TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2013-01-30, n. 201300064

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2013-01-30, n. 201300064
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Reggio Calabria
Numero : 201300064
Data del deposito : 30 gennaio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00412/2008 REG.RIC.

N. 00064/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00412/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 412 del 2008, proposto da:
G G, e dai suoi eredi G F, G M C, G G, G G, G M M e G E, tutti rappresentati e difesi dall'avv. F S, con domicilio eletto presso Studio Legale Bottari-Gentile in Reggio Calabria, via dei Bianchi, 3;

contro

Comune di Melicucco, rappresentato e difeso dall'avv. L M, con domicilio eletto presso Alfredo Caracciolo Avv. in Reggio Calabria, via Cairoli, 22;

per il risarcimento

del danno, per equivalente, in relazione all’ occupazione, divenuta illegittima per scadenza dei termini, di un terreno di proprietà del ricorrente, irreversibilmente trasformato durante l'occupazione legittima, a seguito di procedura ablatoria non conclusa con il decreto di espropriazione.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Melicucco;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2012 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Nell’odierno giudizio, parte ricorrente chiede il risarcimento del danno per l’occupazione e successiva trasformazione di terreni di proprietà Guerrisi ed eredi, che l’Amministrazione ha utilizzato per la realizzazione del prolungamento di via Padre Anacleto nel centro abitato (riguardante la proprietà del ricorrente per mq 342, foglio 7 del catasto, p.lla 1030).

A tal proposito, parte ricorrente espone che la dichiarazione di pubblica utilità risultava disposta con la delibera GM nr. 28.1.2003 i cui termini per il compimento delle opere e delle espropriazioni venivano a scadere il 28.1.2008;
con nota 7.2.2003 n. 1094 s’informava il proprietario del deposito degli atti espropriativi;
veniva offerta l’indennità provvisoria con determina nr. 2935 del 10.4.2003, non accettata;
veniva autorizzata l’occupazione d’urgenza con decreto 8.7.2003 nr. 1, con termine di scadenza al 29.11.2005;
l’immissione in possesso avveniva il 30.7.2003;
l’efficacia del decreto di occupazione scadeva il 29.11.2005, ed a quella data il terreno risultava irreversibilmente trasformato.

Con l’odierno ricorso, parte ricorrente chiede dunque il risarcimento del danno, in relazione al valore del terreno alla data del 29.11.2005.

Costituitosi, il Comune resiste al ricorso di cui chiede il rigetto, ed in ogni caso chiede che sia escluso l’obbligo di restituzione del terreno e la domanda risarcitoria sia limitata al solo ristoro per equivalente.

Con memoria depositata il 15 febbraio 2012 parte ricorrente deduce l’avvenuta formazione di una comune volontà delle parti a limitare l’oggetto del ristoro all’equivalente pecuniario, escludendo quindi la restituzione dell’immobile (come statuito da questo Tribunale con sentenza nr 103/2012) e precisa la propria domanda chiedendo comunque che, laddove il Tribunale dovesse ritenere la restituzione del terreno come l’unica misura possibile per l’avvenuta decadenza del procedimento espropriativo, venga assegnato all’Ente un termine per rilasciare l’immobile o acquisirlo ai sensi dell’art. 42 bis del DPR 327/01.

Con ordinanza collegiale istruttoria nr. 320/2012, depositata l’8 maggio 2012, il TAR, nel presupposto che le parti “sono concordi tra loro nell’escludere la restituzione del terreno e nel limitare l’oggetto della causa al risarcimento del danno per equivalente”, ha disposto CTU sul valore dei suoli.

La relazione di perizia è stata depositata il 17 agosto 2012 con prot. 3013.

Con memoria depositata il 26 settembre 2012 la difesa di parte ricorrente contesta in parte la determinazione del valore dei suoli stimata dal CTU e chiede che, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale sull’applicazione dell’art. 42 bis del DPR 327/2001, il TAR assegni al Comune di Melicucco un termine entro il quale scegliere tra la restituzione del terreno previa riduzione in pristino stato e risarcimento per l’illegittima detenzione e la pronuncia del formale provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis cit., con il pagamento agli istanti dell’importo del risarcimento con le maggiorazioni di legge.

Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

I) Preliminarmente, la domanda contenuta nella memoria del 26 settembre 2012 è inammissibile nella parte in cui la quale parte ricorrente chiede di assegnare un termine al Comune di Melicucco per scegliere tra la restituzione del terreno ed il pagamento del valore determinato ai sensi dell’art. 42 bis del DPR 327/01, dal momento che trattasi di domanda nuova, contenuta in semplice memoria non notificata al Comune resistente.

