TAR Napoli, sez. II, sentenza 2013-06-21, n. 201303203

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2013-06-21, n. 201303203
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201303203
Data del deposito : 21 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03872/1999 REG.RIC.

N. 03203/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03872/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3872 del 1999, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
C Cina, Bemio Teresa, Bemio Antonella, Bemio Mariarosaria, C R e I Bagio, rappresentati e difesi dagli avv.ti A M D L e G M, elettivamente domiciliati con il primo in Napoli, via Toledo n. 156 (presso lo studio dell’avvocato A S);

contro

Comune di Caivano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. Prof. A P (con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, alla via G. Orsini n. 30), nonché - in relazione ai motivi aggiunti - dagli avvocati Biagio Fusco e Ida Carrara (con domiciliazione da intendersi effettuata, ai sensi di legge, presso la segreteria del Tar adìto);

per l'annullamento, previa sospensione:

a) del provvedimento n. 42, prot. n. 2592 dell’11/2/1999 a firma congiunta del Sindaco e del Dirigente dell’Uficio Tecnico Comunale del Comune di Caivano;

b) di ogni altro atto precedente, susseguente o comunque connesso, tra cui in particolare i seguenti atti richiamati del provvedimento impugnato sub a): 1) la comunicazione del Comando dei Vigili Urbani prot. n. 6108 del 23/1/1998;
2) la relazione tecnica prot. U.T.C. n. 1223 del 6/8/1998;
3) per quanto di ragione, le delibere di G.M. n. 1241 del 23/12/1997 e n. 302 del 22/4/1998 di contenuto ignoto.

Nonché, in sede di motivi aggiunti depositati in data 16 luglio 2010,

per l’annullamento:

a) dell’ordinanza prot. n. 8589 del 22/4/2010 a firma congiunta dei responsabili del Settore Urbanistica e del Servizio Patrimonio del Comune di Caivano, con la quale si dispone di “ … rilasciare entro il termine di giorni 60 … libero e vuoto di persone e cose l’immobile …. nella piena disponibilità di questo Ente ai fini dell’immissione nel possesso materiale del bene medesimo …”;

b) della deliberazione n. 5 del 25/1/2010 del Commissario Straordinario del Comune di Caivano richiamata nel provvedimento impugnato sub a);

c) di ogni altro atto precedente, susseguente o comunque connesso a quelli che precedono.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Caivano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2013 il cons. dott. Leonardo Pasanisi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. Con atto notificato in data 15 aprile 1999 e depositato il successivo 14 maggio, i signori C Cina, Bemio Teresa, Bemio Antonella, Bemio Mariarosaria, C R e I Bagio ricorrevano innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale contro il Comune di Caivano avverso il provvedimento n. 42, prot. n. 2592 dell’11/2/1999, nonché avverso gli altri atti in epigrafe richiamati, chiedendone, previa sospensione, l’annullamento.

Al riguardo, essi rappresentavano che, con l’impugnato provvedimento (richiamate precedenti ingiunzioni di demolizione ed accertata l’inottemperanza alle stesse), l’intimato Comune aveva disposto l’acquisizione gratuita al proprio patrimonio delle opere abusive ivi indicate e della relativa area di sedime.

I ricorrenti deducevano quindi l’illegittimità dell’impugnato provvedimento di acquisizione (e degli altri atti indicati) con quattro distinti motivi di ricorso, incentrati sui vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.

2. Il Comune intimato si costituiva in giudizio contestando genericamente la fondatezza del ricorso, di cui chiedeva la reiezione.

3. Con ordinanza n. 2463/1999 del 9 giugno 1999, questo Tribunale respingeva l’istanza cautelare.

4. Con atto di motivi aggiunti, notificato al Comune di Caivano in data 18 giugno 2010 e depositato il successivo 16 luglio, i signori C Cina, Bemio Teresa, Bemio Antonella e Bemio Mariarosaria impugnavano l’ordinanza n. 8589 del 22/4/2010 (nonché gli ulteriori provvedimenti in epigrafe indicati), con la quale era stato ordinato il rilascio dell’immobile oggetto della precedente ordinanza di acquisizione, deducendone l’illegittimità per vizi propri, nonché in via derivata per gli stessi motivi già dedotti con il ricorso introduttivo.

5. Il Comune di Caivano si costituiva in giudizio per resistere ai motivi aggiunti.

6. Con decreto presidenziale n. 14735/2012 del 25 giugno 2012, il ricorso veniva dichiarato perento. A seguito tuttavia di rituale opposizione da parte dei ricorrenti, il suddetto provvedimento veniva revocato con decreto presidenziale n. 3005/2013 del 25 gennaio 2013, con il quale veniva altresì fissata per la trattazione del merito l’udienza pubblica del 6 giugno 2013.

7. Il 26 aprile 2013 i ricorrenti depositavano documentazione.

Il Comune di Caivano, in data 2 maggio 2013, depositava memoria difensiva, insistendo per la reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti.

8. Alla pubblica udienza del 6 giugno 2013, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso ed i relativi motivi aggiunti sono infondati e devono essere respinti.

