TAR Salerno, sez. II, sentenza 2015-09-11, n. 201501992

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2015-09-11, n. 201501992
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201501992
Data del deposito : 11 settembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00081/2015 REG.RIC.

N. 01992/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00081/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 81 del 2015, proposto da:
D C, rappresentato e difeso dagli avv. A R e G P, con domicilio eletto in Salerno, al corso Vittorio Emanuele, n. 127;

contro

Comune di Caposele, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. P M, con domicilio eletto in Salerno, al corso Garibaldi, n. 47c/o avv. Corona;

nei confronti di

G R, rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio eletto in Salerno, alla Via L. Colombo, n. 29 c/o avv. Gaudiosi.;

per l'annullamento

del permesso di costruire in sanatoria e in variante n. 33/14;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Caposele e di G R;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 luglio 2015 il dott. G G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso notificato in data 2 gennaio 2015 e ritualmente depositato il 19 gennaio successivo, D C, nella dedotta qualità di proprietario e possessore di un appezzamento di terreno sito in agro di Caposele in catasto al foglio 10 sez. A p.lla 406, ha impugnato - lamentando violazione della normativa in materia di distanze legali e dell'art. 36 del DPR 380/01 - dell'illegittimo rilascio da parte del Comune di Caposele del permesso di costruire n. 33 del 16.09.2014 in sanatoria ed in variante, concesso alla sig.ra Rosania Gelsomina per il piano seminterrato del fabbricato costruito in difformità al p.d.c. n.17/2012 sulla p.11a n.405 posta a confine con la sua proprietà.

In dettaglio, il dante causa della Rosania, sig. M S, in forza di permesso di costruire n.17 del 12.11.2012, aveva dato inizio ai lavori di realizzazione, sull'area a confine, di un fabbricato ad uso abitativo.

Peraltro, nonostante che nello stralcio planimetrico allegato a detto permesso di costruire n.17/2012 si facesse riferimento ad una distanza dal confine rispettosa della normativa vigente, il ricorrente ha potuto constatare l’avvenuta edificazione della costruzione a circa 4 mt. dal confine di proprietà e, quindi, in asserita violazione della prevista distanza minima (mt.5,00) ed in sostanziale difformità dallo stesso titolo edilizio.

Per tali ragioni, il ricorrente aveva, invero, presentato, in data 9.08.2013, un esposto al Comune di Caposele, denunciando la irregolarità dell'opera realizzata ed invocando la tempestiva adozione di misure inibitorie del protrarsi dell'attività illegittimamente posta in essere ed il rispetto delle distanze dal confine.

A seguito della denuncia, il Comune di Caposele aveva adottato ordinanza di sospensione dei lavori (n.36/2013 del 28.08.2013), ai sensi dell'art.27 comma 3 del DPR n.380/2001.

Quindi, l'Amministrazione comunale aveva effettuato un sopralluogo (di cui alla relazione dell'UTC prot. 5652 del 14.10.2013), riscontrando l'avvenuta realizzazione, da parte del titolare, del piano seminterrato con vano scala ed unico locale in totale difformità dal permesso di costruire n.17/12,con realizzazione di una superficie lorda di mq 153,00 a fronte di una superficie assentita di mq.65,00, con un incremento di superficie di mq 88,00 ed una volumetria totale entro e fuori terra di mc. 511,02, rispetto a quella assentita di mc. 210,81, quindi, con un incremento volumetrico di ben mc. 300,21.

Inoltre, veniva pure riscontrata la riduzione delle distanze dai confini rispetto al progetto assentito, sia con riguardo alla particella n.407 in ditta Curcio Mario (da ml. 3,60 a ml 1,87 nel confine posteriore e da ml. 4,70 a ma. 1,73 nel confine anteriore), sia con riferimento alla particella n.406 di proprietà del ricorrente e, segnatamente, da m1.5,45 a ml. 4,75 nella parte posteriore e da ml. 5,10 a ml. 4,45 nella parte anteriore.

