TAR Roma, sez. III, sentenza 2015-04-07, n. 201504999

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2015-04-07, n. 201504999
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201504999
Data del deposito : 7 aprile 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09750/2014 REG.RIC.

N. 04999/2015 REG.PROV.COLL.

N. 09750/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9750 del 2014, proposto dalla signora G B, rappresentata e difesa dagli avvocati M A e C A, con domicilio eletto presso lo stesso avv. M A in Roma, v.le G. Mazzini, 88;

contro



ANAS

Spa - Compartimento della viabilita' per il Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
ANAS S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. V A, con domicilio eletto presso lo stesso avv. V A in Roma, viale Bruno Rizzieri,142;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

del provvedimento prot. CRM - 0009505-P del 17 febbraio 2014, con cui l’ANAS – Compartimento della viabilità per il Lazio, ha espresso parere negativo alla richiesta di nulla osta all’ampliamento edilizio relativo all’unità immobiliare della ricorrente, ubicata in Roma, Via Brusa, 28

nonché per la condanna

al risarcimento dei danni nella misura pari ad Euro 120.000,00 o alla misura ritenuta equa e di giustizia da liquidarsi, se del caso, in via equitativa.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Anas Spa - Compartimento della Viabilita' per il Lazio e di Anas Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2014 il dott. C V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso notificato ai sensi dell’art. 1 Legge n. 53 del 1994 in data 1 luglio 2014 ad Anas s.p.a. (atto spedito il 30.6.2014) e depositato il successivo 21 luglio, la signora G B ha impugnato, chiedendone l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, il provvedimento in epigrafe.

Avverso l’atto impugnato la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell' art. 16 D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada) e dell' art. 26 D.P.R. n. 495 del 1992 (Regolamento di attuazione del Codice della Strada);
eccesso di potere per erronea motivazione, disparità di trattamento e difetto di istruttoria

2) violazione dell’art. 3 e dell’art. 10 - bis L. n. 241 del 1990 ;
mancata indicazione del termine e dell’autorità cui è possibile ricorrere;
mancata notificazione del preavviso del diniego.

La ricorrente conclude per l'annullamento, previa sospensiva, del provvedimento impugnato con vittoria delle spese di giudizio, formulando contestuale istanza per l’adozione dei provvedimenti consequenziali ex art. 34, comma 1, lett. C) e D) D.Lgs. n. 104 del 2010 (quanto meno nella forma dell’ordine del riesame dell’istanza già proposta, alla luce dei rilievi articolati) oltre all’azione risarcitoria in relazione al danno patrimoniale - asseritamente a lei derivato, dall’impossibilità di realizzare il manufatto programmato - quantificabile in Euro 120.000,00 in ragione delle dimensioni dell’opera da realizzare e dei valori di mercato della zona.

2. Si è costituita in giudizio ANAS S.p.a. che, nella propria memoria, contesta le avverse deduzioni e chiede l’integrale rigetto delle domande articolate dalla ricorrente.

3. All’esito della camera di consiglio del 25.9.2014, con ordinanza n. 4680/2014 la Sezione ha accolto la domanda cautelare proposta ai fini del riesame dell’istanza da parte dell’Amministrazione.

In vista dell’udienza per la discussione del merito, entrambe le parti hanno depositato memorie e repliche ex art. 73 c.p.a.

All'udienza pubblica del 17 dicembre 2014 il ricorso è passato in decisione

DIRITTO

1. Il ricorso in esame è rivolto avverso il diniego di nulla osta (o “parare negativo”) adottato da Anas S.p.a. con provvedimento prot. CRM - 0009505-P del 17 febbraio 2014 (doc. 1 ric.), in relazione all’istanza del 12.2.2014 con la quale la ricorrente mirava ad ottenere il nulla osta dell’Ente gestore del patrimonio stradale statale, all’ampliamento edilizio dell’immobile di sua proprietà sito in Via Brusa 28, all’altezza del Km. 40,300 del G.R.A., mediante realizzazione sul piano terrestre di un manufatto, di forma rettangolare, delle dimensioni di m. 5,40 x m. 6,00, ad una distanza di circa 42 metri dal ciglio stradale del G.R.A..

L’Ente resistente ha motivato il diniego sulla base del D.M. 1.4.1968, dell’art. 16 del Codice della Strada e dell’art. 26 del relativo Regolamento di attuazione, ritenendo che dovendo classificarsi il G.R.A. come autostrada (circostanza pacifica) e quindi come strada di tipo “A” secondo la classificazione di cui all’art. 2, comma 2, C.d.S., deve ritenersi sussistente lungo il suo tracciato una fascia di rispetto pari a m. 60, nella quale vige un vincolo di inedificabilità assoluta sia alla realizzazione di nuovi edifici, così come all’ampliamento di quelli già esistenti ed alla ricostruzione di edifici precedentemente demoliti.

