TAR Napoli, sez. V, sentenza 2020-10-28, n. 202004907
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Pubblicato il 28/10/2020
N. 04907/2020 REG.PROV.COLL.
N. 05077/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5077 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G L, con indirizzo di posta elettronica certificata: giuseppina.letizia@avvocatismcv.com;
contro
Ministero dell'Interno - Questura di Caserta, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, presso il cui ufficio distrettuale di Napoli è
ope legis
domiciliato, alla via Diaz 11, indirizzo digitale: napoli@mailcert.avvocaturastato.it;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia
del provvedimento prot. n. 340/2019 - CAT. 6F/PASI del 16 settembre 2019 con cui il Questore di Caserta ha negato il rilascio del porto di fucile ad uso caccia chiesto dal ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Questura di Caserta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2020 il dott. P R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto notificato in data 30 novembre 2019 e depositato il 19 dicembre seguente, il ricorrente ha impugnato il provvedimento, emesso il 16 settembre 2019, con cui il Questore di Caserta gli ha negato il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia. Come può leggersi nell’atto, il rigetto della domanda risulta basato sul fatto che il richiedente ha legami stretti di parentela con lo zio S.B.S., “ fratello della madre, che annovera precedenti per 416 bis c.p., e già sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, ed in compagnia del quale è stato controllato in data 05/09/2018 in Via […] a bordo dell’autovettura targata […] intestata a B.A. […] fratello convivente del richiedente ”.
A sostegno della domanda di annullamento del provvedimento sfavorevole, l’interessato ha formulato cinque articolati motivi di diritto coi quali ha dedotto i seguenti vizi:
VIOLAZIONE ARTT. 2, 3, 24, 97, 111 COST. – ECCESSO DI POTERE - INESISTENZA DEI PRESUPPOSTI – DIFETTO DI ISTRUTTORIA – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – VIOLAZIONE ART. 3, 7, 10, 10 BIS L. N. 241/1990 – VIOLAZIONE ARTT. 11 E 43 T.U.L.P.S. – SVIAMENTO –VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI TIPICITÀ E NOMINATIVITÀ – ILLOGICITÀ – MANIFESTA IRRAGIONEVOLEZZA – CONTRADDITTORIETÀ – VIOLAZIONE DEI PRINCIPI IN MATERIA DI PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO.
Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione statale col patrocinio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, la quale ha concluso con richiesta di reiezione del gravame siccome infondato.
In esito alla camera di consiglio del 14 gennaio 2020, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare.
In vista dell’udienza di discussione l’Amministrazione ha depositato documenti e memoria difensiva, con cui ha insistito per il rigetto della domanda attorea.
Alla pubblica udienza del 22 settembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione, come da verbale.
DIRITTO
Ad avviso del Collegio il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
Giova premettere che, come sopra anticipato, il giudizio di inaffidabilità dell’instante, sotteso al diniego di rilascio della licenza di porto di fucile ad uso venatorio, si base unicamente sui pregiudizi penali a carico dello zio, non risultando che il ricorrente sia stato denunciato né condannato per nessun tipo di reato né che gli sia stato comunque contestato alcun addebito personale riferito alla sua condotta.
Quanto alla presunta frequentazione con il parente, l’instante ha giustificato l’unico controllo registrato in sua compagnia per ragioni di lavoro (accompagnamento ad un colorificio per l’acquisto di prodotti occorrenti per l’attività di imbianchino svolta dal ricorrente, come da fattura allegata). L’altro incontro segnalato tra il fratello dell’instante e lo zio si sarebbe svolto sulla pubblica via e sarebbe stato occasionato dalle condoglianze fatte da quest’ultimo per l’allora recente morte del padre del ricorrente.
Tanto premesso, passando alla valutazione della fattispecie controversa, osserva il Collegio che, come obiettato dalla difesa erariale, è vero che, ai sensi degli artt. 11 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, il potere riconosciuto all’autorità di pubblica sicurezza in materia di rilascio del porto d’armi è connotato da elevata discrezionalità, in considerazione della funzione per cui lo stesso è attribuito, consistente nella tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, anche con finalità di prevenzione della commissione di illeciti, e che, pertanto, i provvedimenti emessi nel suo esercizio non richiedono un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento al riguardo.
