TAR Napoli, sez. I, sentenza 2022-09-26, n. 202205932

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2022-09-26, n. 202205932
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202205932
Data del deposito : 26 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/09/2022

N. 05932/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00296/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 296 del 2019, proposto da:
Sindacato Nazionale Area Radiologica (S.N.R.) Segreteria Regionale della Campania, Associazione S.N.R. - Settore Liberi Professionisti, C.R.T.F. Centro di Radiologia e Terapia Fisica S.r.l., Capua Center S.r.l., Centro di Radiologia Medica "N. Bozzi" S.a.s., Centro di Radiologia Carpinelli S.r.l., Studio Radiologico Gemini S.r.l., Casa di Cura Maria Rosaria S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati B R ed A V, con recapito digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio Legale Ricciardelli in Napoli, piazza G. Bovio n. 8;

contro

- Commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro dal deficit sanitario pro tempore (di seguito, Commissario ad acta), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
- Regione Campania, in persona del Presidente della giunta, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Luigia Schiano Di Colella Lavina, con recapito digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Santa Lucia n. 81;

per l'annullamento:

a) del decreto n. 84 del 31 ottobre 2018 (in B.U.R.C. n. 80 del 5 novembre 2018), con il quale il Commissario ad acta ha determinato i limiti di spesa per i centri accreditati della specialistica ambulatoriale relativi all'anno 2018 ed ha approvato gli schemi di contratto da sottoscrivere con gli erogatori accreditati;

b) di ogni altro atto comunque, connesso, presupposto e/o consequenziale ed in particolare di tutte le sezioni allegate al decreto sub. a)


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 luglio 2022 il dott. Gianmario Palliggiano, presenti gli Avvocati: Ricciardelli e Villani per parte ricorrente, Schiano di Colella per la Regione Campania.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Con l’odierno ricorso, notificato il 2 gennaio 2019 e depositato il successivo 22, i centri ricorrenti – strutture accreditate per la specialistica ambulatoriale - hanno impugnato, per il suo annullamento, il decreto n. 84 del 31 ottobre 2018 (pubblicato sul B.U.R.C. n. 80 del 5 novembre 2018), col quale il commissario ad acta aveva determinato, per l’anno 2018, i limiti di spesa per le predette strutture ed aveva approvato gli schemi di contratto da sottoscrivere con gli erogatori accreditati.

Il ricorso è stato proposto unitamente al Sindacato nazionale area radiologica ed all’Associazione campana del predetto sindacato ai quali le strutture accreditate ricorrenti aderiscono.

La Regione Campania si è costituita in giudizio con atto formale depositato il 18 giugno 2019.

Il Commissario ad acta, ritualmente evocato in giudizio, non si è costituito.

Alla pubblica udienza del 20 luglio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

2.- Parte ricorrente ha formulato le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 1, comma 2, d. lgs 502/1992;
violazione dell’art. 32 Cost.;
violazione degli artt.

8-bis, 8-ter, 8-quater, 8-quinquies, d.lgs 502/1992;
violazione dell’art 12, comma 1, d.lgs. 502/1992;
violazione dell’art. 10 d.lgs. 288/2003;
violazione del

DPCM

29 novembre 2001;
eccesso di potere per difetto d’istruttoria, illogicità, irrazionalità, sviamento;
violazione della delibera del Consiglio dei ministri del 10 luglio 2017;
violazione dell’intesa Stato-Regioni rep. 82/csr del 20 luglio 2014.

Osserva, in sintesi, parte ricorrente che il decreto impugnato è intervenuto a fine anno per disciplinare prestazioni già erogate in virtù delle disposizioni di cui al precedente decreto commissariale n. 89 del 2016, ai cui criteri le strutture si erano attenute, senza prevedere le novità peggiorative in seguito intervenute, al di fuori di alcuna attività concertativa e nemmeno consultiva.

Il Commissario ad acta avrebbe quindi stabilito i limiti di spesa per l’anno 2018 con un atto pubblicato solo ad inizio novembre, allorché quasi tutte le ASL campane avevano già esaurito i fondi assegnati alla specialistica ambulatoriale.

Il risultato prodotto non sarebbe quindi conforme agli obiettivi affidati al Commissario ad acta dal Consiglio dei Ministri con la delibera del 10 luglio 2017, obiettivi consistenti nell’adottare ed attuare gli interventi necessari a garantire in maniera uniforme, sul territorio regionale, l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualità nei termini indicati dai tavoli tecnici di verifica, nell’ambito della vigente cornice normativa.

