TAR Bari, sez. II, sentenza 2020-07-13, n. 202001006

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2020-07-13, n. 202001006
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202001006
Data del deposito : 13 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/07/2020

N. 01006/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01527/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1527 del 2019, proposto da
-OMISSIS--OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati D P e A C P, con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

contro

Ministero della salute, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, 97;

per l’esecuzione del giudicato

formatosi sulla sentenza n. -OMISSIS-Tribunale di Trani, sezione lavoro, che

““accoglie il ricorso e per l’effetto, condanna il Ministero della Salute, al pagamento in favore della ricorrente, di € 10.454,88, per i titoli di cui al ricorso oltre accessori di legge dall’1.1.2017 al soddisfo”;

per la condanna al pagamento della penalità di mora, ex art.114 comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della salute;

Visto l’articolo 114 del codice del processo amministrativo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2020 il consigliere G A e uditi per le parti i difensori. L’udienza si tiene mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge n. 28/2020, comma 6, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa di cui all’Allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 134 del 22 maggio 2020.

Si dà atto a verbale della presenza dell'avv. Anna C. Porcelluzzi, a seguito del deposito di note di udienza ai sensi dell'art. 4, D.L. 28/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con l’atto introduttivo del presente giudizio la ricorrente ha richiesto l’ottemperanza alla sentenza in epigrafe, passata in giudicato, con la conseguente condanna del Ministero della salute al pagamento in proprio favore di quanto ivi disposto, in relazione alla sorte capitale e agli interessi.

Tale sentenza è stata notificata con formula esecutiva al Ministero della salute ed è decorso infruttuosamente altresì l’ulteriore termine, pari a 120 giorni, previsto dall’art. 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.

Nella specie, non risulta l’adempimento al giudicato.

In definitiva, ricorrono tutti i requisiti, anche di rito, per l’accoglimento del ricorso;
va dunque ordinato al Ministero della salute di ottemperare alla sentenza indicata in epigrafe e, quindi, di pagare le somme ivi liquidate in favore dell’istante oltre i relativi interessi legali, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

La domanda diretta alla fissazione di un’ulteriore somma a carico dell’Amministrazione nel caso di ritardo nell’esecuzione del giudicato dev’essere anch’essa accolta.

La Sezione si era orientata in senso opposto in considerazione dell’attuale stato della finanza pubblica.

Si ritiene però di dover adeguare le decisioni in materia di ottemperanza a condanne del giudice civile nei confronti del Ministero della salute, a seguito del riconoscimento dei benefici di cui alla legge 25 febbraio 1992 n. 210, ai principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 25 giugno 2014 n. 15.

Con tale pronuncia si è innanzitutto chiarito che l’istituto opera per tutte le decisioni di condanna adottate dal giudice amministrativo ex art. 112 del codice del processo amministrativo, ivi comprese quelle aventi ad oggetto prestazioni pecuniarie.

Si è sottolineato, poi, in particolare, che, in tale contesto, la penalità di mora, “assumendo una più marcata matrice sanzionatoria che completa la veste di strumento di coazione indiretta, si atteggia a tecnica compulsoria che si affianca, in termini di completamento e cumulo, alla tecnica surrogatoria che permea il giudizio d’ottemperanza” (p. 6.3.). Essa in definitiva svolge una “funzione deterrente e general-preventiva” e dunque “assolve ad una funzione coercitivo-sanzionatoria e non, o quanto meno non principalmente, ad una funzione riparatoria” (p. 6.5.);
ciò esclude il rischio di duplicazione di risarcimenti, con correlativa locupletazione del creditore e depauperamento del debitore. Invero, “Trattandosi di una pena, e non di un risarcimento, non viene in rilievo un’inammissibile doppia riparazione di un unico danno ma l’aggiunta di una misura sanzionatoria ad una tutela risarcitoria”.

Di conseguenza, l’Adunanza plenaria ha precisato che le peculiari condizioni del debitore pubblico non possono comportare un’astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma giocano il ruolo di fattori da considerare in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo (p. 6.5.1.).

In concreto, il Ministero della salute rappresenta un’Amministrazione significativamente inadempiente in quanto risulta quella più frequentemente evocata in giudizio dinanzi a questo Tribunale con i ricorsi in ottemperanza della suddetta specie. In effetti, tale inadempimento persiste in modo sistematico, pur essendo il diritto degli istanti già definitivamente riconosciuto dal giudice civile (con relativa condanna esecutiva) e non essendo quindi facilmente rintracciabili ragioni di opposizione nel merito.

In questa situazione, in cui l’esito delle azioni proposte appare sostanzialmente scontato, lo stesso instaurarsi del contenzioso produce ulteriori aggravi di costo certi, costituiti dalle spese spettanti ai difensori, e, in generale, da un non ottimale impiego delle risorse della Giustizia amministrativa.

In ogni caso, neppure possono addursi difficoltà di tipo contabile, poiché l’Amministrazione, obbligata in base ad una normativa ormai interpretata e applicata da tempo secondo consolidati indirizzi giurisprudenziali, sarebbe comunque in condizione di disporre il pagamento, da regolare in conto sospeso, ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, anche in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo.

Di conseguenza, deve ritenersi che, nella fattispecie, la Sezione possa fissare la somma di denaro dovuta dal resistente Ministero per il ritardo nell'esecuzione del giudicato, dovendosi escludere, per i motivi sovraesposti, l’iniquità della penalità o la presenza di altre ragioni ostative.

A norma dell’articolo 114, quarto comma, lettera e), del codice del processo amministrativo, come integrato dall’articolo 1, comma 781, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo, dunque, il Collegio determina, quale penalità di mora, la somma di € 20 (venti) per ogni giorno di ritardo, decorrente dal giorno della scadenza del termine per l’esecuzione spontanea stabilito nella presente sentenza di ottemperanza. Tale statuizione costituisce titolo esecutivo.

Al proposito, non è superfluo aggiungere che tale quantificazione non può che discostarsi dall’indicazione contenuta nell’ultima parte del novellato articolo 114, quarto comma, lettera e) (“detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”), poiché un tasso annuale dello 0,05% non può evidentemente svolgere alcuna “funzione coercitivo-sanzionatoria”, finendo tale criterio di liquidazione per frustrare la stessa ratio della norma.

Si dispone la trasmissione della presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti.

Per il caso di ulteriore inadempimento del Ministero della salute, il Collegio nomina sin d’ora, quale commissario ad acta , il Direttore generale della Direzione generale della vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure (Uff.

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