Inoltre, che nel frattempo il sig. Sista aveva pure presentato, in data 05.08.2013, un progetto di variante concernente la realizzazione fuori terra dell’intero originario piano seminterrato da adibire a deposito autorimessa e cantinola e vano scala per il collegamento con i piani superiori, nonché le variazioni di distanze dai confini sia a monte che a valle, oltre alla eliminazione di vuoti finestre nella parte confinante con l'immobile del ricorrente.

Su tale progetto di variante era stato espresso parere negativo dalla commissione comunale con verbale n.98 del 14.10.2013, essendo gli interventi oggetto della richiesta di variante in corso d'opera già abusivamente realizzati, cosi come relazionato dall'UTC con il sopra menzionato atto prot. 5652/2013.

Era evidente, nell’attoreo assunto, che le suddescritte opere, erette in totale difformità dal permesso di costruire n. 17/2012, avrebbero potuto semmai essere autorizzate in sanatoria, qualora sussistenti i presupposti di legge, in concreto asseritamente mancanti.

A tal riguardo, segnalava pure che lo stato dei luoghi delle particelle n. 405 e n. 406 risultava essere, a suo dire, morfologicamente immutato almeno dagli anni '80.

La stessa edificazione, avvenuta completamente fuori terra, dell'intero piano seminterrato di cui al precedente permesso di costruire n. 17/2012 del 12.11.2012, non aveva invero richiesto alcun movimento di terra, se non quello di scavo per interrare le fondazioni del fabbricato stesso.

Di conseguenza, l'Amministrazione comunale con ordinanza n.41 del 18.10.2013, resa ai sensi dell'art.31 del DPR n.380/01, aveva ingiunto la demolizione delle opere edificate in totale difformità dal permesso di costruire n. 17/2012.

Del tutto inopinatamente, alla sig.ra G R, nella qualità di erede del sig. M S, era stato peraltro rilasciato premesso di costruire in sanatoria ( ex art. 36 T.U. N. 380/20001) in variante n. 33 del 16.09.2014 - pratica edilizia n.33/2014, a firma del Responsabile dell'Area Tecnica - Settore Patrimonio e Governo del Territorio del comune di Caposele, per aver eseguito - in difformità totale dal p.d.c. n.17/2012 - le opere indicate negli elaborati grafici presentati in data 19.09.2014 prot. n 4588, redatti dall'ing. A Z, nel corso di lavori di costruzione del fabbricato per civile abitazione ubicato in Caposele alla via Aldo Moro - Contrada Piani, identificato in catasto al foglio n. 10/A mappale 405.

Il permesso di costruire di sanatoria in variante risultava rilasciato in accoglimento di richiesta acquisita al protocollo generale dell'ente al n.4588 del 12.09.2014 e sulla base del parere favorevole, dal punto di vista urbanistico, espresso dalla Commissione Tecnica Ordinaria nella seduta del 15.09.2014, verbale n.133.

2.- Sulle esposte premesse, impugnava, in quanto pregiudizievole per le proprie ragioni, il ridetto permesso di costruire, lamentando:

a) violazione del DPR 06.06.2001 n.R80 e s.m.i. e della L.R. Campania, 28.11.2001 n.143 e s.m.i..Violazione della normativa in materia di distanze legali. Violazione dell'art.873 c.c. e dell'art. 10 delle NTA del PUC di Caposele, Eccesso di potere per sviamento. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione dell'art.97 Cost. Carenza dei presupposti: a suo dire il contestato permesso di costruire consentiva la realizzazione a distanza inferiore da quella legale di un muro di costruzione prima inesistente sul confine fra le due proprietà limitrofe, che non poteva qualificarsi quale mera recinzione (dovendo altresì tenersi conto della scala esterna in muratura, che presentava connotati di consistenza e stabilità);

b) violazione dell'art.907 c.c., avuto riguardo alla circostanza che il rialzo del piano di

campagna e la realizzazione di una ringhiera sul muro di contenimento consentivano nella fattispecie in esame l'affaccio sul fondo prospiciente;

c) Violazione del Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico del Bacino idrografico dei fiume Scie e dello stesso PUC di Caposele, difettando gli impugnati titoli dell'obbligatoria ed indefettibile autorizzazione dell'Autorità di Bacino competente e preposta a tutela.