2.1. La ricorrente, da parte sua, specifica in ricorso che:

- l’ampliamento progettato (di limitate dimensioni) è pertinente all’immobile preesistente di sua proprietà, realizzato abusivamente e successivamente oggetto di condono edilizio mediante concessione in sanatoria rilasciata dal Comune di Roma in data 6.2.2002 (doc. 4 ric.);

- l’opera edificanda, al pari del fabbricato a cui accede, è situata nel Comune di Roma in zona “O”, recupero urbanistico, ai sensi della delibera della Giunta Regionale del Lazio n. 4777 del 3.8.1983 e, sulla base del pianto particolareggiato ad essa pertinente, ricade in “ zona di conservazione dei volumi e delle superfici lorde a destinazione d’uso residenziale esistente” (cfr. certificato dest. urb. sub 10);

- poiché la zona interessata è ubicata nel lato interno del G.R.A. da qualificare come “centro abitato” del Comune di Roma - sia sulla base della deliberazione della Giunta del Comune di Roma n. 1287 del 1999 di delimitazione del centro abitato ai sensi del Codice della Strada (doc. 11), sia ai sensi del Piano Generale del Traffico adottato dallo stesso Comune nel 2005 (doc. 12) - ad avviso della ricorrente la fascia di rispetto non è pari a mt. 30 (come erroneamente ritenuto da Anas) ma a mt. 60 ai sensi dell’art. 28, comma 1, lett. a) Regolamento att. C.d.S. e pertanto, collocandosi il futuro fabbricato a circa mt. 42 dal confine della sede autostradale, esso è del tutto al di fuori di tale fascia;

- per le ragioni che precedono (variamente articolate nel primo motivo di ricorso), ad avviso della ricorrente, il “parere negativo” espresso dall’Ente intimato è del tutto illegittimo sul piano giuridico mentre, sul piano fattuale, non tiene conto della circostanza che l’ampliamento programmato dalla ricorrente (che ai fini dell’abilitazione edilizia mira ad avvalersi dei benefici di cui alla legge regionale n. 10/2011, “Nuovo Piano Casa per il Lazio”) ricade nel “centro abitato” del Comune di Roma e, pertanto, può beneficiare del dimezzamento della fascia di rispetto ai sensi dell’art. 28 cit.

2.2. Si oppone frontalmente alla ricostruzione normativa e fattuale di parte ricorrente l’Ente intimato, secondo il quale:

- non si è mai perfezionata nell’ambito territoriale del Comune di Roma una delibera di delimitazione del “centro abitato” ai sensi dell’art. 4 C.d.S. in quanto, trattandosi di autostrada statale (il G.R.A.), era necessario che la deliberazione comunale richiamata dalla ricorrente fosse trasmessa ad Anas e che, dopo le opportune verifiche da parte dell’Ente gestore, si provvedesse alla sottoscrizione in contraddittorio di un verbale di delimitazione, dopo il quale soltanto poteva considerarsi costituito il “centro abitato” (cfr. Ministero dei lavori pubblici, Circ. 29/12/1997, n. 6709/97, doc. 2 res.);

- il vincolo di inedificabilità, che in materia ha carattere assoluto ed inderogabile, corrisponde pertanto ad una fascia di rispetto della larghezza di mt. 60, dipartenti dal ciglio stradale, lungo tutto il G.R.A., in conformità a quanto prevede il D.M. 1.4.1968, n. 1404;

- è infatti a quest’ultimo D.M. che deve farsi riferimento per definire la disciplina delle distanze delle costruzioni dalla strade, per effetto della norma transitoria contenuta nell’art. 234, comma 5, C.d.S. a mente del quale l’art. 18 dello stesso Codice della Strada (così come gli artt. 16 e 17) si applicherà soltanto successivamente alla delimitazione dei centri abitati ai sensi dell’art. 4 e alla classificazione delle strade prevista dall’art. 2, comma 2: secondo Anas mancherebbero entrambe le condizioni imposte dalla norma transitoria per l’applicazione delle “nuove” disposizioni sulle distanze stradali e cioè, non solo l’atto comunale di delimitazione (per le ragioni dianzi accennate) ma anche il decreto ministeriale di classificazione delle strade di cui all’art. 2, comma 8, C.d.S.. che non è mai stato adottato.