2.1. Con il primo motivo del ricorso introduttivo, i ricorrenti deducono l’illegittimità dell’impugnata ordinanza di acquisizione per violazione dell’articolo 7 della legge n. 241/1990.

La censura, come già ritenuto da questo Tribunale in numerose analoghe fattispecie, non può tuttavia essere condivisa.

Il provvedimento di acquisizione (così come quello di demolizione) non deve essere necessariamente preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con riferimento al quale non sono richiesti apporti partecipativi del destinatario ed il cui presupposto è costituito unicamente dalla constatata mancata ottemperanza al precedente ordine di demolizione, nella fattispecie regolarmente eseguita da parte dei competenti organi comunali (cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 06 aprile 2011, n. 1945).

A tale riguardo, occorre inoltre rilevare che, secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto, l'omessa comunicazione di avvio del procedimento preclude, ai sensi dell'articolo 21 octies, secondo comma, prima parte, della legge n. 241/1990, l'annullamento del provvedimento sanzionatorio di un'opera abusiva, stante sia il carattere vincolato del provvedimento stesso, che l’evidenza della inidoneità della partecipazione della parte interessata al procedimento, con la conseguenza che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. C.d.S., Sez. IV, 1 ottobre 2007, n. 5049;
C.d.S., Sez. IV, 10 aprile 2009, n. 2227;
Cass. SS.UU., 25 giugno 2009, n. 14878).

2.2. Con la seconda censura, i ricorrenti deducono i vizi di violazione dell’articolo 7, comma terzo, L. n. 47/85, di eccesso di potere per genericità e di difetto di motivazione, per la mancata indicazione e quantificazione dell’area di pertinenza della res abusiva.

La censura è tuttavia infondata in punto di fatto, dal momento che l’impugnata ordinanza di acquisizione reca l’esatta indicazione delle opere abusive che ne formano oggetto (manufatto eseguito <<alla Via Strauss s.n., F. 27, p.lla 268, … composto da piano cantinato, piano rialzato e piano primo con strutture in cemento armato>>), nonché l’area di sedime sulla quale lo stesso insiste (<<pari a circa mq. 152,00, ivi compresa ogni accessione o pertinenza, nonché di quella occorrente per la realizzazione di opere analoghe ai sensi delle vigenti prescrizioni urbanistiche che nel caso di specie comporta l’acquisizione dell’intero lotto pari a circa mq. 600,00>>).

2.3. Con la terza censura, i ricorrenti deducono i vizi di violazione dell’articolo 7, commi terzo e quarto, L. n. 47/85 e di eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto di diritto, in quanto alla data dell’accertamento dell’in ottemperanza all’ingiunzione (compiuto dal Comando dei Vigili Urbani in data 23 gennaio 1998), il termine di 90 giorni previsto dalle richiamate disposizioni normative ai fini dell’adozione del provvedimento di acquisizione non sarebbe decorso nei confronti di tutti i proprietari dell’immobile (in quanto la notifica dell’ordinanza di demolizione nei confronti di Bemio Antonella e di Bemia Teresa sarebbe avvenuta rispettivamente l’11 novembre 1997 ed il 10 novembre 1997).

Anche tale censura non coglie tuttavia nel segno.

Secondo il pacifico orientamento della giurisprudenza formatasi sul punto, <<ai sensi dell'art. 7 comma 3, l. 28 febbraio 1985 n. 47, è legittima l'ordinanza di demolizione e di acquisizione di opere edilizie abusive effettuata nei soli confronti del responsabile dell'abuso e non del proprietario dell'immobile, in quanto anche sul piano letterale la norma si riferisce esclusivamente all'uno, e non all'altro, per l'evidente ragione di ancorare l'attività riparatoria in primo luogo all'effettivo autore dell'illecito>>
(Consiglio di Stato, sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1179).

Ai fini dedotti dai ricorrenti, è pertanto irrilevante che il suddetto termine di 90 giorni non sia stato rispettato nei confronti di due delle quattro proprietarie del manufatto in questione, dal momento che ciò che conta è la legittima attuazione della misura sanzionatoria nei confronti del responsabile materiale dell’abuso, che dovrà essere sopportata inevitabilmente fino alle sue estreme conseguenze anche dai soggetti proprietari, salvo che, in relazione alla sola acquisizione, questi ultimi non dimostrino la loro assoluta estraneità all’edificazione abusiva (cfr., ex multis , T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 21 luglio 2011, n. 6595).

Orbene, nella fattispecie in esame, l’impugnata ordinanza di acquisizione richiama le precedenti ingiunzioni di demolizione <<n. 15 del 13/1/97 prot. n. 562, n. 28 del 23/1/97 prot. n. 1404, n. 42 del 5/2/97 prot. n. 2350, n. 272 del 4/8/97 prot. n. 15095, n. 291 del 25/8/97 prot. n. 15955, così come integrate dall’ordinanza n. 397 del 21/10/97 prot. n. 20128>>, nonché la comunicazione del Comando dei Vigili Urbani prot. n. 6108 del 23/1/98, <<con la quale si segnala che non è stata eseguita la demolizione ingiunta alla scadenza dei 90 giorni dalla notifica del provvedimento di dissequestro temporaneo disposto dal magistrato al solo fine della demolizione delle opere abusive, notificato al signor I Bagio in data 23/10/97>>.