Pertanto, va dichiarato che, per effetto della proposizione della domanda risarcitoria da parte dei ricorrenti e della coerente manifestazione di volontà del Comune che intende trattenere il terreno trasformato in virtù della procedura di espropriazione illegittima, la proprietà dei beni in questione è passata dai privati all’Ente.

E, infatti, i ricorrenti hanno prospettato in via principale di prestare acquiescenza al trasferimento della proprietà rinunciando quindi al proprio diritto reale sul bene, in vista del risarcimento che viene considerato di maggiore convenienza;
e l’amministrazione ha manifestato in giudizio, con implicita ponderazione dell’interesse pubblico, di voler trattenere il bene quale proprietaria, salvo il risarcimento integrale del danno il cui importo è rimesso al giudizio.

Nelle rispettive posizioni delle parti va quindi riconosciuta la sussistenza di un accordo transattivo di carattere novativo su un punto fondamentale della controversia, ossia la restituzione delle aree, congiuntamente esclusa a fronte di una nuova obbligazione avente ad oggetto una somma a titolo di risarcimento che sia pari almeno al valore venale del bene e tenga conto dell’illecita occupazione dello stesso, sul cui ammontare solamente le parti controvertono (TAR Reggio Calabria, nr. 103 dell’8 febbraio 2012).

Sul piano della disciplina civile, non v’è dubbio che il diritto di proprietà, al pari degli altri diritti reali, può essere abdicato, così come d’altronde risulta espressamente dall’art. 1350, nr. 5 del codice civile (che prescrive la forma scritta per l’esercizio della rinuncia ai diritti menzionati ai precedenti nn. da 1 a 4) e, correlativamente, dall’art. 2643, nr. 5 (che assoggetta a trascrizione i relativi atti).

Parimenti indubitabile è che tale abdicazione possa essere coordinata ad un più ampio programma a valenza negoziale o transattiva, e dunque anche in funzione di un risarcimento monetario.

Per questa ragione, merita rinnovata adesione l’orientamento – ancorchè minoritario - che riconosce la proponibilità della sola domanda di risarcimento per la perdita del bene oggetto di espropriazione non conclusasi con il necessario decreto d’esproprio, riconoscendole valenza di abdicazione implicita al diritto di proprietà (si rimanda, sul punto alla puntuale ricostruzione contenuta nella decisione del CGA, 25 maggio 2009 n. 486;
vedasi anche CGA, 07 marzo 2011, nr. 181;
vedasi, altresì, Cassazione civile sez. un., 16 luglio 2008, n. 19501).

Tale impostazione resta preferibile a quella seguita da più recenti pronunce che, in presenza di un’azione volta alla restituzione del terreno, accolgono la domanda, ma sottoponendo la condanna ad un termine misto a condizione concedendo all’Ente di adottare un formale decreto di esproprio sanante ex art. 42 bis del DPR 327/01 entro un determinato lasso di tempo, decorso il quale opera la restituzione (v. ad esempio TAR Sicilia, Catania, sez. III, 19 agosto 2011, n. 2099): invero, tali decisioni, pronunciando circa l’azione restitutoria, non affrontano il distinto tema della rinunciabilità del diritto.

Ancor meno satisfattivi si rivelano altri orientamenti secondo i quali, in presenza della fattispecie della c.d. occupazione appropriativa, non sarebbero prospettabili né l’azione di risarcimento, né quella di restituzione, rimanendo accoglibile la domanda solo nei termini di un generico obbligo a provvedere (ovvero l’obbligo di far cessare l’illegittima apprensione) che lascia impregiudicate le facoltà dell’Ente di pronunciare il decreto sanante ex art. 42 bis cit. o di restituire il terreno (Consiglio di Stato, IV, 16 marzo 2012, nr. 1514 e 29 agosto 2012, nr. 4650;
TAR Catanzaro, 13 giugno 2012, nr. 585).

Si tratta innanzitutto di una statuizione non passibile di esecuzione, essendo il decreto di acquisizione un provvedimento latamente discrezionale, e che dunque lascia immutati i termini originari della controversia;
comunque, non si giustifica plausibilmente il motivo per il quale dovrebbe negarsi la rinunciabilità del diritto di proprietà da parte del suo titolare a scopo transattivo in favore di un più conveniente risarcimento monetario.

Invero, in tali decisioni ci si limita ad escludere ogni valenza abdicativa del diritto di proprietà dalla domanda di risarcimento sulla base dell’ (incontestata) insufficienza della irreversibile trasformazione del fondo a determinare l’acquisto della proprietà in capo alla PA (vedasi, in proposito, Consiglio di Stato, VI, 29 agosto 2011, nr. 4833 e 30 gennaio 2006, nr. 290, richiamate dalla decisione nr. 1514/2012), con un salto logico evidente, dal momento che ciò determina un limite alla potestà autoritativa della PA, ma non certo alla facoltà dispositiva del privato proprietario.

