TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-06-12, n. 201806522
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Pubblicato il 12/06/2018
N. 06522/2018 REG.PROV.COLL.
N. 10589/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10589 del 2017, proposto da
Industrie Riunite Odolesi I.R.O. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati S B, F B ed E C, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via XXI Maggio, 43;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Brescia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Davide Cacchioli, Sergio Fienga e Lisa Noja, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Ludovisi, 35;
Siderferro S.r.l. in liquidazione, non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum
:
Angiolino Legrenzi e A.N.C.E. Brescia, rappresentati e difesi dagli avvocati Davide Epicoco e Daniele Manca Bitti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Luigi Luciani, 1;
per l'annullamento
- del provvedimento n. 26686, adottato dall'Autorità in data 19.7.2017 a conclusione del procedimento I742 - Tondini per cemento armato e notificato a IRO in data 1.8.2017, con il quale l'Autorità ha: (i) deliberato che a) IRO - unitamente ad Alfa Acciai S.p.A. (“Alfa”), Feralpi Siderurgica S.p.A. (“Feralpi”), Ferriera Valsabbia S.p.A. (“Valsabbia”);O.R.I. Martin - Acciaieria e Ferriera S.p.A. (“ORI”), Stefana S.p.A. (“Stefana”), Riva Acciaio S.p.A. (“Riva”), Ferriere Nord S.p.A. e Fin.Fer. S.p.A. (“Ferriere Nord” unitamente a IRO, Alfa, Feralpi, Valsabbia, ORI e Stefana, le “Parti”) - avrebbe preso parte a un'intesa anticoncorrenziale consistente nel coordinamento delle politiche commerciali finalizzate a limitare il confronto concorrenziale in violazione dell'articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (“TFUE”);(ii) ingiunto alle Parti di astenersi in futuro dal porre in essere comportamenti aventi oggetto o effetti analoghi;(iii) comminato sanzioni amministrative pecuniarie rispettivamente pari a euro 6.356.778 a IRO, 30.410.149 ad Alfa, 10.844.341 a Valsabbia, 29.429.460 a Feralpi, 43.539.144 a Ferriere Nord, 15.029.600 a Riva, 119.948 a Stefana e 7.099.481 a ORI;
- nonché di ogni altro atto connesso o presupposto, conseguente o antecedente, ivi compreso il provvedimento del 24 febbraio 2016 di rigetto degli impegni.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Brescia, con la relativa documentazione;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum di Angiolino Legrenzi e di A.N.C.E. Brescia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2018 la dott.ssa L M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
E’ impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in avanti anche “Autorità” o “AGCM”) ha ritenuto la sussistenza di un’intesa tra le società Alfa Acciai S.p.A., Feralpi Siderurgica S.p.A., Ferriera Valsabbia S.p.A., Industrie Riunite Odolesi I.R.O. S.p.A. (“IRO”), Ori Martin Acciaieria e Ferriera S.p.A, Stefana S.p.A., Riva Acciaio S.p.A., Ferriere Nord S.p.A e Fin.Fer. S.p.A., consistita in un’attività di coordinamento delle politiche commerciali finalizzata a limitare il confronto concorrenziale tra le parti sui prezzi del tondo in cemento armato e della rete elettrosaldata (“TCA” e “rete”), ha ordinato alle parti di astenersi in futuro dal porre in essere comportamenti aventi oggetto o effetti analoghi a quelli dell’infrazione accertata e ha irrogato alla ricorrente Industrie Riunite Odolesi I.R.O. S.p.A. la sanzione pecuniaria di € 6.356.778,00.
L’intesa, continuata e complessa perché espressione di un unico piano d’insieme comune alle parti, sarebbe stata finalizzata a contrastare la potenziale forte pressione al ribasso dei prezzi e sarebbe stata attuata mediante scambi di informazioni commerciali avvenute all’interno dell’associazione Nuovo Campsider (“NC”, associazione interna a “Federacciai” che rappresentava l’insieme delle imprese elettro-siderurgiche nazionali) e attraverso l’attività di rilevazione dei prezzi avvenuta nella Commissione prezzi della Camera di Commercio di Brescia (“CCIAA/Bs”).
La condotta anticompetitiva si sarebbe dispiegata nel periodo 2010 – 2016.
Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di doglianza:
I - Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 della legge 689/1981.
Il provvedimento sarebbe illegittimo per mancata notifica della contestazione al trasgressore nel termine di 90 giorni di cui all’art. 14 l. 689/81;la fase pre-istruttoria si sarebbe svolta oltre il lasso di tempo ragionevolmente necessario per acquisire i dati e valutarne la consistenza ai fini della corretta formulazione della contestazione.