d) Violazione del D.M. 11. 1444/1968;

e) Violazione dell'art.36 del DPR 380/2001e della L.R. Campania n. 19. Nuova violazione dell’art. 10 delle N.T.A. del Comune di Caposele. Eccesso di potere per sviamento. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione dell'art.97 Cost Carenza dei presupposti. Violazione dell'art. 407 del codice civile, stante l’asserita carenza del requisito della c.d. doppia conformità, necessario ai fini dell’assenso in prospettiva sanante.

2.- Nella resistenza dell’Amministrazione intimata e del controinteressato, entrambi intesi ad argomentare l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del gravame, alla pubblica udienza del 23 luglio 2015, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorso è infondato e va respinto.

Peraltro, importa preliminarmente puntualizzare come – avendo il ricorrente impugnato il rilascio del permesso di costruire sia per la parte che ha assentito in sanatoria l’opera interrata già realizzata, sia per quanto concerne la previsione del muro di recinzione della proprietà, già fatta oggetto di richiesta di SCIA e riproposta con la variante in questione – tutte le ragioni di doglianza formulate avverso le misure sananti devono riguardarsi quali tardivamente proposte e, come tali, irricevibili.

Invero, costituisce principio pacifico, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi nel caso di specie, quello per cui in tema di edificazione oggetto di condono edilizio, in presenza di attività edilizia sanata ex post , ma comunque già percepibile nella sua consistenza fisica e nella sua valenza assunta come lesiva degli interessi e/o dei diritti dei terzi, non vale il principio della piena conoscenza dell'atto, ma ritorna in tutta la sua efficacia il principio generale di decorrenza dei termini dalla pubblicazione. Non esiste, infatti, alcuna ragione di temperamento indotta per le concessioni ordinarie dalla non immediata percezione della lesività dell'atto che il solo provvedimento concessorio formalmente emanato può non evidenziare. Nel caso di concessione edilizia in sanatoria, infatti, si pone la necessità della individuazione del dies a quo dell'impugnativa al fine di assicurare stabilità e certezza agli atti amministrativi, non potendo gli stessi rimanere sine die soggetti ad una eventuale impugnativa giurisdizionale, né potendosi consentire che il privato confinante, attraverso l'utilizzo ad libitum dello strumento dell'accesso, possa decidere di impugnare i relativi atti in qualsiasi momento (in termini, per molti, TAR Catania, sez. I, 4 settembre 2014, n. 2390;
Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2010 n. 8017).

Nella specie, il provvedimento risulta pubblicato, in forma integrale, all'Albo pretorio online del Comune di Caposele dal 16.09.2014 al 01.10.2014, come risulta dalla documentazione in atti, di tal che il ricorso, proposto oltre il sessantesimo giorno decorrente dal 1° ottobre 2014, deve ritenersi, per questa parte, irricevibile per tardività.

2.- Il gravame è, per contro, tempestivo in relazione ai profili di doglianza attinenti l’autorizzazione alla variatio del progetto edificatorio, non essendo stata dimostrata (giusta il consueto canone probatorio, gravante sulla parte eccipiente) la effettiva risalenza temporale della relativa e piena percezione della concreta e specifica lesività delle opere assentite.

Siffatte doglianze si appuntano, in sostanza, sulla autorizzazione alla realizzazione, in asserita violazione del regime legale delle distanze, di un muro posto al confine con la proprietà del ricorrente.

Sul punto, l’intero apparato critico si fonda sul presupposto – diffusamente argomentato – della distinzione tra “muro di cinta” o “di recinzione” (concretante pertinenza dell’unità immobiliare e, come tale, sottratto, in assenza di autonomia sotto il profilo costruttivo, al rispetto delle distanze legali) e “muro di contenimento”. Nella specie, a dispetto della qualificazione effettuata dall’interessato, si tratterebbe di un muro della seconda specie, in quanto finalizzato a contenere un dislivello non preesistente, ma frutto della contestata iniziativa edificatoria.