Di conseguenza, va confermato che il privato proprietario di un bene immobile inciso da un procedimento illegittimo di esproprio, nell’assenza di un formale provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis DPR 327/01 (che, peraltro, la PA potrebbe adottare anche nelle more del giudizio e fino alla decisione della causa), mantiene il proprio diritto di proprietà e può agire per la restituzione del bene previa sua riduzione in pristino stato, così come può rinunciare alla restituzione in favore del risarcimento, che spetterà al giudice determinare in mancanza di accordo tra le parti, dovendosi riconoscere a tale volontà, accettata dalla parte pubblica anche in giudizio, una vera e propria valenza transattiva nei limiti della novazione tra diritto alla restituzione del terreno e diritto al controvalore monetario comprensivo del risarcimento dei danni ulteriori (nei limiti della domanda).

La sentenza che, statuendo sul risarcimento, accerta l’avvenuta volontà comune che il fondo appreso sia mantenuto in capo alla PA, costituirà titolo per la trascrizione immobiliare della rinuncia al diritto di proprietà da parte del privato a favore della P.A. che l’acquista a titolo derivativo, a mente dell’art. 2643, numeri 5 e 14, del codice civile.

II) Quanto alla determinazione del valore dei suoli, il risultato cui perviene la CTU merita adesione da parte del Collegio, che quindi respinge le deduzioni difensive di parte ricorrente articolate nella memoria depositata il 26 settembre 2012, atteso il particolare grado di approfondimento della relazione istruttoria.

Nello specifico, la CTU determina un valore del suolo pari ad euro 80/mq e per un importo complessivo pari ad euro 27.360,00.

A tale risultato perviene attraverso l’incrocio di dati risultanti da due atti di compravendita di terreni su aree similari, sulle informazioni rese da un’agenzia immobiliare specializzata, da ulteriori valutazioni tecniche rese, sempre su terreni similari, in una verificazione tecnica svolta per questo TAR in altro giudizio, tutti elementi puntualmente ed articolatamente illustrati nella relazione.

Da tale analisi, la CTU determina un valore del suolo pari ad euro 93,00/mq, che viene decurtato del 30% in quanto l’area in esame ricade prevalentemente in area C (mentre i riferimenti precedenti sono inerenti terreni in area B) che non risulta sufficientemente urbanizzata e per la quale non risultano adottati né il comparto, né la strumentazione attuativa (e dunque trattasi di una mera potenzialità edificatoria di tipo legale, ulteriormente incisa dall’avvenuta qualificazione del comprensorio a zona agricola determinata per effetto della LR nr. 19/2002), valore medio delle corrispondenti percentuali minime e massime della procedura estimativa (che spaziano dal 25 al 33% dei valori di suoli in zona B).

Ulteriore riduzione del valore è data dall’abbattimento del 25% che il CTU opera (come meglio chiarisce nelle osservazioni alle repliche del CTP, pag. 16) al fine di valorizzare il vantaggio che l’opera pubblica genera al fondo dei ricorrenti che, grazie alla realizzazione della strada, costruita a margine di esso, quindi senza generare vincoli di alcuna natura, è servito di un accesso diretto per circa trenta metri.

Tale circostanza va ulteriormente confermata, a giudizio del Collegio, se si considera che l’originaria qualificazione urbana di zona come “C” avrebbe comportato, ai fini dell’edificazione effettiva dei suoli, l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria, previa adozione dei necessari strumenti di tipo esecutivo: la realizzazione della strada, dunque, diviene un elemento rilevante ai fini non solo delle potenzialità, ma anche dell’effettivo sfruttamento economico dell’area perché aumenta il grado di urbanizzazione comunque necessario allo sviluppo del comprensorio.

Per tutte queste ragioni, dunque, il ricorso è fondato e merita accoglimento nei termini accertati dalla CTU, con la conseguente condanna del Comune di Melicucco a corrispondere ai ricorrenti, in solido tra loro, il valore del suolo per cui è causa cui hanno rinunciato a favore del Comune medesimo, che si quantifica in complessivi euro 27.360,00, oltre accessori dalla domanda al soddisfo e spese processuali che si liquidano come in dispositivo.

La presente sentenza costituisce titolo per la trascrizione immobiliare della rinuncia al diritto di proprietà da parte del privato a favore della P.A. e del conseguente acquisto a titolo derivativo di quest’ultima del terreno per cui è causa, a mente dell’art. 2643, numeri 5 e 14, del codice civile, con obbligo per il Comune stesso, ex art. 34, cpa, di assicurare il necessario frazionamento e le conseguenti operazioni di accatastamento, come richiesto dai ricorrenti, entro sessanta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o sua notifica a cura di parte.

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