II - Violazione dell’art. 14 del D.p.R. n. 217/98 la legge 7.8.1990, n. 241;eccesso di potere e difetto di istruttoria in relazione alla dichiarata inammissibilità dei documenti depositati in replica alle elaborazioni economiche degli Uffici.
AGCM avrebbe illegittimamente ritenuto tardive le produzioni documentali di IRO anteriori all’ultima audizione, in contrasto con il diritto di replica sancito dall’art. 14 del D.p.R. n. 217/98.
III - Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE;violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241;eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e, in particolare, incompletezza e difetto di istruttoria, carenza e, comunque, manifesta insufficienza della motivazione, in relazione all’accertamento dell’intesa restrittiva contestata alle Parti.
IRO sostiene di non avere mai preso parte ad alcuno scambio di informazioni nell’ambito delle riunioni relative a NC e, comunque, le informazioni asseritamente scambiate non avrebbero alcuna valenza strategica per determinare l’azione dei propri concorrenti, in quanto gli ipotizzati scambi di informazioni in NC non avrebbero mai potuto consentire alle Parti di fissare i prezzi di TCA a un livello compatibile con i costi attesi.
Quanto alle rilevazioni camerali, che costituirebbero in ipotesi lo strumento attraverso cui le Parti (partecipanti e non alle riunioni) avrebbero perseguito e raggiunto un artificiale coordinamento sui loro prezzi di cessione di TCA e Rete, secondo la parte ricorrente l’Autorità avrebbe ricostruito in maniera non corretta il quadro normativo che regola le funzioni istituzionali della Camera di Commercio e adoperato indici non idonei né in astratto, né in concreto a dimostrare la stessa esistenza di un’intesa restrittiva per oggetto della concorrenza. Il Provvedimento sarebbe altresì viziato quanto alla asserita fissazione del listino della componente di prezzo “extra”, basandosi su una ricostruzione errata sotto il profilo fattuale, nonché carente dal punto di vista probatorio.
IV - Violazione dell’art. 14 ter della Legge n. 287/1990 eccesso di potere per travisamento dei fatti, mancata/erronea valutazione delle risultanze istruttorie, illogicità e contraddittorietà manifeste, carenza di motivazione e violazione del principio di proporzionalità in relazione al rigetto degli impegni.
L’AGCM ha rigettato gli impegni presentati da IRO ex art. 14 ter l. 287/1990 sulla base di una motivazione ritenuta insufficiente ed erronea.
V - Illegittimità e iniquità della sanzione e del suo ammontare. Violazione dell’art. 15 della legge n. 287/1990 e dell’art. 11 della legge n. 689/1981;eccesso di potere per travisamento dei fatti, mancata/erronea valutazione delle risultanze istruttorie, illogicità e contraddittorietà manifeste, carenza di motivazione e violazione del principio di proporzionalità in relazione all’imposizione di una sanzione a IRO e alla determinazione del suo ammontare.
Il giudizio sul parametro della gravità della violazione sarebbe carente o, comunque, gravemente insufficiente e la fissazione della data di inizio dell’intesa sarebbe stata effettuata in maniera arbitraria. L’ammontare della sanzione sarebbe, poi, sproporzionato e non terrebbe conto della situazione finanziaria in cui versa la ricorrente, né del programma di compliance presentato.
Si è costituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
L’intimata Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Brescia nel costituirsi in giudizio ha fornito la propria ricostruzione della disciplina normativa ritenuta applicabile all’epoca dell’illecito contestato.
Si sono altresì costituiti in giudizio, con atto di intervento ad adiuvandum, il geom. Angiolino Legrenzi, nella qualità di (ex) Presidente della Commissione Prezzi presso la C.C.I.A.A. di Brescia, e l’A.N.C.E. (Associazione Nazionale Costruttori Edili) - collegio costruttori di Brescia e provincia, che contestano l’interpretazione fornita dall’Autorità sul funzionamento della Commissione Prezzi e chiedono, in relazione a tale profilo, che il ricorso sia accolto.
In prossimità della pubblica udienza, parte ricorrente e parte resistente depositavano documenti e memorie, anche di replica, a ulteriore illustrazione delle proprie tesi.
All’udienza del 23 maggio 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il provvedimento impugnato ha rilevato l’esistenza di una articolata intesa, unica e complessa, nella quale confluiscono due condotte, entrambe ritenute funzionali al medesimo fine di consentire alle imprese che ne hanno fatto parte, mediante il coordinamento delle reciproche strategie commerciali, di assicurarsi ricavi e margini migliorativi rispetto a quelli conseguibili in un contesto concorrenziale nella vendita di Tondini per Cemento Armato (“TCA”) e Rete elettrosaldata (“rete els.”).