Nondimeno, il tetto di spesa non tiene conto del fabbisogno assistenziale differenziato per aree territoriali né garantisce l’erogazione delle prestazioni per l’intero anno solare, così impedendo ai pazienti di rivolgersi alla struttura preferita secondo criteri che assecondano la libertà di scelta.

Il sistema delineato dal DCA 84/2018 si risolverebbe in una totale abdicazione dai compiti di programmazione, controllo e monitoraggio ed appare sintomatica di incapacità nel controllare la spesa sanitaria con metodi efficienti e tempestivi.

2) Violazione dell’art. 41 Cost. e del principio di libera iniziativa economica;
eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti atti, carenza d’istruttoria e difetto di motivazione;
violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi, dell’art. 11 delle preleggi e del d. lgs 502/1992, vizio del procedimento, difetto di motivazione sotto altro profilo.

Il decreto impugnato sarebbe affetto dal vizio di retroattività degli atti amministrativi.

È pur vero che la giurisprudenza amministrativa (Ad. Plen. 8/2006, 3 e 4 /2012) ha ritenuto che sia consentito alla competente amministrazione di stabilire i limiti di spesa con effetto retroattivo, anche in conseguenza dell’assegnazione delle risorse in corso d’anno;
nondimeno, la stessa giurisprudenza ha rilevato che la retroattività deve coniugarsi anche col rispetto della programmazione finanziaria dei centri accreditati.

Per questo aspetto, il decreto impugnato, intervenuto agli inizi del mese di novembre dell’anno di riferimento, è oltremodo tardivo non solo in relazione alle pur meritevoli necessità di programmazione dei centri ma anche rispetto alla delibera del Consiglio dei Ministri del 10 luglio 2017 che ha nominato il Commissario ad acta affidandogli il compito di garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualità.

Peraltro, la dilatazione dei tempi di azione del Commissario si accompagna anche ad una modificazione normativa innovativa: i centri, in virtù della normativa precedente, da ultimo il DCA 89/2016, erano abilitati ad incrementare la loro produzione di un 10% rispetto a quella dell’anno precedente (senza motivazione) e di una misura percentuale superiore al 10% laddove avessero fornito idonee ragioni atte a giustificare l’intervenuto incremento;
con l’impugnato DCA 84/2018 la percentuale del 10% di incremento costituisce, invece, un limite invalicabile.

Da ciò consegue che un centro, il quale possa giustificare (con investimenti, cambio sede, etc…) incrementi superiori al 10%, si vedrà comunque costretto a subire un taglio all’intera produzione oltre la menzionata percentuale.

3) Eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca ed irrazionalità, difetto d’istruttoria;
violazione artt. 1, 3 e segg. L. n. 241/1990;
violazione degli artt. 24, 41 e 113 Cost.

Il decreto 84/2018 si presenta gravemente contraddittorio perché, da un lato, indica che alcuni importi vengono accantonati per contenzioso (cfr. art. 10 del protocollo di intesa e dello schema di contratto) e, dall’altro, pretende che le strutture private sottoscrivano una rinuncia totale a eventuali controversie (art. 11 del protocollo di intesa e dello schema di contratto), con evidente lesione del diritto di difesa, previsto dalla Costituzione.

4) Violazione dell’art. 32 legge 449/1997;
eccesso di potere per illogicità manifesta difetto d’istruttoria e carenza di motivazione;
sviamento.

L’ art. 5 bis dello schema di contratto approvato col DCA impugnato stabilisce che la regressione tariffaria …” sarà applicata in via trimestrale”.

Questa previsione – nelle intenzioni della gestione commissariale – dovrebbe garantire una migliore continuità assistenziale e l’abbattimento delle liste di attesa. Tuttavia, la fonte legislativa di base, l’art. 32, comma 8, della legge 449 /1997 non consente una interpretazione estensiva, e men che meno analogica, posto che la fissazione imperativa e autoritativa dei limiti di spesa costituisce già di per sé un’eccezione alla regola della libera iniziativa privata. Da ciò consegue che il limite di spesa – quand’anche consentito – non potrebbe che essere fissato su base annuale, con la conseguenza che la determinazione di un periodo trimestrale violerebbe palesemente la disposizione normativa.

Per altro, il provvedimento impugnato appare illogico e frutto di carente istruttoria, dal momento che le finalità che esso persegue – ossia l’abbattimento delle liste di attesa - non solo non sono state raggiunte, ma, lo dimostra l’esperienza pratica degli anni in cui la “trimestralizzazione” è stata praticata, si sono persino allontanate;
ciò per effetto del precoce esaurimento dei fondi su base trimestrale che ha impedito di effettuare le prestazioni a carico del SSN in maniera tempestiva, con grave nocumento per la salute dei cittadini, in particolare quelli oncologici.