Dall’esame di tali provvedimenti emerge che le signore Bemio Teresa e Bemio Antonella (così come C Cina e Bemio Maria Rosaria) sono le proprietarie dell’area su cui è stata realizzata la costruzione abusiva in questione, mentre i signori I Bagio e C R sono i responsabili materiali della suddetta costruzione.

Risulta inoltre che il Comune ha ingiunto la demolizione delle opere abusive dapprima nei confronti di I Bagio e C R (con le ordinanze <<nn. 5, 28, 42, 272 e 291 del 13/1/97, 23/1/97, 5/2/97, 4/8/97 e 25/8/97>>) e, quindi, successivamente, nei confronti delle proprietarie del fondo (con ordinanza di integrazione n. 397, prot. n. 20128, del 21/10/97).

In tutte le suddette ordinanze viene fissato, ai fini della demolizione, il termine di 90 giorni <<dal provvedimento di dissequestro dell’autorità giudiziaria>>.

Tale provvedimento risulta notificato al signor I Bagio in data 23/10/97.

In relazione alla suddetta data (che è l’unica alla quale fare riferimento, alla luce di quanto più sopra chiarito, essendo contenuta nelle ordinanze di demolizione rivolte nei confronti degli autori materiali dell’abuso), l’accertamento dell’inottemperanza (eseguito dai Vigili Urbani in data 23/1/98) ha rispettato appieno il termine di 90 giorni concesso, per cui non sussistono i dedotti vizi (anche in mancanza di prova da parte delle proprietarie circa la loro estraneità agli abusi edilizi commessi).

2.4. Con la quarta censura, i ricorrenti deducono essenzialmente il vizio di difetto di motivazione in relazione alla previsione di cui all’articolo 7, comma quinto, della legge n. 47/85, in quanto l’amministrazione avrebbe dovuto motivare in ordine alla scelta compiuta di acquisire il bene al suo patrimonio (piuttosto che di abbatterlo).

A prescindere dalla evidente irrilevanza di tale censura (il cui accoglimento, postulando la demolizione del manufatto abusivo in luogo della sua acquisizione, non potrebbe arrecare alcun vantaggio concreto ai ricorrenti), occorre comunque evidenziarne l’infondatezza nel merito.

Come infatti chiarito dalla giurisprudenza, <<ai sensi dell'art. 7 l. 28 febbraio 1985 n. 47, l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'immobile abusivo, del sedime e della relativa area di pertinenza costituisce effetto automatico della mancata ottemperanza alla ordinanza di ingiunzione della demolizione, ha natura meramente dichiarativa e non implica scelte di tipo discrezionale>>
(T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 25 settembre 2012, n. 1921;
T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 24 gennaio 2012, n. 765), con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, una volta avveratisi (come nella specie) i suddetti presupposti, non incombeva alla P.A. un peculiare obbligo di motivazione in ordine alla misura della acquisizione (cfr., questa Sezione, 4 novembre 2011, n. 5140).

3. Con i motivi aggiunti, è stata impugnata l’ordinanza n. 1512, prot. n. 8589, del 22 aprile 2010, con la quale è stata richiamata la precedente ordinanza di acquisizione n. 42 dell’11 febbraio 1999 (di cui si è dato atto che ne è stata effettuata la trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Napoli e che costituisce titolo per l’immissione in possesso) ed è stato quindi ordinato il rilascio dell’immobile in questione.

3.1. Con la prima censura dei motivi aggiunti, i ricorrenti deducono i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere per difetto di interesse pubblico. A loro parere, infatti, la resistente amministrazione comunale avrebbe dovuto, in applicazione dell’articolo 31, comma terzo, D.P.R. n. 380/01, definire la consistenza del bene e dell’area di sedime ed indicare la concreta utilizzabilità a fini pubblici dell’immobile, nonché comunque attendere quantomeno l’esito finale del giudizio concernente la legittimità della presupposta ordinanza di acquisizione.

La censura, nella sua molteplice articolazione, non può essere condivisa.

In relazione ai primi due profili, è sufficiente richiamare quanto più sopra dedotto - sub 2.2) e sub 2.4) - in relazione alle analoghe deduzioni proposte dai ricorrenti avverso l’ordinanza di acquisizione.

In relazione al terzo profilo, si deve invece evidenziare che l’impugnata ordinanza di rilascio è stata legittimamente emanata, in quanto la presupposta ordinanza di acquisizione, ancorché oggetto di gravame giurisdizionale, non era stata sospesa e quindi era pienamente valida ed efficace.

3.2. Con la seconda censura dei motivi aggiunti, i ricorrenti deducono, in via derivata, gli stessi vizi già formulati con il ricorso introduttivo avverso l’ordinanza di acquisizione.

L’insussistenza di tali vizi e l’acclarata infondatezza del ricorso introduttivo comportano tuttavia la reiezione anche di tale censura proposta in via meramente derivata.

4. In conclusione, il ricorso ed i relativi motivi aggiunti devono essere respinti in quanto infondati.

5. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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