2. Le due condotte, tra loro collegate in quanto finalizzate all'unico scopo di consentire a tutte le parti di coordinare le rispettive condotte commerciali, riguardavano: (a) le riunioni mensili presso l’Associazione “Nuovo Campsider” e (b) le riunioni quindicinali tenute dalla Commissione prezzi presso la Camera di Commercio Industria e Artigianato di Brescia.
3. L’Autorità ha ritenuto, quanto alla prima condotta, che le parti avessero posto in essere uno scambio sistematico, svolto su base mensile (e in particolare all’inizio di ogni mese), di dati individuali ed estremamente sensibili in quanto volti a svelare in anticipo ai concorrenti sia la strategia di approvvigionamento delle imprese e sia le quantità produttive programmate di offerta di TCA e rete els. Tale scambio di informazioni si sarebbe svolto in occasione delle riunioni che si tenevano il primo martedì di ogni mese presso l’associazione Nuovo Campsider. La finalità delle imprese, secondo la ricostruzione offerta nel provvedimento, era quella di semplificare il coordinamento delle rispettive politiche di prezzo, avvantaggiandosi del coordinamento realizzato nelle politiche di approvvigionamento del rottame ferroso, principale “input” produttivo di TCA e rete els.
4. In relazione alla seconda condotta, AGCM sostiene che le imprese siderurgiche si sarebbero servite della Commissione prezzi presso la Camera di Commercio di Brescia per definire “ex ante” i prezzi (base ed extra) che tali imprese intendevano applicare sui prodotti oggetto dell’intesa.
5. Il procedimento è stato avviato il 21 ottobre 2015, a seguito di una segnalazione, pervenuta il 15 novembre 2011, da parte del liquidatore di una società di rivendita di prodotti in acciaio per l'edilizia, che denunciava l'esistenza di un cartello tra le imprese nazionali produttrici di TCA finalizzato alla fissazione congiunta del relativo prezzo di vendita all'ingrosso con riguardo sia alla componente cd. base che a quella cd. extra.
Il segnalante, a supporto della denuncia, allegava alcuni listini dei cd. prezzi extra del TCA e della rete els. praticati da società produttrici concorrenti e i cui importi risultavano essere sempre identici per ciascuna delle varie dimensioni in cui il prodotto era commercializzato. Con riguardo al cd. prezzo base, il segnalante indicava, inoltre, nelle riunioni quindicinali della Commissione Prezzi presso la Camera di Commercio Industria e Artigianato di Brescia (di seguito, anche “Camera di Commercio”) il luogo di formalizzazione del coordinamento finalizzato alla fissazione concordata di questa componente del prezzo finale del TCA.
AGCM nel provvedimento affermava che << L'attività pre-istruttoria è stata, pertanto, indirizzata all'approfondimento delle caratteristiche, grado di trasparenza e dinamiche dei mercati del TCA e della rete els., della struttura del loro prezzo finale di, nonché alla verifica dell'esistenza, composizione e funzionamento della "Commissione Prezzi prodotti siderurgici” >>. Sottolineava anche che “ solo nel mese di settembre 2015 ” la Camera di Commercio aveva “ trasmesso agli Uffici alcuni importanti documenti relativi alla modalità di rilevazione dei prezzi cd. extra e alla loro contestuale pubblicazione sul Listino settimanale on line della CCIAA/Bs ” (par. 13 del provv.).
La fase istruttoria, avviata il 21 ottobre 2015 nei confronti di sei società concorrenti (Alfa Acciai, Feralpi, Valsabbia, IRO, ORI e Stefana) i cui rappresentanti sedevano nella richiamata Commissione Prezzi presso la CCIAA/Bs, ha in un primo momento riguardato l’accertamento del possibile coordinamento delle politiche commerciali delle imprese attraverso le riunioni in tale Commissione.
Il 21 giugno 2016, e sulla base degli ulteriori elementi emersi nel corso dell'istruttoria, l'Autorità ha deciso l'estensione oggettiva del procedimento allo scambio, tra le parti e nell'ambito delle riunioni di NC, di informazioni di dettaglio sui prezzi, quantità di acquisto di rottame ferroso e livelli produttivi. L’istruttoria è stata, poi, estesa soggettivamente nei confronti delle società Ferriere Nord, Riva e Fin.Fer.
L'Autorità, il 18 gennaio 2017, ai sensi dell'art. 14, comma 1, D.P.R. n. 217/1998, ha autorizzato l’invio della Comunicazione delle risultanze istruttorie alle parti. Dopo alcune proroghe del termine finale, il procedimento si è concluso il 19 giugno 2017 con l’adozione del provvedimento sanzionatorio.
