termine dell’applicazione dell’art. 1, comma 796, lett. o) , della legge 296 cit. trovi la sua ratio nella circostanza che le nuove tariffe nazionali (D.M. 18 ottobre 2012) “assorbono” il valore della decurtazione disposta ex lege .
Ciò è avvenuto proprio in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, comma 796, lett. o) , della legge 296 cit., laddove esordisce nel senso che: “ fatto salvo quanto previsto in materia di aggiornamento dei tariffari delle prestazioni sanitarie […] le strutture private accreditate […] praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996 ”.
A nulla rileva poi che l’aggiornamento delle tariffe di cui al D.M. 18 ottobre 2012 (che ha sostituito il precedente D.M. 22 luglio 1996) sia avvenuto, ai sensi dell’art. 15, commi 15-19 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 conv., con mod., dalla legge 7 agosto 2012 n. 135 e non già in base all’art. 1, comma 170, quarto periodo, della legge 30 dicembre 2004 n. 311, originariamente previsto, in quanto le disposizioni normative in consimili materie non impongono affatto termini perentori agli organi amministrativi che devono attuarle;ad ogni modo, i contenuti dispositivi di contenimento della spesa sanitaria già previsti hanno trovato ulteriore conferma nelle successive richiamate disposizioni. Sul punto quindi le obiezioni di parte ricorrente non hanno alcun pregio.
Vieppiù, la determinazione delle tariffe in discussione, fino alla fine del mese di maggio 2013, sono state effettuate pure in applicazione del c.d. “ Piano di rientro ” imposto alla Regione Puglia, in base all’art. 2, comma 95, legge 2 dicembre 2009 n. 191.
Di conseguenza, il quadro normativo sopra riferito è noto da tempo agli operatori del settore ed è sufficientemente esaustivo nel tracciare le coordinate che hanno condotto la Regione Puglia a definire prima e tutte le A.S.L. a sottoscrivere poi “accordi contrattuali” con i prestatori di servizi privati nell’ambito dei previsti ex lege limiti finanziari. Limitazioni che invero non hanno riguardato affatto il solo triennio 2007-2008-2009, bensì nella Regione Puglia hanno ricompreso un arco temporale che giunge fino al mese di maggio 2013.
L’attività dell’A.S.L. resistente è stata dunque conseguenziale a siffatto quadro normativo di fonte primaria (giudicato legittimo dalla sentenza della Corte costituzionale del 2 aprile 2009 n. 94) e di fonte secondaria (parimenti giudicato legittimo dalla sentenza del Cons. St., sez. III, 23 luglio 2014 n. 3917).
Ancor più, va osservato che gli accordi contrattuali sottoscritti dall’A.S.L. di Barletta-Andria-Trani hanno recepito fedelmente l’impostazione normativa in parola, recano chiare e dettagliate clausole circa la determinazione delle tariffe e sono stati accettati ed eseguiti dalla società ricorrente.
Di conseguenza, la pretesa della società ricorrente di ripetizione di somme, per errata applicazione della sentenza della Corte cost. del 2 aprile 2009 n. 94, non ha alcun fondamento giuridico.
Quanto ai lamentati profili d’illegittimità scaturenti dall’omesso c.d. preavviso di rigetto (art. 10- bis legge n. 241 cit.) e/o da carente partecipazione procedimentale, può sinteticamente osservarsi che il quadro normativo e fattuale è tale che alcun’altra osservazione procedimentale poteva mai mutare il provvedimento impugnato nella sostanza funzionale ad un mero riesame di atti precedenti e vincolato quanto al contenuto. Peraltro, non consta che gli atti amministrativi presupposti alla sottoscrizione degli accordi contrattuali siano stati gravati dalla ricorrente.
L’atto impugnato con l’odierno ricorso altro non è che la risposta esaustiva fornita ad una richiesta di parte di pretesa ripetizione di somme palesemente infondata. Pertanto, in linea con la giurisprudenza consolidata in materia (Cons. St., sez. IV, 4 ottobre 2021 n. 6602), può predicarsi nel caso concreto l’inutilità di un aggravio procedurale meramente formale, nient’affatto esigibile nelle fattispecie di interlocuzione tra parti e non già di attivazione di procedimenti amministrativi tipici.
3.- In conclusione, per le sopra esposte motivazioni, il ricorso va respinto.
4.- Le spese del giudizio seguono il principio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.