Tuttavia, si è anche precisato in giurisprudenza che il giudizio prognostico deve essere effettuato sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie, al fine di verificare il potenziale pericolo rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute, e deve estrinsecarsi in una congrua motivazione, che consenta in sede giurisdizionale di verificare la sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2006, n. 2576;sez. III, 10 ottobre 2014, n. 5039 e 31 marzo 2014, n. 1521;sez. I, 15 gennaio 2015, n. 50).
Ad avviso del Collegio, nell’odierna fattispecie si palesano fondate le dedotte censure di difetto di istruttoria e di motivazione.
Invero, circa gli elementi fattuali posti a base del diniego, questa Sezione ha in molteplici occasioni precisato che, in linea generale, il mero rapporto parentale o di affinità non possa fondare di per sé un giudizio di disvalore o di prognosi negativa, in termini automatici, in assenza di ulteriori, significative circostanze concrete, le quali non possono basarsi su un solo incontro occasionale (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 29 aprile 2019, n. 2292;4 febbraio 2019, n. 563;25 giugno 2015, n. 3391 e 14 gennaio 2014, n. 279).
Nel caso di specie non è stata fornita alcuna altra circostanza specifica ed individualizzante sulla quale basare il giudizio di inaffidabilità nei confronti del ricorrente ovvero anche solo una prognosi sul possibile abuso dell’arma da parte del suo parente non convivente.
Al riguardo, è stato più volte affermato in giurisprudenza che “ l’Amministrazione procedente non può denegare il permesso di porto d’armi limitandosi ad addurre il solo fatto che il richiedente è legato da rapporto di parentela o di affinità con un pregiudicato, senza in concreto valutarne l'incidenza in ordine al giudizio di affidabilità e/o probabilità di abuso delle armi ” (in termini, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 29 aprile 2019, n. 2292, cit.). Ciò in quanto la valutazione della possibilità di abuso, pur fondandosi legittimamente su considerazioni probabilistiche, non può prescindere da una congrua ed adeguata istruttoria, della quale dar conto in motivazione, onde evidenziare le circostanze di fatto che farebbero ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi, per cui è necessario che il provvedimento con cui viene disposto il diniego sia fondato su una valutazione del comportamento complessivo del soggetto interessato, idonea a sorreggere il giudizio prognostico di non affidabilità in merito al buon uso delle armi, che nel caso di specie è mancata (cfr., oltre alle sentenze già citate, anche T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 18 dicembre 2014, n. 6792;T.A.R. Puglia. Lecce, sez. I, 11 luglio 2013, n. 1625;T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 15 maggio 2013, n. 2539;T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 10 novembre 2011, n. 1350).
Neppure risulta valutata, nell’attualità, la persistente pericolosità del familiare, anche alla luce degli elementi informativi documentati dal ricorrente nelle osservazioni prodotte in sede di contraddittorio procedimentale, ove questi ha riferito che, dopo la scarcerazione (in data 26.2.2013), il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha revocato anticipatamente (con decreto assunto in data 25.9.2014 ai sensi dell’art. 7 della L. 1423/1956, trasfuso nell’art. 12 del D. Lgs. 159/2011), al fratello della madre, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (adottata in data 26.9.2013), avendo rilevato significativi elementi sintomatici del mutamento della condotta di vita del soggetto, il quale si sarebbe distaccato dalle pregresse esperienze, dedicandosi in via continuativa ad un’onesta attività lavorativa nel settore dell’edilizia.
In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere accolto, con conseguente annullamento del decreto impugnato per difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alla concreta sussistenza ed attualità del giudizio di inaffidabilità dell’interessato, restando assorbiti gli ulteriori profili di censura non scrutinati.
La peculiarità della fattispecie giustifica, peraltro, l’equa compensazione delle spese di giudizio tra le parti, fermo restando che il contributo unificato per legge va posto a carico dell’Amministrazione soccombente.
Ad avviso del Collegio sussistono i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità delle parti interessate, per cui va disposto che la Segreteria proceda all'oscuramento delle generalità del ricorrente e delle altre persone fisiche menzionate nel provvedimento.