6. Con il primo motivo di impugnazione, parte ricorrente sostiene che il provvedimento sarebbe viziato per la violazione del termine massimo di avvio della fase istruttoria di cui all’art. 14 l. n. 689/81. La norma prevede ai primi due commi che “ La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.
Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento ”.
Questa Sezione ha avuto modo di chiarire che il termine decadenziale di cui all’art. 14 della l. n. 689/1981 non trova diretta applicazione nel procedimenti “antitrust” in relazione alla durata della fase istruttoria. Ciò in quanto il richiamo operato dall’art. 31 della l. 287/1990, pur nei termini dell’applicabilità, delle disposizioni del Capo I, Sez. I e II, l. n. 689 del 1981, vale ai soli fini delle sanzioni amministrative pecuniarie, ma non per la disciplina della fase istruttoria del procedimento, in relazione alla quale la fattispecie è distintamente e autonomamente regolata (cfr. Tar Lazio, sez. I, 28 luglio 2017, n. 9048).
Quanto alla durata della fase preistruttoria, né nell’art. 14 l. n. 287 del 1990 né nel Regolamento dell’Autorità in materia di procedure istruttorie viene individuato un termine massimo per la durata di tale fase. Tuttavia, la non applicabilità diretta del termine di cui all’art. 14 l. 689/1981 non può giustificare il compimento di una attività preistruttoria che si dipani entro un lasso di tempo totalmente libero da qualsiasi vincolo e ingiustificatamente prolungato, poiché un simile modus operandi sarebbe in aperto contrasto con i principi positivizzati nella legge n. 241/90 e, più in generale, con le esigenze di efficienza dell’agire amministrativo e di certezza del professionista sottoposto al procedimento (cfr. in proposito Tar Lazio, sez. I, 23 dicembre 2016, n. 12811 , che richiama TAR Lazio, sez. I, 1° aprile 2015, n. 4943).
In proposito, è opportuno richiamare, quali riferimenti interpretativi, anche i principi generali di cui all’art. 6 CEDU e all’art. 41 della Carta Fondamentale dei diritti UE, che costituiscono parametri di riferimento interpretativo imprescindibili, dalla lettura dei quali non può che desumersi l’obbligo per l’Autorità competente, per accertare una violazione del diritto “antitrust” e per applicare le relative sanzioni, di procedere all’avvio della fase istruttoria entro un termine ragionevolmente congruo, in relazione alla complessità della fattispecie sottoposta a esame, a pena di violazione dei principi di legalità e buon andamento che devono sempre comunque contraddistinguerne l’operato (in termini, Tar Lazio n. 12811/16 cit.). Fermo restando, come più volte rammentato dalla giurisprudenza di questa Sezione, che ai fini della valutazione della congruità del tempo di accertamento dell’infrazione ciò che rileva, quale termine iniziale, non è la notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità ma l'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita;conoscenza a sua volta implicante il riscontro, anche ai fini di una corretta formulazione della contestazione, dell'esistenza e della consistenza dell'infrazione e dei suoi effetti. Ne discende la non computabilità del tempo ragionevolmente occorso, in relazione alla complessità delle singole fattispecie, ai fini dell’acquisizione e della delibazione degli elementi necessari allo scopo di una matura e legittima formulazione della contestazione” (così, ex multis , Tar Lazio, sez. III, 10 ottobre 2012, n. 8367).
7. Declinando i suesposti principi alla presente fattispecie, il Collegio osserva che AGCM ha irragionevolmente protratto la fase preistruttoria senza che sussistessero obiettive ragioni a giustificare il ritardo nell’avvio del procedimento istruttorio.
In proposito, è utile riportare le attività compiute in tale fase, che sono riepilogate dalla stessa Autorità alle note n. 11 e n. 381 del Provvedimento. Dopo l’audizione del segnalante e la richiesta di informazioni ad alcuni rivenditori di prodotti siderurgici, le cui risposte sono pervenute il 12 e 15 marzo 2012 e l’11 aprile 2012, l’Autorità ha formulato, il 17 gennaio 2014, una richiesta di informazioni alla CCIAA/Bs, ottenendo risposta il 25 e 26 febbraio 2014. L’Autorità ha quindi, ricevuto dalla Camera di Commercio ulteriori informazioni il 21, 22 e 23 settembre 2015 e ha acquisito d'ufficio al fascicolo, il 24 settembre 2015, “ ulteriori listini dei cd. prezzi extra di dimensione del TCA e della rete els. pubblicati sui siti internet delle società produttrici ”.