È noto, invero, giusta il diffuso orientamento giurisprudenziale in subiecta materia , che per muro di cinta, nella dizione contenuta nell'art. 4, comma 7 lett. c), d.l. 5 ottobre 1993 n. 398, convertito con modificazioni in l. 4 dicembre 1993 n. 493, e sostituito per effetto dell'art. 2, comma 60, l. 23 dicembre 1996 n. 662, devono intendersi le opere di recinzione, non suscettibili di modificare o alterare sostanzialmente la conformazione del terreno, che assumono natura pertinenziale in quanto hanno esclusivamente la funzione di delimitare, proteggere o eventualmente abbellire la proprietà;
ben diversa è invece la consistenza e la funzione dei cc.dd. “muri di contenimento”, i quali si differenziano sostanzialmente dalle mere recinzioni non solo per la funzione, ma anche perché servono a sostenere il terreno al fine di evitare movimenti franosi dello stesso e quindi devono necessariamente presentare una struttura a ciò idonea per consistenza e modalità costruttive. Di conseguenza il muro di contenimento, pur potendo assolvere, in rapporto alla situazione dei luoghi, anche una concomitante funzione di recinzione, sotto il profilo edilizio è un'opera ben più consistente di una recinzione in quanto non esclusivamente preordinata a recingere la proprietà e, soprattutto, è dotata di propria specificità ed autonomia, in relazione alla sua funzione principale;
il che esclude la sua riconducibilità al concetto di pertinenza, conseguendone sia la necessità del suo assoggettamento al regime concessorio, sia la legittimità della sanzione della demolizione prevista per il caso di assenza di concessione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 2014, n. 1651).

Ne discende che, in caso di dislivello derivante dall'opera dell'uomo, sono da considerare costruzioni in senso tecnico-giuridico, rientranti nell'art. 873 c.c., il terrapieno ed il relativo muro di contenimento, che lo abbiano prodotto, o che abbiano accentuato quello già esistente per la natura dei luoghi;
è pertanto illegittimo il provvedimento di accertamento di conformità richiesto con d.i.a. a sanatoria in relazione a lavori oggetto di d.i.a. in variante al permesso di costruire, ove venga in rilievo un muro di fabbrica - di altezza superiore a tre metri, e dunque non considerabile quale muro di cinta ex art. 878 c.c. - recante sostegno di un terrapieno e posto a una distanza dal confine laterale inferiore ai mt. 3 prescritta dall'art. 873 c.c. (in termini, T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 5 maggio 2014, n. 324).

Così posta la questione, la controversia andrebbe, in tesi astratta, risolta sull’accertamento, in punto di fatto, della effettiva natura e consistenza del muro oggetto del contestato provvedimento abilitativo (che parte ricorrente – assumendo artificialmente mutato il dislivello tra i fondi finitimi – ritiene, per l’appunto, muro di contenimento).

Tuttavia, osserva il Collegio come il punto, in concreto, non appaia nella specie decisivo, in quanto, ai sensi dell’art. 10 delle norme tecniche di attuazione del PUC di Caposele, per le zone B2, di completamento del tessuto urbano moderno la distanza dal confine risulta regolata con espresso richiamo alle disposizioni dettate in materia dal codice civile, le quali si ispirano e valorizzano il c.d. principio della prevenzione.

Con il che, in buona sostanza – essendo in concreto incontestato che il fondo di proprietà del ricorrente è, allo stato, inedificato – il muro in contestazione, quand’anche dovesse qualificarsi, per le sua concrete caratteristiche, nuova costruzione, potrebbe legittimamente essere collocato, come dal titolo, in contestazione, sulla linea di confine tra i fondi.

3.- Sulle esposte premesse – e ribadito che le ulteriori ragioni di doglianza non sono ammissibili, in quanto tardivamente indirizzate, nei sensi chiariti in premessa, avverso la misura in sanatoria – il gravame deve essere dichiarato, per quanto di ragione, in parte irricevibile ed in parte infondato.

L’obiettiva particolarità della fattispecie giustifica, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione di spese e competenze di lite.

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