5) violazione della L. n. 449/1997 e delle altre disposizioni normative che prevedono limiti di spesa;
violazione della delibera del Consiglio dei ministri del 10 luglio 2017 di nomina del Commissario ad acta in Campania e di assegnazione dei compiti, in particolare del punto XI della delibera;
eccesso di potere in varie figure sintomatiche in relazione alla mancata valutazione del fabbisogno assistenziale;
falsità del presupposto e difetto di motivazione.

Il decreto impugnato - al pari di atti dell’amministrazione di identico tenore - è finalizzato unicamente ai cd. tagli lineari, privi di una valutazione concreta del fabbisogno assistenziale che costituirebbe il nucleo della programmazione. Ciò dimostrerebbe che l’obiettivo dei provvedimenti impugnati non è di pianificare l’assistenza sanitaria bensì di ripartire in via ragionieristica le risorse assegnate alla Regione Campania, peraltro ad anno di riferimento quasi trascorso ed in assenza di un’istruttoria che dia conto delle scelte operate.

6) violazione della L. n. 241/1990 e del d.lgs. 502/1992;
vizio del procedimento;
violazione dell’auto-limite;
eccesso di potere per falsità del presupposto.

La legge 241/1990, sul procedimento amministrativo, prevede un dialogo istituzionale con le Associazioni di categoria;
inoltre, il d.lgs. 502/1992, la normativa di legge specifica sul settore sanitario, stabilisce che i contratti con le strutture private accreditate, che esercitano le prestazioni di assistenza sanitarie, siano preceduti da accordi con le Associazioni di categoria del settore.

Se è vero che, secondo la giurisprudenza, il mancato accordo abilita l’amministrazione a procedere unilateralmente, nella fattispecie in esame, tuttavia, non è nemmeno iniziato un colloquio istituzionale. Ne deriva che lo schema di protocollo d’intesa, allegato al Decreto impugnato, non è mai stato sottoposto né approvato dalle Associazioni di categoria, in quanto tale insoddisfacente a garantire la partecipazione degli interessati.

7) violazione dell’art. 1, comma 170, L. n. 311/2004;
violazione del DM 12 settembre 2006 e DM 22 luglio 1996;
eccesso di potere per difetto d’istruttoria, erroneità dei presupposti, perplessità, sviamento.

In disparte la questione relativa alla quota fissa di compartecipazione, il budget complessivo assegnato alle macro-area della radiologia diagnostica e della medicina nucleare appare deficitario in conseguenza di una sottrazione, intervenuta alla fonte, di fondi spettanti alla menzionata macro-area in esame, compiuta dalla Regione e dalle Asl.

L’art.1, comma 170, L. 311/2004 ed il D.M. 12 settembre 2006 pongono a carico dei bilanci regionali le prestazioni tariffate con valori eccedenti quelli delle tariffe nazionali.

A questo fine, le Associazioni di categoria hanno rilevato e chiesto l’applicazione della norma di legge citata e invitato le Aziende sanitarie locali a trasmettere i dati alla Regione e alle Autorità centrali, proprio allo scopo di avviare la procedura per il pagamento della quota di tariffa eccedente il valore di cui al D.M. 22 luglio 1996, attingendo da apposite risorse diverse da quelle del Fondo sanitario nazionale (FSN). Anche su questo aspetto, parte ricorrente rileva l’assenza di un’attività concertativa né alcuna diversa soluzione è stata intrapresa per dare concreta applicazione al menzionato art. 1, comma 170, L. 311/2004.

La circostanza non è irrilevante dal momento che, ove le amministrazioni si fossero attivate per individuare le risorse ulteriori, le prestazioni erogate sarebbero state coperte per l’intero e non abbattute nell’importo.

Ciò troverebbe conferma nei dati appresi nel corso di un procedimento di accesso presso la Regione Campania, dai cui risultati emerge la violazione del disposto di cui all’art. 1, comma 170, della L. 311/2004, posto che il finanziamento delle prestazioni sanitarie remunerate con tariffe superiori a quelle nazionali, ai sensi del D.M. 22 luglio 1996, avviene con le risorse del FSN e non con quelle specifiche regionali.