Per giustificare la lunghezza della fase pre-istruttoria, l’Autorità ha fatto riferimento alla complessità della fattispecie e alla conseguente necessità di approfondire il contenuto della segnalazione, le caratteristiche e dinamiche dei mercati del TCA e della rete els., la struttura del loro prezzo finale di vendita, l'esistenza, composizione e effettiva modalità di funzionamento della Commissione Prezzi presso la Camera di commercia e il grado di trasparenza endogena del mercato (cfr. il par. 296). In particolare, ha rappresentato l’impossibilità di reperire sul sito internet della CCIAA/Bs tutte le informazioni necessarie riguardo alle tematiche sopra evidenziate.
Tuttavia, dalla scansione temporale sopra descritta si ricava che, pur volendo prescindere dal lungo lasso di tempo trascorso tra l’acquisizione di informazioni dai rivenditori e la prima richiesta di informazioni alla Camera di Commercio, che non sembra giustificabile sulla base di documentabili esigenze istruttorie, al momento della ricezione delle informazioni chieste alla Camera di commercio (nel mese di febbraio 2014) l’Autorità aveva a disposizione l’intero quadro informativo poi utilizzato per l’avvio del procedimento istruttorio, che tuttavia è stato avviato oltre un anno dopo, nell’ottobre del 2015.
La difesa erariale, in proposito, sostiene che solo nel settembre 2015 sarebbero state fornite dalla Camera di Commercio informazioni ritenute decisive;l’assunto, tuttavia, non trova conferma nel provvedimento, ove non vengono mai richiamati documenti e approfondimenti correlabili alle informazioni ottenute da ultimo dalla CCIIA. In particolare, le modalità di rilevazione del c.d prezzo extra cui fa riferimento la difesa erariale erano state già descritte dalla CCIIA nella risposta alla prima richiesta di informazioni, ricevuta dall’Autorità il 25 febbraio 2014.
Deve ritenersi, quindi, che l’Autorità abbia avviato l’istruttoria dopo un tempo non ragionevolmente congruo rispetto al momento in cui potevano considerarsi acquisite tutte le notizie rilevanti ai fini della decisione dell’avvio della contestazione.
La non congruenza del termine contrasta, nel caso di specie, in maniera particolarmente incisiva con il rispetto dei principi di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa, in quanto il procedimento sanzionatorio aveva ad oggetto l’esistenza di una intesa (non segreta) sul prezzo, per la quale è fondamentale, nell’interesse di tutti gli operatori che agiscono nel mercato di riferimento, che la contestazione sia formulata celermente, onde impedire il protrarsi dell’attività ritenuta non compatibile con le regole poste a tutela della concorrenza e a correggere tempestivamente le condotte illecite degli operatori.
8. Ferma restando la fondatezza della censura procedimentale sopra scrutinata, il Collegio rileva che le doglianze della ricorrente meritano di essere accolte anche sotto l’aspetto sostanziale, in relazione alla insussistenza di elementi sufficienti per dimostrare l’esistenza di una intesa unica e complessa.
9. Avendo riguardo al quadro normativo di riferimento, come interpretato dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, si rileva che l’art. 101 del T.F.U.E. (così come l’art. 2 della legge n. 287/1990) stabilisce che sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni d’imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno.
La funzione della disposizione è quella di tutelare la concorrenza nel mercato, al fine di garantire il benessere dei consumatori e un’allocazione efficiente delle risorse.
Ne deriva che, sulla base dei principi comunitari e nazionali in materia di concorrenza, ciascun operatore economico debba determinare in maniera autonoma il suo comportamento nel mercato di riferimento (Case C-49/92 Commission v Anic Partecipazioni s.p.a. [1999] ECR I-4125).
Nel fare ciò, l’operatore terrà lecitamente conto delle scelte imprenditoriali note o presunte dei concorrenti, non essendogli, per contro, consentito instaurare con gli stessi contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato, vale a dire, di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente o di mettere al corrente tale concorrente in ordine al comportamento che l’impresa stessa abbia deciso di porre in atto (Anic cit.;case C- 40/73 - Suiker Unie [1975];Consiglio di Stato, 27 giugno 2014, n. 3252, I722 –Logistica Int. - ITK Zardini).
Tali contatti vietati possono rivestire la forma dell’accordo ovvero quella delle pratiche concordate.
La fattispecie dell'accordo ricorre quando le imprese abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo, e ciò, anche senza fare ricorso ad un contratto vincolante (Case 41, 44 e 45/69 ACF Chemiefarma NV v Commission [1970] ECR 661) o ad altro documento scritto (Polypropylene [1986] OJ L230/1, par. 81);la pratica concordata, invece, corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all'attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse al rischio competitivo, influenzando le condizioni concorrenziali nel mercato (Cons. Stato, Sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123;Cases 48-57 ICI v. Commission [Dyestuffs 1972] ECR619, par. 64;cases 40-48, 50, 54-56, 111, 113 e 114/73 Cooperatieve Verenigning ‘Suiker Unie’ UA v Commission [1975] ECR 1663).