3. Ai fini della decisione della presente controversia deve premettersi che il divieto legale di costruire ad una certa distanza dalla sede autostradale ha natura assoluta e non ammette deroghe (da ultimo Cass. civ. II 22 novembre 2010 n. 22422).

La sussistenza del divieto vale anche nel caso in cui il vincolo sopravvenga alla realizzazione della costruzione e nel caso in cui il sedime autostradale si trovi a un livello diverso da quello della realizzanda costruzione. Le distanze previste dalla normativa vanno perciò rispettate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale (Cass., II, 1.6.1995, n. 6118;
Cons. di St., IV, 18.10.2002, n. 5716;
id., 25.9.2002, n. 4927;
T.A.R. Campania - Salerno, II, 9.4.2009, n. 1383). Ovvero anche nel caso, speculare, di costruzioni realizzate ad un livello superiore rispetto al sedime autostradale (Cass. civ. II 3 febbraio 2005 n. 2164).

4. Venendo all’esame del primo e principale motivo di ricorso, il Collegio ritiene che il complesso normativo che ancora oggi regola le distanze dalle strade e, nella specie, dalle autostrade - tale dovendosi qualificare il Grande Raccordo Anulare (cfr. G.U. n. 216 dell’8.8.1979) - è ancora costituito dal D.M. 1 aprile 1968, n. 1404 per effetto della norma transitoria contenuta nell'art. 234, comma 5, C.d.S. che così recita: "Le norme di cui agli articoli 16, 17 e 18 si applicano successivamente alla delimitazione dei centri abitati prevista dall'articolo 4 ed alla classificazione delle strade prevista dall'articolo 2, comma 2. Fino all'attuazione di tali adempimenti si applicano le previgenti disposizioni in materia".

La disposizione subordina in termini chiari e perentori l’entrata in vigore dell’art. 18 C.d.S. e delle norme del Regolamento chiamate a delimitare le distanze delle edificazioni dalla strade (siano esse nuove costruzioni, ri-edificazioni di precedenti fabbricati demoliti o, come nel caso in esame, ampliamenti) alla duplice condizione dell’adozione della delibera comunale di delimitazione del centro abitato da parte del Comune di volta in volta interessato e dell’emanazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dell’apposito decreto di classificazione delle strade statali ai sensi dell’art. 2, comma 8, C.d.s. “seguendo i criteri di cui ai commi 5, 6 e 7, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Consiglio di amministrazione dell'Azienda nazionale autonoma per le strade statali, le regioni interessate, nei casi e con le modalità indicate dal regolamento” (il comma 8 dellart. 2 cit. prevede anche che “le regioni, nel termine e con gli stessi criteri indicati, procedono, sentiti gli enti locali, alle classificazioni delle rimanenti strade ai sensi del comma 5” e che “le strade così classificate sono iscritte nell'Archivio nazionale delle strade previsto dall' art. 226”).

Poiché il decreto ministeriale previsto dall'art. 2, comma 8 non è stato mai emanato, con conseguente impossibilità di classificazione delle strade, per effetto del disposto della citata norma transitoria di cui all'art. 234, comma 5, deve ritenersi tuttora applicabile e vigente il complesso normativo previgente di cui al D.M. 1 aprile 1968, n. 1404 (negli stessi termini cfr. i rari precedenti in argomento: T.A.R. Toscana - Firenze, sez. III, 12 luglio 2010, n. 2449;
T.A.R. Liguria, Sez. I, Sent. 13 febbraio 2012, n. 281).

In particolare l’ art. 4 D.M. 1 aprile 1968, n. 1404 si limita ad imporre, per le autostrade, il divieto di edificazione per una fascia di rispetto pari a mt. 60 dal ciglio stradale senza ulteriori specificazioni né in ordine alla contiguità dell’infrastruttura stradale rispetto ai “centri abitati” né in ordine al carattere “frontistante” alla strada dell'ampliamento.

La tesi della ricorrente è pertanto infondata anche avuto riguardo alla disciplina di cui all' art. 26 D.P.R. n. 495 del 1992. La ricorrente, infatti, pretende di modulare il vincolo in relazione alla posizione dei manufatti rispetto alla sede autostradale. In sostanza, secondo la prospettazione della ricorrente, sarebbero ammessi ampliamenti degli edifici sul lato opposto a quello fronteggiante la sede autostradale, anche se in zona vincolata. Tale interpretazione contrasta con la natura assoluta del vincolo e condurrebbe, se condivisa, alla sua totale vanificazione nel caso in cui l'edificio da ampliare sia prossimo alla sede autostradale.