Tale finanziamento, verificatosi negli anni 2005, 2006, 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011 ammonta a circa 67 milioni di euro annui. Dal 2011 in poi, lo storno di fondi si è annualmente ripetuto in quanto la Regione ha attribuito a ciascuna ASL i fondi necessari a coprire le varie macro-aree sulla scorta delle precedenti assegnazioni illegittimamente decurtate per i motivi appena indicati.

La distrazione dei fondi nazionali assegnati alla Regione inciderebbe in maniera evidente sia sulla legittimità della delibera commissariale di determinazione dei limiti di spesa per il 2017 (stabiliti col DCA 89/2016 e prorogati per il 2018 fino alla pubblicazione dell’impugnato DCA 84 del 5 novembre 2018), sia su quella relativa all’anno 2018 i cui limiti sono stati determinati con l’impugnato DCA 84/2018.

3.- Il ricorso è infondato.

Vanno esaminati con precedenza i primi due motivi ed il sesto motivo di ricorso i quali, per ragioni di connessione dei relativi contenuti, possono ricevere esame congiunto.

3.1.- Le censure formulate con i predetti motivi sono nel complesso infondati.

Giova premettere che l'esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria non è subordinato né condizionato all'esecuzione del monitoraggio delle prestazioni erogate, né al ritardo o imprecisione nell’adempimento all'obbligo di eseguire i controlli per il tramite del tavolo tecnico - organo di fonte contrattuale al quale partecipano anche i rappresentanti aziendali e delle associazioni di categoria più rappresentative - avendo lo scopo fondamentale di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti di spesa fissati e con l’impiego delle risorse disponibili e programmate;
è importante osservare che la determinazione dei tetti di spesa, a sua volta, recepisce il quadro delle risorse e dei vincoli determinati a monte con legge statale (Cons. Stato, sez. III, 22 gennaio 2016, n. 207;
sez. II, 30 ottobre 2013, n. 4540;
sez. III, 5 febbraio 2013, n. 679).

È poi essenziale considerare la speciale natura del rapporto di accreditamento e della valenza duplice dei principi del consenso e della partecipazione che caratterizzano la direzione e la gestione del sistema assistenziale sanitario pubblico.

La natura del rapporto di accreditamento, un ibrido tra concessione di servizio pubblico e abilitazione tecnica idoneativa, nell'ambito di un servizio pubblico essenziale che obbedisce a criteri non già tipici del mercato quanto del servizio pubblico volto ad erogare prestazioni assistenziali remunerate a tariffa predeterminata a carico dell'erario pubblico. Le caratteristiche specifiche di tale rapporto impongono al privato accreditato precisi doveri di leale collaborazione con l'amministrazione ed attribuisce di un contenuto specifico l'ordinario dovere di diligenza e correttezza esigibile rispetto ai comuni rapporti obbligatori e contrattuali.

In altri termini, gli operatori privati accreditati non sono semplici fornitori di servizi, in un ambito puramente contrattualistico, sorretto da principi di massimo profitto e di totale deresponsabilizzazione circa il governo del settore, ma sono tasselli di un complesso sistema pubblico-privato qualificato dal raggiungimento di obiettivi di pubblico interesse di particolare rilevanza costituzionale, quale il diritto alla salute, su cui gravano obblighi di partecipazione e cooperazione nella definizione della stessa pianificazione e programmazione della spesa sanitaria (Cons. Stato, sez. III, 29 luglio 2011, n. 4529;
14 giugno 2011, n. 3611 e 13 aprile 2011 n. 2290;
Corte Costituzionale, 28 luglio 1995 n. 416).

Ne deriva che le strutture private accreditate si sottopongono contrattualmente al regime della regressione tariffaria, quale meccanismo sanzionatorio atto a garantire il rispetto dei limiti di spesa fissati.

Invero, è lo stesso sistema "a consuntivo" a comportare necessariamente la retroattività delle riduzioni della remunerazione, la cui misura non può che essere determinata quantomeno nell'anno successivo, ossia quando siano noti i dati contabili relativi ai valori delle prestazioni effettuate ed è possibile confrontarli con le risorse finanziarie disponibili.

Deve ritenersi, pertanto, legittimo un controllo ed una rideterminazione del fatturato ammesso a remunerazione esercitati anche in tempi non strettamente prossimi all’anno oggetto della disposta regressione, purché possa considerarsi esercitato il potere in tempi ragionevoli, come, ad avviso del Collegio, può ritenersi avvenuto nel caso in esame.

Inoltre, va escluso ogni ipotetico affidamento, in quanto la parte ricorrente, siglando il contratto ai sensi dell’art.

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