L’esistenza di una pratica concordata, considerata l’inesistenza o la estremamente difficile acquisibilità della prova di un accordo espresso tra i concorrenti, viene ordinariamente desunta dalla ricorrenza di determinati indici probatori dai quali inferire la sussistenza di una sostanziale finalizzazione delle singole condotte ad un comune scopo di restrizione della concorrenza.
In materia è dunque ammesso il ricorso a prove indiziarie, purché le stesse, come più volte affermato in giurisprudenza, si fondino su indizi gravi, precisi e concordanti.
Sempre in materia probatoria va poi considerata la distinzione tra elementi di prova endogeni, afferenti l’anomalia della condotta delle imprese, non spiegabile secondo un fisiologico rapporto tra di loro, ed elementi esogeni, quali l'esistenza di contatti sistematici tra le imprese e scambi di informazioni. La collusione può essere provata per inferenza anche dalle circostanze del mercato (Case 172/80 Zuechner v Bayerische Vereinsbank [1981] ECR2021).
La differenza tra le due fattispecie e le correlative tipologie di elementi probatori - endogeni e, rispettivamente, esogeni - si riflette sul soggetto sul quale ricade l'onere della prova: nel primo caso, la prova dell'irrazionalità delle condotte grava sull'Autorità, mentre, nel secondo caso, l'onere probatorio contrario viene spostato in capo all'impresa.
In particolare, qualora, a fronte della semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti sul mercato, il ragionamento dell'Autorità sia fondato sulla supposizione che le condotte poste a base dell'ipotesi accusatoria oggetto di contestazione non possano essere spiegate altrimenti se non con una concertazione tra le imprese, a queste ultime basta dimostrare circostanze plausibili che pongano sotto una luce diversa i fatti accertati dall'Autorità e che consentano, in tal modo, di dare una diversa spiegazione dei fatti rispetto a quella accolta nell'impugnato provvedimento.
Qualora, invece, la prova della concertazione non sia basata sulla semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti ma dall'istruttoria emerga che le pratiche possano essere state frutto di una concertazione e di uno scambio di informazioni in concreto tra le imprese, in relazione alle quali vi siano ragionevoli indizi di una pratica concordata anticoncorrenziale, grava sulle imprese l'onere di fornire una diversa spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 maggio 2011, n. 2925).
Inoltre, anche nell’ipotesi di intesa restrittiva “per oggetto”, la giurisprudenza ha precisato che “…al fine di valutare se un accordo tra imprese presenti un grado di dannosità sufficiente per essere considerato come una ‘restrizione della concorrenza per oggetto’ ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, occorre riferirsi al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi che esso mira a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale si colloca” (Corte di Giustizia UE, Sez. II, Toshiba, in C-373/14 P nonché ING Pensii, in C‑172/14 ivi richiamata).
Da ciò ne deriva che comunque l’Autorità è sempre chiamata ad un’attività di valutazione del contesto economico e giuridico del mercato di riferimento e degli obiettivi fondanti la condotta sanzionata, nel senso che un’intesa “per oggetto” può qualificarsi tale solo se vi è mercato sufficientemente definito che risulti “bloccato” dall’intesa come congegnata e se gli obiettivi riconducibili al momento della sua posizione in essere siano “de plano” considerabili anticoncorrenziali.
10. Il provvedimento impugnato addebita alle parti la condivisione di informazioni relative a variabili industriali e di costo idonee a condizionare in modo determinante la rispettiva condotta commerciale e, in particolare, il posizionamento del prezzo finale di vendita dei prodotti.
La condivisione si sarebbe realizzata attraverso periodici e regolari scambi di informazioni sensibili sull'”input” produttivo fondamentale (il rottame ferroso) in occasione degli incontri avvenuti in NC.
La generazione di una innaturale trasparenza in NC sarebbe, quindi, servita a fornire indicazioni sul livello a cui fissare gli importi dei prezzi solo apparentemente "rilevati" in Commissione Prezzi, nonché a verificare la reciproca disponibilità di tutte le parti, ivi incluse le società non rappresentate in Commissione Prezzi, all'adozione di condotte commerciali compatibili col rispetto del medesimo riferimento.
In sintesi, l’impianto accusatorio si fonda sulla presenza di una strategia unitaria, in cui le condotte poste in essere in NC e Commissione Prezzi erano complementari a realizzare lo scopo finale di fissazione del prezzo finale di vendita di TCA e reti els. Ciò giustifica, secondo l’Autorità, l’imputazione dell’intesa anche al gruppo Pittini e Riva, benché tali operatori non fossero presenti nella Commissione Prezzi presso la CCIAA/Bs, in quanto imprese non aventi sede nel distretto industriale bresciano.