Seguendo infatti il ragionamento della ricorrente si potrebbe ipotizzare l'ampliamento di edifici posti, in ipotesi, a pochi metri dalla sede autostradale, a condizione che l'ampliamento sia realizzato sul lato dell'edificio opposto alla sede autostradale: “si tratta di conseguenze inaccettabili per l'inevitabile pregiudizio alla sicurezza e alle ragioni di tutela del vincolo, onde l'irrazionalità di tale interpretazione” (cfr. TAR Liguria n. 281/2012 cit.).

Quanto precede risulta di per sé sufficiente al rigetto del motivo di gravame in esame.

A ciò deve aggiungersi che, dall’esame della deliberazione della Giunta del Comune di Roma n. 1287 del 1999 e degli elenchi ad essa allegati indicanti i vari riferimenti stradali a partire dai quali una singola zona cittadina può qualificarsi come “centro abitato” (doc. 11 ric.), non si evince se la particella catastale interessata dall’ampliamento edilizio voluto dalla ricorrente sia da ritenersi compresa o meno nel “centro abitato” di Roma.

In ogni caso, il tipo di delimitazione del centro abitato adottata dal Comune di Roma, attraverso una tecnica “parcellizzata” che fa riferimento a singole strade ed a precisi riferimenti toponomastici, imponeva a parte ricorrente l’onere di allegare in termini precisi la collocazione dell’area di sua proprietà rispetto alle indicazioni (foglio, nome del centro abitato, ubicazione del limite) contenute negli allegati alla deliberazione di Giunta.

Viceversa è mancata al riguardo qualsiasi allegazione o precisazione.

In ogni caso, la stessa tecnica definitoria adottata dal Comune nella delibera “de quo” esclude l’operatività di un criterio automatico e generale secondo cui qualunque zona ricadente all’interno del G.R.A. possa per ciò solo qualificarsi “centro abitato”.

Quanto infine al riferimento all’art. 93 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. che al comma 2, lett. b), sembra fissare una fascia di rispetto di m. 30 per le edificazioni “in ambito extraurbano, ma all’interno di aree edificabili con attuazione diretta o attraverso strumento urbanistico esecutivo” (v. pagg. 2 e ss. note di replica ric.), il Collegio rileva, in primo luogo, che, stante la assolutezza del vincolo, non è consentito, pena la vanificazione del vincolo stesso, allo strumento urbanistico generale di derogare alla disciplina stabilita dalle fonti primarie statali e dai regolamenti che a tali fonti danno esecuzione.

La disciplina del codice della strada rinvia, come dianzi esposto, a quella del D.M. 1 aprile 1968, n. 1404, onde la disciplina di piano regolatore, ove incompatibile, non può trovare applicazione.

5. Venendo all’esame della censure articolate nel secondo motivo relativamente alla mancata indicazione del termine e dell’Autorità cui è possibile ricorrere ed all'omessa comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza ex art. 10 bis L. 241 del 1990, il Collegio ne ravvisa l’evidente infondatezza.

E’ ormai pacifico, invero, che l’omessa indicazione nel provvedimento delle informazioni prescritte dal comma 4 dell’art. 3 L. n. 241 del 1990, costituisca una mera irregolarità che non può mai incidere sulla validità del provvedimento stesso, potendo al più condurre, in determinate circostanze ed in presenza di errore scusabile della parte privata, alla rimessione nei termini a suo beneficio ai fini della proposizione del ricorso giurisdizionale.

Quanto alla dedotta violazione art. 10 bis della L. 241 / 90 in tema di preavviso di rigetto, deve ritenersi che la censura sia infondata in quanto:

a) in casi analoghi al presente la giurisprudenza ha escluso l'operatività della norma di cui all'art. 10 - bis L. n. 241 del 1990 rispetto ai pareri della società autostrade in quanto atti endoprocedimentali e non conclusivi del procedimento (TAR Campania, Napoli II, 23 luglio 2010n. 16967);

b) in ognmi caso, si tratta di violazione formale che, nella specie, afferisce ad un atto vincolato della p.A.. Da ciò consegue la non annullabilità dell’atto impugnato ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, L. 241 /90, essendo palese che, per le ragioni sopra esposte, anche ove il contraddittorio con la ricorrente fosse stato regolarmente instaurato, ciò non avrebbe comunque potuto incidere sul contenuto dispositivo dell’atto, che sarebbe rimasto invariato stante l’assenza dei presupposti fattuali e normativi per il rilascio del nulla osta richiesto.

6. Conclusivamente, per le ragioni che precedono, il ricorso della sig.ra Bifano deve essere respinto. Gli onorari di causa debbono essere posti a carico della parte soccombente e sono liquidati in dispositivo.

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