Lo scambio informativo in NC viene considerato fondamentale per la determinazione del prezzo in ragione della natura variabile del costo del rottame ferroso e dell'ammontare limitato delle relative scorte: ciò comporterebbe, secondo la ricostruzione dell’Autorità, una traslazione rapida sul prezzo finale di TCA e reti, pari a percentuali compresa tra il 74,8% ed il 105% nel breve periodo, ed in misura compresa tra il 70,6% ed il 95% nel lungo periodo (par. 238 del provvedimento).
L’analisi svolta dall’Autorità, tuttavia, sconta numerosi difetti istruttori, nella misura in cui non fornisce elementi sufficienti a porre in effettiva correlazione le informazioni scambiate in NC e le successive attività camerali.
Il provvedimento si basa, infatti, sull’assunto che il legame esistente tra il rottame ferroso e il prodotto finito sarebbe sufficiente a dimostrare la correlazione tra lo scambio informativo a monte in NC e la fissazione congiunta in sede camerale dei prezzi.
Tuttavia, si tratta di un’affermazione non adeguatamente dimostrata e che non tiene conto dell’incidenza degli altri fattori produttivi ai fini della fissazione del prezzo di vendita finale.
In primo luogo, si osserva che lo stesso Provvedimento (cfr. il par. 233 e la tabella n. 5 ivi richiamata) dà conto della diversa incidenza del rottame ferroso sui costi totali (e dunque a cascata sui prezzi finali), che variava, nel periodo dell’istruttoria, in maniera significativa da produttore a produttore (il provvedimento indica una incidenza variabile tra il 60% e l'80% del prezzo finale sia del TCA, sia della rete els.). Inoltre, nell’analisi svolta sono state totalmente obliterate le altre variabili che entrano necessariamente in gioco nel processo produttivo, quali la diversa efficienza produttiva delle imprese coinvolte.
Il solo effetto traslativo sul prezzo del prodotto finito oggetto di rilevazione, in sostanza, non è sufficiente a dimostrare che il costo del rottame, per quanto di notevole importanza nel processo produttivo, sia un parametro univoco per la determinazione del prezzo finale.
11. Analoghe carenze istruttorie si rinvengono anche in relazione al comportamento delle parti negli incontri della Commissione Prezzi della Camera di Commercio di Brescia.
12. Anzitutto, l’inquadramento normativo delle attività svolte dalla Commissione Prezzi risulta errato. Secondo l’Autorità “ l'attività di rilevazione dei prezzi svolta tramite la Commissione Prezzi non rientra in nessuna delle attività espressamente demandate dalla legge alle Camere di commercio ” (cfr. par. 108) e, in particolare, non sarebbe riconducibile all'art. 2, comma 2, lett. d) della legge n. 580/1993, secondo cui (nel testo vigente nel periodo di interesse istruttorio) le Camere di commercio hanno compiti relativi alla “ realizzazione di osservatori dell'economia locale e diffusione di informazioni economiche ”. Secondo AGCM, quindi, le CCIAA potevano svolgere una generica attività di ricognizione e informazione sull'andamento dell'economia locale e non anche procedere a rilevazioni periodiche, nello specifico bisettimanali, e sistematiche di prezzi all'ingrosso (parr. 18 e 109). Si tratta di un assunto non condivisibile, in quanto la determinazione di listini di mercato, sulla base delle rilevazioni dell’andamento dei relativi prezzi, costituisce fin dalla loro nascita una delle funzioni tipiche assegnate alle Camere di Commercio (cfr. l’art. 46 Regio Decreto n. 2011/1934, secondo cui “ Gli uffici provinciali dell'economia corporativa [le cui funzioni sono state trasferite alle Camere di Commercio] hanno le seguenti attribuzioni, oltre quelle deferite ad essi da leggi e regolamenti speciali: (…) formano mercuriali e listini di prezzi in armonia con le disposizioni dell'art.38 del codice di commercio, salvo quanto è disposto per i listini di borsa dalla legislazione ”.
Non sussisteva, quindi, in radice, alcun impedimento normativo alla tenuta delle riunioni della Commissione per la rilevazione dei prezzi di TCA e reti, che, anzi, costituiva un’attività essenziale delle Camere di Commercio.
13. L’Autorità afferma anche che l’elevata frequenza delle rilevazioni (due volte al mese) era un indice della circostanza che i prezzi individuati non avevano natura “storica”, bensì erano fissati pro futuro . L’assunto sarebbe dimostrato dal sostanziale “co-movimento” dei valori dei cd. prezzi base praticati dalle imprese, stimati su base mensile, e del corrispondente valore di listino della CCIAA/Bs rilevato nel corso della prima seduta mensile.
L’analisi, tuttavia, fa riferimento ad elementi indiziari da soli non sufficienti a dimostrare l’esistenza dell’intesa e che non tiene conto delle spiegazioni alternative lecite fornite dalle parti.
14. In primo luogo, la cadenza quindicinale delle riunioni, espressamente prevista da norme regolamentari della Camera di Commercio e applicata anche per altri prodotti di interesse, trova giustificazione nella caratteristica dei beni oggetto di rilevazione che si caratterizzano per un’estrema volatilità del prezzo. In secondo luogo, la rilevazione camerale concerneva non un prezzo medio bensì una “forcella” (quindi, una fascia di prezzo tra un minimo e un massimo) e la stessa Autorità rileva come rispetto al prezzo “definito” in sede camerale le parti applicavano “la propria scontistica individuale” (cfr. il par. 272). In sostanza l’attività in Commissione Prezzi era prevista dal quadro istituzionale di riferimento delle Camere di Commercio e non comportava mai la rilevazione di un prezzo predefinito ma di sole “forcelle” minime/massime, tipiche dei listini prezzi.
14. Quanto alla co-movimentazione dei prezzi notata dall’Autorità, le parti hanno tutte rilevato che essa poteva essere razionalmente spiegata in ragione della fisiologica tendenza dei prezzi praticati nel periodo successivo alla rilevazione a seguire la dinamica di quelli oggetto di rilevazione.
A fronte della plausibilità della spiegazione fornita, gli ulteriori elementi indiziari rilevati dall’Autorità (quali l’assenza di documenti a supporto delle rilevazioni camerali dei prezzi e un sostanziale “appiattimento” dei rappresentanti del lato dell’offerta alle posizioni assunte dalle parti nelle riunioni camerali), non supportati da alcuna prova di natura esogena, non appaiono sufficienti a dimostrare l’esistenza dell’intesa.
In conclusione, e con riferimento alla determinazione del prezzo base, deve osservarsi come il provvedimento, che pure riconosce la diversa incidenza del prezzo del rottame ferroso sul prezzo del tondo e della rete elettrosaldata, l’esistenza di una diffusa pratica di sconti individuali operati dalle imprese ai singoli clienti e la sostanziale riconducibilità dei valori individuati nella Camera di Commercio ad una “forcella di prezzi” e non un valore univoco, eguale per tutti, risulta particolarmente carente laddove non definisce compiutamente il meccanismo secondo cui lo scambio di notizie sarebbe stato idoneo ad orientare le scelte delle imprese in modo da ottenere un apprezzabile effetto anticompetitivo, troppo genericamente individuato nella finalità di contrastare la forte pressione al ribasso dei prezzi.
In tal modo l’Autorità non ha definito, in maniera sufficientemente dettagliata, la stessa astratta idoneità dell’accordo a condizionare oggettivamente il mercato, ciò che è invece necessario, dal punto di vista dell’argomentazione logica, anche laddove si ravvisi un intesa “per oggetto” (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I, 20 aprile 2017, n. 4757).
15. Le carenze istruttorie in relazione alla dimostrazione dell’intesa relativamente al prezzo “base” si riverberano anche sulle valutazioni dell’Autorità riguardanti i listini dei prezzi della componente “extra”, la cui sostanziale uniformità, tra l’altro, risponde a una prassi di negoziazione che le parti hanno dimostrato in fase istruttoria essere comune in tutto il settore siderurgico, anche a livello internazionale.
16. Conclusivamente, il gravame è fondato sia sotto il profilo della violazione delle regole procedimentali, che impongono di concludere la fase preistruttoria entro un termine ragionevole, sia, quanto all’aspetto sostanziale, in relazione alle carenze istruttorie e probatorie rilevate, che non consentono di ricostruire la fattispecie nel senso della necessaria “congruenza narrativa”, rispetto alla “storia” che si propone per la ricostruzione dell’intesa illecita, e di superare le spiegazioni alternative avanzate dalle imprese ricorrenti.
Il ricorso va, quindi, accolto, con assorbimento di ogni altra censura, e per l’effetto il provvedimento sanzionatorio impugnato va annullato per quanto di ragione.
17. Le spese di lite, attesa la particolare complessità e la parziale novità delle questioni sottoposte, possono essere integralmente compensate tra le parti, salvo quanto previsto dall’art. 13, comma 6bis.1, d.p.r. n. 115/2002 in relazione al contributo unificato, da porsi a carico dell’AGCM.